Mi prese il giovinetto che venìa dalla montagna, mi disse a gonfio petto: "T'amo qui, lì, e in Bretagna.". Era notte, e su un divano mi baciò le labbra e gli occhi, e gli parve molto strano il mio motto "Non mi tocchi chi non fa Cesare per nome.", quando poi a questo e quello consentii il tocco eccome! Ma lui era il più bello; Enea di nome e fatto, poiché m'ebbe e mi lasciò. Con il cuor di Dido ratto, quella pianse e s'accasciò. Non ci fu granché da fare se non chiedere pietà; or che lei poteva amare, amarlo divenne velleità. Tanto lo piansi e piango ancora rintanata nell'alcova; sì com'onda rotta da prora, io mai più tornerò nuova. Un monito a chi disfa la vergine: che la pietà non vi rimanga al margine.