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Autore: reggina    24/02/2018    4 recensioni
Si dice che i gemelli abbiano un legame misterioso, speciale e invidiabile.
James e Jason , forse incatenati allo stesso destino, imparano da subito di non essere il centro del mondo.
Si guardano le spalle, si proteggono e si difendono l'un l'altro. Sempre.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gemelli, Tachibana/Derrick
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Sumire gli toglie la tazzina del caffè di mezzanotte cercando di non svegliarlo ma, accidentalmente, gli urta il gomito e Jason solleva la testa di soprassalto. Apre gli occhi e ci mette qualche secondo a capire dove si trovi: ieri pomeriggio si è messo sui libri molto presto senza riuscire a concentrarsi , non facendo altro che sospirare e pensare a cosa sarebbe successo adesso…Ma doveva studiare per mettersi in pari con il programma e, dopo cena, si è risieduto alla scrivania.

Nonostante la dose extra di caffeina deve essersi addormentato, senza accorgersene ,tra penne, matite ed evidenziatori.

“Stavo solo riposando gli occhi!”

Si giustifica con un borbottio: in realtà non ha nessuna voglia di iniziare questa giornata e ha la sensazione di non aver dormito affatto.

“Oh certo!”

Sua madre lo guarda poco convinta, accarezzandogli il volto e ravvivandogli i capelli. È premurosa e comprensiva come sempre e ha un sorriso radioso, che solo in un angolo fa intuire un residuo di angoscia trattenuta, e in automatico fa sorridere anche lui.

“Non devi cercare di essere sempre perfetto, perché ti do una buona notizia: nessuno lo è!”

È sempre molto attenta, loro due si sono sempre capiti su tutto e, quando Sumire si siede e lo guarda alzando un sopracciglio invitando tacitamente la sua confidenza senza filtri, per Jason è impossibile fare il difficile e non dirle apertamente quello che ha dentro.

“Ho tanti pensieri negativi in testa e non riesco a controllarli! Paradossalmente ho più paura di prima: paura di illudermi, paura che l’operazione su cui abbiano riposto tanta fiducia non sia efficace, paura che possa soffrire ancora e io non possa fare niente per lui.”

Il viso di Sumire si rattrappisce, come se stesse succhiando da una cannuccia, perché le paure di Jason sono quelle di tutta la famiglia.

“Come ci riesci tu, mamma, a mantenere la calma in ogni situazione? A non dover sfogare la rabbia o reprimerla?”

Quella leonessa dormiente fa un ballo con le inquietudini che le si rompono dentro , in mille pezzi, come quando giri un caleidoscopio. I suoi figli sono, in automatico, dietro ad ogni sua domanda e ad ogni sua risposta.

“Con il passare del tempo scopri che riesci a vivere con il terremoto. Sai cosa faccio quando vado a nuotare alla piscina comunale? Immagino di essere in un videogioco e di dover catturare tutti i pensieri positivi disseminati tra i galleggianti che dividono le corsie!”

Gli parla con un linguaggio semplice e universale, quello del cuore, con un sottinteso sono qui io, non ti preoccupare ! E il respiro di Jason smette di tremare.

“Jamie non ha bisogno di scene topiche o di momenti intensi di amore dichiarato ogni cinque minuti. Ha bisogno di normalità, ha bisogno che tu sia quello di sempre! Sei un buon esempio per chi ti sta intorno, soprattutto per tuo fratello…”

La spontaneità e la sincerità di quelle parole lo avvolgono con dolcezza, come una carezza cucita su misura per lui.

La mamma gli sfila il libro da sotto il naso, in un gesto assodato nei numerosi pomeriggi di studio insieme: ore che scorrevano veloci in un continuo confronto, in una critica costruttiva di questo o di quello.

“Sono abbastanza arrugginita in matematica ma, se ti va, possiamo provare a ripetere insieme!”


Quando, questa mattina, è arrivata la telefonata di una signora che aveva bisogno di un intervento per riparare un lavandino e ha osservato Jimon indossare la sua tuta blu, a James è scappato da ridere.

Quanto era ingenuo da bambino! E come galoppava la sua fantasia nel fondere l’immagine di suo padre con quella di un omino in pixel dai baffi neri e dal naso a patata!

Forse, quando usciva di casa, anche papà saltellava e brandiva un martello per andare a liberare principesse in pericolo?

Si è risvegliato, con una punta di nostalgia, da quei ricordi di infanzia arrivati con facilità.

“Ehi Super Mario posso essere il tuo apprendista per oggi?”

Venti minuti dopo Jimon si trova innanzi alla distinta padrona di casa con una valigetta degli attrezzi nuova e con il suo ragazzo che viene squadrato da capo a piedi.

Si mette subito all’opera allineando sul pavimento gli strumenti che dovrà usare ed esaminando il sifone rotto e incrostato dal calcare. James gli sta dietro come un’ombra: gli passa il seghetto ma dimentica la canapa e la signora gli sorride con indulgenza.

“Questo ragazzo non ha molta esperienza, vero?”

“No, però ci mette molta passione!”

Le parole di suo padre e i suoi occhi che si illuminano quando lo racconta ad altri, riempiono di amor proprio James. Compiaciuto da quel riconoscimento, se ne resta di guardia dietro le spalle di Jimon e, abituato a chiacchierare a vanvera su qualsiasi argomento, inizia a commentare le notizie del telegiornale della sera prima.

A lavoro ultimato è bello vedere il lavandino riempirsi fino all’orlo e, tolto il tappo, l’acqua non scivolare dentro il tubo ma praticamente volarci dentro!


È stato un lavoro semplice ma eseguito in maniera impeccabile e James è orgoglioso del suo papà. Cammina verso casa con il mento alto e il naso all’insù, con Jimon che quasi lo tallona come una guardia del corpo, quando tira fuori una delle sue battute spiritose.

“Lo sai qual è il colmo per un idraulico? Non capirci un tubo!”

Si nasconde dietro ad un sorriso ma sotto quella corazza di sicurezza si nasconde un ragazzo dolce e fragile.

“E tu ti senti capito da noi?”

La domanda, che ne racchiude in sé altre mille, apparentemente semplice spiazza Jamie: gli tremano le gambe, le mani e forse un po’ anche l’anima.

Riflette qualche minuto prima di rispondere e sposta lo sguardo su un muro di mattoni ricoperto da buganvillee, in realtà guardando il vuoto.

Suo padre è un buon ascoltatore: capace di sentire i suoi pensieri e di accogliere i suoi dubbi. È un amico, una guida e un buon consigliere.

Dalla tasca della sua tuta da lavoro spunta un guanto di protezione anti-taglio ed è proprio quel piccolo accessorio a dare il là allo sfogo di James.

“In questo momento vedo la mia vita come un guanto sporco! Per quanto me lo ripeta e mi ci prepari non mi sento mai davvero pronto per tornare in ospedale e affrontare quell’avversario capace di farmi abbassare la testa!”

“Sapevamo che questo sarebbe stato lo step successivo…”

Jimon cerca di incoraggiarlo e rassicurarlo ma suo figlio scuote la testa e sbotta indispettito.

“Sì, ma la verità è che ho una fifa pazzesca! E se questa linfoadenectomia non fosse un’alternativa valida alla chemio? E se la malattia dovesse ritornare?”

Tutti quei se , le ipotesi più catastrofiche, si piantano nello stomaco di Jimon come un macigno.

“Mi fa rabbia scoprirmi così fragile e sgomento difronte all’incertezza per l’esito di questa nuova battaglia da combattere! E poi ci siete voi che siete più spaventati di me e io non vorrei mai essere la causa della vostra tristezza!”

Ha ragione: è un’anima arrabbiata , ma anche bella, perché è James allo stato puro. Non si nasconde.

Jimon sente un nodo alla gola stringersi ,sempre più forte. Vorrebbe poter lasciar scorrere le lacrime ma suo figlio ha bisogno di equilibrio e positività.

“È ingiusto che la vita di abbia messo sulle spalle un fardello così pesante, Jamie. Ma io ti conosco e so che, anche se ti logora e ti stanca, non permetterai che sia lui a decidere i tuoi sorrisi, le tue gioie e i tuoi pensieri!”

“Dici che ce la farò ad uscirne?”

James è solo un ragazzo spaventato con le sue guance rosse e con quella domanda impregnata da una forte carica di speranza . È l’ottimismo di un giovane adulto che ha conservato quella del bambino con tutta la sua voglia di vivere.

Jimon vorrebbe tanto dirgli che andrà tutto bene ma non sa mentire ai suoi figli. Gli dà un bacio sul dorso della mano e gli accarezza la fronte, nello stesso ordine di quando era piccolo e toccava a lui addormentarlo la sera.

“Zoppicano le tue certezze ma non le tue gambe! Tutto il dolore, tutta la rabbia che provi in questo momento possono diventare combustibile!”

Si scambiano un mezzo sorriso, come complici di un gioco di dadi, illudendosi che tutto sia sotto controllo quando, invece, non lo è proprio.


Essersi sfogato con suo padre è stato un vero toccasana. James si sente compreso, alleggerito, e tutto gli sembra superabile.

Per non restare così tesi, portatori entrambi di intime emozioni, decide di ringraziare il genitore a modo suo.

“Anche se, dopo essere stati sotto un lavandino intasato, non richiamiamo di certo una fragranza Blu de Chanel …Ti va se ci fermiamo in pasticceria a comprare dei rakugan per mamma e per Jason?”

Quella gentilezza improvvisa ha un doppio fine: anzi due dorayaki extra tutti per lui!

Li ingoia avidamente, spalmandosi la marmellata su tutta la bocca, mentre Jimon beve il suo caffè, in uno dei tre tavolini rotondi dell’angolo che affacciano sulla strada azzurro- fumo di una mattino di Akita.

Questo, però, sarà il loro piccolo segreto!

   
 
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