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Autore: James Potter II    24/02/2018    0 recensioni
Migliaia di anni fa, una guerra mortale si è combattuta. Gli eserciti angelici, guidati dal coraggioso Arcangelo Michele, hanno sbaragliato le forze di Lucifero, rispedendoli nell'inferno.
Oramai regna la pace, ma nel cielo, ogni angelo viene addestrato al combattimento, in attesa di una nuova minaccia.
Sulla terra, la maggior parte della gente non crede nelle creature celesti, e anche chi le venera, non immagina la loro vera natura.
Eppure, non lontano dalla terra, splende la città di Cerea, capitale dell'Impero dei Cieli.
Cerea ospita anche il rifugio, della più grande risorsa degli Angeli.
L'Accademia Angelica accoglie ogni essere disposto a mettere i propri poteri al servizio della luce: licantropi, vampiri, mezzi-angeli e tante altre creature, che vogliono servire il cielo.
Eppure nessuno di loro ha idea che presto, sarà costretto a scegliere tra la luce e l'oscurità, poiché un antico nemico sarà liberato dalla sua prigione, e per la prima volta nella storia della terra e dei cieli, mortali e immortali dovranno unirsi, se non vogliono cadere vittima del Sovrano Nero...
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Sei un idiota incredibile. Come puoi giurare una cosa del genere?- chiese Kiana esterrefatta. Mentre erano tutti presi a combattere la ragazza aveva portato Alaral al bordo dell'arena. Lì sarebbero stati in pace. -Non hai detto che con la mia tenacia, la mia volontà e il tuo aiuto ci saremmo potuti riuscire?- -Certo. E ci riusciremo idiota. Ma ciò non toglie che è la cosa più stupida che...- -Che tu abbia mai visto- fece Alaral -sì, lo so, frase abbastanza scontata- Quella gli rifilò un pugno su una spalla. Era già stato colpito da lei, ma sta volta la spalla gli fece molto male. -Che cazz...- si lamentò stringendosi la spalla. -Ieri non sapevo quanta forza avessi. Non volevo rischiare di lussare la spalla a un nuovo arrivato- -Ma oggi sì- -Ascolta lupacchiotto, questo è niente in confronto a quello che proverai fra qualche giorno. Vuoi già mollare?- -Piuttosto la morte- -E allora ok, bene. Dunque, non hai specificato con che tipo di bastone no?- -Perché?- -Riflettevo sulla possibilità di farti usare un bō o un bokken, o magari uno shinai da kendo- -Mai! Non vincerò con questi strataggemmi- -E cosa vuoi usare? Un rametto preso a terra?- -No, ma non un bastone da combattimento. Non un'arma- -Pensaci, non l'hai mai specificato, sarebbe una scappatoia- -Appunto. Una scappatoia. Io non scappo- -Sei indubbiamente coraggioso. Allora faremo così. Io userò una spada, tu sempre un bastone. Entro il nove dovrai riuscire ad atterrarmi e disarmarmi- Alaral era uscito per andare a prendere un bastone. Aveva trovato un ramo di quercia lungo più di mezzo metro. -Pessima scelta. La quercia è rigida, poco flessibile, si spezza facilmente. Un legno più flessibile farebbe più male colpendo- spiegò la ragazza. -La quercia rimane in piedi anche dopo essere stata colpita da un fulmine- affermò Alaral con decisione. Solo allora notò che Kiana aveva in mano una spada. Ma quando l'aveava presa? La puntò verso il ragazzo. -Bene, ora attaccami?- -Eh?- fece quello confuso -Attaccami cazzo- -Ma non mi hai insegnato niente!- -Ehi lupacchiotto, cosa credevi. Quando si impara a combattere ci sono due metodi. O impari tutta una serie di mosse e posizioni, o impari sul campo. Nessuno pensa molto a lungo in una battaglia. Devi elaborare un piano e agire, tutto in pochi secondi. Imparare le posizioni, la tecnica, per poi farle tue, abituarti, richiedi più di una settimana. Molto di più. Imparerai a combattere sul campo, e ora attaccami, non farmelo ripetere- Alaral fece roteare l'arma. -Non farlo. È una cosa inutile e ti fa perdere tempo- lo ammonì la ragazza. Allora Alaral si gettò verso di lei. Menò colpi a caso col bastone, ma non la colpì neanche una volta. Kiana spezzò il bastone a metà con un montante, poi colpì l'ibrido al bracciò. Vi lasciò una profonda ferita. Ferì poi la gamba destra, menò un colpo col piatto della lama sul collo coperto e gettò Alaral a terra. -La tua armatura non copre abbastanza. Fammi indovinare, ti sei vestito da solo?- -Ma di cosa è fatta quella spada?- si lamentò il ragazzo. Le ferite bruciavano terribilmente, come se coperte di sale, e non si rimarginavano- -Volevo evitare che le ferite ti sparissero subito. Ho chiesto a Uriel il permesso di usare una lama d'argento puro- -Eh?- scattò il ragazzo. L'argento non era nocivo per un licantropo. Non bastava toccarlo per ferirsi, ma un taglio fatto con un'arma d'argento rimaneva per settimane e bruciava. -E lui ha detto sì?- -Ha detto: "addestralo come meglio credi, vedi solo di non ammazzarlo"- -Non ci stai riuscendo- -Vedi, non sono io a dover evitare di ucciderti, ma il contrario. Devi difenderti- e cosi dicendo menò un fendente ad Alaral che si stava rialzando. -Basta! Aspetta un'attimo- -Il nemico non ti aspetta- disse, colpendo il braccio sinistro del ragazzo, che inanto cercava di difendersi con il pezzo di bastone che gli era rimasto. -Questa l'hai copiata a Piton- riuscì a commentare. Le tre ore passarono molto lentamente per l'ibrido. Non fece molto in realtà. Venne colpito su tutto il corpo. Dopo un tempo che sembrò essere infinito vennero raggiunti da Ewe, seguito da Reiko.-Kiana, ehi, fermati- esclamò. La ragazza abbassò la lama. -Forza, è ora di andare- poi rivolse ad Alaral, che era inginocchiato. Era sanguinante, indolenzito, sudato -stai bene?- -Sì- disse provando ad alzarsi. Non ci riuscì, cadendo disteso sulla sabbia. Il rosso gli tese la mano. Il biondo la afferrò. Riuscì a rimettersi in piedi, sorretto dall'amico. -Non avrai esagerato?- fece Reiko, che con un fazzoletto gli puliva le ferite. Era inutile, il sangue avrebbe continuato a scorrere, Alaral lo sapeva. -Lo avevo avvisato. È ancora in tempo a ritirarsi- disse Kiana. Alaral si staccò da Ewe e scostò la mano di Reiko. Barcollò, ma rimase in piedi. -Questo palazzo brucerà prima che io mi arrenda- urlò. Kiana sorrise. -Alaral Betelgeuse, sei testardo- gli posò una mano sulla spalla -non ho alcun dubbio, vincerai questa sfida. Vedi solo di non farti allenare da Ewe o Reiko. Sono gelosa di chi alleno- -Posso allenarmi da solo mentre non ci sei?- -Migliora i riflessi, ma non cercare su internet tecniche di combattimento. Se lo fai considerati morto- -Ma posso insegnargli almeno a parare i colpi? Così non imparerà niente- intervenne Ewe. -No. Deve capirlo da solo. È il modo migliore- -Ma...- provò Reiko. -Alaral- la interrupe la mora -ho la tua parola?- -Va bene- fece l'ibrido. **** -Quando cominciamo ad allenarci?- chiese la kitsune. -Ewe, ho dato la mia parola- -No, non l'hai fatto, hai solo detto "va bene"- -È uguale. Tu sei giapponese. Non dovresti capirlo?- -Sono un ninja. È mia sorella quella che segue il bushido- -Comunque non posso. Dopo pranzo mi alleno ancora con Kiana, osserverò come para i miei colpi- Ewe si tolse la casacca. Rimase a petto nudo, con le lentiggini al vento. -Mi è appena venuta un'idea- disse -combattere a mani nude ti aiuterebbe con i riflessi. Non infrangerebbe il giuramento no? Parare un pugno è diverso dal parare una lama- -Mi insegnerai il ninjitsu?- -Ninjutsu. Ma no. Conosco sei arti marziali, ma in un'ora non ti insegnerei niente. Te l'ho detto, questo migliorerà i tuoi riflessi. Ora, togliti la maglia e le scarpe- Il ragazzo ubbidì. La kitsune lo esortò ad attaccare, e Alaral si gettò sul rosso. Quello non ci mise un secondo a schivare il corpo dell'ibrido. Allora Alaral provò con un destro, che la kitsune evitò inclinandosi appena. Continuarono così per alcuni minuti. Il biondo cominciava a innervosirsi. -Come dovrei migliorare i miei riflessi se non provi a colpirmi neanche una volta?- chiese seccato. -Devi riuscire a colpirmi. Facciamo che se ci riesci darò una pulita a tutta questa camera- L'ibrido sogghignò. -Tu che pulisci? Voglio proprio vederti- Si gettò di nuovo sull'amico, ma quello lo evitò per l'ennesima volta. A quel punto Alaral prese ad inseguire Ewe per tutta la stanza. Il ninja era troppo veloce, nonostante Alaral fosse per metà licantropo. L'inseguimento degenerò quando il rosso fu messo alle stretto alla finestra. -Ora che fai?- lo schernì l'ibrido avvicinandosi. La kitsune sorrise. Diede una gomitata al vetro, che finì in mille pezzi. Sul voltò del biondo si dipinse un'espressione sconcertata, mentre vedeva l'amico gettarsi di sotto. Si affacciò, Ewe stava per atterrare nel lago di sotto. L'impatto sarebbe stato doloroso. Se Alaral fosse stato un tipo che pensava prima di agire probabilmente le cose sarebbero andate diversamente. Così non era, e presta anche il biondo si ritrovò a cadere da più di venti metri. Atterrò nel lago di testa, con le braccia avanti, così come si era buttato. L'impatto fu fortissimo. Sentì ognuna delle ferita che gli aveva inferto Kiana bruciare terribilmente. Prima non vi prestava attenzione. Il bruciore spariva dopo poco, anche se non si chiudevano per giorni. Ma ora era ritornato, il lago conteneva acqua salata. Andò a fondo, ma sentì una mano sorreggerlo. Quando riemerse, notò che a tirarlo su era stata una ragazza. Aveva i capelli ramati, la pelle lattea e gli occhi di un'azzurro intenso, quasi come quello di Kiana. Il piccolo naso era addolcito da una spruzzata di lentiggini appena visibili. Spuntava dall'acqua dalle spalle in su. Sembrava avere il petto scoperto. -Sei matto?- chiese tranquillamente. -Sì. Sei una sirena?- rispose l'ibrido. -Sei sveglio. Perché ti sei lanciato da ventiquattro metri di altezza? Sembri reduce da una guerra- -Da un'addestramento in realtà. Con Kiana Listair- La sirena ebbe un sussulto. -Sei Alaral Betelgeuse? L'ibrido tra angelo e licantropo? Come pensi di combattere contro Ophren Regulus e i suoi compagni dopo appena una settimana di addestramento?- -La voce si è già sparsa? Fantastico, saranno passate quattro ore al massimo- -Non mi hai risposto- -Con la tenacia, l'impegno e le botte di Kiana- -Non basteranno- Alaral prese a nuotare verso la riva. -Grazie per avermi aiutato, ma c'è un rosso idiota che merita una lezione- disse, poggiando i gomiti sull'erba e spingendosi in avanti. -Aspetta, un ragazzo bassetto con tre code di volpe?- -Sì, dov'è?- -È scappato nel bosco mentre affondavi...- -Ora lo ammazzo- -Però ora sta tornando- terminò la sirena. Il ragazzo si girò, vedendo Ewe che correva verso di lui. -Ehi, fratello, scusa, cosa è successo? Ho visto che non mi avevi ancora raggiunto- disse. -Acqua salata. Perché cazzo un lago dovrebbe contenere acqua salata?- si lamentò il biondo. -Oh, le ferite. Scusa, non ci avevo pensato. Sembravi star bene- -Come fai a dimenticarti che un tuo amico sta così male?- lo ammonì la sirena sconcertata. -Chi è questa sirena?- chiese la kitsune. -Mi chiamo Atalanta- -Konnichiwa- salutò Ewe inchinandosi. -Baka- disse Atalanta. - Anata ga nihongo o hanashimasu ka?- disse Ewe, in tono interrogativo. -Che ti aspettavi, le sirene conoscono ogni lingua esistente. Ma non voglio parlare con te- -Lo stai facendo- le fece notare il rosso. -Basta così- disse Alaral mettendosi in posizione di partenza -ricomincia l'inseguimento. Ewe sorrise, per poi scattare verso il bosco, rapido come un ghepardo. Alaral lo seguì, non da meno in quanto a velocità. Dopo pochi minuti, mentre erano in mezzo agli alberi, l'ibrido si fermò di scatto. -Fermati idiota- disse a bassa voce. Senza l'udito da volpe Ewe non avrebbe sentito. Si fermò, avvicinandosi all'amico. Alaral si mise carponi, avvicinando il naso al suolo. -Cosa c'è?- chiese la kitsune. -C'è un'odore. Un odore che non avevo mai fiutato prima. Ewe imitò l'ibrido. -Avverto qualcosa ma... è appena percettibile- notò. -No io... io lo sento chiaramente. Ma non per questo lo riconosco. È un'odore piuttosto sgradevole- Il rosso ebbe un sussulto. -Porca puttana!- esclamò. -Oh. Delicato- fece il biondo. -Alaral, io so cos'è quest'odore. L'ho sentito solo un'altra volta in vita mia- -Sembra come muffa, mista a uova marce, no, a zolfo- -Alaral, cazzo, si sta avvicinando- -Ewe... ho un vago ricordo, credo di aver già...- Si alzò lentamente. Avvertì la paura dell'amico. -Prepariamoci a combattere- disse. -Sai cos'è?- fece la kitsune, mettendo mano al ninjato sulla schiena, infilato nella cintura. -Non... non sono sicuro...- -Io sì. Il predatore più temuto di tutti... qualcosa di instancabile, malvagio, omicida...- Si sentì un fruscio. -Chi è?- -Siamo fortunati. Se fosse notte non sarei stato in grado di batterlo- -Ma chi...- -Non chi. Cosa. Infesta le foreste americane. È perennemente affamato- -Ewe...- Il rosso si girò verso di lui. Aveva gli occhi lucidi. Paura? Forse, non poteva esserne sicuro. -Alaral, promettimi che starai lontano dal combattimento- -No! Mai. Ewe, posso...- -Alaral, puttana troia non ti muovere!- urlò la kitsune. Ora stava piangendo eccome. Non era solo spaventato. C'era qualcosa in quello sguardo. -Ewe, tua madre...- Quello si girò di scatto verso il biondo. All'improvviso una figura scura sbucò dai cespugli. Era alta più di due metri, con un corpo ricoperto di pelo, ma scheletrico, come ossa coperte da un panno. L'enorme testa era quella di un cervo, ma con una grande bocca e lunghe zanne affilate. Le corna erano sporche di sangue secco. Guardò negli occhi i ragazzi. Uno sguardo giallo e raggelante penetrò le loro anime come una lancia. -Alaral , ecco a te il grande predatore assassino. Il weendigo- Concluse Ewe greve. Alaral sapeva qualcosa dei weendigo. Bestie della mitologia pellerossa divoratrici di uomini. L'unica cosa che un branco di licantropi temesse. Il weendigo si lanciò verso di loro. Alaral sarebbe stato colpito se Ewe non lo avesse spinto via con un calcio, per poi rotolare di lato. -Ok, ora ti mostrerò il mio potere mostro!- urlò -Sentirai le urla dei miei antenati nei sussurri del vento. Pagherai per quello che hai fatto loro!- Estrasse la spada. La lama brillava di elettricità. -Raijin- continuò -guida la mia lama contro il cuore ghiacciato di questo figlio di Satana- Improvvisamente fu pervaso da un'aura elettrica. Un disco prese a roteare dietro la sua schiena. Quando si fermò si notò cosa fosse. Un'enorme aureola di tamburi dorati alta come il rosso. Il simbolo di Raijin, il dio del tuono shintoista. Gli occhi non erano più quelli di Ewe. Azzurri, ma senza pupilla. Sclera e iride si erano uniti, per dare vita a due luminose perle che brillavano di elettricità. Il weendigo si gettò di nuovo sulla kitsune, che  si spostò tanto velocemente da risultare invisibile. La bestia ci riprovò, visibilmente più infuriata, ma ottenne lo stesso risultato. Il weendigo decise allora di puntare Alaral. Era disarmato, quindi non potè far altro che cercare di schivare quel mostro. -Carne di lupo...- disse. Era appena un sussurro. Gelido, crudele. -Parli...- fece l'ibrido. -Che dici?- disse Ewe stranito, mentre si apprestava ad attaccare la creatura. Fu sufficentemente veloce da trafiggerla, ma non sembrò aver effetto. Il rosso fu spinto a diversi metri di distanza, ed ecco che quei crudeli occhi gialli tornarono sul biondo. -Riesci a sentirmi...- sussurrò di nuovo la bestia. -Smettila!- urlò il ragazzo. La voce del weendigo era insopportabile. -Riesci a sentire la voce del male...- -Non sei il male!- urlò Alaral gettandosi sul mostro. Si trasformò in lupo, riuscendo così a stare al suo passo. -Riesci a sentire la voce della paura...- Alaral saltò al collo del mostro, ma questi lo lanciò via. -Riesci a sentire i sussurri selvaggi della bestia assassina...- -Basta!- scattò. Corse di nuovo contro il weendigo, che con un colpo gli ruppe una zampa. Stramazzò al suolo. -Questo fa di te la bestia assassina...- La belva stava per colpirlo, quando si avvertirono dei passi. -Angeli...- Era Uriel. Uriel nel suo solito completo. Uriel disarmato. Era Uriel completamente impotente. -D...divino U...Uriel...- gemette il biondo a terra. Il weendigo lo caricò. Quello non si mosse neanche. Non cercò di evitare il colpo. Ma quando la bestia si girò per vedere la sua preda appena colpita, notò che quella aveva un pezzo di ghiaccio nella destra. Un pezzo di ghiaccio nero. Il cuore del weendigo. -Luzifrai bagradh nerzfrage, xoxfrez agdh- sussurrò. -Con il fuoco di Michele purifico il mondo da te- continuò in inglese. Una vivida fiamma accese il cuore di ghiaccio. Lo vide sciogliersi nelle mani di Uriel, che rimaneva impassibile. -Drysdor fragatyz xoferht, ghyrdastr, ghijn okkradh- concluse, mentre il mostro stramazzava al suolo, privo di vita, mentre Alaral svenne. **** Alaral si risvegliò in un comodo letto. Era di legno, con le lenzuola bianche. Strofinandosi gli occhi potè notare che si trovava in un'infermeria. Di quelle classiche, con alcune attrezzature moderne. Le pareti erano bianche, mentre il pavimento era fatto di mattonelle. Scostò il morbido lenzuolo. Era vestito solo con le braghe, l'armatura non sapeva dove fosse, mentre gli stivali erano ai piedi del letto. Provò ad appoggiare la mano sulla gamba rotta. Era stata ingessata, ma non serviva. Doveva già essersi rigenerata. -Alaral, ti sei svegliato!- Ewe stava correndo verso il suo letto. Indossava solo i pantaloni e una canottiera, mentre ai piedi aveva i soliti stivali da arti marziali. Aveva il braccio sinistro ingessato, tenuto su da una fascia che passava dietro al collo. -Stai bene?- chiese il biondo. -Sì, mi sono rotto il braccio cadendo, ma il resto è ok. Tu piuttosto?- -Evidentemente l'infermiere si è dimenticato che mi rigenero, mi ha ingessato la gamba- -Non si è dimenticato niente "l'infermiere"- A parlare era stata una voce profonda, roca, ringhiante, ma giocosa e gioviale. In infermeria stava entrando un uomo sulla trentina, alto più di 1.90, forse anche 2 m. Era molto muscoloso e abbronzato. Indossava una corazza di cuoio bruno, pantaloni di pelle nera e lunghi stivali borchiati. Aveva una barba ispida e biforcuta, mentre i capelli erano ramati. Ai lati della testa era completamente rasato, solo in cima aveva una lunga ciocca che gli arrivava al collo, acconciata in mille treccine. Sembrava un vichingo. Il naso era grosso, sembrava essere stato rotto più volte, gli occhi erano piccoli e ridenti, di un azzurro luminoso. Davano l'impressione che fosse molto sveglio e astuto. -È questo volpacchiotto che ha insistito per farti ingessare la gamba. Io gli dicevo che avevi un potente fattore rigenerante, ma lui no, continuava a ripetere "quello era un weendigo", "ha un potere malvagio", "forse con lui non funziona la rigenerazione"- Ewe mise una mano dietro la nuca, imbarazzato. -Istruttore Skoll, ero solo preoccupato...- -Che ore sono?- chiese Alaral. -Le cinque- rispose Skoll. -Ho dormito per sei ore?- -Cosa? Siete stati attaccati ieri, Alaral- L'ibrido alzò il busto di scatto, reggendosi con le mani. -Ho dormito per un giorno intero? Ho saltato l'addestramento!- -A proposito dell'addestramento, rendi fiera la tua stirpe- disse Skoll. Il biondo si girò verso l'istruttore. -È da anni che non c'è più un licantropo tra i quattro migliori guerrieri. Da quando avevo la tua età, e indossavo un mantello rosso- -Non sono un licantropo in realtà- disse Alaral. -Alaral... ululato possente... guardati. Hai tutto del licantropo. Non solo il fisico magro e atletico, non solo il richiamo. Hai il coraggio, la tenacia, la forza. Sei più licantropo di molti individui puri che conosco. Noi licantropi siamo considerati figli di Lucifero- a quel nome Ewe sussultò -ma tu sei la prova che non è così. Sei il figlio di un angelo- -Il mio branco non la pensava allo stesso modo- -Qual'è il tuo branco?- chiese Skoll. -I Cavalcatori di Luna- -Lo immaginavo. Il tuo occhio verde tradisce le tue origini- -Parli di quella vecchia filastrocca?- -Quale?- intervenne Ewe. -Una vecchia canzoncina diffusa tra i licantropi- spiegò Alaral. -Viola la roccia, azzurro il tuono, una la più forte, l'altro il più buono. Nero l'artiglio, grigi i marini, entrambi temuti, come grandi mastini. E infine verdi i cavalcatori, del colore dei prati, da sempre i più lontani, ed i più rispettati- recitò l'uomo. -Si riferisce ai cinque grandi branchi di licantropi americani: le Zanne di Roccia, dagli occhi viola, i Figli del Tuono, dagli occhi azzurri, i Grandi Artigli, dagli occhi neri, i Signori dei Mari, dagli occhi grigi e unici a navigare e infine i Cavalcatori di Luna, dagli occhi verdi. Quelli che vivono più isolati. Ma questo forse aveva senso un tempo. Ora che molte famiglie si sono mischiate non ha più valore. In pochi nel mio vecchio branco avevano ancora gli occhi verdi- spiegò l'ibrido. -Alaral, in quel caso gli occhi non avrebbero un colore così brillante. Fidati, so molte cose sui licantropi- -È riuscito addirittura a curarti le ferite che ti aveva fatto Kiana!- intervenne Ewe. Solo allora il biondo si accorse che ogni singola ferita del suo corpo era guarita. Tutte le cicatrici erano rimaste, ma non c'era più una goccia di sangue. -Come hai fatto?- chiese l'ibrido. -È stato abbastanza facile. È bastato un unguento di napello- -Lo strozzalupo...- fece Alaral piano. -Sì, qualcuno lo chiama così, si crede possa uccidere i licantropi. In realtà nell'antichità lo evitavamo perché...- -Mi hai fatto toccare dello strozzalupo?!- scattò il biondo infuriato. -Credi nell'antica religione...- chiese Skoll, visibilmente mortificato. -I Cavalcatori credono da sempre nell'antica religione!- Alaral si era alzato in piedi. Il gesso si spaccò per la foga con cui piegò la gamba. -Ragazzo, scusami, sapevo che adoravate ancora gli antenati, ma perché rifiutare il napello? È l'unica cosa che può curare le ferite da arma d'argento- -C'è una leggenda, ma... ma...- -Ragazzo...- Alaral si tolse velocemente il gesso e uscì dall'infermeria, seguito da Ewe. -Alaral, aspetta!- -Cosa c'è?- -Cos'è questa storia del napello?- -Lo strozzalupo. Secondo l'antica religione è una pianta molto sfortunata. Un credente non dovrebbe neanche toccarla, figurati usarla come medicina- -Ma l'istruttore Skoll non sapeva tu fossi un credente- -Avrebbe dovuto prevederlo, o quanto meno prendere in considerazione questa possibilità- -Ok, ma...- -Alaral, eccoti finalmente- A parlare era stata Kiana, apparsa in fondo al corridoio e che ora correva verso i ragazzi. -Uriel ti cerca. Vuole parlare di ieri- -Non sono in vena- -Non puoi rifiutarti. È un'istruttore- -E io un'ibrido a cui non interessa- -Ma cos'hai?- -Skoll l'ha curato con lo strozzalupo- spiegò Ewe. -Cosa? L'aconito? Non farti paranoie, è velenoso solo se lo mangi- lo rassicurò la mora. -Non è quello, secondo la mia religione è una pianta maledetta- -Ah, non ti facevo un tipo credente. Ma ora devi venire- -Ti ho detto che...- Il ragazzo fu interrotto dall'amica, che gli rifilò un pugno in pancia. Il fiato gli si mozzò, facendolo piegare dal dolore. -Devo ripetertelo?- L'ibrido scosse debolmente la testa. Ewe lo aiutò a rialzarsi. -Avresti potuto pararlo- disse Kiana -devi migliorare i tuoi riflessi- -È per quello che siamo finiti contro il weendigo- spiegò il biondo. -A proposito, Ewe- disse lei rivolgendosi verso la kitsune -non sei riuscito ad avere la meglio con i tuoi poteri?- -Non in una battaglia aperta. Sono un ninja. Reiko avrebbe avuto la meglio- -Sarà, ma...- -Cos'erano quei poteri?- chiese Alaral. -La forza di Raijin, il...- -Dio del tuono shintoista- concluse l'ibrido -lo so- -Già. Sono i poteri dello yojutsu- -Yojutsu?- -L'arte marziale degli elementi. Io e Reiko siamo stati istruiti dal maestro Ishikawa Goemon- -Anche tu puoi farlo?- chiese Alaral a Kiana. -No, ti sembro giapponese? Io uso i poteri angelici- -Cioè?- -Ogni arcangelo ha un'energia, ok? Io uso il "giudizio di Uriel"- disse. Poi mosse leggermente la mano, materializzando in aria un fascio di luce azzurro -poi c'è Ophren. Lui ha un potere diverso. Un potere curativo. Il "respiro di Raffaele", mentre i figli di Gabriele possono imparare il "passo di Gabriele", che li rende veloci come la luce- -Ho visto Uriel distruggere il cuore del weendigo con un fuoco. Aveva l'aspetto di fuoco normale, solo che, non so, aveva una strana energia...- -Il fuoco di Michele- spiegò lei -si tratta del potere più forte che un angelo può avere, ma il controllo totale lo ha solo Michele e i suoi figli- -Ci sono dei figli di Michele qui?- -Una sola- -Ti riferisci a quella ragazza da capelli d'argento che sta sempre in camera sua? È da sola, infatti Reiko la volevano mettere in quella stanza, ma sembra che l'abbia convinta a cambiare stanza- -Come se la cava in combattimento?- chiese il biondo. -Non l'ho mai vista combattere, so solo che ha rifiutato il posto tra i quattro migliori combattenti, e quindi hanno preso Stargo- spiegò Kiana. -Qualcuno ci ha mai parlato?- -Oltre agli istruttori? Credo solo Reiko e qualche studente più grande. E non pensare di andarle a parlarle, Alaral- si affrettò la mora -non ti aprirebbe neanche- -Non ci pensavo. Non sarei mai il primo a fare amicizia. Come si chiama?- -Adriel mi sembra, non so il cognome. In realtà di quasi nessun angelo si sa il cognome. Sono così tanti- -Qual'è il cognome di Lucifero?- A quel nome Ewe sgranò gli occhi. -Cosa?- -Non parlare di lui- lo ammonì il ragazzo. -Cos'è, Voldemort che non posso pronunciare il suo nome?- -Non si tratta solo di pronunciare il nome. Non puoi chiamarlo neanche "Tu Sai Chi" o "Signore Oscuro". Non devi parlarne. E smettiamola anche noi!- sbottò Ewe. -Quando era un angelo il suo cognome era Seirios, nome greco...- -Di Sirio, la stella più brillante del cielo- la interruppe Alaral. -Ma ora non so quale sia. Deve essere in lingua demoniaca, e quindi non voglio saperlo. E smettila di interrompere!- sbottò alla fine. Si ritrovaro presto davanti all'ufficio di Uriel. -Ewe, resta fuori. Vuole parlare con ognuno di voi separatamente- disse Kiana. Poi bussò. Si sentì la voce dell'arcangelo che li invitava ad entrare, così la mora aprì la porta. -Padre, ecco Alaral- -Bene. Kiana, ti prego, lasciaci da soli- -No!- scattò il l'ibrido -non dirò niente senza uno dei miei amici qui!- -Alaral, non sei in arresto. Ma se ti fa sentire più sicuro...- -Non si tratta di quello!- si affrettò lui. Era vero. Non si fidava appieno di Uriel, non dopo averlo sentito parlare quella strana lingua. -In ogni caso, siediti pure- L'ufficio era molto semplice. Tutto in legno, con una vecchia scrivania e parecchi scaffali di libri. L'unico oggetto decorativo era un'arazzo. Rappresentava Michele che combatteva un drago. -Dunque, quando siete arrivati nel bosco...- -Che lingua ha parlato ieri?- lo interruppe l'ibrido. -Eh?- -Era una lingua gutturale e dai suoni duri, e hai nominato Luzifrai...- -Taci!- urlò l'arcangelo, facendo tremare il tavolo. Aveva le mani che risplendevano d'azzurro. Si ricompose. -Scusa. Non nominare quel nome. Non nel verbo infernale- -Il verbo infernale?- -Come fai a conoscere il suo nome nel verbo infernale!?- chiese scioccata Kiana. -Alaral, dovevo ricacciare l'anima di quel demone nell'inferno. La lingua angelica non può farlo. Tutti gli angeli maggiori devono conoscerlo- -E perché io...- -Non puoi pronunciare quel nome nella lingua infame perché pronunciare il vero nome di un...- si bloccò. Si alzò e prese a passeggiare per la stanza. -Uriel...- -Alaral, vedi mai i film?- -Certo- -Saprai che non bisogna mai evocare il vero nome del diavolo- -L'ho sentito, ma, voglio dire, Lucifero, Asmodeo, chi era quell'altro? Azazel? Insomma, i loro nomi vengono nominati continuamente- -Perché per evocarne il potere devi conoscere appunto il verbo infernale. Il nome di Lucifero è l'unico che permette di ricacciare i demoni all'inferno. Ma tu non pronunciarlo mai. Non insegnarlo a nessuno. Kiana lo conosceva già, e sa che pronunciarlo vorrebbe dire rischiare di essere corrotto dal suo potere- Alaral annuì. L'arcangelo si risedette. -Ewe ha detto che hai parlato con il weendigo- Quella frase fu come un pugno sul viso. Nella sua mente ritornò la voce di quel mostro. Quella voce tagliente, bassa, agghiacciante... Uriel annuì, vedendo il ragazzo scosso. -Che ti ha detto?- -Io n-non, non ricordo bene...- -Alaral, che ti ha detto?- -Non lo so, ho dei ricordi confusi...- -Alaral- -Ha detto che sono la bestia assassina!- urlò l'ibrido. -Sento in te una forte emozione, percepisco... percepisco la paura- -Non ho paura- -Che ti ha detto il weendigo esattamente?- -Si è stupito che riuscissi a capirlo...- -Stai tranquillo- -Ha iniziato a dire cose come "senti la voce della paura"...- il ragazzo si fermò. Risentire quelle parole, anche se dette con la sua stessa voce, lo scosse molto. Kiana si avvicinò alla sedia dove stava il biondo. Si accovacciò, in modo da poter guardarlo in viso. -Alaral...- Quello tenevo la testa china. Sentì grossi lacrimoni rigargli le guance. Artigliò le gambe con le mani, alzando la testa con decisione. -Ha detto che riesco a sentire la voce del male- urlò -della paura, della bestia assassina- Poi si alzò in piedi, strinse i pugni talmente forte che si ferì con le unghie. -Ogni singolo demone di questo mondo vedrà che non sono la bestia assassina. Ho una promessa da mantenere!- Quella voce fu talmente forte che spinse Uriel all'indietro, facendolo cadere dalla sedia. I libri sugli scaffali furono spinti via, e i vetri delle finestre tremarono, fino a incrinarsi. -Ma cos...- disse Kiana. Era accovacciata a terra e aveva i capelli scompigliati. -Davvero incredibile- disse Uriel rialzandosi -hai usato "l'urlo di Zefiro" senza allenarti- -Padre... parlate forse...- -Kiana, hai presente le antiche guerre tra licantropi e orchi?- -Ricordo un passo de "La luna d'inverno". Diceva "milioni di lupi si gettarono contro il nemico, lanciando urli ch'io assomiglio alla voce del vento di ponente. E quei mostri cadevano sotto i gridi possenti". Pensavo si riferisse ad un grido di battaglia- -Con "urlo di Zefiro" voi intendete la "forza del vento" vero?- intervenne Alaral. -Già, è questo il nome che ha tra i licantropi. Un potere peculiare della tua razza che si attiva quando provate una forte emozione. In te non c'è più solo la paura, c'è qualcosa di ancora più temibile. L'ira- -Alaral- disse Kiana guardandolo negli occhi -non potevi sconfiggere quel demone...- -Parlavi di una promessa- intervenne Uriel. L'ibrido non si preoccupava di essere stato battuto, e l'arcangelo sembrava averlo capito. -Non penso si tratti di quella fatta a Ophren- Il biondo rimase in silenzio. -Vorrei capire da cosa deriva...- -Sono cose private- tagliò corto il biondo. Si era pentito di aver parlato della promessa. -Alaral, non voglio metterti pressione ma...- L'ibrido battè un pugno sulla scrivania, staccando l'angolo. Kiana prese Alaral per il braccio, mise questo intorno alle sue spalle e lo aiutò ad alzarsi. -Padre, ora basta, lo porto in camera sua- Uriel rimase in silenzio, mentre la mora accompagnò l'amico fuori dalla porta. Quando Ewe li vide aiutò la ragazza a sorreggere l'amico. -Cosa è successo?- -L'ha stressato troppo, portiamolo in camera- -Non voglio, ci sarà una lezione...- cominciò l'ibrido. -Stiamo perdendo lotta libera con Lady Rowena, ma è l'ultima lezione della giornata. Tra un po' siamo liberi- tagliò corto Kiana. Accompagnarono Alaral in camera sua. La mora fece una faccia disgustata. Il casino che c'era era soprattutto colpa di Ewe, ma c'era anche qualcosa dell'ibrido. Quello si allontanò dagli amici, sedendosi sul letto del rosso. -Alaral, cos'hai?- chiese la kitsune sedendosi vicino a lui. Anche la mora si avvicinò. -Niente- -Alaral, cosa ti ha detto il weendigo- chiese Ewe, ma fu fulminato dallo sguardo di Kiana. -Basta il ricordo della sua voce...- fece Alaral. -Non ci pensare- lo rassicurò l'amica. -E invece devo! Perché Ewe non è riuscito a capire quel mostro?- -Forse licantropi e wendigo sono più simili...- provò il rosso. -Ewe!- lo rimproverò la mora. Era nello studio di Uriel e aveva sentito la storia dell'ibrido, sapeva cosa gli aveva detto il weendigo. -Quando ho sentito il suo odore... non so, ho avvertito un forte pericolo. Eppure era la prima volta che lo sentivo- -È solo istinto, è tipico di noi animali- lo rassicurò la kitsune. Alaral era grato ai suoi amici, ma era inutile. Cercava risposte, non incoraggiamenti. -Ewe, cosa è succeso con i weendigo e... insomma, la tua famiglia?- chiese all'improvviso il biondo. Voleva solo cambiare discorso. Quello sussultò. -Problemi, legati alla caccia- tagliò corto. Alaral non voleva lasciar perdere. Era spinto da un desiderio egoista di dimenticare la sua angoscia. -Mi è sembrato che c'entrasse qualcosa tua madre...- -Alaral!- lo sgridò Kiana a bassa voce. -Scusa- si affrettò a dire. Non era giusto. Ewe non gli stava facendo domande, lo stava rassicurando, stava cercando di aiutarlo. Non poteva angosciare lui per scordare le sue preoccupazioni. L'ibrido non seppe che fare, allora fece la prima cosa che gli venne in mente. Lo abbracciò. Un abbraccio forte. -Scusami- ripetè. Sentì di nuovo scendergli le lacrime. -Ho tante domande, ma non sono sicuro di voler conoscere le risposte- -Alaral, ehi, Alaral. Sta calmo, non mi sono offeso- lo tranquillizzò l'amico. Ma l'ibrido non voleva lasciarlo. Gli era talmente grato. Era la prima vera persona che si era comportata da amica con lui. Aveva passato l'infanzia diffidendo da tutti. Non aveva mai abbracciato nessuno così. Neanche sua madre. Come poteva essergli tanto cara una persone che conosceva da appena due giorni? Kiana non disse nulla. Rimase a guardarli. Non voleva intromettersi. -Alaral, calmati adesso- fece la kitsune allontanandosi un po'. -Ewe, sei il primo amico che abbia mai avuto- disse l'ibrido. -Dai, non esagerare- -Tra i Cavalcatori di Luna non mi sono mai sentito a casa. Poi quando siamo stati cacciati pensavo di farmi degli amici a scuola. Ma non riuscivo a integrarmi. Il mondo è così pieno di convenzioni, di regole. Avrei preferito morire piuttosto che omologarmi- -Alaral, perché stai piangendo adesso?- -Ho promesso che non lo avrei più fatto, ma non ci riesco...- -A chi l'hai promesso- chiese Ewe. Alaral glie lo stava quasi per dire. Stava quasi per rivelargli tutto il suo passato. Ma si bloccò appena in tempo. Il rosso lo notò. -Non fa niente- lo rassicurò. Nonostante quello che prima l'ibrido stava facendo l'amico era pronto a rassicurarlo. Non ce la fece. -A mio fratello- gli scappò, e quando se ne rese conto era troppo tardi. -Scusatemi, devo andare- Alaral si affrettò ad uscire. -Dove vai?- chiese Kiana. -A scusarmi con Skoll per come l'ho trattato- Non era vero. Voleva stare un attimo da solo. Andò all'arena. Avrebbe dovuto allenarsi con Kiana, ma non voleva vedere nessuno per un paio d'ore. Quando entrò però vide che c'era qualcuno che menava colpi a un manichino. Aveva una figura sinuosa, elegante. Sembrava molto agile. Strano, era convinto che a quell'ora non ci fosse nessuno. Avvicinandosi notò che aveva lunghi capelli corvini, indossava una tuta rossa e usava una katana. Era Reiko. Appena lo vide rinfoderò la spada e corse verso di lui. -Alaral, oddio, stai bene?- chiese. -Skoll è incredibile, non ho più neanche le ferite dell'allenamento- la rassicurò l'ibrido. Lei sorrise, sollevata. -Ewe non ha voluto che venissi mentre eri sveglio. Temeva ti avrei stressato troppo con le mie preoccupazioni- -Mi ha stressato più Uriel con le sue domande. Perché dovrebbe stressarmi che qualcuno si preoccupa per me?- -Dove sono Ewe e Kia?- chiese. -Li ho lasciati in camera mia, non so ora dove sono- -Avete litigato?- -Cosa? No, no. Avevo... avevo bisogno di stare un po' da solo- -Allora me ne vado- disse lei comprensiva, ma Alaral la trattenne per la spalla. -No, ti prego, resta!- disse tutto d'un fiato, avvicinando la ragazza a lui. Ora i loro visi erano pericolosamente vicini. -Io, ehm... forse non mi farebbe male un po' di compagnia- disse lui allontanandosi. Lei rise. Era così bella quando rideva. Si maledisse di averlo pensato. -Perché non ci alleniamo insieme?- chiese lei. -In realtà ho promesso...- iniziò l'altro, ma fu interrotto: -Posso attaccarti mentre cerchi di difenderti- propose Reiko. Ora fu l'ibrido a sorridere. -Sarebbe perfetto. Ho visto Ewe come si difendeva, vorrei provarci anch'io- Allora la kitsune tese la mano verso un lato lontano dell'arena. Subito un bastone volò nella sua mano. Da vicino il biondo notò che era di metallo. Quando Reiko glie la lanciò contro la prese, notando che era davvero pesante. -Non posso usare questa contro Ophren. Sarebbe sleale- -Serve solo ad allenarti. Se ti allenerai con un bastone più pesante sarà poi più facile per te combattere- Alaral si rigirò l'asta in mano. Non si capiva se fosse un arma o un'altro atrezzo. Forse un manico. Però era metallo pieno, il che la rendeva difficile da maneggiare. Pesante quanto una spada o forse di più. -Vogliamo cominciare?- chiese Reiko, l'ibrido annuì, mettendosi in posizione. Cercò di ricordare come parava i colpi Ewe. Era stato davvero veloce, non era molto quello che aveva visto. Comunque più che altro li evitava. Sarebbe stato tanto veloce? Improbabile. Ewe aveva quella "forza di Raijin". Lui non avrebbe raggiunto la velocità del fulmine. I suoi pensieri furono interrotti da un rapido colpo della kitsune. Fu ferito alla spalla. Provò a colpire la ragazza, ma lei evitò la sbarra con un movimento fulmineo. Non voleva parare i colpi. Era chiaro. Sapeva che Alaral non voleva neanche un aiuto, e mostrandogli come fare per lui sarebbe stato più facile. Continuarono così per diverse ore. Ormai il sole cominciava a calare. Reiko si fermò. -È tardi, forse sarebbe il caso di tornare. È ora di cena- -Ti prego, vorrei riuscire a colpirti almeno una volta- pregò l'ibrido. Sentiva che la kitsune non si sarebbe fatta colpire apposta. -Ok, ma aspetterò fin quando la luna sarà alta. Poi torniamo- Le ore passavano, e i due non smettevano di combattere. Reiko non si accorse neanche della luna. Oramai si era fatta prendere dall'entusiasmo dell'amico, il quale era mosso da una forza di volontà che andava oltre il pensiero logico. **** Kiana si svegliò con un forte mal di testa. Aveva dormito solo un paio d'ore. Avendo aspettato Reiko tutta la notte. Si stropicciò gli occhi, per poi scendere dal letto. La sua camera, che condivideva con l'amica, aveva i letti singoli. Era vestita con un top azzurro e i pantaloncini del pigiama, che le fecero sentire subito freddo. Prese dallo schienale una vestaglia rosa, e mentre la indossava gettò l'occhio sul letto dell'amica. Non era ancora tornata. Erano già le otto. Uscì dalla stanza a piedi nudi. Aveva una mezza idea di dove fosse, ma voleva esserne sicura. Quando fu davanti alla camera 127 si fermò. Bussò decisa. Nessuna risposta. Provò di nuovo, sta volta con più vigore. Ancora silenzio. "Ma perché sono sempre costretta a fare queste cose?" pensò "io non vorrei, ma mi constringono". Afferrò il leone e spinse. Usò tanta forza che si aprì, rompendo la serratura. -Alaral?- chiese una voce nel buio. Era Ewe. -No, e se non è qui forse so dov'è- disse -forza, mettiti qualcosa addosso, dobbiamo uscire- -Ma non possiamo uscire prima delle otto e mezza- disse il rosso. La ragazza tirò la tenda, facendo entrare la luce. La kitsune stava dormendo vestita, fuori dalle coperte. Aveva aspettato tutta la notte Alaral. Furono presto nel salone principale. La ragazza spinse il grande portone dorato. Da dentro si apriva facilmente, mentre da fuori dovevi avere la chiave di una stanza. Si diressero velocemente verso l'arena. La ragazza sentiva la rugiada del prato bagnargli i piedi. Quando arrivarono si affrettarono ad entrare. Ad un primo sguardo sembrò che non ci fosse nessuno, ma poi Kiana notò qualcosa per terra, al centro del cerchio di sabbia. Il rosso e la mora si avvicinarono. -Alaral?- fece Ewe. L'ibrido e Reiko stavano dormendo stesi a terra, con una sbarra di metallo poggiata su un lato e la katana della kitsune sull'altro. Reiko era vicina al biondo, con la testa sul braccio di lui. Alaral aprì gli occhi. Quando li vide alzò il busto. Sul suo viso si dipinse un largo sorriso. -Sono riuscito a parare un colpo!- esclamò -stava già albaggiando. Ho capito come fare, devo tipo mettere il bastone verticale- mimò il gesto con la mano -e l'ho anche quasi colpita una volta!- concluse alzandosi. Anche Reiko si alzò, prendendo la katana e mettendola nel fodero. -Scusateci, mi sono fatta prendere dall'entusiasmo di Alaral e ho perso la cognizione del tempo- **** Alaral e Kiana stavano combattendo nel bosco. Erano le nove. La ragazza aveva deciso di far saltare all'ibrido tutte le lezioni fino al giorno del duello. Mancavano dieci giorni, ieri era iniziato agosto. L'arena era spesso occupata, visto che veniva usata per le lezioni di scherma, di lotta libera, di magia e altre cose. Lezioni che il biondo non avrebbe voluto saltare, ma secondo Kiana se si fossero allenati ininterrottamente fino al dieci avrebbero avuto il 15% di possibilità di vincere, contro il 2% se avessero continuato con i vecchi ritmi. La mora continuava a colpirlo. Gli feriva con la spada ogni punto scoperto del corpo, mentre lui cercava di applicare la tecnica appena imparata per difendersi. -Devi essere più veloce idiota- lo ammonì l'amica, mentre oltrepassava le sue difese e lo colpiva sulla guancia. Fu così per tutto il giorno. Quando fu poi ora di cena Kiana se ne andò, mentre il ragazzo andava all'arena dicendo di volersi continuare ad allenare. Quandò fu sulla sabbia trovò ad aspettarlo Reiko, nella sua solita tuta rossa, con i capelli legati in una treccia e la katana al fianco. -Oddio, non posso vederti con queste ferite- disse lei vedendolo. -Buonasera anche a te- scherzò Alaral. Le ferite già non gli facevano più male. -Aspetta un attimo, ho portato delle fasciature- Vicino a lei, a terra, c'era un mucchio di garza. La prese, ma il ragazzo fiutò subito qualcosa di strano. -Strozzalupo?- chiese. -Già. So che l'aconito napello può rimarginare le ferite da arma d'argento- disse lei. -Sì, l'ha usata anche Skoll, ma è contro la mia religione- spiegò lui. Lei assunse un'espressione rammaricata. -Ok, vado a prendere della garza pulita allora- -No- la fermò lui. Non sapeva cosa gli stesse capitando. Reiko gli faceva provare una strana sensazione. Era qualcosa che non aveva mai provato prima. Qualcosa per cui sarebbe stato disposto a mettere da parte il proprio credo pur di renderla felice. -Ti prego, questa va bene- la rassicurò. -Ma hai detto che...- -Possiamo non perdere tempo? La notte è breve- Allora la ragazza slacciò gli spallacci del biondo, sfilò la gorgiera e infine gli tolse la corazza, per poi passare ai bracciali. Prese a fasciare il busto, le spalle e il collo dell'ibrido. Alaral dovette resistere per non strapparsi via le bende. Lo strozzalupo non bruciava sulle ferite. Sulla pelle non si avvertiva alcuna differenza tra quelle garze e delle fasciature pulite. Ma l'odore era inconfondibile. Un'odore che aveva imparato a odiare. Tuttavia quell'odore fu coperto da qualcos'altro. Qualcosa di piacevole, dolce. Un profumo celestiale. -Profumi di fiori d'arancio- disse lui piano. -È il mio shampoo- disse lei, intente a fasciargli le braccia -tu usi uno shampoo al muschio vero?- Quello sorrise. Non si lavava da due giorni, ma effettivamente la sua prima notte all'accademia lo aveva usato. -Kia ti ha ferito anche le gambe- notò. -Non ci provare. I pantaloni li tengo- si affrettò a dire Alaral. -Sei diventato rosso- disse lei ridendo. Chiuse gli occhi, in modo che il ragazzo si fasciasse le gambe. Quello si tolse gli stivali e i pantaloni. Afferrò le garze e prese ad applicarsele. Il suo lavoro era più grezzo di quello della ragazza, ma decise che poteva andare. Si rimise i pantaloni, poi gli stivali. -Puoi aprire gli occhi- le disse. Quella lo fece -Ora possiamo combattere- -Mettiti l'armatura, sennò rischio di andarci piano vedendoti tutto fasciato- Alaral obbedì, così Reiko gli lanciò la sbarra di metallo, poggiata affianco a se. -Facciamo così, appena riesci a colpirmi possiamo smettere- disse la kitsune. -Mi ha detto una cosa simile tuo fratello, e poi abbiamo incontrato il weendigo- -Ma adesso sai parare i colpi- sorrise quella. Il combattimento andò come tutti quelli a cui Alaral aveva partecipato in quei giorni. Incassò parecchi colpi, anche se 'sta volta riuscì a pararne alcuni. La differenza tra lo stile di combattimento di Kiana e quello di Reiko era evidente. La prima parava ogni colpo, per poi rispondere con forza, mentre la seconda era decisamente più precisa. Con la sua katana colpiva Alaral tra le giunture dell'armatura, risparmiando però le braccia e il viso. -Ci stai andando piano- disse il biondo. -Quando tu comincerai a fare sul serio, lo farò anch'io- fece lei di rimando. Effettivamente l'ibrido non stava cercando di colpirla, voleva esercitarsi a parare i colpi. Menò un colpo al fianco, ma per lei fu facile schivarlo. Questo si ripetè per varie parti del corpo, e ormai si stava facendo l'alba. -Ancora non mi hai colpito? Mancano solo dieci giorni al duello con Ophren, come pensi di batterlo se non riesci nemmeno a colpire me?- disse Reiko. Era vero. Alaral non si era aspettato che Reiko fosse così forte. Se non riusciva a battere lei non avrebbe battuto uno dei quattro migliori guerrieri, per quanto idiota e arrogante come Ophren. -L'allenamento di Kiana non sembra funzionare. Come faccio a imparare qualcosa se non mi insegna niente?- Reiko non rispose. Si rimise in posa da battaglia. Il messaggio era chiaro: "meno chiacchiere e più azione". Riprese l'attacco. Era ormai mattina quando Alaral menò un potente colpo alla spalla della ragazza, ma abbassò appena in tempo la sbarra metallica. Reiko la fermò con la mano, ma era troppo tardi. Era stata colpita al fianco, che non aveva fatto in tempo a ritirare a causa del movimento delle spalle. -Credo di averti appena colpito, Reiko-sensei- Quella regalò al ragazzo un largo sorriso. -Non chiamarmi così- disse. Continuarono con quel ritmo tutti i giorni. Alaral si allenava con Kiana dalle nove alle otto e mezzo, mentre dalle dieci di sera combatteva con Reiko nell'arena. Dormiva appena due ore, non mangiava niente e per sopravvivere beveva la bevanda azzurra, che equivaleva a un pasto e serviva a sfamarlo e dissetarlo. Il tempo passava. Man mano il biondo imparò a parare molti dei colpi di Kiana e persino a colpirla. Reiko, dopo che Alaral gli aveva parlato dell'urlo di Zefiro, volle che imparasse ad usarlo. Quando lo usava riusciva anche a disarmare la ragazza, però ci riusciva solo quando provava una forte emozione. Non ci mise molto ad arrivare la sera del nove. L'ultima notte prima del duello, che si sarebbe tenuto la mattina dopo.
   
 
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