Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: CthulhuIsMyMuse    05/03/2018    0 recensioni
"Giovanni aveva compreso che il tempo non le aveva cambiate, almeno non fisicamente, ma riusciva a vedere chiaramente i solchi che aveva lasciato nell'anima di ognuna di loro. L'unica cosa che era rimasta identica era la loro dipendenza l'una dall'altra, erano nate insieme, continuavano a vivere insieme e molto probabilmente sarebbero morte insieme e questa immagine azionava la leva della tristezza che era posta accanto al suo cuore."
Genere: Horror, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aprì gli occhi a fatica, davanti a se vide un’immagine sfocata e poco definita. Era una forma rosa con dei punti colorati.

Chiuse le palpebre e respirò profondamente dalle narici. Sentì la gabbia toracica aprirsi e l’aria circolare libera nei polmoni.

L’apporto vigoroso di ossigeno ripristinò parte della funzionalità del cervello, un pizzicore pulsava sul fondo della materia grigia, ma molto meno disturbante rispetto a prima.

Aprì pochi millimetri di palpebra per aiutare la pupilla a mettere a fuoco almeno parte di ciò che si trovava davanti. Quando riuscì a focalizzare quelli che sembravano due menti aprì gli occhi un po’ di più e un po’ di più ancora fino a scoprire completamente le iridi castane.

Per un istante si chiese, mentalmente, come mai ci fosse uno specchio posizionato accanto al viso della donna che lo aveva soccorso.
 
Doveva essere uno specchio difettoso perché a un’attenta osservazione si poteva trovare una differenza tra il riflesso e il viso realmente presente ovvero, gli occhi.

Delle quattro pupille, tre avevano lo stesso identico colore. Un azzurro intenso, come quello del cielo terso primaverile.

La stonatura derivava dall’occhio la cui iride era di un profondo color castano che sembrava virare al rosso scuro in alcuni punti probabilmente a causa del gioco di luci e ombre creato dalle fronte dell’albero sotto il quale si trovavano.

Il concentrarsi su quel punto gli provocò una violenta sensazione di nausea che lo costrinse a chiudere nuovamente gli occhi.

«Secondo te sta bene?» una voce leggera fece capolino all’orizzonte. La risposta arrivò poco dopo da una seconda voce a tratti similare alla prima ma non identica. Fu quello a fargli comprendere che non c’erano ne specchi né riflessi ma solo due persone simili ferme proprio davanti a lui.

Riaprì nuovamente gli occhi.

«Non lo so, ma almeno ha riaperto gli occhi».

Erano due ragazze con le fattezze dei volti identiche. Il viso allungato era adornato da occhi grandi con le punte sottili rivolte verso l’alto; il naso era piccolo con la punta diritta e sottile; avevano labbra rosee definite, molto in contrasto con la carnagione chiara. Erano oggettivamente belli da guardare, si fissò soprattutto su quella con gli occhi di colore identico il cui sorriso ampio le illuminava particolarmente il volto.

In quel momento si chiese chi potesse essere, quale fosse il suo nome, se fosse libera, se avesse potuto offrirgli da bere e fare due chiacchiere del resto, come diceva sempre il suo amico Michele, perché farsi sfuggire l’opportunità? La giovinezza è fugace ed è meglio godersela al meglio fino a che si può.

Uno schiocco di dita lo riportò alla realtà dei fatti, accanto agli occhi di ugual colore vide nuovamente gli eterocromi. Fu da quel volto che udì provenire la domanda seguente.

«Ehi, tutto ok?» Era una voce soave ma uniforme, se non fosse stato per l’inflessione interrogativa sul finale, sarebbe potuta provenire da un computer.

«Si, credo di si» rantolò.

«Scusami, non pensavo di averti colpito così forte» l’altra voce era più marcata, di qualche nota più alta e sembrava molto più umana.

«Non ti preoccupare, non stavo già bene in precedenza» volse lo sguardo in quella direzione e incrociò gli occhi color del cielo.

Rimase imbambolato per qualche istante, non se ne era accorto ma il volto che aveva visto era incorniciato da lunghi capelli di un bianco candido, raccolti in un’ampia treccia che cadeva morbida sulla spalla destra.

Nuovamente ne rimase incantato. Si chiese, stupidamente, se non fosse morto ma il caldo era troppo soffocante per poter essere in paradiso. Il problema era che la ragazza sembrava rappresentare l’ideale collettivo di angelo.

Non il severo angelo biblico ma gli angeli del focolare quelli che, nelle storie delle nonne, irradiano amore e gentilezza solo per la loro presenza.

Avvertì un profondo calore e percepì le gote arrossarsi, quasi ringraziò il colpetto di tosse che emise l’altra ragazza e che lo fece voltare.

Era tornata in piedi e aveva fatto un passo indietro. Incorniciandola completamente con lo sguardo aveva compreso che seppur avessero lo stesso viso non erano completamente identiche.

La seconda differenza erano i capelli, questa li aveva neri come la pece e corti. Aveva un taglio sbarazzino e disordinato ma non il disordinato caotico di chi si alza la mattina e si dimentica di pettinarsi. Era un disordinato studiato, di quelli pensati per essere esattamente così.

La terza e palpabile differenza, che era anche quella che lo faceva propendere per l’altra ragazza, era l’espressione. Se la prima era radiosa e trasmetteva gioia, la seconda sembrava volerti trascinare in un profondo buco nero.

Nello sguardo non si leggeva nient’altro che indifferenza e se non fosse stato per l’impostazione del corpo – braccia serrate sotto il seno, gambe leggermente divaricate e il piede destro che tamburellava per terra – dal quale si leggeva una certa indisponenza alla situazione, nessuno sarebbe riuscito a comprendere quale emozione stesse provando in quel momento.

«Se ora stai meglio…» proferì senza particolari inflessioni nella voce ma facendo intendere la sua volontà ad andarsene dal quel posto.

«Oh smettila, come se avessimo fretta» una vocina dolcemente irritata fece nuovamente capolino. La figura candida affiancò l’ombra assumendo una strana posa minacciosa con le mani poggiate sui fianchi e il busto leggermente flesso in avanti.

A sottolineare la sua sicura parentela con gli angeli era il vestitino in raso bianco che le ricadeva perfettamente sulla figura longilinea. La parte sovrastante era aderente al busto fino al punto vita mentre la gonna si apriva comodamente arrivando a sfiorare le ginocchia bianche.

L’altra inarco il sopracciglio destro e la guardò con una punta leggera di perplessità «In effetti l’abbiamo» rispose con calma.

«Non credo che la perderemo per qualche minuto passato qui» rispose l’altra tornando poi a guardare il ragazzo. Nuovamente allargò le labbra in un sorriso, la naturalezza di quel gesto lo fece sorridere a sua volta.

«Ce la fai ad alzarti?» chiese, allungando una mano verso di lui.

Giovanni, come afferrò la mano candida, percepì il calore della pelle, la stretta delle dita era gentile ma sicura e non sembrò fare troppa fatica nell’aiutarlo a sollevarsi indizio che, probabilmente, non era così delicata come sembrava apparire.
«Grazie per avermi aiutato» si spazzolò i vestiti coperti di terra.

«Era il minimo dopo averti atterrato» sorrise nuovamente e gli sembrò che il sole fosse leggermente più brillante «Stavi andando al museo?» domandò.

«Si. E’ un posto tranquillo d’estate, quando ho mal di testa mi piace perderci qualche ora» spiegò pacatamente.

Accanto alla ragazza dai capelli argentei apparve la soprannominata ombra, le porse un grosso capello in paglia con la tesa molto larga che doveva aver perso durante la collisione «Finirai per prenderti un’insolazione. Un soccorso al giorno è più che sufficiente» Giovanni percepì una sfumatura di preoccupazione nel tono della voce.

«Grazie» canticchiò felicemente l’altra calcandosi il cappello sul capo e sistemando bene la tesa mentre la mora riassunse la sua posizione da frettolosa.

Tornò a guardarlo, gli occhi all’ombra avevano assunto una venatura leggermente più scura «Possiamo lasciarti senza problemi o ti senti svenire ancora?»

Lui agitò una mano nell’aria scacciando una mosca bianca «Sto molto meglio ora, andate tranquille. Mi spiace avervi trattenuto» cercò di scusarsi guardando sottecchi la mora lì accanto che sembrò ignorare completamente le sue scuse.

«Non preoccuparti. Allora buona giornata, divertiti al museo.»

«Buona giornata a voi» alzò una mano per salutarle mentre gli voltavano le spalle e prendevano a camminare.

Dopo qualche secondo però si ricordò che non conosceva il loro nome o quantomeno non quello dell’angelo «Aspetta, aspetta un attimo».

Si volsero entrambe, lo sguardo truce della mora lo trapassò come una freccia ma non si fece intimorire. Le raggiunse e si buttò «Non so il tuo nome»

Il sorriso che gli rivolse era dolce come miele «Bel» allungò una mano verso la compagna «e lei è mia sorella Layla» in quello stesso frangente la gemella le afferrò il polso «Muoviti» e la trascinò via.

«Giovanni, mi chiamo Giovanni» le guardò allontanarsi, Bel gli stava facendo un cenno di saluto con la mano libera prima di tornare a seguire obbligatoriamente la sorella.

«Magari possiamo rivederci» mormorò a se stesso ciò che avrebbe voluto dirle prima che venisse trascinata via. «Cavolo…» tirò un leggero calcio al terreno, alzando una piccola nuvola di polvere nell’aria che si sedimentò nei secondi successivi.

Quando vide le forme delle donne sparire all’orizzonte si diresse verso il museo. Una nota di tristezza lo accompagnò fino in tarda serata per non essere riuscito a strapparle almeno un altro incontro.
 
   
 
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