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Autore: SNK    30/06/2009    3 recensioni
La storia è ambientata nel momento dopo l'estrazione di Shukaku da Gaara. il kazekage non sa più se sarà in grado di adempiere ai suoi doveri perchè non riesce a usare la sabbia come prima. ha paura di essere ora solo un peso per il suo villaggio, dubbi lo avvolgono sulla sua esistenza, sul padre e sulla madre.nemmeno l'amore che lentamente gli si farà avanti sembra potergli lenire le sofferenze interiori.
Genere: Romantico, Malinconico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kankuro, Sabaku no Gaara , Temari, Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gaara distolse lo sguardo seguito dal suono di un sospiro emesso da Matsuri cercando  di ritirarsi ancor di più nell’ombra quindi rimase ad osservarla in silenzio. Lei si era alzata dall’altalena e ora procedeva a piccoli passi verso il muro scrostato dove si nascondeva: sembrava quasi aver intuito che lui era li. Gaara  rabbrividì infastidito accorgendosi di trattenere il respiro che  pensava avrebbe potuto tradire la sua presenza; lei era terribilmente vicina ora, tanto che se lui avesse allungato un braccio avrebbe potuto accarezzarle i capelli.

Ma non voleva essere scoperto.

Si limitò ad abbassare la testa per poterla osservare dall’alto della sua statura con un misto di sconosciuta dolcezza che non aveva ancora imparato a provare e che desiderava non provare. Si concesse un breve respiro per permettere al profumo di lei di arrivargli ai polmoni poi la chiuse di nuovo fuori e prese ad indietreggiare di alcuni passi  per abbandonarla definitivamente alla notte colma di vento.

Matsuri appoggiò una mano al muro screpolato:

- dove sei…- pronunciò a metà tra un sussurro e un pensiero facendo così bloccare il Kazekage nell’atto stesso di compiere un balzo.

Un mulinello di sabbia prese vita in quel desolato spicchio di Suna mettendosi a danzare con le sue curve sensuali finchè una manata invidiosa del vento non lo distrusse spargendo la sabbia nel cielo; Matsuri rabbrividì constatando come la temperatura fosse crollata. Non voleva lasciare quel luogo, sentiva una strana forza che la invitava a non desistere, a cercarlo:

- ma dove?! – gridò rivolta all’aria che si divertì a portare lontano le sue parole – Gaara…- disse sussurrando quel nome alle fredde stelle – Gaara…- lo ripetè lasciandosi quasi inebriare da quel nome che per lei era divenuto una calda consolazione durante tutte le notti passate a guardare il soffitto buio della sua camera.

Il Kazekage scosse la testa tornando verso di lei e ascoltandola mentre ancora una volta pronunciava il suo nome, si sentiva quasi divertito e pieno di desiderio di uscire dal suo nascondiglio per dirle infastidito di smettere di chiamarlo. Avrebbe voluto essere cattivo e perché no, farla un poco soffrire, spaventarla.

Un ghigno ironico gli salì alle labbra sottili, vederla così triste e spaventata dalla solitudine gli procurava un perverso piacere.

La ragazza si passò una mano sul volto e si girò dando le spalle al Kazekage per guardare l’opaca luna emergere da un gruppo isolato di nubi sfrangiate quindi si scostò i capelli che avevano preso a solleticarle il naso; Gaara inclinò la testa da un lato seguendo i suoi movimenti.

Un altro ululato fece eco dal deserto levandosi lugubre dalle barcane che procedevano come in processione sospinte dal vento che ne erodeva le sommità perdendo nella notte profonda i brandelli di sabbia che da loro staccava con rude accanimento.

Fu allora che, in una frazione di secondi che sembrarono procedere al rallentatore per dargli il tempo di vedere e fissarsi la scena nella testa, Matsuri si voltò e scattò di corsa verso il luogo del suo nascondiglio nelle tenebre finendogli addosso.

La botta che Gaara ricevette al petto quando la ragazza vi finì contro gli tolse il respiro e lo mandò indietro di qualche passo costringendolo ad appoggiarsi al muro per non cadere.

Matsuri, d’altra parte, era finita a terra e ora lo fissava con gli occhi scuri e immensi che le divoravano il volto. Spalancati per la sorpresa sembravano voler far trapelare tutto il loro imbarazzo, la loro paura, la loro sorpresa e mille altri sentimenti che Gaara non riuscì a cogliere.

Forse pure gioia.

Rimasero ad osservarsi in silenzio per qualche istante poi Gaara, più per dovere che per reale voglia, allungò un braccio verso la ragazza e la aiutò a rialzarsi:

- Kazekage-sama…- disse la ragazza abbassando lo sguardo e ringraziando la notte che celava il rossore che l’aveva colta – mi spiace…- si schiarì la voce accolta da una fitta di dispiacere quando  vide Gaara indietreggiare da lei ponendo un muro invisibile di distanza.

Il Kazekage si limitò a guardarla sovrastandola con la sua statura:

- perché sei qui Matsuri? – le chiese senza staccare lo sguardo inquisitore da lei.

La ragazza deglutì frastornata dall’onda di colpevolezza che proveniva dalla voce di Gaara:

- io…-

- mi hai seguito? – la anticipò lui senza attendere le sue ragioni iniziando però a pentirsi del tono che aveva usato per porle le domande.

Matsuri si concentrò sulle impronte che le proprie calzature avevano lasciato sulla sabbia senza riuscire a formulare nella sua testa una frase adatta alla situazione:

- non era mia intenzione seguirti Gaara…è…che…- deglutì di nuovo cercando di raccogliere quanta più saliva possibile per inumidire la gola secca e chiusa. Non aveva il coraggio di alzare lo sguardo per affondare quello di lui:

- eri qui da solo…pensavo…-

- se ero qui da solo avrò avuto i miei motivi! – si morse il labbro odiandosi per la risposta infastidita che le aveva dato ma lei non se ne accorse – non dovresti essere qui…- le disse per rimediare all’errore che sentiva di aver compiuto.

La ragazza si strinse la braccia attorno ai fianchi formulando parole di scusa che risultarono alle orecchie del Kazekage solo un incomprensibile farfugliamento:

- va a casa Matsuri…- le ordinò usando un tono di voce più morbido – è tardi e dovresti riposare –

Finalmente lei alzò gli occhi sul viso magro e un po’ spigoloso di lui prendendo a studiarne i lineamenti: si soffermò sulle labbra sottili serrate in una linea severa, sugli occhi grandi e così stanchi da fare pena:

- che succede Matsuri? – le disse Gaara accorgendosi dell’insistenza dello sguardo di lei.

La ragazza scosse la testa lievemente distogliendo gli occhi all’istante e celando un velo luminoso che le aveva coperto lo sguardo :

- a dire la verità – iniziò parlando quasi sottovoce – ti avevo visto seduto da solo in quell’altalena e pensavo ti avrebbe fatto piacere un po’ di compagnia – levò il volto solo per guardargli le labbra poiché non se la sentiva di fissarlo su quegli occhi trasparenti.

Gaara d’istinto mosse il braccio quasi a volerle accarezzare il volto in un atto di irrazionalità che però riuscì a frenare all’istante finendo col spostarsi i capelli mossi dalla fronte:

- non ho bisogno di compagnia – le rispose con quell’accento di fredda compostezza che gli faceva da scudo e che lei percepì non poter abbattere – ora vattene Matsuri – le diede le spalle per non doverla guardare.

La ragazza sospirò desolata mentre una spirale di vento si insinuava tra i suoi capelli asportando un po’ del loro profumo e portandolo con feroce insistenza alle narici del Kazekage che chiuse gli occhi inebriato.

Lei però non lo vide.

E si limitò perciò ad eseguire gli ordini del Kazekage, come faceva sempre, allontanandosi da lui senza mai voltarsi a guardarlo per paura di vedere del disprezzo nei suoi occhi.

 

 

Gaara sospirò accorgendosi di come fosse difficile riempire i polmoni, ascoltò i passi di lei farsi sempre più fievoli fino a scomparire inghiottiti dall’urlo del vento quindi si voltò a fissare le impronte di Matsuri dileguarsi sotto la coltre di sabbia che vi si depositava sopra.

Sentiva di non avere alcuna voglia di tornare a casa e così tornò a sedersi sull’altalena provocando note dolenti ad ogni movimento.

Un piccolo fennec uscì di soppiatto da dietro dei bidoni utilizzati per i rifiuti e levandosi sulle zampette prese a rovistare incuriosito tra i sacchi neri abbandonati ai lati. Sembrò aver trovato qualcosa di attraente perché con i dentini affilati iniziò a rompere il sacco spargendo avanzi di ogni genere tutt’attorno poi, addentata quella che pareva il resto decomposto di un pezzo di carne, si dileguò silenzioso attraverso il posto da dove era venuto.

Gaara contorse il naso al refolo di spazzatura che gli arrivò come un pugno in faccia e si accorse di desiderare il profumo di lei, quella fragranza dolce e speziata che gli ricordava il sole. Con una spinta improvvisa all’indietro fece gridare le catene arrugginite del dondolo quindi si staccò da esso fermando la sua corsa con una mano:

- cosa ci fai ancora qui? – disse senza voltare il capo.

Matsuri uscì dall’ombra del muro con aria imbarazzata e colpevole:

- non potevo andare via….sembri così…- non riuscì a finire la frase perchè Gaara le puntò in volto due occhi su cui era dipinta un’espressione che non gli aveva mai visto. Fu solo un attimo, uno sguardo fugace e nulla di più prima che il freddo muro dell’indifferenza tornasse ad erigersi, ma le bastò per farsi coraggio e insistere a rimanere con lui quella notte. Quello che aveva visto erano occhi stanchi, tristi e dolci, traboccanti di cose da dire ma troppo private da poter essere espresse, occhi che le permisero di dare uno scorcio ad un animo colmo di dubbi.

Lui accennò un breve assenso:

- non ti farei cambiare idea vero? –

- no…- stirò la piccola bocca in un sorriso

- sei testarda eh? – la incalzò Gaara con aria di sfida mentre lei gli si avvicinava

- mi hai insegnato tu ad esserlo, maestro…-

- già – disse di rimando guardando come lei fosse piccola a suo confronto – ho fatto un buon lavoro –

- modesto, ma non dimenticare che io ti ho sopportato – Matsuri lanciò un risolino acuto – sei nevrotico, maestro! –

Gaara si rilassò di fronte alla spontaneità che dimostrava e lei, dal canto suo, si accorse del cambiamento e decise come fosse meglio non chiedere il perché di quella sua voglia di solitudine.

Si avviarono insieme verso un punto più riparato formato da una vecchia tettoia appoggiata a dei pali che serviva per il banco del pesce durante i giorni di mercato quindi si sedettero sulla sabbia appoggiando la schiena ad un muro:

- sai che potresti pentirti di non esserti riposata stanotte? – le disse lui

- fa niente, ho la scorza dura, e poi…- si girò a guardarlo sostenendo senza paura i suoi occhi – le occhiaie potrebbero stare bene anche su di me! – rise chiudendo gli occhi in un’espressione che la faceva sembrare una bambina.

Gaara lasciò che le labbra gli si incurvassero un poco verso l’alto abbassando lo sguardo quasi intimidito quindi rimase ad ascoltarla in silenzio mentre lei gli raccontava con voce rapita ed entusiasta il successo ottenuto nell’ultima missione.

Si accorse che era piacevole.

Si accorse che era lenitiva la voce di lei.

E le concesse di abbattere un po’ l’armatura ghiacciata che copriva il suo animo.

 

 

 

Ormai ho perso il conto di quanto tempo è passato dall’ultimo aggiornamento… mi scuso e mi riscuso del ritardo ( se così può essere definita questa lunga mancanza…) ma ho sempre un sacco di impegni e un sacco di cose da fare! Spero mi perdoniate!

Abbiate pazienza che piano piano scriverò ancora e continuerò questa storia…

Intanto bacioni a tutti quanti!

 

  
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