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Autore: Servallo Curioso    29/06/2009    3 recensioni
Ham è un dio che vive in un pantheon fatto di ruoli assurdi. Lui, comunque, si sente costretto a quel ruolo fatto di studio e ricerca; privo di azione, fama ed esperienza. Non è capace di accettare la sua natura così impulsiva e sognante, all'opposto del suo ruolo: l'archivista che passa l'eternità nelle sue stanze. Conosce gli dei, conosce la storia, conosce qualsiasi cosa scritta fino a quel momento: ma non conosce il brivido di provare quelle avventure tanto sognate sulla propria pelle. Quando l'occasione finalmente si presenta, Ham, capisce di non essere adatto a quel genere di storie: quelle con l'azione, la paura della morte e il fragore delle armi di sfondo. Questa volta, però, non potrà decidere di ritirarsi: è scoppiata la guerra.
Genere: Drammatico, Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3 – Incontri inaspettati

Era passato un intero giorno, ma i miei occhi non avevano scorto nulla di realmente interessante.
Il fatto che il Grande Padre mi avesse dato quel compito mi portava a essere irrequieto e sempre in movimento. Era ormai il primo pomeriggio, quasi l'ora di pranzare e io continuavo a girare errando tra le sale del Palazzo. Tenevo vivo il legame con gli osservatori ma era tutto inutile. Fu in quel momento, passando nel solito lungo corridoio a est, che la incontrai.
Quella dea stava camminando nella direzione contraria alla mia e me ne accorsi solo poco prima di passarle accanto. In quel momento alzai gli occhi e la fissai. Non sapevo come mi fosse preso, forse la sorpresa, mi portò a fermarmi seguendola con lo sguardo. Manius non ne fu molto felice.
Pure lei si fermò, “Cosa cerchi, ragazzino?” mi chiese. Io non sapevo proprio come rispondere.
Anche se i miei rapporti con altri dei erano stati rari, e ne conoscevo davvero pochi, nessuno si era rivolto a me (un dio!) con quel tono.
Sospirai lanciando uno sguardo fuori dalla vetrata, al di là del giardino. Un po' per vedere ciò che stava accendo nel mondo umano un po' per non incrociare il suo sguardo perverso. “Non voglio nulla da te, Manius” risposi con tono tranquillo, benché mi seccasse un simile affronto.
Lei scosse il capo, finalmente voltandosi. “Non ti ho chiesto cosa vuoi da me, Ham. È normale che al passaggio di una dea del mio calibro tu rimanga incantato” sorrise e io non capii se fosse una battuta “Ti ho chiesto cosa cerchi. Stai vagando come un cane randagio per il Palazzo”.
Rimasi in silenzio qualche secondo. Cosa potevo risponderle? Che cercavo un evento? Una risposta così non era degna neppure di essere pronunciata.
Allora?” mi domandò giocando con le dita con la lunga collana di perle che teneva al collo.
Mi girai lentamente, guardando sempre verso il mondo al di là del giardino.
Sto scrutando il mondo”.
Lei subito ribatté: “E questo ti crea così tanta agitazione?”.
No, è solo che il Grande Padre mi ha detto che sarebbe accaduto qualcosa”.
Che cosa?” in un attimo, le sue dita scivolarono via dalla collana lasciandola libera. “Cosa accadrà?”
Io scossi la testa alzando lo sguardo. “Non lo so. Mi ha detto che accadrà qualcosa di strano, qualcosa che riguarda un antico rancore. Neppure lui sapeva prevedere con certezza lo scorrere degli eventi”. Davanti a lei, in quel momento, mi ero improvvisamente sciolto, lasciando che le parole uscissero liberamente dalla mia bocca. “Io ho inviato degli osservatori ma non riesco a stare fermo, potrebbe accadere da un momento all'altro, qualsiasi cosa sia”.
Lei non mi lasciò finire. Ciò che volevo dire fu stroncato da un solo dito. Il suo indice sinistro si posò sulle mie labbra zittendole. “Non stare in attesa” mi disse con una voce molto più femminile del solito “se aspetti non accadrà mai. Rilassati ma stai in guardia, l'importante è che non ti colga di sorpresa, hai capito? Nel frattempo puoi anche dedicarti ad altro e non sei costretto a girovagare come un'anima in pena, cosa che non ti dona”.
Quel 'che non ti dona' risuonò un po' nelle mie orecchie. Avevo capito tutto ciò che aveva detto e in fin dei conti aveva ragione, ma non volevo assolutamente pensare a cosa mi donasse secondo la sua perversa visione delle cose. In quel momento quel pensiero riempì la mia testa.
Quindi vai a divertirti. Anzi, se ti va puoi anche passare a partecipare a qualche rito nei miei templi, sai?”. Mi ammiccò in maniera sarcastica, sapeva meglio di me la mia risposta.
Io scossi il capo e mi aiutai con le mani a far arrivare il messaggio. Non se ne parlava proprio. “No, grazie”, sorrisi in maniera imbarazzata. Solo il pensiero mi rendeva agitato.
Vabbè, se ti va sai dove trovarci. Ci vediamo, ragazzino!” io non risposi e la sua sagoma scivolò lungo il salone sparendo tra i giochi di luce che filtravano dalle vetrate.
Manius a quel puntò capì che i suoi sospetti erano fondati. Alla fine Raffaella non era stata un caso e la sua proposta iniziava ad avere un senso. Doveva subito parlarne con qualche divinità di cui si fidava.
Io rimasi lì, a guardare all'esterno. Sapevo di dover seguire i suoi consigli, eppure non ci riuscivo. Persino il mio sangue sembrava volermi lasciare questo chiaro messaggio: sta per accadere qualcosa. Per quanto mi agitassi le cose non sarebbero cambiate, tanto valeva distrarmi finché non fosse accaduto.

A mia insaputa, la cosa più interessante della giornata stava invece accadendo poco distante da me, alle porte del regno divino.
Un demone abbastanza potente e coraggioso, o folle, aveva osato profanare il suolo sacro. Aveva l'aspetto di un vecchio, avvolto in una raffinato mantello nero dai bordi rossi. La poca pelle visibile era di un colore candido, troppo.
Revery si alzò dalla sua comoda posizione sotto il melo chiedendo una presentazione. L'ospite non rispose. Lei allora lo domandò più forte: “Vogliate presentarvi o l'accesso vi sarà negato”.
Lui sorrise, sotto quel cappuccio. “Sono un viaggiatore solitario”.
Sembra che l'essenza stessa dei demoni fosse desiderosa di ricevere morte per mano divina, altrimenti non si spiega perché gran parte dei membri di questa razza si recasse alle porte del regno per entrare, oppure andasse a profanare i tempi. Avevano come la morbosa voglia di essere annientati da un dio, come se fosse l'unica cosa a poterli redimere.
Demone che bussi alla mia porta, vattene prima che decida di punirti”.
Tu non puoi uccidermi”. Lo dicevano tutti, anche un attimo prima di venire schiacciati da un'enorme pressa. Erano davvero folli, questi demoni.
L'anello divino che teneva al dito indice della mano destra iniziò a vibrare. Quella era l'arma di Revery; l'arma capace di controllare il vento. Con un gesto distratto puntò il demone scagliando la sua offensiva: un qualcosa di invisibile che di solito creava enormi buchi nel corpo della vittima, una cosa molto simile a dei proiettili di sola aria.
In quel caso, quel qualcosa, si infranse contro un qualcos'altro altrettanto invisibile, senza che il vecchio si muovesse. Probabilmente una barriera talmente forte da resistere all'assalto di un dio.
L'impatto creò solo un leggero movimento d'aria che fece dondolare i fiori del giardino.
A quel punto la dea si accorse che quel demone aveva qualcosa di diverso. Era più forte, stranamente forte. Anche se può sembrare una sciocchezza, il solo resistere a quel gesto distratto era un'impresa da eroi, non da corpi posseduti.
Capisci cosa intendo?”
Con quel sorriso innocente, Revery, evitò di rispondere. Si spostò i capelli color cenere dietro alle orecchie e si sistemò i piccoli occhiali sul naso. “Una barriera è uno scherzo. Chissà se resisterai a questo!” esclamò.
Smettila!” la interruppe la figura.
La dea si stizzì. Come osava quella bestia rivolgersi a lei con tanta confidenza? Ciò che Revery non notò era quella voce femminile, che aveva contrassegnato la frase. La donna alla fine si abbassò il cappuccio, stupendo forse la sua interlocutrice. Aveva un volto infantile, liscio e dagli occhi allegri di un vivace color oro. La bocca sorrideva mettendo in evidenza gli zigomi alti; tutt'intorno c'erano boccoli castani che dondolavano in continuazione. Adesso non sembrava più un demone.
Revery, per uccidere un nemico di tale calibro, avrebbe dovuto usare la sua piena forza e non solo un quinto di essa, come aveva fatto fin'ora.
Si morse il labbro inferiore senza però farsi troppo male, la guardiana, sorridendo appena alla fine.
Ora capisco perché i miei attacchi a prova di demone non ti avevano ferita, Elian”.
Elian, l'intrusa, ricambiò il ghigno. “Attacchi a prova di demone? Credevo fossero mosse per sopperire al caldo, non avrei mai pensato che le tue magie fossero così scarse”. Un gioco di provocazioni che avrebbero portato ben presto Revery sulla strada della rabbia accecante. Per ora si tratteneva, stringendo appena i pugni e rimanendo immobile.
Sono venuta per parlare con il Grande Padre. Questa volta dovrà accontentare le mie richieste”.
Revery inarcò le sopracciglia. “Altrimenti?” chiese infine.
Elian sorrise, come per prendersi gioco di lei, e rispose: “Perché altrimenti mi arrabbio”.
Elian era una divinità malvagia. Non bisogna inquadrarla come una padrona di demoni o qualcosa del genere, lei era solo ostile agli uomini e nel pantheon non era l'unica. Il suo compito era quello di regolare la vita delle donne, modificandone lo sviluppo o i cicli, e poi controllarne la gravidanza. Era però così dispettosa e sadica causare nelle vittime che attiravano la sua collera le peggiori cose. Si divertiva a influire sui cicli in maniera molto negativa, poteva far iniziare gravidanze fasulle o, peggio ancora, far nascere bambini morti. Il Grande Padre sopportava la presenza di una tale dea, ma l'aveva cacciata dal Palazzo e questo lei non sera riuscita ad accettarlo.
Si presentava spesso chiedendo udienze che terminavano sempre con un'ulteriore cacciata dal regno divino, anche se il più delle volte neppure avvenivano.
Revery aveva avuto molte volte a che fare con lei ma si era stupita, siccome ormai era moltissimo tempo che non compariva più ed era arrivata a pensare che Elian avesse gettato la spugna.
Il suono di passi sorprese entrambe. Gli dei hanno percezioni fuori dal comune ma si stupirono si sentire che qualcuno si era avvicinato tanto senza farsi scoprire. Elian guardò al di là della guardiana, sgranando gli occhi, puntando la scalinata che conduceva alla strada per il Palazzo, Revery si voltò un poco, visibilmente sorpresa.
Con delle scarpette rosse, molto graziose, la dea delle bolle le stava raggiungendo tenendo in mano un vassoio con tazzine e una brocca decorate tutti con il medesimo disegno di fiori rosa sulla ceramica bianca. Il vestito era sempre lo stesso, quel completo sbracciato che terminava con una svolazzante gonna. I suoi capelli, questa volta, erano anche sulle spalle e finivano inevitabilmente sul suo petto poco sviluppato. Si fermò raggiunto il giardino, sorrise innocentemente e le invitò entrambe con voce gentile: “Vi ho portato qualcosa da bere. È quasi ora di pranzo e il sole è molto alto. Penso che questa bevanda possa rinfrescare entrambe”.
Diceva tutto come se la cosa la riguardasse appena, senza sguardi ostili ma solo uno strano entusiasmo.
Le altre due si ripresero lentamente, continuando a domandarsi come fosse giunta fin lì senza fare rumore.
Siccome nessuno osava parlare, Chube giunse fino a un tavolino di pietra posto all'ombra del porticato, dove la dea era solita mangiare o leggere, e vi posò il vassoio. Il giardino di Revery era molto grazioso, oltre alla parte con i fiori e il melo possedeva, nella parte destra arrivando dal molo un porticato sorretto da alcune colonne bianche e posato a un alta parete rocciosa grigia e liscia. Quando il sole era troppo forte e neppure il melo poteva fare qualcosa, la dea si sedeva lì, oppure lo usava per leggere o rilassarsi.
Elian, il Grande Padre non ti darà udienza” aggiunse poi come se fosse una cosa naturale o uno pettegolezzo. Se Chube aveva detto una cosa simile significava che era vera. Probabilmente il Grande Padre si era accorto di lei e aveva già inviato una risposta.
L'intrusa sospirò più volte, trattenendo la rabbia ma acquisendo un'espressione comunque carica d'ira. Si rilassò di colpo, assumendo un tono sarcastico.
Tsè. Dovrà ascoltarmi, prima o poi. Tornerò fra qualche giorno”.
Revery le apparve davanti, come se fosse una sfida. “Sarà tutto inutile”.
Speralo, mia cara”. Rispose l'altra. Detto ciò si voltò di scatto e prese la strada che l'avrebbe condotta al mondo umano, senza nessun saluto o gesto particolare.
Chube scosse la testa chiamandola a gran voce: “Non vuoi una tazza di tè?” Ma Elian era già sparita altrove.

Io mi ero diretto verso le stanze di Katyana. Gli dei non provano fame, se non dopo un lungo digiuno, ma l'appetito li coglie tutti nella stessa maniera.
Come se manovrato da un perfetto orologio, il mio corpo, all'ora stabilità iniziò a brontolare costringendomi a cercare cibo.
La dea dei dolci aveva una serie di stanze candide, nella parte ovest del Palazzo. C'erano la sua camera, il suo salotto e l'unica cucina di tutto il regno divino. Possedeva anche un grande terrazzo, dove c'era un giardino segreto. Lì lei coltivava qualsiasi tipo di pianta che desse frutti utili, qualsiasi. Io l'avevo sempre creduto un giardino infinito ma lei mi contraddiceva ogni volta.
Quel giorno arrivai alle cucine dal grande arco che dava sul corridoio ovest, chiamandola. Lei era lì, in quella stanza, mentre sfornava qualche cosa. I miei occhi lo fissarono mentre mi rispondeva in qualche modo cordiale.
Sembra buono” commentai avvicinandomi. Aveva l'aspetto di una torta dal colore tra il giallo e il marrone, con pezzi di frutta giallastra ovunque sulla sua superficie, il tutto tenuto in una teglia rossa e logora.
Giù gli occhi e le mani, Ham. Questo è per oggi”. Non c'erano mai ricorrenze, anche perché nessuno sapeva con esattezza quando fossero nati gli dei. Lei preparava semplicemente ogni giorno qualcosa, perché amava farlo, e ce lo serviva. Se era per oggi non potevo contraddirla.
E per ora che cosa c'è?”
Lei sorrise, sapevo già che cosa significava. Mi avrebbe parlato di qualcosa di nuovo, originale, o che aveva provato per la prima volta. Aveva sempre quell'aria sognante mentre diceva quelle cose.
Ho provato una nuova ricetta. Devi provarla”.
Che cos'è?”.
Tu mangiala. Poi scoprirai”. Ridacchiò.

Il mattino seguente, alla buon'ora, mi risvegliai nel mio studio. Non ricordavo bene come ci fossi arrivato ma avevo chiara in mente l'immagine di me che passava la sua serata a scrutare l'orizzonte, ciò che stava al di là del giardino.
Tutto era tinto di uno strano bianco. Non era puro e lo si poteva ben notare, sembrava voler essere azzurro ma lo accennava appena.
Scesi dal letto ancora per metà addormentato, Maonis giunse silenzioso ai piedi del letto.
Non preoccuparti così tanto, dovresti rilassarti e aspettare”.
Appena sveglio non sono molto cordiale, neppure con gli animali divini.
Non sei la prima persona che lo dice, tanto lo sai benissimo che non farò altrimenti”.
Lui sbadigliò mostrandomi la sua grande bocca e poi saltò sul letto cercando un angolo morbido. Io andai a vestirmi.
Quando tornai nella mia camera da letto, ampia e con molti libri sparsi a terra, trovai una visione ben diversa da quella che mi sarei aspettato. A terrà c'era Maonis che chiedeva spiegazione e sul mio letto stava Manius, nel vano tentativo di zittire il gatto.
Sobbalzai per la sorpresa. “Cosa ci fai? Come sei entrata?”
Lei ghignò. “Ero qui anche prima, non mi hai visto?”
Iniziai ad avere uno strano sospetto che si confermò con la successiva esclamazione di Maonis.
Questa tizia mi ruba l'aspetto!” era pur sempre un gatto e ci teneva alla sua unicità. Dunque costei si era introdotta nella mia stanza fingendosi un altro dio. Con cui avevo anche parlato.
Tu volevi spiarlo” sospirò il micio rotolandosi a terra con fare indifferente.
Lei sbuffò stendendosi sul mio letto. “Tsè, figurati. Se devo vedere quelle cose, tanto vale che lo chiedo ai miei fedeli. Mica sono una segretaria”.
Forse per il fatto che mi ero appena svegliato, oppure per la provocazione che mi aveva appena lanciato, io risposi in maniera indispettita. “Certo, tu sei una ...”
Bada alle tue parole, ragazzino!” esclamò interrompendomi. Effettivamente me ne sarei pentito amaramente nel caso avessi terminato la frase. Provai così a tranquillizzarmi e pensare a qualche domanda meno rischiosa.
Perché sei qui?”
Sono venuta a darti delle informazioni. Eri tanto agitato che ho pensato fosse giusto informarti”.
Cosa sai?”
Lei sorrise perversamente, cambiando posizione e sedendosi infine sulla parte finale del materasso. Maonis stava ormai riposando, appisolato a terra.
Beh, sono successe varie cose: innanzitutto Raffaella, spero tu sappia chi è, mi ha assalito durante un rituale” nel dire questo la sua espressione muto, come se scoppiasse di rabbia. Il suo intervento forse l'aveva infastidita un poco. “Secondo, ieri Elian ha bussato alle porte del paradiso, desidera tornare armata fino ai denti” ridacchiò.
Mi grattai la nuca pensieroso. “Come sai queste cose?”
Dovrei essere cieca, sorda e stupida per non accorgermi di una fallita che si intrufola in un ”.
No, la seconda cosa” insistei.
Lei rise ancora, lasciandosi di nuovo cadere a corpo morto sul letto.
Vedi, ragazzino, basterebbe guardarsi intorno piuttosto che agitarsi tanto. Sono notizie che riecheggiano con forza tra le sale del Palazzo”. Aveva perfettamente ragione, se fossi stato più presente sarei anche potuto intervenire. Ora però come affrontare le due cose.
Adesso devi solo scegliere: scovare la fallita che gioca con le marionette oppure scoprire le intenzioni della dea caduta”. Era un bel problema. Perché sono accaduti entrambi i fatti? Mi chiesi. Se solo avessi qualche indizio in più. 'Desiderio di vendetta', entrambe le apparizioni ne avevano il sapore. Erano tutte e due presenze scacciate dal paradiso.
Ringraziai la dea delle informazioni, nel modo più educato possibile sparendo poi tra le altre stanze del Palazzo. Lasciandola lì, da sola in camera mia.

Stavo camminando per un corridoio centrale, circondato da porte e drappi su entrambi i lati, quando la sagoma di Lorissy mi venne contro. Non era sudato, né visibilmente agitato, pensai che comunque aveva fatto un lungo percorso correndo per raggiungermi. Nel momento in cui quel corpo immenso e forte mi si parò davanti ebbi un brivido che scomparve nel giro di alcuni secondi.
Hamuhamu” sospirò. Benché fosse stato pronunciato da una voce tanto grave mi sembrò che fosse il miglior suono del mondo. Non per sembrare incredibilmente stupido, ma chiunque avesse pronunciato quella parola, fosse anche stato un demone, io l'avrei apprezzato e mi sarei sentito pervaso da una strana eccitazione. Gli uomini, nel rivolgersi alle divinità usando sempre i loro nomi antichi, ma tra le caste divine questo non avviene mai; quindi sentire un mio simile, o quasi, trattarmi con tanto riguardo non potevo che sentirmi gioioso poiché rappresentava il rispetto provato nei miei confronti.
Dimmi, Lorissy”. Io non volevo concedergli un simile lusso, soprattutto perché avrebbe sminuito la mia divina essenza agli occhi di un mezzo dio.
Santus Porkias mi ha detto di chiamarla, ha una cosa da dirle” quel nome tanto strano non era altro che l'arcano di Revery.
Se riguarda l'apparizione di Elian ringraziala per la premura, ma sono già al corrente dei fatti”. Risposi con modo gentile.
Lui però era molto insistente, come se avesse l'intenzione di trascinarmi a forza. “Si tratta anche di altro. La mia padrona ha un compito da assegnarle”. Concluse.
Adesso sì che ero interessato. Dovevo subito seguirlo fino a lei.

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Oh, Kanako91, mi fa molto piacere (forse immagini quanto sia gratificante) che trovi le mie idee interessanti e originali. Il tuo appunto sul pezzo del santuario e gli occhi di Ham mi ha colpito e forse mettendola in quel modo potevo sviluppare la storia in modo diverso (dico così perchè in realtà a scrivere sono già alla fine del primo atto °o°) Beh, come si deduce da questo capitolo: Ham in realtà non lo sa dell'intervento di Raffaella. I  rituali sono svolti in luoghi talmente protetti o segreti che anche gli occhi del dio faticano a trovare. Il fatto che si metta a narrare cose che non conosce può essere giustificato in più modi (per esempio: essendo la storia al passato, può essere che lui stia narrando questa guerra una volta finita e dunque si sia informato sui fatti delle altre divinità; è un archivista dopo tutto xD); spero di non aver deluso o confuso le tue idee.
   
 
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