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Autore: fri rapace    27/02/2018    1 recensioni
“È una femmina! L'abbiamo chiamata Teddy, come il padre di Dora!”
Hermione strillò.
“Co...? Tonks ha avuto il bambino?”
“Sì, sì, è nata!” urlò Remus.
Tutti si congratularono con lui e Ron esclamò:
“Cavoli, una femminuccia!” come se non avesse mai sentito niente di simile.
“Sì... sì... una femminuccia,” ripeté Remus, stordito dalla felicità..."

(da Harry Potter e i Doni della Morte)
SPOILER HARRY POTTER E LA MALEDIZIONE DELL'EREDE!
Bellatrix Lestrange e Ninfadora Tonks danno alla luce i figli in una clinica segreta. A causa di un inaspettato attacco i neonati verranno scambiati: Bellatrix tornerà a Villa Malfoy col maschietto dei Lupin, mentre la piccola nata dalla Mangiamorte crescerà credendo che la cugina sia sua madre.
Genere: Commedia, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Delphini Riddle, Nimphadora Tonks, Remus Lupin, Teddy Lupin | Coppie: Bellatrix/Voldemort, Lucius/Narcissa, Remus/Ninfadora
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Capitolo 16 TCC Teddy oltrepassò la barriera del binario 9 e ¾ coi suoi genitori, erano diretti al treno che l'avrebbe ricondotta a Hogwarts. Era stato il Natale più strano della sua vita: dopo che era stata liberata dalla cella dove, chissà come, Voldemort l'aveva rinchiusa, nulla era più stato lo stesso.
Faceva molto freddo: nuvolette di condensa le si formavano davanti al naso a ogni respiro e la pelle del viso le pizzicava fastidiosamente.
Il treno stava già sbuffando quando sua madre si accucciò davanti a lei e le sistemò premurosamente il mantello.
“Dopo     vacanze di Natale come queste, Hogwarts ti sembrerà noiosa,” cercò di sdrammatizzare in un tono un po' forzato. Sua madre non aveva mai mostrato tante insicurezze come in quei giorni, lei che in genere era diretta e scanzonata era paralizzata dalla paura di perderla.
Teddy provò a rassicurarla:
“Stavo pensando che noi due, anche se non siamo davvero madre e figlia, siamo comunque parenti. Credo che tu sia... ehm... mia cugina. Giusto?”
Sua madre balzò in piedi come se l'avesse punta.
“Volevo dire che... insomma, mamma,” Teddy sospirò. “Ti vorrò sempre bene, nonostante tutto.”
“Suona tanto come un addio, questo,” ridacchiò nervosamente l'adulta. “Declassarmi da madre a cugina per non ubbidirmi più è una trovata intelligente, ma ti avverto che non funzionerà.”
“Dora...” l'avvertì il papà: l'Hogwarts Express stava per partire, lui e Teddy avrebbero viaggiato assieme, sua madre, invece, era attesa al Ministero della Magia.
“Forza, salite a bordo,” disse allegramente la donna, spingendoli sulla vettura su cui il marito aveva già caricato i loro bauli. Stampò un bacio sulle labbra dell'uomo e strinse Teddy in un abbraccio stritola ossa.
Teddy ricambiò con altrettanta forza, la lasciò solo quando fu costretta a farlo: sua madre aveva ragione, quello sembrava davvero un addio.
Corsero nella loro cabina e si sbracciarono sporti dal finestrino fino a che sua madre si ridusse a un puntino lontano e infine svanì.
Teddy si sedette di fianco al padre, sapeva che avrebbero avuto lo scompartimento tutto per loro perché a nessun ragazzo piaceva l'idea di viaggiare in compagnia di un insegnante.
“Come ti senti?” le domandò lui con gli occhi e il naso arrossati dal freddo e, forse, anche dall'emozione.
“Come se stessi per spezzarmi,” ammise Teddy.
L'adulto le passò un braccio sulle spalle e lei gli appoggiò il viso sul petto.
“Il sangue... sai, il sangue non ha alcuna importanza. Sono stato discriminato per gran parte della mia vita a causa di una malattia che ha a che fare col sangue ma ho sempre pensato che fosse una questione sopravvalutata, buona solo per ferire le persone.”
“Questo significa che tu non provi niente per Delphi?” domandò Teddy con genuina curiosità. “Ti somiglia, anche se devo ammettere che non l'avevo notato, prima di scoprire chi fosse davvero.”
I battiti del cuore del padre che accelerarono contro la sua guancia anticiparono la sua risposta.
“Non esiste una sola persona al mondo nei confronti di cui io non provi niente,” le disse.
“Dì la verità, papà. Qualcosa è cambiato.”
“Qualcosa. Ma poco, Teddy,” l'abbracciò stretta stretta, quasi con la stessa forza della madre. “Ma tu sei la mia bambina, tu, non dimenticarlo mai.”
Suo padre, ancora debilitato dall'ultimo plenilunio, si addormentò presto, cullato dallo sferragliare ipnotico del treno. Era così diverso dal suo padre biologico, nonostante la natura di licantropo molto più umano. Teddy aveva visto Voldemort di sfuggita prima che le entrasse nella testa e avvenisse lo scambio, ma ricordava ogni particolare. La spaventata e attraeva assieme, ma cos'era quel padre che invece di volere il suo bene si era servito di lei per fuggire? Cos'era quella madre, la signora Lestrange, che l'aveva usata in un modo altrettanto spregevole?
Eppure nel breve periodo che aveva trascorso a Villa Malfoy Teddy aveva sentito un forte legame con la signora Lestrange, come se loro fossero in qualche modo simili. Aveva pensato, pur con un pizzico di vergogna, che se fosse cresciuta in quel luogo, con quelle persone, avrebbe avuto più possibilità di diventare una strega potente, perché qualsiasi sua ambizione sarebbe stata non solo ben accolta, ma applaudita. Sapeva che gli Auror stavano dando la caccia alla signora Lestrange e a Voldemort, per ora senza successo. Non credeva che sarebbero riusciti a trovarli tanto facilmente, anche se si erano mossi in fretta. Forse sarebbe scoppiata un'altra guerra, e a lei e a Delphi sarebbe stato chiesto di schierarsi,
doveva parlarne al più presto con lui.


***


Delphi aveva trascorso le vacanze di Natale tra i morbidi contorni della Sala Comune di Tassorosso, coi raggi del sole che l'inondavano quando c'era bel tempo, il fuoco sempre acceso e le piante che danzavano per lui. Il professor Paciock gli faceva compagnia nell'attesa dell'arrivo degli altri ragazzi, che sarebbero rientrati a breve.
“Adoro questa Sala Comune,” gli disse, sprofondando in uno dei morbidi Puf.
“Lei era a Tassorosso?” gli domandò Delphi, giocherellando con una pianta di cui non ricordava il nome, i cui fiori blu imitavano le sue smorfie.
Il professore scosse la testa.
“Avrei voluto, ma non sono riuscito a convincere il Cappello Parlante.”
“Davvero? Mia madre non...” Delphi si interruppe, quale madre? Quella scomparsa che lo aveva ripudiato, o quella che aveva costretto l'altra a buttarsi da un edificio?
Fece la smorfia più orribile che riuscisse a immaginare, sapeva che qualunque cosa Bellatrix avesse fatto lo aveva scelto, non era stata affatto costretta da quell'altra, la madre di Teddy. Aveva liberato il Signore Oscuro ed era fuggita, che le importava di lui, che dicevano fosse il figlio del professor Lupin il lupo mannaro? Anche gli zii non lo volevano più, a nessuno importava più di lui, aveva undici anni ed era solo al mondo.
“Io sono cresciuto con la nonna,” gli confidò il professor Paciock, come se avesse intuito i suoi pensieri.
“Io non ho nonni,” Delphi si interruppe. “O forse sì, non lo so più...” sospirò. “Che fine hanno fatto i suoi genitori?”
“Loro... “ l'insegnante deglutì. “Sono stati torturati poco dopo la fine della Prima Guerra Magica.” Era turbato, ma non abbassò lo sguardo. “Sono ricoverati da allora al San Mungo. Ventotto anni, mese più mese meno. Li vado a trovare spesso, ma loro non mi hanno mai riconosciuto... ma io so chi sono loro e so chi sono io.”
Delphi capiva cosa intendeva dire. Se fosse stato davvero il figlio dei Lupin avrebbe continuato a essere se stesso, ma aveva comunque paura e si vergognava di confidarlo all'insegnante.
“Chi è stato a far del male ai suoi?” domandò.
Paciock esitò.
“Tu somigli al professor Lupin. È buffo che non me ne sia accorto prima...”
Delphi mosse una mano, come per scacciare un insetto molesto.
“Le ho fatto una domanda,” disse aspro.
“D'accordo,” cedette l'uomo senza discutere. Forse aveva voluto parlare di quello fin dall'inizio. “Sono stati tre Mangiamorte. Bellatrix Lestrange. Lei, suo marito e un altro uomo, Barty Crouch jr.”
Delphi sapeva da chi era stato cresciuto, ma solo a larghe linee. Nessuno gli aveva mai raccontato nei dettagli quello che avevano fatto i suoi zii, suo cugino... suo padre, sua madre. Avrebbe potuto chiedere, lei sarebbe stata felice di raccontarglielo, ma per superficialità non ci aveva mai pensato, a malapena sapeva cosa fossero, i Mangiamorte. Era storia vecchia e lui era giovane.
“Ha detto che somiglio a Lupin per addolcire la pillola?” domandò Delphi, come se quello che gli aveva confidato su sua madre non lo avesse minimamente toccato. “So cosa volete lei e gli altri insegnanti, e anche la preside. So che volete tirarmi dalla vostra parte, se ci sarà una guerra...”
“Ce n'è bisogno, Delphi?” domandò Paciock sorpreso. “Tu sei qui, non coi Malfoy, mi pare.”
“Perché loro non mi vogliono più, pensano che io sia mezzo lupo mannaro!” buttò fuori come un conato.
“Se si è trattata davvero di una loro scelta, sappi che allontanandoti ti hanno protetto. I Lestrange, Voldemort, i Mangiamorte tutti, vorrebbero morto il figlio del professor Lupin e di una degli ultimi due eredi della casata Purosangue dei Black.” Delphi era paonazzo e tremava tutto. “Qualcuno doveva dirtelo, Delphi.”
Il ragazzo ricordò le parole di sua madre:
“Una Black che sposa un lupo mannaro, Delphi! Una delle più nobili famiglie magiche che insozza il suo sangue, mescolandolo con quello di un lurido ibrido! E non sapevamo che quella pervertita di tua cugina portasse addirittura in grembo il figlio di quell'essere...”
“Lo sapevo già,” disse in tono di sfida al professore. “Mi ha preso per uno stupido?”
Per precauzione gli voltò la schiena, non voleva che vedesse quanto era sconvolto: probabilmente era così che si stava quando ci si Spaccava nel mezzo di una Smaterializzazione.
La zia Narcissa lo convocò nel suo ufficio non appena mise piede a Hogwarts e applicò dei complicati incantesimi prima di invitarlo ad accomodarsi.
Delphi si sedette, rigido, furibondo.
“Ho incontrato tua madre,” disse senza preamboli la zia.
“Così tu e Ninfadora Tonks siete diventate amiche,” la provocò il ragazzo, che non si era ancora ripreso dal dialogo con il professore di Erbologia.
La strega gli lanciò un'occhiata di avvertimento.
“Sai bene di chi sto parlando.”
“Sei stata tu a dirmi...”
“Taci e ascolta! Questo non è un gioco, stiamo rischiando molto per te.”
Delphi serrò la mascella.
“Tua madre ha intercesso per te, ti vuole al suo fianco, Delphi. Sarai il più giovane Mangiamorte della storia,” lo lusingò astutamente la strega.
Delphi era sbalordito.
“Lei... lei mi vuole lo stesso?”  
“Lei non crede che tu sia il figlio dei Lupin. Non può, ti ama troppo. Perciò ti consiglio di non insistere su questo punto, la strategia migliore sarebbe quella di fingere di non sapere.”
“Ma io chi sono, zia?” gemette Delphi, prendendosi la testa tra le mani. “Non so più chi sono...” si alzò in piedi, voleva fuggire dall'ufficio, dalla scuola, soprattutto fuggire da se stesso.
La zia provò a calmarlo ma lui si divincolò e corse lungo i corridoi, gli occhi pieni di lacrime. Corse fino al bagno dei maschi del secondo piano, senza vedere le persone che superava sfrecciando loro accanto. Si mise di fronte a uno degli specchi e sentì un vuoto alla bocca dello stomaco quando mise a fuoco l'immagine riflessa, come se stesse precipitando nel vuoto.
La porta del bagno si aprì, Delphi si accorse appena che qualcuno lo aveva seguito e non era la zia, era Lupin, lo vide nello specchio, alle sue spalle.
Il ragazzo sollevò lo sguardo, gli occhi dell'uomo erano spalancati e non capiva il perché. Quando riportò l'attenzione sul riflesso la sua espressione ricalcò quella dell'insegnante, per la prima volta vide quanto simili fossero l'uno all'altro.






Siamo agli sgoccioli, il prossimo capitolo sarà l'ultimo :D Cosa decideranno di fare Delphi e Teddy? Da quale parte si schiereranno? Spero che la risposta che ho trovato non vi sembrerà troppo scontata.
   
 
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