La faccia illuminata dallo schermo.
Un sorriso, la curiosità sul volto.
Lei sta scrivendo velocemente tra la musica alta e chiassosa, I mille fogli e I numeri interminabili. Il buio fuori le ricorda che ormai è troppo tardi per studiare, che è arrivata l’ora di stupirsi e sentirsi liberi, di ubriacarsi di stelle e parole, di sentire caldo per l’eccitazione.
Il volto ancora illuminato, sono le sere che torna.
Torna negli altri e nelle loro storie, a pezzi e lei fedele al suo puzzle lo ricompone, diverso.
Con pezzi che non combaciano costruisce quello che non può avere.
Con le mani tremanti continua a scrivere parole, a sorridere, con I pensieri che corrono.
Arrivano a quando una mano la prendeva nel buio per portarla in posti nascosti, quando voltandosi si fissava negli occhi di chi la capiva a pieno e lei era lì davanti a nudo.
Arrivavano a quelle carezze leggere, gli abbracci, I contatti lievi che ricomponevano I pezzi, costruivano castelli.
Arrivavano perfino ad una stanza, alle parole che la riempivano e poi le stelle. Un fiume.
Nel buio riconosceva quel calore, lo bramava, negli altri e in tutto. Mai nessun indizio per cercarlo, nessun segno da seguire se non pezzi sparsi.
Lei in un lampo improvviso ricorda, cerca ancora eppure adesso non c’è nulla, solo un fiume di altri, di pezzi sparsi. Non può cercare quello che non è sicura di aver sentito, dimentica.
Le sere che torna, negli abbracci, nel calore di qualcuno. Torna, ma lei non sa. Se davvero torna.