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Autore: HikariRin    09/03/2018    1 recensioni
The Realm Between è una storia che indaga le motivazioni per le quali Isa e Lea si sono separati; copre l'arco narrativo della saga da Birth by Sleep al finale di Dream Drop Distance. Il legame tra i due protagonisti, tra i ricordi e il presente, è come un reame di mezzo: qualcosa che non è più possibile trovare nella stessa forma in cui è scomparso, cui farà da sfondo una delicata riflessione sui sentimenti e sull'esistenza.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Isa, Lea, Roxas
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: KH Birth by Sleep, KH 358/2 Days
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- Questa storia fa parte della serie 'The Realm Between'
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The Realm Between ~ 3

Legame
 


La nostra vita nell’Organizzazione cominciò senza che potessimo accorgercene.

Da un momento all’altro, non avevamo più niente di ciò in cui credevamo.

Rimaneva solo l’illusione di qualcosa che non sapevamo per certo esistesse.

 

I nostri incontri dovevano essere sempre più brevi di quanto avremmo voluto, mi aveva costretto a mantenere una certa distanza da lui. Mi dava sui nervi. Proprio nel momento in cui credevo di averlo più vicino, mi aveva allontanato di nuovo. Non che mi desse sui nervi davvero; insomma, non avrebbe potuto. Ma a pensarci adesso era qualcosa che mi infastidiva enormemente. Allora, tentai di fare in modo che lo capisse.

“Il Castello dell'Oblio?”

“È una delle sedi dell'Organizzazione.
  Xemnas afferma che nasconde diversi segreti, e che qualcosa vi è destinato ad accadere.
  Potrebbe essere la nostra occasione di intuire i suoi reali piani. Stiamo attenti.”

“Memorizzato.”

Presi un sorso dalla bottiglia d'acqua che tenevo in mano, mentre lui era intento ad osservare non so cosa dalla finestra che dava sul ponte del castello, anche se non lo si poteva scorgere distintamente. Era sempre un’avventura, quella nelle cucine. Alle volte, trovavamo Zexion impegnato nel dilettarsi ai fornelli. Spettacolo esilarante.

“Sono curioso adesso, di visitare questo castello.”

“Dicono che vi si possa perdere qualcosa di importante.”

Il tono con cui mi parlava era sempre freddo, piuttosto distante. Non che prima mi parlasse in modo troppo diverso. Ma c’era stato un momento in cui avevo potuto intuire anche la sua intenzione di essere mio amico.

“Per esempio?”

“Ricordi.”

“Allora, avrei qualcosa da perdere.”

Sorrisi quasi spontaneamente, e questo lo portò ad allontanarsi ancora. Si diresse verso il corridoio. Mi resi conto che era davvero tutto svanito. Avevo perso il mio più caro amico. Era cambiato. Non capivo perché.

Abbandonai il davanzale contrariato, ma Isa non parve curarsene. Mi voltai nuovamente, ma i miei occhi si volsero cocciutamente verso qualcosa di apparentemente poco importante in quella stessa stanza.

“Non avrei mai detto che essere amici sarebbe diventato un problema.”

“Non hai un cuore per offenderti.”

Mi disse, incrociando le braccia al petto. Quantomeno aveva mantenuto la sua sottile ironia.

“Tu non ne hai uno per rifiutare un qualunque legame con me.”

Ironizzai allo stesso modo. Il suo sguardo era quello di chi non ammetteva repliche, come sempre. M’allettava che cercasse di essere spiritoso, ma c’era qualcosa che non voleva cogliere, o che più probabilmente aveva colto ma a cui non desiderava acconsentire.

All’alba di ogni luna nuova tentavo di ricucire i pezzi.
Non riuscivo a tollerare che per lui non fosse la stessa cosa.

Qualcosa o qualcuno stava lentamente prendendo il mio posto. Non facevo che pensarci. Allora, era solo la fantasia indistinta di chi lottava strenuamente per non perdere qualunque cosa gli fosse rimasto. Nel nostro ristretto angolo di mondo senza cuore, non ci sarebbe stata alcuna differenza se avessimo o meno mostrato di mantenere un qualche rapporto. Allora realizzai che mi sarebbe andato bene qualunque rapporto. Qualunque.

“Mi serve un nuovo rapporto di amicizia, Isa.”

“Come credi.”

Il mio tentativo era naufragato nel mare dell’indifferenza. Mi sarei aspettato forse la metà di un’esitazione, non certo un’esplicita richiesta d’aiuto. Tra di noi, eravamo Isa e Lea; di fronte agli altri indossavamo una maschera, quella lettera aggiunta era solo il velo che nascondeva due cicatrici, una più visibile dell’altra.

Volevo solo indietro tutto ciò che era rimasto del mio passato, se qualcosa ne era rimasto. Il ricordo di un’amicizia, il sentore delle prime emozioni, di un cuore che mi aveva guidato sempre più in alto. 

Il giorno dopo Xemnas annunciò che avremmo avuto una giornata libera. La mia intenzione era di non muovermi affatto dalla mia stanza. Se non che Isa bussò alle porte di tutte le stanze, meno che alla mia.

Trovavo fortemente contraddittorio il fatto che entrasse da me senza bussare, ma che io dovessi mantenere una certa distanza da lui. Non lo consideravo un mio superiore, anche quella era una farsa perché non sospettassero alcunché. Lui, però, sembrava prenderla fin troppo sul serio. Poiché non mi andava assolutamente di affrontarlo, né di mostrarmi eccessivamente seccato, quando quella mattina lo sentii farsi strada fino ad arrivarmi accanto rimasi immobile sotto le coperte, e seguitai a fingere di dormire. Attendevo che se ne andasse, ma mi tradì un sospiro meno tranquillo quando mi trovai di fronte alla luna. La luce che sovrastava il nero di quello che pareva il quinto confine invalicabile del mondo nel quale eravamo costretti mi infastidiva enormemente, perché mi rimembrava ogni giorno ciò che la vita mi aveva tolto.

“Lea.”

“Posso soprassedere al fatto che tu non sappia bussare.
  Ma non ti sembra alquanto scortese svegliarmi al mattino?”

“Il senso del tempo non esiste, qui. Dovresti saperlo.”

“Cosa sei venuto a fare?”

“Non sapevo come trascorrere il mio tempo; speravo che tu potessi aiutarmi.”

Quella la interpretai come un’esplicita richiesta d’aiuto. Ancor più quando si sedette accanto a me e mi prese la mano, come quella prima volta sulla torre. Ancora una volta, sapeva che avevo paura. E desideravo che mi sostenesse, sebbene sarebbe potuta essere l’unica volta non mi sarei affatto sottratto. Rimasi immobile, a chiedermi cosa avremmo fatto di quella giornata, e improvvisamente divenne tutto più chiaro. Qualunque timore io avessi avuto sarebbe stato troppo. Sorrisi mestamente, e tentai di concentrarmi sul suo calore.

“Non sento niente.”

“Tutto nella norma, mi pare.”

“È strano per me essere così vicino a te e non sentire niente.”

Dicevo il vero. Una volta anelavo alla sua presenza, mi rendeva sereno il fatto di avere un amico da sostenere a mia volta. Mi faceva sentire protagonista con lui del nostro rapporto speciale. Improvvisamente rimembrai la sensazione del dolore al petto che avevo provato ai piedi della torre, quando sorridendo si era congedato da me ringraziandomi di essere stato con lui, dicendo che parlare con me lo aveva fatto stare meglio.

“A Crepuscopoli c’è una torre davvero alta. Dovremmo andarci insieme.”
  È molto più alta di quella del Giardino Radioso. C’è sempre un tramonto stupendo.
  Fanno anche un ottimo gelato in quel mondo.”

“Io ti mando in missione e tu pensi al gelato?”

“È proibito sfruttare i momenti di pausa?”

“No, affatto. Ma della torre avresti dovuto dirmelo prima.”


Evidentemente il mio parlare del nulla lo aveva reso più loquace.
Pensai che allora sapevano ancora esserci dei momenti da ricordare tra noi.

Quando mi vide sorridere s’allontanò da me, si sollevò e si fermò di fronte alla finestra.

Allora seppi cos’era, ciò che me lo stava portando via. La mia avversione per quella cosa là fuori era oltremodo giustificata. Avevo ancora bisogno di qualcuno al mio fianco, ma quello che Xemnas denominava ‘Kingdom Hearts’ pareva essere molto più vicino al completamento di quanto non lo fosse un rapporto da conservare per un essere senza cuore. Isa incrociò le braccia al petto, dandomi le spalle, e m’infastidiva.

“Non potremo stare insieme per sempre, lo sai? Niente dura per sempre, specie per noi Nessuno.
  Noi non esistiamo. Non possiamo anelare a qualcosa di eterno.
È ciò che dice Xemnas, ed io ci credo.”

“A me non ha mai convinto un solo istante.”

“Lea, non posso darti quello che vuoi tu.”

“'Posso’ è il termine sbagliato.”

“Non voglio.”

Si corresse ancora una volta senza esitare.

“Se scoprissero qualcosa, eliminerebbero prima te.”

Non sapevo se lo dicesse per proteggermi o se lo facesse per tutelarsi. Sapevo che non sarebbe stato contento di trovarsi troppo vicino a me, ma non mi importava affatto, e non sentivo assolutamente niente a riguardo. L’oppressione di quelle giornate senza fine e la costrizione del vivere nel niente mi aveva reso insensibile e tremendamente egoista. Mi sollevai, e lo strinsi cingendogli la vita, poggiando il viso su una delle sue spalle.

“E com’è che non puoi darmi quello che voglio, ma sei venuto qui comunque?”

Si voltò, e mi guardava. Mi guardava negli occhi senza dire niente. Non poteva trattenermi, né trattenersi dall’avere quell’espressione in volto. Il tempo pareva come sospeso. Lo guardai amaramente, e scoprii solo avvicinandomi molto a lui che ciò che maggiormente rimpiangevo del nostro passato era il colore dei suoi occhi. Erano lo specchio dell’anima, avevano il colore del mare. In seguito erano mutati nel colore dell’oro, e mi preoccupavano perpetuamente di non poter raggiungere l’abisso senza fine in cui aveva deciso di gettarsi.

“Basterà fare in modo che non scoprano niente, giusto?”

“Lea. Cosa ti sei messo in testa?”

“Di fronte agli altri, solo Axel e Saïx.”

“Lea.”

“Non dare loro l’impressione di avere alcun tipo di rapporto.”

“Lea.”

Le mie mani attorno alla sua tunica cominciavano a stringerlo troppo forte. Lo vedevo piuttosto insofferente, ma non avevo più intenzione di lasciarlo andare. Se tutto ciò che ancora avevamo era migrato là dov’era anche il nostro cuore, allora mi sarebbe bastato qualunque cosa potesse ancora darmi. Anche se non voleva.

Necessitavo di un nuovo rapporto di amicizia, e m’illusi che probabilmente era perché lo aveva intuito a sua volta che era venuto da me. Non lo facevo perché c’era qualcosa fra noi. Lo facevo perché volevo crearlo.

Lasciai scorrere fulmineamente verso il basso la cerniera della sua tunica, e lui incastrò nuovamente gli occhi nei miei, con meno timore. Avevo vinto io. Avevo indovinato. Allora, gli sussurrai sommessamente.

“Mandami pure in missione, quante volte vuoi. Farò in modo che niente e nessuno si frapponga fra noi.”


Note dell'autrice:

Salve, sono HikariRin, e di me non vi libererete mai (?!)
Mi piacciono le frasi ad effetto, hanno un non so che di divertente.
Ma veniamo al capitolo, che ha subito rispetto alla prima stesura sostanziali modifiche.

Non so se lo avete notato, ma nel mio profilo c’è anche un capitolo extra a rating
rosso che parte proprio da qui. Quindi, se non temete di rimanere traumatizzati, questo sarebbe il momento migliore per leggerlo.

Dal prossimo capitolo entrerà in scena il nostro Nessuno speciale preferito: Roxas. La storia inizierà dunque a seguire gli avvenimenti di 358/2 Days. Se avete modo di rivedere i video durante la lettura vi invito a farlo, anche se ho cercato di rendere fruibile la cosa anche a chi ovviamente non possa farlo.

Vi ringrazio di aver letto anche questo terzo capitolo, e vi rimando quindi al quarto (o all’extra!).

   
 
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