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Autore: Fata_Morgana 78    08/03/2018    2 recensioni
Al mondo tutti meritano una seconda possibilità, anche quelle persone che... dopo aver abbracciato per anni il buio, credono di non avere nessun diritto ad essere felici... La seconda possibilità, per avere una vita felice, per Severus Piton potrebbe chiamarsi Clarice Johnson una sua ex studentessa Serpeverde... Una cosina piccola, piccola per la Festa della Donna...
Genere: Angst, Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Severus Piton, Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Seconda Opportunità'
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~~Sei anni dopo

 Erano trascorsi sei lunghi anni da quando Clarice aveva cambiato in meglio la propria vita. Il villaggio dove era nata e cresciuta la sua ava, era piccolo e pieno di calore e affetto. Ci abitavano molte famiglie di maghi e streghe che accolsero con entusiasmo l’arrivo della giovane donna e della sua pancia che cresceva a vista d’occhio. Lei stessa era cambiata molto dai tempi della scuola, era diventata più donna, aveva fatto allungare i capelli e il suo corpo era cambiato in meglio dopo la gravidanza.
- Mamma! - la chiamò Daniel strappandola dai suoi pensieri.
- Danny. - gli sorrise abbassando lo sguardo su di lui, il bambino aveva i capelli nerissimi del padre e gli occhi d’ambra di lei con piccole screziature color opale, era un bambino per lo più silenzioso, amava leggere ed imparare sempre cose nuove, era molto intelligente e magicamente molto dotato, l’unione perfetta dei suoi poteri e di quelli di Severus.
- Posso portare, Berty, la mia Puffola Pigmea a scuola oggi?
- Sicuro che sia una buona idea? - ridacchiò la giovane donna - Non ha un buon carattere la tua bestiolina.
- Colpa del tuo gatto. - si imbronciò il bambino.
- Giusta osservazione. - rise lei, coinvolgendolo, Daniel avrebbe voluto ribattere ma il campanello della porta d’ingresso suonò, rivelando l’arrivo di un cliente.
- Buongiorno. - parlò una voce strascicata e roca.
- Buongiorno. - rispose lei sorridendo mentre scompigliava i capelli del suo bambino, che fuggì in giardino ridendo felice.
- Danny, prendi pure la tua Puffola per la scuola, ma fai attenzione e avverti la maestra. -
- Grazie mamma! - trillò felice dal giardino sul retro.
- C’è nessuno? - parlò ancora la voce maschile camminando tra gli scaffali ordinati.
- Al bancone, signore. Mi scusi se non l’ho raggiunta, ma avevo per le mani una serie di barattoli da sistemare. - parlò lei pulendosi le mani sul grembiule - Come posso aiutarla? – domandò non appena lui la raggiunse; si guardarono nello stesso istante: gli occhi di opale dell’uomo si spalancarono di stupore non appena si incatenarono a quelli d’ambra di lei. Si guardano negli occhi per un tempo indefinito, incapaci anche solo di parlare o muoversi.
- Clarice? - soffiò senza fiato l’uomo ingollando a vuoto varie volte, incapace di aggiungere altro.
La strega lo osservò mordendosi con forza il labbro inferiore, sembrava invecchiato molto in quegli anni, gli occhi erano spenti e cerchiati da profonde occhiaie.
- Professore - lo salutò con un sorriso sincero, la voce solo leggermente incrinata - Cosa la porta nel mio umile negozio? - domandò fingendo di possedere una tranquillità che era ben lungi da provare, il cuore che le batteva forte nella cassa toracica.
Severus era talmente incredulo che non riuscì nemmeno a formulare una risposta decente per quella semplice domanda; la verità era che non era andato in quel negozio per caso: finita la guerra, sconfitto Voldemort definitivamente, lui era rimasto a Scuola dove non solo continuava ad insegnare Pozioni; ma dove rivestiva il ruolo di Preside eletto all’unanimità dal collego docenti capeggiato da Minerva McGranitt. Insediarsi nell’ufficio che era stato di Albus Silente, non fu affatto facile per lui. Quell’uomo era stato il suo mentore e amico più caro e vivere a contatto con tutti gli oggetti cari al vecchio Preside gli faceva più male che bene; così, decise di riporre gli oggetti appartenuti ad Albus in alcune scatole e fu proprio durante una di quelle sere passate a dare la propria impronta al nuovo studio, con la mente sommersa di pensieri, che aveva trovato alcune vecchie lettere dentro uno scompartimento nascosto della scrivania. Vinto dalla curiosità aveva iniziato a leggerle, scoprendo così che la ragazza che l’aveva ossessionato, non solo non si era mai sposata, viveva nel paesino della sua ava pozionista, e lavorava nel negozio che, settimanalmente, mandava i rifornimenti di ingredienti per lui e per la scuola.
Contenendo a stento la rabbia, Severus si girò verso il ritratto di Silente chiedendo spiegazioni sulle pergamene che stringeva in mano e che erano state ingiallite dal tempo.
L’ex Preside osservò con la sua aria serena ed affettuosa l’uomo che l’aveva sostituito alla guida della Scuola e gli aveva consigliato di andarla a trovare, erano passati talmente tanti anni ed entrambi meritavano un po’ di serenità. Severus, sospirando, aveva deciso di provare a rivedere Clarice; non vi aveva però riposto troppe speranze in quanto quello scambio di lettere era avvenuto molti anni prima. E tutto poteva essere cambiato. Ed invece eccola lì, bella come se la ricordava se non di più. Con quel sorriso che gli aveva da subito fatto battere forte il cuore e quegli occhi dove potevi leggere tutte le emozioni che vi passavano. Era così intento a fissarla ed ammirala che non si rese conto che erano passati alcuni minuti dalla domanda posta da lei e ancora non le aveva dato una risposta.
Imbarazzata da quello sguardo ricco di parole non dette, Clarice sorrise mostrandogli con un cenno della mano uno sgabello mentre si apprestava a preparare una buona tazza di the.
- Accomodati, hai l’aria stanca, posso offrirti un the di mia creazione? - chiese con un sorriso timido.
- Sì, grazie... - annuì Severus senza smettere di guardarla, temeva che, se avesse distolto lo sguardo, lei sarebbe scomparsa - Sei veramente tu? Che fine hai fatto? Perché non hai più dato tue notizie a nessuno? - iniziò a domandarle.
- Che non io non abbia dato mie notizie a nessuno, è errato Severus. Sono rimasta in contatto con Albus, - fece un sorriso triste pensando con affetto al Preside della Scuola – A lui ho chiesto di non dire a nessuno dove mi trovassi in realtà. Ho trovato il modo di liberarmi dalle indesiderate nozze, Severus. - spiegò posandogli davanti una tazza di the caldo - I miei hanno finto che non fossi mai esistita. Ed io mi sono rifatta una vita. Ho finito di studiare da privatista. - si morse le labbra osservandolo accomodarsi con un sospiro stanco, Daniel gli assomigliava terribilmente.
- Cosa ti ha portato qui? - chiese dopo aver bevuto un lungo sorso di the forte, come lo amava lui.
- La mia ava Pozionista. - ammise - Lei aveva qui una casetta, ho fatto in modo che mio padre la cedesse a me. Mi sono trasferita, ho studiato e poi ho iniziato a lavorare come apprendista dalla guaritrice del paese. - mostrò con un gesto il negozio - Lei era sola. Niente famiglia né figli. Mi ha presa sotto la sua ala. Mi ha trasmesso la sua conoscenza, e poi mi ha lasciato in eredità il negozio. - sorrise - Mi piace molto questo lavoro.
- Perché non mi hai più cercato? Perché il mio Patronus non ti ha più trovata?
- Perché ho cambiato molte cose nella mia vita.
- Ho visto. Sul cartello c’è scritto “Prince”. Sei sposata?
- Magari! - rispose una vocina alle loro spalle, facendoli sobbalzare - Almeno avrei anche io un papà e non sarei quello “troppo strano”!

Severus si girò lentamente verso la voce e restò per una manciata di minuti completamente senza parole mentre osservava quel bambino, gli sembrava di guardarsi in uno strano specchio ringiovanente.
- Io sono Daniel Severus James Prince. - si presentò, annoiato da quel lungo silenzio.
- Severus Tobias Piton. - gli strinse la piccola mano tesa, ingollando a vuoto.
 Clarice teneva lo sguardo basso, i pugni talmente serrati che le nocche erano diventate bianche.
- Danny, amore, va a prepararti per la scuola. – si intromise tra loro con un sorriso - Tra poco passerà Rose con Tom per accompagnarvi. Io e il signore dobbiamo parlare.
- Va bene mamma. - borbottò il bambino, quello strano uomo lo incuriosiva, si sentiva come attratto da lui.
- Va piccolo mio. - lo baciò sulla nuca e lo osservò andare verso il retro per prendere il grembiule e lo zaino scolastico.
- Daniel Severus “James” Prince? - ripeté con un ringhio il Pozionista - Me lo avresti mai detto? -
- Detto, cosa? - alzò lo sguardo Clarice.
- Clarice! - urlò sbattendo un pugno sul tavolo - Credi che sia cieco? Lui è...
- Mio figlio. - annuì la strega appoggiando i palmi sul piano in legno del bancone - L’ho portato nel mio grembo per nove mesi. L’ho partorito e cresciuto. Lui mi ha salvato da una vita spenta. Mi ha dato una seconda possibilità. È stancante, intelligente e molto dotato. A volte è troppo maturo per i suoi sei anni ed io vorrei potergli dare un futuro più sereno e spensierato; non sempre mi è possibile... Però faccio del mio meglio Severus, io e Danny stiamo crescendo insieme. - fece un sorriso malinconico osservando il figlio aspettare fuori dal negozio il suo migliore amico per andare a scuola.
- Perché sei sparita? Perché non mi hai più cercato? - continuò a chiedere Severus seguendo il suo sguardo.
- Quando ho scoperto di essere gravida, avrei voluto dirtelo. Ma ho avuto paura, perché temevo che credessi che volevo incastrare te in un matrimonio senza amore. - lo guardò, ma distolse presto lo sguardo - Ho scelto comunque di tenere il bambino. Lui mi ha salvato da un matrimonio fasullo, da una vita infernale a sfornare figli su figli nelle terre fredde.
- Gli hai dato anche il mio nome. - il pozionista era sempre più arrabbiato.
- Mi piace il tuo nome. - arrossì - E lui ti assomiglia veramente tanto. -
- Perché lo hai chiamato James? - chiese alzando un sopracciglio.
- Perché era la tua nemesi, e non gli avrei mai dato il nome di mio padre. - rabbrividì lei.
- Perché dopo aver evitato il matrimonio non sei venuta da me? Perché non mi hai detto di lui? Dannazione! È mio figlio! Avevo il diritto di saperlo! – volle sapere Severus con un tono di voce talmente basso e fintamente calmo che Clarice rabbrividì, chiudendo gli occhi.
La strega stava per rispondere quando il bambino rientrò nel negozio, interrompendo nuovamente il loro discorso; li aveva raggiunti con una espressione arrabbiata in viso.
- Mamma. - la chiamò con il suo cipiglio fiero, così simile a quello di Severus.
- Cosa è successo? - domandò lei con un sorriso incerto, nascondere certe emozioni non era facile, soprattutto con Severus lì fermo ad osservarli.
- Stavo aspettando in giardino Tom e una delle stupide piante che stai curando lì fuori, mi ha morso il sedere. - e glielo mostrò tirando su con il naso.
- Perché ti sei avvicinato alle piante della signora Morgan? Lo sai che non sopportano i bambini. - domandò con un sospiro.
- Non l’ho fatto apposta. - singhiozzò lui, ma dai suoi occhi non uscì una sola lacrima.
- Che piante sono? - chiese Severus preoccupato che il bambino, suo figlio, potesse essere entrato in contatto con qualche tipo di veleno.
- Brutte, antipatiche e coi denti aguzzi. - rispose con voce arrabbiata il bambino.
- Danny. - sospirò la madre - Sono comuni piante carnivore. La signora Morgan le tiene nel giardino di casa sua. Di tanto in tanto, le porta da me perché possa prendere un po’ dei loro frutti. Lo sai che sono ottimi per fare dei decotti e… - spiegò mentre controllava che il figlio stesse bene, ma l’uomo la bloccò dicendo:
- Ovviamente. - replicò con la sua voce strascicata l’uomo. Clarice sorrise e finì di disinfettare il figlio dicendo:
- Mi era mancato il tuo sarcasmo.
Daniel guardò prima la madre poi il cliente seduto sullo sgabello, gli piaceva l’odore dell’uomo, gli ricordava quello della mamma.
- Vi conoscete? - chiese prendendo alcuni biscotti dal piatto che Clarice aveva appoggiato sul banco da lavoro.
- Ti ho già parlato di lui, Danny. - sorrise lei - Era il mio insegnate di...
- Pozioni! - concluse il bambino sorridendo, Severus non era mai stato un bambino così felice alla sua età - Ne porta l’odore addosso, come te mamma.
- La tua mamma era la mia studentessa migliore. La più coraggiosa è dotata, sai? - confessò il professore.
Daniel stava per rispondere quando il campanello del negozio suonò nuovamente e i tre vennero raggiunti dalla voce della vicina di casa di Clarice, Rose, e dal vociare vivace di Tom.
- Clarice ci sei? Danny è pronto per la scuola? - chiese allegra la giovane donna.
La scena che le si parò davanti fu, quanto meno, surreale. Clarice, tesa come una corda di violino, che stava finendo di disinfettare il morso sul sedere di suoi figlio; mentre Danny stava parlando con un signore seduto sullo sgabello di fianco al bancone e la cosa che sorprese più di tutti la ragazza fu la somiglianza che vide tra l’uomo e Danny quando questo alzò lo sguardo su di lei.
- D-danny, vai con Tom ed aspettatemi fuori dal negozio - disse con un sorriso forzato al bambino, che ubbidiente uscì dal negozio con il suo amico.
Quando la porta si chiuse, Rose passò il suo sguardo dall’amica all’uomo seduto che, si vedeva lontano un miglio, era arrabbiato e nervoso.
Guardando negli occhi la sua amica e leggendovi il turbamento che stava provando disse:
- È Lui vero?
- Sì. - annuì semplicemente Clarice.
- Santa Morgana. - esalò Rose abbracciando l’amica e, capendo che i due avevano bisogno di parlare, dichiarò: - Vado ad accompagnare i ragazzi a scuola, ripasso appena li avrò lasciati. Ci vediamo tra poco.
- Non sarà una conversazione né leggera né piacevole né corta. – la bloccò Severus mentre la giovane donna posava la mano sulla maniglia della porta – Le consiglio di passare più tardi. Magari dopo che i bambini saranno usciti da scuola.
Rose avrebbe voluto ribattere, ma lo sguardo duro che il Pozionista le riservò la fece desistere.
- Clarice, - la chiamò – se hai bisogno di me sai come fare. Lancia un incantesimo e verrò da te.
- Grazie Rose. – le sorrise la nuova guaritrice che, con un cenno impercettibile della testa, la invitò ad andare via dal negozio.

Clarice e Severus restarono nuovamente soli. La tensione tra loro era palpabile. La strega faceva fatica a respirare e non riusciva a muovere un muscolo.
- Se non avessi trovato le lettere nella scrivania di Albus, se non fossi mai venuto qua. Io avrei continuato a vivere senza sapere di avere un figlio. – mormorò con voce pericolosamente calma l’uomo alzandosi, sovrastandola con la sua altezza.
- Questa guerra maledetta ci ha cambiato tutti. – rispose facendo un passo indietro, Severus era comunque più alto e muscoloso di lei – Ho fatto cose di cui non vado fiera. L’unico lato positivo in tutto questo è…
- Nostro figlio. – concluse lui stanco di sentirsi escluso.
- Nostro… - annuì lei, era inutile negare l’evidenza, erano l’uno la fotocopia dell’altro.
- Spiegami perché non dovrei prenderti per il collo, adesso, Clarice e farti sentire tutto il dolore che sento io adesso dentro di me.
- Perché Daniel resterebbe solo. – fece un altro passo indietro lei spaventata – Qui nessuno sa chi è suo padre, né chi è realmente la mia famiglia.
- Quella strega che è venuta a prendere il bambino. Lei sa.
- Lei è la mia migliore amica. Quando sono arrivata qua, ero completamente sola. – spiegò mentre una lacrima rabbiosa le solcava il viso – La mia famiglia mi aveva appena voltato le spalle. Sono stata diseredata. Mi hanno dato quello che volevo per scomparire, per fingere che non fossi mai esistita.
- Ma avevi me. – disse alzando le mani, stringendo i pugni davanti al viso.
- Te?! – Clarice alzò gli occhi di scatto, guardandolo – Tu, una spia. Un Mangiamorte doppiogiochista. – mandò la testa di lato – Avrei dovuto dirti che aspettavi un figlio? Mettere ancora di più a repentaglio la tua vita? – un sorriso triste le incurvò le labbra – Non ho mai capito perché, alla fine, sei venuto a letto con me. – si indicò con un gesto della mano – Guardami, Piton. Dimmi cosa vedi! – lo pregò. Il Pozionista la osservò in silenzio per alcuni minuti cercando qualcosa da dire che non la facesse infuriare ancora di più. Mentre il silenzio aleggiava pesante tra loro, Severus sgranando gli occhi, disse:
- Lui sapeva tutto!
- Lui “chi”, scusa? – domandò mettendo le mani sui fianchi.
- Albus Silente, ecco chi! – replicò lasciandosi cadere sullo sgabello con un sospiro stanco – Lui è venuto qua a trovarti, poco dopo il tuo “insediamento”. – spiegò.
- No. – i capelli di Clarice ondeggiarono dolcemente attorno al suo viso, accarezzandole le spalle – Non è mai venuto nessuno. Albus Silente lo avrei riconosciuto.
- No se fosse stato sotto Polisucco. – ringhiò stringendo gli occhi.
- E perché, di grazia, sarebbe venuto indossando la pelle di un’altra persona? – chiese con una risata sarcastica.
- Perché tu gli hai scritto che eri riuscita a fuggire da un matrimonio che non volevi. Ma senza scendere nel dettaglio. Albus ha avuto il sospetto che avessi fatto qualcosa, temeva per la tua vita. Temeva che tu avessi compiuto qualche atto scellerato.
- Quindi è venuto qui, fingendosi un’altra persona. – mormorò lei portandosi una mano davanti alla bocca – Ero incita di sei, forse sette, mesi quando uno strano vecchietto si è presentato al negozio della mia mentore. – spiegò.
- Per tutto questo tempo lui ha tenuto questo segreto. – Severus distolse lo sguardo.
- Ha tenuto in vita te, professore. – mormorò con un singhiozzo Clarice – Se tu… Tu avessi saputo di Danny.
- Avrei mandato tutto alle ortiche. Non avrei più combattuto. Avrei bruciato ogni mia copertura. Mettendovi in serio pericolo. – annuì.
- La guerra ha colpito di striscio il villaggio. Qui sono arrivati i disperati. Quelli che scappavano. Abbiamo aiutato i feriti. Seppellito i morti, pur non sapendo chi fossero. – guardò il giardino – Siamo stati presi di mira dai Mangiamorte. Da noi hanno preso scorte di medicinali e pozioni. – spiegò – Poi la situazione è migliorata. Gli Auror hanno iniziato a tenere pulito questo luogo, ripulendolo dalla magia nera che ci stava invadendo.
- E tu sei stata sola ad affrontare tutto questo. – ringhiò senza riuscire a contenere la rabbia l’uomo.
Clarice sentì nuovamente gli occhi riempirsi di lacrime, osservò l’espressione stanca e triste dell’uomo che le sedeva davanti e, senza rendersi conto di quello che stava facendo, gli accarezzò la guancia.
- Il peggio lo avete vissuto voi, Sev. – mormorò con dolcezza, l’uomo alzò gli occhi incatenando il suo sguardo stanco a quello ambra di lei – So quello che è successo a Scuola in questo periodo. So tutto di Harry Potter, il figlio di Lily. Di quello che avete vissuto sulla vostra pelle. Delle persone che sono morte, per una guerra senza senso. – parlava con voce dolce, come faceva quando tentava di tranquillizzare Daniel dopo un brutto sogno.
Severus si appoggiò alla mano di lei, lasciandosi accarezzare ad occhi chiusi.
- Decidere di scomparire, come se non fossi mai esistita, è stata la cosa più difficile che io potessi fare. – continuò leccandosi le labbra improvvisamente secche – Sarebbe stato così facile dirti tutto. Cercarti dicendoti che aspettavo tuo figlio. – ingollò a vuoto – Ma Albus mi ha raccontato quello che stavi facendo. Quanto la tua vita fosse in pericolo giorno dopo giorno. Mi ha raccontato di quello che hai fatto durante tutti questi anni per proteggere e formare il figlio di Lily e James.
- Quel Potter. – mormorò allontanandosi dalla mano calda della strega – Ma non sono venuto fin qui per palare di lui, né della guerra. Voglio sapere perché ho dovuto scoprire in questo modo di avere un erede.
- Non alzare la voce con me. – lo pregò sobbalzando.
- Non vuoi che alzi la voce Clarice? Mi hai lasciato credere di essere l’onorevole moglie di un mago bulgaro per sei, lunghissimi, anni.
- Vuoi farmi credere che saresti venuto a cercarmi se ti avessi detto che non mi ero mai sposata.
Severus sgranò gli occhi, sentendo la rabbia montare dentro di lui come la marea.
- Non so cosa avrei fatto. Ma non sarei rimasto in disparte a…
- A cosa? – un sorriso triste le disegnò le labbra – Tu mi avresti accusata di essere incinta di chissà chi. Non avresti accettato il fatto che il figlio poteva essere tuo. Saresti scappato.
- Non sono un codardo! – urlò Severus perdendo la pazienza.
- Io sì. – gridò in risposta Clarice – Sono un’egoista. Una codarda. Ti ho usato, va bene? È questo che vuoi sentirti dire?
- No. voglio la verità. – sbatté un pugno sul tavolo, la tazza di the cadde a terra, frantumandosi.
- Vuoi la verità?

Il campanello tintinnò, interrompendo nuovamente i loro discorsi. Severus ringhiò verso la persona che era entrata, gli occhi neri che pieni di collera.
- Buon… Buongiorno… - parlò una voce di donna – Non è un buon momento signora Prince? – chiese passando rapidamente lo sguardo da Clarice a Severus e viceversa.
- Sagace la signora! – parlò Severus tremando - Non è un buon momento. – concluse indicandole la porta con un gesto secco.
- Severus! – tuonò Clarice – Non ti permetterò di spaventare i miei clienti! – uscì da dietro il bancone, raggiungendo l’anziana strega che tremava spaventata.
- Quello… - mormorò non appena Clarice la fece allontanare dalla furia del suo ex professore – E’ pericoloso come un Mangiamorte.
- Ha il carattere di un Ungaro Spinato, signora Smith. – le sorrise con dolcezza la curatrice – Ma non è cattivo.
- Sa nasconderlo benissimo. – mormorò nuovamente la donna prendendo i sacchetti con i medicinali che Clarice aveva preparato per lei e, dopo aver pagato, lasciò in tutta fretta il negozio.
- Potresti chiudere il negozio, per cortesia? – ruggì Severus facendola sobbalzare.
- Non ci penso nemmeno. – lo guardò incrociando le braccia sul petto lei – Questo luogo mi da’ da vivere, sai? Ho i miei clienti. Persone che vengono da me per le mie pozioni. Le stesse che tu mi hai insegnato a distillare. – cercò di sorridere, ma finì solo per mordicchiarsi il labbro inferiore.
Severus distolse lo sguardo, avrebbe voluto dirle di smetterla di mordersi in quel modo sensuale il labbro, perché lo faceva impazzire e quasi dimenticare il perché non l’aveva ancora baciata e privata dei vestiti, come desiderava fare da quando l’aveva vista.
- Non posso pretendere che tu capisca le mie scelte, Piton. – sospirò lisciandosi le pieghe del grembiule che indossava sul lavoro – Albus e Rose mi hanno ripetuto fino allo sfinimento che stavo facendo la cosa sbagliata. – guardò fuori dalla finestra, come rincorrendo i suoi ricordi – Una volta sono anche tornata a Scuola, sai?
- Quando? – domandò lui ingollando un bolo di saliva.
- Sono passata a prendere i miei diplomi dopo la nascita del bambino. Ti ho visto a lezione. – fece un sorriso al ricordo – Stavi dando il tormento al giovane Potter. Sono rimasta ad osservarvi per un po’, poi Albus mi ha convocata.
- Perché non sei entrata? – chiese muovendo le mani in un gesto impotente.
- Perché ho visto come lo guardavi.
- Come scusa? – arcuò un sopracciglio, senza capire.
- Guardavi gli occhi di quel ragazzino con un sentimento talmente forte che io… - fece qualche passo tra gli scaffali per mettere più distanza tra lei e quell’uomo tornato dal passato a darle il tormento – Io ho odiato entrambi. Tu non avevi mai guardato i miei occhi in quel modo. Poi Albus mi ha detto chi fosse quel ragazzino, ed ho capito tutto. – sistemò alcuni barattoli fuori posto – Gli occhi di Lily. L’unica donna degna di essere amata da te. – lo guardò mentre si sorreggeva al bancone, il corpo di Severus tremava – A che scopo dirti di Danny? – domandò stringendosi nelle spalle.
- Quindi avrei dovuto scoprire di lui a Scuola? Quando l’avrei visto per la prima volta durante lo smistamento del primo anno?
- Non ho intenzione di mandare mio figlio ad Hogwarts. – rispose continuando a sistemare il negozio.
- Prego? – la rabbia di Severus era palpabile – E dove vorresti mandarlo a studiare?
- In un’altra scuola di magia. Dove non c’è l’uomo che l’ha generato. – rispose di botto.
- Non puoi farlo! – gridò, la sua rabbia era palpabile – Non puoi tenerlo lontano da me. Non è giusto!
- Sono stata padre e madre per sei anni. L’ho cresciuto sacrificando per lui tutto. Lavoro per garantirgli un futuro migliore del mio. Non puoi arrivare tu e pretendere di sfasciare tutto quello che ho costruito!
Il Pozionista e la curatrice erano uno di fronte all’altro, al centro del negozio di lei. Si stavano urlando addosso cose che non pensavano realmente, accecati dalla rabbia. Non si erano resi conto del tempo che era trascorso a velocità doppia e non sentirono la porta sul retro aprirsi, troppo presi a litigare.
- Non voglio sfasciare niente. – alzò le mani in segno di resa l’uomo – Perché non provi a fidarti un minimo di me.
- Non posso farlo. – mormorò cocciutamente lei, Severus gettò la testa in avanti troppo stanco per contiuare e, abbassando le spalle, replicò:
- Non ti permetterò di tenermi ancora lontano da lui. – Daniel era tornato da scuola un’ora prima del previsto, aveva fatto la strada con il suo migliore amico, si erano salutati e lui era corso al negozio. Lungo la strada aveva raccolto alcune piante medicinali per il giardino della sua mamma, voleva farle un regalo, non pensava di trovare lo strano uomo del mattino ancora lì e, soprattutto, non pensava di assistere alla loro litigata.
- È già deciso. – rispose Clarice e il bambino vide i fiumi di lacrime correre lungo le guance della madre – Lui merita un futuro migliore.
- Non puoi pretendere che finga…
- Esatto. Fingi. Fingi di non averci mai trovato. Di non aver mai letto quelle lettere. Sono anni, ormai, che fingi di non essere mai venuto a letto con me. Continua pure a fingere che…
- Non puoi chiedermi questo! – urlò zittendola – Lui è mio figlio, dannazione, voglio essere presente nella sua vita! Per colpa della tua stupidaggine, ho perso i suoi primi sei anni. Che Salazar mi perdoni, ma non ti permetterò di escludermi dal resto della sua esistenza! – non appena terminò la sua sfuriata, sentirono un rumore di vetri rotti provenire da dietro il bancone.
Entrambi gli adulti si voltarono verso il banco da lavoro dove videro Daniel che, per scappare, era inciampato su un cesto pieno di barattoli di vetro, rompendone alcuni.

Clarice non riuscì a trattenere un singhiozzo, gli occhi del figlio erano spalancati e pieni di lacrime e rabbia. Il suo piccolo corpo tremava come una foglia mossa dal vento. Era arrabbiato per essere stato scoperto ed ancor di più lo era perché non riusciva a smettere di piangere.
- Daniel. – lo chiamò Severus ritrovando per primo la voce – Daniel, ascolta…
Ma il bambino, dopo aver gettato a terra le piantine, scappò via correndo per la strada con le lacrime ad offuscargli la vista. Clarice si accasciò sul pavimento, il corpo scosso da forti singhiozzi che non riusciva a trattenere.
- Ti sembra questo il momento per piangere Johnson? – le gridò contro Severus, la voce tradiva la forte emozione che provava in quel momento.
- Mio figlio mi odia. Il padre di mio figlio ha appena minacciato di portarmelo via. – alzò gli occhi cercando di racimolare un po’ di dignità – Se permetti, faccio quello che mi pare. E tu non sei il benvenuto qui. – gli indicò con un gesto la porta – Vattene, tornate da dove sei venuto. Sparisci dalle nostre vite.
- Non puoi essere seria Clarice! – tuonò l’uomo tremando – Non puoi aspettarti questo da me. – la guardò, un lampo di supplica ad illuminare i suoi occhi neri.
- Ah no…? – la strega si rialzò da terra, con un colpo di bacchetta ripulì il disastro causato dalla rabbia di Daniel, poi si girò per fronteggiarlo; ma fu proprio in quel momento che il campanellino tintinnò nuovamente facendo entrare un gruppo di giovani maghi e streghe.
- Professor Piton. – parlò una strega, era molto graziosa con lunghi capelli ondulati castano scuro ed occhi chiari – Il ritratto di Silente ci ha detto che l’avremmo potuto trovare qui.
- Signorina Granger. Il suo tempismo è ineccepibile. Come hai tempi della scuola. – ringhiò il Pozionista girandosi verso la porta, il mantello svolazzò attorno alla sua figura, disegnando strane forme nell’aria.
Clarice si incantò ad osservare gli svolazzi del mantello, il modo elegante che aveva l’uomo di muovere le mani… quelle dannate mani che aveva tatuate in fondo al cuore… le stesse mani che, poco dopo la nascita del loro bambino, si era fatta tatuare dietro il collo per sentirsi meno sola.
- Signora. – parlò una voce maschile, la strega curatrice spostò lo sguardo da Severus al ragazzo che aveva parlato, sembrava preoccupato e lei arrossì: era rimasta in contemplazione silenziosa per parecchio.
- Sì? – parlò cercando di mantenere un tono basso e sereno.
- Sta bene? Sembra molto turbata.
- Mai stata meglio. – mentì ritrovando la sua allegria – Non capita tutti i giorni di veder entrare nel proprio umile e misero negozio Harry James Potter, il Salvatore del Mondo Magico. – concluse facendo un inchino rapido, sperando di non sembrare troppo beffarda come si sentiva in realtà.
- Oh beh. – arrossì il giovane mago distogliendo lo sguardo – Grazie…? – sorrise.
- Ci sono troppi Grifondoro nel mio negozio. – parlò allontanandosi per tornare dietro il bancone – Può fare qualcosa lei, professor Piton? – lo guardò mandando la testa di lato.
- Uscite per favore. – gli intimò l’uomo con un cenno della testa, mormorando i ragazzi uscirono dal negozio, lasciandoli nuovamente soli.
- Puoi andare con loro, Severus. – lo pregò ingollando a vuoto, sentiva una voragine al posto del cuore.
- No. – sbottò lui sbattendo un pugno sul tavolo – Non andrò via. Non seguirò quelle teste di legno. Non ti permetterò di chiudermi fuori dalla tua vita ancora una volta. Ti ho lasciato andare sei anni fa. – la prese per gli avambracci, tenendola stretta – Non puoi chiedermi di fare finta di niente. Di voltare le spalle a tutto questo. Di voltare le spalle a noi.
- Noi? – Clarice fece una risata sarcastica – Non esiste nessun n…
Clarice non terminò la frase, perché la bocca dura ed esigente di Severus si era posata con rabbia sulla sua. Il bacio non fu affatto bello. Fu crudele, pieno di rabbia. Un bacio furioso, che le fece sanguinare il labbro tormentato della strega più giovane.

Un colpo di magia involontario li fece separare. Clarice fu sbattuta contro gli scaffali dietro di lei, Severus volò a metà negozio. La strega si toccò il labbro con la mano che tremava. Posò i suoi occhi chiari prima sull’uomo, poi sulla fonte della magia.
- Daniel. – parlò con la voce tremula Clarice.
- Rose mi ha convinto a tornare a casa. – spiegò il bambino tremando di rabbia.
- Daniel, ti prego. – ingollò a vuoto Clarice – Ascoltami per favore.
- No. – uno sfrigolio di magia fece oscillare alcuni barattoli.
- Daniel. – fece un passo avanti Severus – Vorrei parlare con te.
- Sono io che non voglio parlare con voi due. – scosse la testa corvina lui – Andrò da Tom. Ho già chiesto a Rose di potermi ospitare. – concluse.
- Non sono d’accordo Danny. – intervenne Clarice fermando il fiume di parole del figlio.
- Sono arrabbiato. – ammise – Dammi tempo mamma.
La strega abbassò la testa distogliendo lo sguardo da quello arrabbiato del figlio, posandolo su quello di Severus solo per un attimo.
- Non puoi andare via così arrabbiato Daniel. E se vuoi andare via arrabbiato, lasciami venire con te. Perché sono anch’io arrabbiato con Clarice. – concluse attirando completamente l’attenzione del bambino.
- Tu, arrabbiato con lei? – domandò arcuando un sopracciglio, in quel momento erano l’uno lo specchio dell’altro.
- Molto. – ammise a denti stretti.
- Vuoi raccontarmi perché? – chiese sulla difensiva, Severus annuì.
Daniel si mordicchiò il labbro inferiore come faceva sempre sua madre Clarice, poi scosse la testa mormorando:
- No grazie. – e si girò verso la porta senza salutare né lui né la madre.
- Daniel Severus James Prince. – lo richiamò la strega – Non andrai da nessuna parte. Non ci sarà Rose a difenderti questa volta. Non ti permetterò di fuggire dalle tue paure. L’ho già fatto io e guarda in che guaio mi sono cacciata. – concluse indicando loro stessi con un gesto – Tu, stasera, cenerai a casa con me. Sarai gentile. Mi racconterai della tua giornata e mi chiederai scusa per i barattoli che hai rotto con la tua scelleraggine.
Daniel, con la testa bassa, ascoltava la madre parlare. Il suo esile corpo stava tremando di rabbia a stento trattenuta.
- A cena, ci sarà anche Severus. – concluse con un bisbiglio appena udibile, ma padre e figlio alzarono la testa all’unisono fissando i loro occhi nel viso di Clarice.
- Non credo di aver sentito bene. – rispose infatti il mago – Mi hai appena invitato a cena?
- L’ho fatto. – fece un sorriso mesto.
- Accetto. – mormorò il bambino.
- Vai da Tom a giocare. – lo abbracciò ed il bambino si rilassò tra le braccia della madre, lasciando uscire alcune lacrime.
- Verrai a chiamarmi tu? – le chiese affondando il naso nel petto florido di lei.
- Ti manderò il mio Patronus. – lo baciò sulla nuca e lui sorrise correndo via dal negozio.
I due restarono in silenzio per alcuni minuti, poi il Pozionista parlò:
- Sicura di quello che hai detto?
- No. – ammise con un mezzo sorriso – Ma ormai l’ho fatto e non torno indietro. – gli puntò addosso i suoi occhi, avrebbe voluto aggiungere altro ma le ombre dei ragazzi fuori dalla porta glielo impedì – Dovresti andare Severus.
- Andare? – domandò senza capire.
- Le tue guardie del corpo. – gliele indicò con un cenno della testa – Stanno facendo avanti e indietro davanti alla porta. Vorrebbero ascoltare ciò che ci stiamo dicendo, ma non possono. – spiegò.
- Come “non possono”, Clarice. – domandò l’uomo.
- Ho migliorato un incantesimo di tua creazione. – spiegò con un sorriso sornione appoggiando i gomiti al bancone, Severus la osservò rivedendo in quella bella donna la studentessa che gli aveva fatto perdere la testa anni fa.
- Il mio Muffliato era perfetto. – si offese l’uomo incrociando le braccia sul petto, Clarice sorrise e guardò avidamente le sue mani, ricordando le sensazioni che le trasmettevano sulla pelle nuda.
- Non così perfetto, Severus. – ghignò, i due maghi si guardarono negli occhi poi scoppiarono a ridere divertiti.
- Mi era mancato il suono della tua risata Clarice. – ammise rilassando le braccia.
- Mi era mancato ridere con un adulto di sesso maschile. – sorrise distogliendo lo sguardo – Perché mi hai baciata prima? – domandò.
- Perché straparlavi.
- Oh. – la porta si aprì nuovamente, ad entrare fu la strega più giovane della compagnia, l’espressione accigliata e stufa.
- Professor Piton, la prego, è tardi e dobbiamo rientrare. La passaporta sta per attivarsi.
- Andate voi. – li congedò con un gesto secco della mano – Signorina Weasley chiuda la bocca prima che le ci entrino le mosche. – le disse secco, con la sua voce strascicata che Clarice trovava così sexy.
- Ma signore, cosa diremo alla professoressa McGranitt? – chiese aprendo la porta per far sentire la risposta al resto del gruppo.
- Che il Preside della Scuola si prende un giorno di riposo. – rispose con un’alzata di spalle la donna dietro il bancone.
- Serpeverde, immagino. – borbottò Ginevra stringendo gli occhi; la strega più grande, che non aveva gradito il tono supponente della ragazzina, osservandola con attenzione replicò:
- Capelli rossi. Sguardo assente. Abiti di seconda mano. Devi essere una Weasley. Grifondoro tra l’altro.
- Ma come si permette! – tuonò Ron offeso.
- Come mi permetto io? – alzò un angolo della bocca Clarice – Voi piombate nel mio negozio, mi offendete e poi chiedete a me “come si permette”?
- Clarice. Nessuno ti ha offeso. – scosse la testa senza capire Severus.
- Professore. – alzò gli occhi al cielo la curatrice – Non stavi prestando attenzione, vero? Ti ho detto che ho migliorato il tuo incantesimo. Loro non possono sentire noi quando la porta del negozio è chiusa, ma la regola non vale per me. – e mostrò all’uomo uno strano artefatto magico che non aveva mai visto.
- Cos’è questo? – chiese.
- Si basa su un oggetto babbano. – spiegò – Lo chiamano “baby monitor”, lo usano per ascoltare i bambini piccoli quando dormono in un’altra stanza. Io ho migliorato la loro idea creando questo. Sembra un soprammobile. Passa inosservato, però mi permette di sentire quello che succede in strada quando sono in laboratorio e non sento il campanello. – concluse con un’alzata di spalle. In quel momento, un elegante gatto nero entrò dalla porta sul retro attirando l’attenzione dei presenti.
- Blackie? – domandò Severus.
- Una sua discendente. – annuì accarezzandola Clarice – La mia Blackie è passata a miglior vita anni fa. Ma ho sempre avuto con me un gatto nero.
- Un cliché. – borbottò Hermione.
- Il più antico dei cliché. – ridacchiò – Signor Potter, perché mi sta guardando in quel modo? Ho qualcosa che non va?
- Conosce da molto tempo il nostro insegnante, signorina? – domandò spostando lo sguardo ora sull’uno, poi sull’altro.
- È stato il mio insegnante di Pozioni. – si strinse nelle spalle.
- E il bambino che abbiamo visto uscire dal retro? – chiese ancora Harry.
- Non vedo come questo la riguardi, signor Potter. A meno che… - scivolò sul bancone – Lei non provi un’attrazione segreta per il suo professore. Anzi, ex professore.
- Purtroppo ancora professore. – biascicò Severus con un sospiro – Il Ministero della Magia, ha chiesto che potessero ripetere l’ultimo anno visto che la Guerra ha fatto quello che ha fatto. – spiegò.
- Oh. – mormorò pensierosa – La Scuola cerca insegnanti? – chiese.
- No. – scosse la testa Hermione – Il corpo docenti è al completo.
- Tu cosa insegni, Sev? – chiese curiosa.
- Ho mantenuto la mia cattedra di sempre. – borbottò.
- Il miglior Potion Master del Mondo Magico. – si mordicchiò il labbro, inseguendo chissà quali ricordi.
Severus le dedicò un sorriso sincero, poi ordinò ai suoi studenti di uscire dal negozio, seguendoli dopo pochi istanti. Clarice li osservò andare via con la scorta di erbe e radici che aveva ordinato la Scuola, poi, ricordandosi di non avergli detto a che ora presentarsi per cena; evocò il suo Patronus, un lupo siberiano, al quale affidò un breve messaggio “ti aspettiamo per le venti, sii puntuale”.

Angolo dell’Autrice:
Questo è un progetto piccolo piccolo, che avrebbe dovuto concludersi al secondo capitolo (anzi al primo senza un incontro tra Severus e il figlio, ma poi la storia è cambiata in fase di scrittura…)

Non andrò oltre al terzo capitolo. Avrei voluto concluderla stasera, ma non ci sono riuscita. Ci tenevo a pubblicarla stasera, per augurare a tutti voi una Felice Festa della Donna, perché tutti meritano una seconda possibilità di essere felici. Perché la donna dovrebbe essere festeggiata e corteggiata ogni giorno, non solo in occasione di una ricorrenza.

Grazie a Dreamsneverend che mi ha spinto a scriverla, portando la luce nel caos dei miei più caotici pensieri.

  
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