Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: The girl in the moon    26/02/2018    0 recensioni
Emma vive a Torino ed è una ragazza di ventuno anni come tante, se si esclude il suo particolare passato e un segreto: ogni notte, da quando aveva otto anni, sogna angeli neri volare nel cielo sopra la sua città e, come se non bastasse, da quel giorno si rende conto di avvenimenti strani capitare affianco a lei. Tralasciando questo, la sua vita procede normalmente, finché non si trasferirà con i suoi amici in un appartamento, il cui vicino di casa è Massimiliano, un ragazzo che sembra stranamente interessato a lei e che pare comprenderla come se si conoscessero da anni. Legati da qualcosa più grande di loro, le loro vite cambieranno interamente quando verranno a conoscenza degli Angeli Neri, ovvero Angeli Bianchi corrotti dall'oscurità dei demoni. Ma cosa lega i due giovani a queste creature?
Genere: Fantasy, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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A thousand nights have passed,
change doesn't happen overnight. 
Not visible at first, it's important to hold on,
hold on.
Black sea - Natasha Blume.


Quella sera, dopo aver mangiato ed essersi infilati nei loro pigiami, Emma preparò il tè per tutti, attività che l'aveva sempre rilassata particolarmente per qualche motivo. Dopo averlo versato nelle tazze e messo lo zucchero, lo portò in salotto, dove Remus stava mettendo un episodio della loro serie preferita su Netflix.
Dopo un paio di questi, lei e Samuele si addormentarono per la stanchezza sul divano, l'una sopra l'altro, stretti in un tenero abbraccio innocente. Remus non si azzardò a disturbarli: prese una coperta leggera e gliela adagiò sopra, tolse i cuscini per lasciargli più spazio e mise in carica i telefoni che avevano già impostate le sveglie. Era sempre stato un po' il papà tra i tre, il che era utile quando uscivano per andare a qualche pub e lei e Samu finivano puntualmente per ubriacarsi.
Quella notte Emma fece lo stesso sogno che ormai faceva da anni: stava camminando per il centro di Torino, esattamente sul ponte che portava davanti alla Gran Madre. A quel punto, sentiva una presenza dietro di lei e si voltava, trovandosi davanti una figura maschile il cui volto era sfocato, come se avessero preso una gomma e avessero tentato di cancellarlo. Ma la cosa più inquietante e affascinante al tempo stesso, erano le grandi ali neri dietro di lui. Rimanevano così per un paio di minuti, immobili uno davanti all'altro, e quando finalmente le sembrava di ricordare qualcosa e di vederlo più chiaramente, il giovane spiccava il volo, unendosi ad altri essere simili a lui.
Avevano tutti le stesse ali, simili a quelle degli angeli, ma fatte di piume nere.
Alcuni di loro sfioravano l'acqua del fiume con la punta delle dita, per poi tornare su e raggiungere gli altri, i quali sembrava danzassero nel cielo scuro. Fu lo stesso giovane di prima ad avvicinarsi a lei, il quale le tese la mano dicendo qualcosa che Emma non riuscì a sentire, ma aveva imparato con il tempo a leggerne il labiale: "Vieni con me, mia-."
E si svegliò.
Sempre lo stesso sogno, ogni notte si ripeteva senza alcuna differenza, ma mai era riuscita a vedere i volti e sentire le voci di quelle creature alate, ne tanto meno a capire l'ultima parola del ragazzo, sembrava indecifrabile. Avrebbe voluto chiamarli angeli, ma erano così diversi e non emanavano luce, anzi sembravano sentirsi a loro agio nell'oscurità.
Non aveva mai raccontato di questo sogno a nessuno: all'inizio non vi dava importanza, era una bambina e sin da subito quelle immagini non l'avevano inquietata come si potrebbe pensare, ma la affascinavano. Crescendo invece aveva continuato a non accennare nulla, temendo di risultare pazza. Siamo tutti insicuri nel periodo dell'adolescenza, dopotutto e lei lo era particolarmente.
Si mise seduta, facendo attenzione a non svegliare Samu nel processo, ovviamente fallendo.
"Ohy, che succede?" chiese lui evidentemente frastornato, guardandosi intorno e ricordando la sera prima.
"Niente, ho solo fatto un incubo" rispose lei accendendo il telefono, il quale le illuminò il viso e le fece istintivamente chiudere gli occhi. Erano le 4:22, mancava ancora un'oretta alla sua sveglia.
Tuttavia non aveva voglia di rimettersi a dormire, sapendo che altrimenti si sarebbe risvegliata più stanca di prima. Decise così di risistemare la coperta a Samu, incitandolo a tornare a dormire tranquillo -cosa che ovviamente fece-, mentre lei si diresse in cucina per prepararsi il caffè. Non faceva mai colazione, era il tipo di ragazza che preferiva piuttosto dormire cinque minuti in più e mangiare qualcosa per strada, ma volle approfittare di quel tempo libero per cambiare.
Non si sarebbe aspettata però di trovare Remus seduto su una delle sedie, la testa tra le mani davanti ad una tazza di tè al limone.
Subito Emma si avvicinò a lui preoccupata: "Ehy, tutto bene?"
Appena si accorse della sua presenza, il ragazzo si mise dritto con la schiena e fece finta di nulla, ma gli occhi rossi per il pianto erano alquanto evidenti.
"Sì, sì. Come mai sveglia?"
"Pensi a lei?" gli chiese senza mezzi termini sedendosi affianco a lui e mettendogli una mano sopra la sua per consolarlo, ma Remus si scansò. Non aveva qualcosa contro di lei, si sentiva solo a disagio con il contatto fisico ed Emma lo sapeva bene, ma tendeva a dimenticarlo. In parte lo capiva, anche per lei era così, tranne per le poche persone davvero vicino a lei, con le quali era davvero tanto affettuosa.
"Scusa" disse spontaneamente, per poi alzarsi e prendere la caffettiera, "devi andare avanti, sapevi che non sarebbe durata da mesi."
"Lo so, ma ci tenevo, Emma!" ribatté lui, per poi abbassare il tono ricordandosi l'ora, "ho solo bisogno di tempo, okay? Non ho voglia di parlarne, non adesso almeno."
"Okay" rispose la giovane, per poi prendere l'elastico che teneva sempre attorno al polso per legarsi i capelli in una veloce e scomposta coda alta. Accese i fornelli con al di sopra la caffettiera e si risedette affianco a lui, per poi prendere il pacchetto di sigarette che teneva nel centrotavola.
"Mi ha chiamato Adriano ieri sera, quando dormivi, ha detto che non gli rispondevi e si stava preoccupando" al nome dell'uomo Emma sorrise. Era felice che sua mamma avesse esplicitamente chiesto che lei rimanesse con lui dopo la sua morte, era diventato ciò che c'era di più simile ad una famiglia. Da un giorno all'altro si erano trovati completamente da soli e quando il suo padre biologico era venuto a reclamarla, Adriano avrebbe potuto tranquillamente disfarsi di lei rifiutando le condizioni del testamento, ma non lo aveva fatto. L'aveva cresciuta come se fosse stata sua, era stato il padre migliore che Emma potesse mai avere.
"Che ti ha detto?" domandò la giovane sinceramente interessata, mentre si accendeva una sigaretta e cominciava a fumare. 
Remus storse il naso a quel gesto: "non puoi farlo fuori? Lo sai che mi da fastidio."
"Fa freddo, prometto che faccio veloce. Comunque che ha detto?"
"Voleva solo sapere com'era andato il primo giorno nel nuovo appartamento, mi è sembrato davvero emozionato e malinconico al tempo stesso. Secondo me gli manchi già."
"Appena si farà un'ora più accettabile lo chiamerò" disse lei, ma stava parlando più a se stessa che all'amico.
Il resto del tempo passò tranquillo, chiacchierarono del più e del meno, confrontandosi anche sulle aspettative e speranze future che ovviamente emozionavano entrambi. E ancora una volta, Emma, riuscì a dimenticarsi di quegli Angeli Neri che popolavano i suoi sogni.

 

|O|

Torino, marzo 1986

Per suo dispiacere, Adhara quel pomeriggio non poté passarlo a fare scherzetti con i suoi poteri agli umani, bensì dovette vedersi con i suoi sette compagni. Grazie al fatto che nessuno potesse vederli, gli Angeli Neri si erano scelti una "modesta" dimora: la reggia di Venaria Reale. Quel palazzo era entrato nei cuori di ognuno di loro, sembrava essere magico, li trasportava in epoca di merletti e colori che loro avevano visto solo di sfuggita.

La stanza preferita di Adhara era ovviamente la Galleria Grande: si perdeva in quell'enorme spazio, amava tutto, dal pavimento a scacchi bianchi e neri fino alle alte e candide pareti. Aveva ipotizzato di amarla tanto perché forse le ricordava uno dei libri che più l'avevano divertita e fatta sognare negli anni: Alice nel Paese Delle Meraviglie. Ne conservava ancora una vecchia copia nascosta nella città, un libro vecchio dalle pagine gialle e la copertina mezza strappata, ma le piaceva ugualmente.
Ogni volta che entrava in quella galleria immaginava di essere nella Corte della Regina Bianca, vestita con un candido vestito color avorio in stile '700, anche se sapeva perfettamente che i libri di Alice erano ambientati nell'800, eppure per qualche motivo se lo era sempre immaginato in un'epoca differente. Quanto sarebbe stata interessante una Regina Bianca abbigliata come una Maria Antonietta che vestiva solo di color avorio?
Ad ogni modo, non si incontravano mai lì per via della mancanza di posti a sedere, bensì nell'Appartamento di Sua Maestà, per l'esattezza nel Circolo della Regina. Erano stati Archenar e Keid a scegliere di vedersi lì sin da subito, i cui colori prevalenti erano l'oro e il rosso.
Quando entrò nella stanza vi trovò già Archenar e Syrma, seduti sul divanetto con le labbra presse le une su quelle dell'altro. Non c'era lussuria, era un semplice bacio dolce e tenero, uno sfioramento leggero pieno di carezze sul viso e tra i capelli. Rimasero uniti per ancora un paio di secondi prima che si accorgessero della sua presenza nella stanza e si staccarono per accoglierla.
Non c'era imbarazzo, i due erano una coppia da tantissimi anni ormai, probabilmente più di un decennio o due. Syrma era poco più bassa di lei, giusto di un paio di centimetri, la pelle nera liscia e perfetta in contrasto con l'abito rosa pastello con i pois bianchi in stile anni '50, dalla gonna a vita alta a ruota e la parte superiore fatta a 'mo di camicetta. Ai piedi invece portava un paio di semplicissime ballerine perfettamente abbinate. Aveva lunghissimi e ricci capelli neri raccolti in uno chignon leggermente spettinato, viso ovale, un paio di magnetici e dolci occhi scuri color cioccolato fondente, naso piatto e labbra carnose. Spesso pensava che fosse la più bella tra lei e Meissa o forse era il suo carattere a renderla ancora più adorabile e dolce.
Tra tutti gli Angeli della loro compagnia, Syrma era sicuramente la più comprensiva e matura, se Rigel poteva darti un parere logico in una situazione, lei era la spalla su cui piangere, colei che capiva meglio i sentimenti dei suoi amici ed era pronta ad essere d'aiuto. Eppure era estremamente emotiva, si lasciava guidare quasi solamente dall'istinto e da ciò che sentiva dentro.
Archenar invece era un ragazzo alto quasi due metri, muscoloso e dalla carnagione pallidissima. Aveva corti capelli biondi, i lineamenti del volto squadrati e ben definiti, piccoli occhi verdi, labbra asimmetriche e un perfetto sorriso bianco. Poteva essere definito come una delle persone più legate a Rigel, malgrado il suo carattere fosse più simile a quello di Syrma, solo che estremamente timido, a confronto di lei che è sempre piuttosto tranquilla e a suo agio nelle situazioni.
Adhara aveva sempre pensato che lei lo stabilisse in qualche modo, ma che al tempo stesso Syrma si sentisse più sicura tra le sue braccia. Insomma, erano entrambi un sostegno per l'altro, per questo aveva sempre invidiato il loro rapporto. Questo a differenza di Chertan, il quale delle volte si rifiutava anche di presentarsi alle riunioni per non vederli insieme. Adhara sperava che anche quella volta non sarebbe stato così.
In quel momento Keid e Rigel entrarono nella stanza, le ali nere ripiegate dietro le loro schiene. Keid era un tipo piuttosto basso, viso tondo e costellato di lentiggini, occhi castani pelle ambrata. I capelli biondo ramato erano tutti scompigliati come al suo solito, in contrasto con quelli scuri sempre gellati e tirati all'indietro di Rigel. E mentre il primo indossava una semplice t-shirt bianca, una giacca super colorata all'ultima moda, un paio di jeans e sneakers fluo, il secondo rimaneva sul suo solito stile: camicia bianca, un gilet verdeacqua, un lungo cappotto nero con ricami dello stesso colore del gilet, pantaloni grigi e scarpe eleganti.
Subito Adhara si ritrovò a sospirare nel vederlo entrare, specialmente quando le rivolse un sorriso amichevole. Rigel non era bello, ma aveva un fascino a cui la giovane angioletta non sapeva resistere. A volte si chiedeva chi erano loro prima della Corruzione, prima che diventassero quello che erano ora. Erano amici? Amanti? Sconosciuti? Nulla avrebbe potuto risponderle perché nessuno ricordava qualcosa, esattamente come lei.
"Ciao" dissero entrambi, prima uno e poi l'altro, per salutare tutti nello stesso momento, e mentre Keid si avvicinò prima ad Archenar, una degli angeli con cui si sentiva a più agio, Rigel si diresse verso Adhara, la quale lo salutò con un cenno della testa.
"Come mai non ti sei fatta vedere in questi giorni?" le chiese lui, domanda che sperava non arrivasse. Nell'ultimo tempo, Adhara si era resa conto quanto tenesse a Rigel e come la loro amicizia sembrava si stesse trasformando piano piano in qualcosa di più. Lo stava intenzionalmente evitando per fare chiarezza sui propri sentimenti, per poi decidere se si sarebbe dichiarata o era qualcosa di momentaneo. Sì, in caso fosse stata una cotta non si sarebbe tirata indietro, tanto sapeva le sarebbe stato impossibile nasconderlo conoscendo se stessa e la sua bocca che parlava sempre troppo: prima o poi si sarebbe fatta sfuggire qualcosa, per cui preferiva fosse intenzionale piuttosto che far calare un imbarazzante silenzio in cui avrebbe voluto scomparire.
Solo che come rispondere ora? "Avevo...cose da fare" cominciò lei cercando di prendere tempo per una scusa plausibile.
"Cose da fare? Ovvero?" domandò dal canto suo Rigel, il quale sapeva bene che come Angelo Nero non si ha mai nulla da fare. 
"Con Meissa" rispose alla fine e per non continuare quella conversazione decise di cambiare argomento: "A proposito, come mai non è ancora arrivata?"
"Dovresti saperlo tu, sei quella che ci ha passato più tempo a quanto pare" ribatté freddo Rigel che aveva palesemente capito che stesse mentendo e ne sembrava alquanto offeso, ma soprattutto deluso.
Non si rivolsero parola per il resto del giorno, lui non le rivolse neanche uno sguardo e, quando anche Meissa e Chertan li raggiunsero, fecero il punto della situazione sul mese appena trascorso, senza accorgersi degli occhi rossi di una creatura poco distante da loro che si confondeva con l'ambiente circostante.

|O|

Spazio autrice: Primo vero capitolo, che ne pensate? Vi piace? Spero tanto di sì! Fatemelo comunque sapere con una recensione, come sempre accetto ogni tipo di critica, positiva o negativa.
Alla prossima!

LittleBadDreamer.

 
   
 
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