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Autore: LadyGio99    25/02/2018    2 recensioni
"Il suo nome è Miguel. Miguel Rivera"(...)
"Diventerò un musicista come te Papa Héctor! Ovunque tu andrai io viaggerò insieme a te" (...)
Héctor amava Miguel.
L'amava così tanto che vederlo in quello stato, era peggio di una pugnalata al cuore (...)
Ma il destino di un uomo, è sempre luminoso come ci fanno credere?
Genere: Fluff, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hector Rivera, Miguel Rivera
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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INCONTRO

SECONDA PARTE 
 
Tempo prima.....



Héctor amava la città dove si era appena trasferito con sua moglie. Era il semplice paese dove desiderava vivere fin da bambino.
Lui e Imelda erano sistemati vicino alla plaza ed avevano comprato una modesta abitazione. La casetta era fatta di legno e anche se piccola, al suo interno aveva due piani e oltre al bagno, la cucina e il salotto, conteneva tre camere da letto.
Imelda poi, aveva aggiunto il suo tocco femminile.
Aveva reso la dimora più accogliente sostituendo i vecchi mobili con alcuni che si era portata dalla sua vecchia casa e aggiungendo più colore al tutto. Decorò la casa con alcuni dipinti o delle carte da parati più originali.
A prima vista, marito e moglie l'avevano concordato di usare il termine 'cupa' per descriverla, per questo avevano deciso di sistemarla un po'.
L'unica cosa che non avevano toccato, era l'aspetto esterno della casa. Sulle pareti l'edera rampicante era cresciuta abbondantemente e aveva fatto un ottimo lavoro nel coprire il legno  che con il tempo, si era rovinato. Il tetto invece, sembrava in buone condizioni. Necessitava  solo di alcuni ritocchi, come quello di cambiare alcune tegole di ceramica.
Nei giorni a seguire alcuni paesani andarono a far visita ai nuovi arrivati, portando loro del  cibo e qualche accessorio per la casa.
Si era sparsa subito la voce dei due coniugi e gli abitanti, si erano mostrati molto cordiali nei loro confronti.
Il trasferimento era andato a buon fine, l'unica cosa che mancava ai due   era un lavoro.
Héctor e Imelda erano molto giovani ma allo stesso tempo, avevano una grande forza di volontà.
Imelda però non si era data per vinta e aveva girato per la piccola città, alla ricerca di un lavoro.
Un signore che gestiva un ristorante, a causa della mancanza dei camerieri, si era deciso ad assumerla, riempiendo di gioia il cuore della donna.
Il primo giorno di lavoro, Imelda si acconciò per bene, legò in uno chignon alto i capelli neri e aggiunse del trico leggero sulle palpebre e le guance. Per l'abbigliamento invece, indossò il vestito che il capo gli aveva consegnato il giorno prima.
Un abito grigio abbastanza stretto alla vita, con un grembiulino bianco legato sui fianchi.
Si guardò allo specchio soddisfatta. Voleva dare una buona impressione al suo capo e sopratutto, stringere dei buoni rapporti con i suoi futuri colleghi.
“Sei fantastica mi amor” Héctor comparve dietro di lei e la baciò sul collo.
Lei non apprezzò il gesto.
“Datti poche arie” disse mettendo il pasto che si era preparata il giorno prima nella borsa. Era il suo pranzo. “Mi chiedo ancora come hai fatto a non trovare ancora un lavoro. È passata una settimana!”.
Héctor si grattò la testa “Non dire così! Il fatto è che per ora non c'è nessuno disposto ad assumermi” “Ciance” lo azzittì la donna “Sei solo uno scansafatiche! Nella tua testa c'è solo la musica!”.
 L'uomo scrollò le spalle. Come poteva dargli torto?. Il suo corpo era cresciuto come quello di un adulto, ma dentro di se, viveva ancora un ragazzino sognatore. “Tornerò questa sera!” disse lasciando casa, sbattendo con forza la porta. Héctor sobbalzò per il tonfo.
Il musicista si sedette su una sedia di legno, sconsolato. Imelda aveva ragione, in parte. Nei giorni precedenti aveva provato a cercare un'attività da svolgere, ma non si era impegnato abbastanza.
Ciò nonostante, amava sua moglie perché era l'unica persona che aveva sempre creduto in lui e non gli aveva mai dato del fallito. Riponeva tanta fiducia il lui e Héctor, non voleva deluderla.
Appena erano diventati marito e moglie, si era posto il compito di renderla sempre felice.
Decise di uscire per ritentare e questa volta, promise di impegnarsi veramente. Indossò una camicia blu, avvolse una bandana rossa intorno al collo e indossò il  capello di paglia che sua madre gli aveva regalato al decimo compleanno.
Respirò l'aria mattutina. Faceva molto caldo e per le strade, si aggiravano più persone del solito. Forse perché era domenica.
Mentre Héctor si dirigeva verso il centro città, una bancarella particolare attirò la sua attenzione. Non vendeva vestiti, profumi o accessori per il corpo, bensì chitarre e mandolini. Al giovane Héctor, si illuminarono gli occhi. Si buttò come un bambino curioso verso il venditore.
“Desidera qualcosa signore?” chiese l'uomo che aveva messo in esposizione tantissime chitarre, di ogni dimensione. Grandi, piccole e medie.
Héctor le guardò tutte, c'era l'imbarazzo della scelta. Ma lui non si accontentava di così poco. Lui voleva avere tra le mani la miglior chitarra di sempre. Quando le toccava, le mani tremavano perché erano ben lavorate e il materiale era di ottima qualità. Pizzicò una corda e quest'ultima vibrò a lungo finché la melodia non si spense.
“Musicista?” domandò il mercante alzando le sopracciglia. Inizialmente Héctor non sapeva cosa dire. Diventare un musicista era il sogno della sua vita e detto così, su due piedi, si ritrovò impreparato a dare una risposta. “Ci sto provando” disse timidamente “Allora so quello che ti serve” confermò il venditore prendendo qualcosa da sotto il bancone.
Tirò fuori una chitarra bianca, ornata con dei semplici disegni sul corpo che raffiguravano fiori e piante . Sul manico invece si stendevano delle rigide corde e la paletta era a forma di teschio.
Héctor la trovò incantevole, diversa dalle solite chitarre.
Fu amore a prima vista. “La prendo!” disse senza pensarci più di tanto “Quanto le devo?”.
La vendita andò a buon fine. Héctor non spese nemmeno tanto, si ricordò solo dopo di non aver pensato alle conseguenza. Ovvero sua moglie. E dire che gli aveva dato il permesso di comprarsi uno strumento più avanti. Quando avrebbero avuto abbastanza soldi da permettersi molto di più.
Ma Héctor amava la musica sin da bambino. Era stata la sua famiglia a trasmettergli questa passione e lui, voleva trasformarla nella sua unica ragione di vita.
“Hola!” lo salutò il venditore e Héctor ricambiò.
Dopo questo suo acquisto inaspettato, si impose di lasciare lo strumento a casa e di continuare la sua ricerca ma un gruppo di bambini sui dieci anni che abitavano nelle vicinanze, lo accerchiarono, impedendogli di proseguire. Erano stati attratti dalla bella chitarra che portava con se“Per favore señor ci suoni qualcosa!” lo pregarono ansiosi di sentire della bella musica.
Héctor si morse il labbro a quella richiesta. Era da tempo che non si esibiva in pubblico e poi, aveva   altro da fare. Disse loro la verità “Io adesso non posso” “La prego” fece una bambina dagli occhi dolci “Solo una dopo la lasceremo andare”. Héctor sospirò. Aveva un debole per i bambini e quando gli facevano proposte del genere, non sapeva resistere.
Improvvisò una melodia senza pretese e quando terminò, i bambini applaudirono contenti.
Ne richiesero un'altra e Héctor li accontentò.
La sua musica finì per attirare alcuni passanti che, incantati dal suo modo di suonare, si misero a battere a tempo le mani e incoraggiarlo. Intonò anche una canzone alla millesima insistenza.
 
Yo sé bien 
Que estoy afuera 
Pero el día 
Que yo 
Me muera 
Sé que tendrás 
Que llorar
 
Conclusa la prima parte, gli applausi degli spettatori si fecero più forti. Alcuni iniziarono a ballare, altri fischiavano.
Héctor era orgoglioso di se stesso perché aveva fatto nascere tutti quei sorrisi. Nacque così una piccola festicciola nella plaza che durò fino al primo pomeriggio. A quell'ora, Héctor a malincuore, salutò tutti.
 Ma le sorprese per lui, non erano ancora finite.
Non poteva di immaginare di incontrare qualcuno che l'avrebbe cambiato per sempre.
Mentre passava vicino ad un vicolo cieco, un forte strido  arrivò alle sue orecchie. Si impuntò e guardò alla sua destra, verso la parte dove proveniva quel grido  misterioso. 
Si isolò dal resto del mondo e prese a concentrarsi solo su quella voce. Giuro di aver sentito qualcuno gridare pensò. I suoi dubbi diventarono realtà quando risentì quella voce. Non veniva dalla sua testa, era reale.
Poi, l'ascoltò meglio, non era un grido, al contrario, un pianto.
 Héctor sentì la pelle d'oca sulle braccia. Si affacciò sull'entrata tenebrosa di quella strada senza uscita. Le mura erano umide e dei graffiti e non c'era nient'altro se non i bidoni della spazzatura stracolmi.
Ma chi diavolo ci sarà qui? Fu il primo pensiero che gli venne in mente.
Si fece coraggio e si addentrò nel vicolo cieco.  C'era un odore nauseante e Héctor sentì il vomito salirgli fino alla gola e le scarpe si sporcarono di qualcosa che non osava immaginare.
Man mano che avanzava, i gemiti diventavano sempre più acuti e dopo, si accorse che provenivano verso dei sacchi della spazzatura raggruppati tra di loro.  Finì per rovistare tra le buste di plastica  e un fagotto avvolto da una coperta gialla, attirò la sua attenzione. Quando si accorse che qualcosa era al suo interno e si muoveva, Héctor deglutì. Ma non si tirò indietro.
Lo scoprì e quando vide quello che conteneva, spalancò la bocca, provando un misto di stupore e spavento.
Abbandonato  in quel posto freddo e marcio, c'era un bambino che, viste le dimensioni, doveva avere almeno tre anni.
Ad Héctor si strinse il cuore.
Come si poteva lasciare in un posto del genere una creatura innocente che non aveva colpe?. Non sapeva come comportarsi, ma fece la prima cosa che gli venne in mente.
Lo prese e lo racchiuse tra le sue braccia, spostando la chitarra sotto il braccio sinistro.
Il bambino continuava a piangere e i tentativi di Héctor nel provare a consolarlo con le parole oppure a cullarlo, non funzionarono. “Non piangere niño, adesso ci sono io con te” gli parò Héctor facendolo oscillare a destra e sinistra.
Era un maschietto mingherlino, sulla testa spuntavano dei ciuffi neri e sottili. Dal colore della pelle, doveva essere anche lui messicano. Indossava dei vestiti lerci. Sulla maglia bianca era visibile della saliva fresca mentre i pantaloni blu erano strappati.
Héctor aveva così tanta paura che non riusciva nemmeno a riflettere con chiarezza. Per un momento, pensò di veder morire il bambino che giaceva tra le sue braccia. Uscirono allo scoperto e il musicista disorientato, si rivolse ai passanti. Chiedeva ad uno a uno informazioni sul trovatello. Alcuni rispondevano di non averlo mai visto, altri non si fermavano nemmeno.
“Sparisci!” “Vai al diavolo!” gli dicevano quei maledetti.
“Por favor!” li impolrava Héctor “Come fate ad essere senza cuore!” ma lui, era solo un piccolo punto in mezzo a una folla di sconosciuti.
Il bambinò tirò fuori un pianto straziante e si attaccò alla maglia di Héctor. Era molto spaventato e tremava infreddolito. Stranamente, non aveva reagito male alla presenza del musicista. L'uomo si rese conto che l'unica cosa che poteva fare, era quello di consolarlo.
Era orribile quello che gli avevano fatto.
“Non piangere niño” sussurrò nell'orecchio. Héctor si  appoggiò con la schiena sul muro freddo di una casa e posò la chitarra a terra, per reggerlo meglio.
Cosa poteva fare per quel bambino?.
Si convinse di agire con quello che gli riusciva meglio. “Duérmete mi niño,duérmte mi sol,duérmete pedazo de mi corazón” cantò e ripetè per tre volte lo stesso pezzo. Si trattava di una ninna nanna che conosceva fin da bambino. Alla quarta volta, notò che il pianto del bambino stava cessando.
“Este niño lindo se quiere dormir, háganle la cama, en el toronjil” decise di continuare a cantare e questo, si rivelò un ottima scelta. Il bambino alzò lo sguardo verso Héctor e rise.
“Y de cabecera pónganle un jazmín para que se duerma, como un serafín” terminò la ninna nanna.
“Stai meglio adesso?” gli chiese posando la sua fronte contro quella del bambino. Il piccono mosse di poco la testa
Gli faceva tanta tenerezza e averlo tra le braccia, rendeva Héctor felice come non mai. Dentro di lui, sentì qualcosa che aveva provato solo il giorno in cui aveva incontrato Imelda.
Qualcosa che nemmeno i suoi genitori erano riusciti a dargli.
 Il bambino fece uscire da sotto la coperta la manina e l'allungò versò Héctor, come per sfiorarlo "Va bene adesso?" Il piccolo sembrò rispondere si attraverso una risatina. 
Héctor cercò di fargli dire qualche parola ma si accorse anche che non sapeva  parlare. Non restarono fuori a lungo. Quando la temperatura cominciò a calare, lo portò subito a casa sua.

 
   
 
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