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Autore: lenina blu    09/03/2018    0 recensioni
Oltre a San Valentino, in Giappone si festeggia il White Day: esattamente un mese dopo il 14 febbraio, i ragazzi si dichiarano alle loro amate regalando qualcosa, rigorosamente bianco. Ricevere un regalo da parte di un ragazzo è qualcosa di impensabile dentro il Collegio femminile Furinkan, nel centro di Tokyo, soprattutto per Hikari Tanaka, che i maschi nemmeno sa come sono fatti. Lei ha un solo sogno, diventare una rockstar. Eppure prima di tornare a casa, trova nascosto nel suo armadietto una lettera. Completamente Bianca.
Genere: Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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24 Marzo. Tokyo, quartiere di Ikebukuro.

Shou stava tornando a casa, la spesa in due sacchetti ricolmi. Era da un secolo che non la faceva. Aveva passato tutto il primo anno in giro a mangiare con Miyuki. A studiare in biblioteca con Miyuki. A suonare per locali con Miyuki che lo sosteneva dalla platea. Era stata la sua prima ragazza, il suo primo amore. L'aveva chiamata ancora in quei giorni, ma ormai aveva perso tutte le speranze. Stava da cani. Ed era stufo di continuare a pensarla così spesso, così tanto. Sentiva di star impazzendo. Doveva studiare invece. C'erano gli esami in programma e lui non frequentava la Todai per sport. Aveva faticato come un pazzo per poterci entrare, ora doveva solo prendere quel maledetto pezzo di carta, ma era solo all'inizio. Doveva studiare e lo avrebbe fatto a casa. Non aveva la forza di vedere le amiche di Miyuki. Non le voleva più frequentare. Come potevano non avergli detto niente? E poi, perché non avevano bloccato Miyuki prima che se ne andasse?

Voleva chiudere e cambiare giro. Se non fosse che appunto ora, aveva da studiare. Sospirò aprendo in qualche modo la porta di ingresso, e spingendo con il piede. Salì svogliato le scale, sentendosi sempre più pesante ad ogni scalino. Si sentiva stufo di tutto quella tristezza.

Raggiunse il suo pianerottolo, appoggiò la spesa per terra e cominciò a cercare le chiavi di casa. In quel momento aprì la porta di casa la sua vicina di casa. In quei giorni Shou era rimasto sorpreso da quante coincidenze ci fossero nella loro vita. Erano vicini di casa, suonavano assieme, avevano ricevuto entrambi la lettera bianca. Fino a dieci giorni prima nemmeno si conoscevano. Fino a dieci giorni prima era insieme a Miyuki ed era felice. Roteò gli occhi mentalmente, stanco di se stesso.

-Hai una faccia- disse Hikari guardandolo sorpresa e uscendo dalla porta. Aveva un ghiacciolo in bocca. Portava dei pantacollant neri che le fasciavano le gambe magre e una felpa rosa più grande di lei. I capelli erano leggermente spettinati, così come la frangetta.

-ma di tutte le volte che ci siamo visti, mi hai mai visto felice?- chiese esasperato Shou. Lo sapeva anche lui che non aveva una bella cera, ma che diamine, non aveva nemmeno il diritto di essere triste? Hikari non colse il suo tono e quindi andò avanti ingenua:

-si, quando stavi mangiando la torta al cioccolato- disse lei guardandolo con gli occhi neri. Shou non ci provò nemmeno a ribattere.

-beh, allora me ne servirà tanta perché sono di esami e...-

-di esami? Ecco perché tutto questo cibo. Ti serve un aiuto psicologico!- esclamò Hikari divertita. Shou sorrise per la sua ingenuità. Nel frattempo aveva trovato le chiavi e le aveva inserite.

-Esattamente. Ho i gelati che mi si sciolgono, quindi entro- disse lui quasi per congedarsi. Non è che le stesse antipatica Hikari, ma la sua sincerità e ingenuità, così disarmanti, così semplici, erano troppo per lui in quel momento.

-Vuoi una mano? Io stavo uscendo a fare una passeggiata...- disse lei spostando i suoi occhi sulle buste ricolme.

-in realtà non so nemmeno come tu abbia fatto a portare tutto questo da solo- aggiunse lei prima che Shou potesse dire qualcosa.

-non preoccuparti- disse Shou fingendo di avere la situazione sotto controllo.

In quel momento squillò il cellulare di Shou, la musica degli Skillet invase il silenzio tra loro due. Non guardò nemmeno chi stava chiamando, portò il telefono all'orecchio e disse:

-Si?-

-Shou- la voce femminile tanto agognata lo ghiacciò. Guardò il sconcertato lo schermo del cellulare cercando di capire se era veramente lei. Miyuki lo stava chiamando. Portò lentamente il telefono nuovamente all'orecchio, rimanendo in attesa. Non si aspettava che lo richiamasse. Si aspettava che non lo cercasse mai più.

-mi manchi- disse lei. Uno schiaffo, una pugnalata al cuore. Lei era lì al telefono, era lì e gli stava dicendo che gli mancava. Shou era senza fiato. Hikari di fronte a lui aveva increspato le sopracciglia preoccupata. C'era silenzio tra loro e quindi aveva sentito tutto. Nel giro di qualche secondo Hikari si era sentita come se, tra lei e Shou, ci fosse un muro. Un muro invisibile che lei non aveva mai visto ma che invece era stato davanti a Shou tutto il tempo. Lui era stato carino e gentile con lei come lo è un amico. Lei era rimasta affascinata da tutto quello. Ci aveva ripensato in quei giorni e ammetteva che aveva deciso di uscire in quel momento solo per vederlo, per incrociarlo per sbaglio. Lo aveva sentito salire le scale e ancora una volta aveva visto quel viso triste.

Non voleva immischiarsi nella loro conversazione, soprattutto ora che si era resa conto di quanto poco importante fosse lei nella sua vita. Gli fece un cenno con la mano e percorse velocemente il pianerottolo. Raggiunse le scale e scappò giù per i gradini. Non voleva sentire nulla, voleva andare lontano e dimenticarsi di quella leggera infatuazione. Era ovvio che un ragazzo carino e gentile come lui avesse una ragazza. Se considerava anche la reazione che lui aveva avuto, e la tristezza di quei giorni, quella doveva essere stata la sua ex ragazza. Hikari ora si rendeva conto del perché lui non avesse voluto dire nulla. Era qualcosa che non centrava nulla con lei, in cui lei non doveva immischiarsi. Shou era già di qualcun altro.

Pestò ogni singolo gradino con rabbia e delusione, fino ad arrivare al piano terra. Di fronte a lei, la luce del sole primaverile filtrava dalla porta a vetro. In quel momento non doveva concentrarsi sull'amore. Ora aveva la possibilità di diventare qualcuno con quel concerto. Questo era l'unica cosa che contava.

   
 
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