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Autore: Snow_Elk    09/03/2018    3 recensioni
Che cosa hanno in comune un mercenario di Reilly e una predatrice ribelle? Niente, probabilmente si sparerebbero a vicenda ancor prima di chiedere "Ehi, hai una sigaretta??". Ma non è il caso di Jeff e Dave che, catturati dall'Enclave, si ritroveranno ad affrontare un viaggio lungo che li costringerà ad attraversare tutta la zona contaminata di DC. Tra incontri fuori dal comune, scontri all'ultimo sangue e disavventure di ogni genere i due scopriranno che la zona contaminata non è semplicemente una distesa in rovina, un monumento ai peccati dell'uomo, bensì un luogo che ha una vita propria e secondo alcuni...anche una coscienza.
NOTA BENE: questa è una storia scritta a 4 mani in cui io sarò il mercenario"Jeff" mentre madame_red_, l'altra scrittrice, interpreterà la predatrice "Dave". Qui potrete trovare il suo profilo: http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=141224
Speriamo che questo nostro esperimento vi piaccia.
Enjoy and stay close!
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Odissey in the Wasteland

Capitolo XVIII -AAA Cercasi "Famiglia"

Note dell'autore: Gli impegni della vita ( tra studio, lavoro, pseudo vita sociale e cazzi e mazzi vari a scelta ) ci hanno tenuti distanti da efp e dalla zona contaminata, ma non ci siamo dimenticati di questi due disgraziati, né di voi che con tanta pazienza e dedizione leggerete questo episodio. perciò, questo episodio è dedicato a tutti voi, che nonostante tutto, siete ancora qui, a sostenere Jeff, Dave, Madame e me.
Thanks Everybody


Jeff Callaghan
 
Avamposto di Arefu                                                                         8 Settembre 2275

 
-Ehi, EHI! Abbassa quel ferro, siamo amici -
-L’ultimo che si è presentato come amico mi ha piantato del piombo nel ginocchio e ora giace in fondo al Potomac a fare compagnia ai pesci! – esclamò King facendo scattare l’otturatore del suo fucile.
- Jeff posso sparargli? – chiese Dave con fare annoiato.
- No, è un amico, è solo un po' “vivace”. Evan, avanti, abbassa quel ferro – disse avvicinandosi lentamente e con le mani alzate, a dimostrare che non aveva intenzioni ostili.
- Lo vedi che devo sparargli? – la predatrice stava già puntando la sua fidata 10mm contro la testa del malcapitato sindaco.
- Stai calma, ora la faccio ragionare – le sibilò di rimando notando che la situazione si stava scaldando più del previsto.
- Evan, sono Jeff, Jeffrey, uno degli uomini di Reilly, ti ricordi? – l’uomo rimase perplesso, osservando entrambi, finché la sua espressione non cambiò totalmente.
- Cazzo, Jeffrey! Whiskey Jeff!- esclamò King abbassando la canna del fucile con un mezzo sorriso – Dannazione, potevi dirmelo prima che eri tu. Merda, non ti avevo riconosciuto, sai? Hai una pessima cera! – aggiunse sistemandosi il berretto.
- Già, questa volta non ho avuto il tempo di truccarmi, mi dispiace – ironizzò, tirando un piccolo sospiro di sollievo, nel frattempo anche Dave aveva riposto la pistola nella fondina a malincuore. Li osservava in attesa di qualcosa.
- Ah, vecchia volpe! E questa signorina tutta sale e pepe dove l’hai pescata questa volta? Ha proprio la faccia come quelle troie che seguono i predatori! – non appena udì quella frase Dave arrossì di rabbia e stava per scagliarsi contro King, ma riuscì a fermarla in tempo con uno scatto deciso.
- Non fare caso a quello che dice, ogni tanto se ne esce con frasi del genere, ma non lo fa apposta, credimi: una volta mi ha dato del figlio di puttana dopo che l’avevo salvato da un attacco degli schiavisti. Ha perso qualche rotella in tutti questi anni di lotta con la zona contaminata – lo giustificò, non senza difficoltà, trattenendo la ragazza che ribolliva ancora di rabbia.
- Se mi chiama di nuovo troia userò la sua testa come boa – sibilò Dave scivolando dalla sua presa con una strana delicatezza – Vado a fumarmi una sigaretta -  disse, allontanandosi poco dopo.
- Chi è che ha perso qualche rotella, eh? – chiese con fare permaloso King accarezzandosi la barba.
- Tu, maledetto vecchiaccio che non sei altro, hai continuato a bere quella merda di vodka da quando ci siamo visti l’ultima volta, non è vero? – lo stuzzicò lanciando un’ultima occhiata a Dave che si era andata a sedere su una delle estremità del grande ponte autostradale.
- Certo che sì! Lo sai anche te che l’acqua fa ruggine, poi la maggior parte della schifezza che gira ultimamente è ancora radioattiva. E poi lo sai che non riesco a bere quella benzina che mi hai portato tu, l’ho dovuta dare a Hugo, lui sì che è una spugna – King scoppiò a ridere e fece cenno ad entrambi di seguirlo verso l’avamposto, lasciandosi alle spalle quella sorta di posto di blocco.
Dave scuotendo la testa esibì un teatrale dito medio e tornò a fumarsi la sigaretta mentre loro avanzavano sull’asfalto pieno di crepe.
- Sei sicuro di volerla lasciare lì da sola? Ultimamente gira brutta gente da queste parti – osservò King sputando a terra, puntando verso l’edificio più grande dell’intero accampamento, una struttura a due piani che sovrastava le altre tre case e il magazzino: dopo gli eventi della Famiglia l’avamposto era stato “potenziato” per resistere a qualsiasi visita indesiderata e permettere ai suoi abitanti di avere una posizione difendibile che si potesse definire tale.
Il filo spinato, la torretta di guardia tirata su con svariati rottami e le svariate barricate erano la conferma che ci erano riusciti.
- Ultimamente? È da quando ci siamo conosciuti che Arefu viene attaccato da predoni, schiavisti, creature mutanti e qualsiasi altro stronzo che abbia un’arma da fuoco e delle grane – gli rispose e King sghignazzò nell’udire quell’amara verità, agli occhi di molti quel piccolo avamposto appariva come un immenso bersaglio che aspettava solo di beccarsi la sua bella dose di piombo fumante.
- E comunque sono sicuro, se qualcuno volesse davvero “importunarla” passerebbe un brutto quarto d’ora, rimpiangendo di averla incontrata – aggiunse, sghignazzando a sua volta: Dave non aveva bisogno di essere protetta, erano gli altri che avevano bisogno di essere protetti da lei.
- Ah! Quella piccola tro… ehm, quella ragazza allora sa il fatto suo! Ci farebbe comodo una come lei nel gruppo delle vedette o ancor meglio negli scavenger, già, già – King era arrivato davanti alla porta dell’edificio a due piani e aveva aperto la porta senza indugi, invitandolo ad entrare.
La grande stanza in cui si ritrovò era immersa nella penombra, illuminata qua e là da alcuni neon malandati: C’era un bancone da bar, degli sgabelli, alcuni tavoli correlati da sedie e perfino un tavolo da biliardo con ancora tutti i pezzi al loro posto. Poco oltre il biliardo torreggiava un vecchio jukebox, di quelli che si vedevano nelle tavole calde prima della Grande Guerra.
Le pareti erano ricoperte di vecchi quadri, poster di ogni genere e scaffali ricolmi di libri ingialliti e altre cianfrusaglie che in quel gioco di luci ed ombre non riusciva a distinguere bene.
Dietro il bancone però era ben visibile il classico “muro del buon dispiacere” composto da alcune mensole invase da bottiglie di alcolici della peggio specie, alcune delle quali quasi vuote, altre ancora immacolate e con un leggero strato di polvere sul vetro opaco. Sopra le mensole spiccava una piccola insegna al neon verde che recitava “Lo schianto” che si illuminava ad intermittenza, emettendo un leggero ronzio.
- Cazzo, i ragazzi si sono davvero impegnati ad arredare questo posto! – esclamò, guardandosi intorno, quella sala aveva davvero un che di familiare, di accogliente.
- Già, questo è lo schianto, è diventato il ritrovo principale degli scavenger e della ronda – disse fiero Evan puntando al bancone per versarsi da bere la sua beneamata vodka.
- Lo schianto? – lo seguì accomodandosi su uno degli sgabelli, accettando di controvoglia un goccio di vodka, ma non si poteva dire di no al vecchio quando aveva la bottiglia in mano.
- La vedi quell’insegna? L’hanno recuperata nella periferia di DC quei pazzi degli scavenger. Hanno chiamato questo posto così perché dicono che “Chiunque arriverà ad Arefu  a portare problemi si schianterà contro di loro”- Evan tirò giù il bicchiere in un colpo come se fosse stata acqua e si accomodò a sua volta sullo sgabello, fissandolo con i suoi occhi stanchi ma ancora pungenti.
- Dove sono finiti tutti quanti? – la vodka emanava un odore forte, probabilmente era stata distillata in casa e già sentiva il fegato contorcersi su se stesso al solo pensiero, ma la bevve ugualmente, un gesto di cortesia per l’ospitalità e i vecchi tempi.
- La maggior parte della gente si trova a Meresti, dopo gli ultimi attacchi abbiamo deciso che saranno più sicuri lì per il momento. Gli altri sono tutti in esplorazione per rifornimenti e parti di ricambio, solo io e JZ siamo rimasti all’avamposto come guardie. Io controllo l’entrata e JZ setaccia tutta la zona circostante col suo bel ferro dalla torre. Se non ti ha lasciato un nuovo buco significa che ti ha riconosciuto – nel descrivere la situazione dell’accampamento il vecchio King gesticolava animatamente, senza mai staccargli gli occhi di dosso: si vedeva che era preoccupato, ma non voleva darlo a vedere.
- Immagino che tu non sia venuto fin qui per una visita di cortesia, vero Whiskey? – nel sentirsi porre quella domanda tirò giù anche lui il bicchiere di vodka d’un fiato e sentì i polmoni andargli in fiamme.
- Dritto al punto come sempre, Evan. Già, non sono qui in “vacanza”, ho bisogno di incontrare Vance e quel figlio di buona donna di Sam. Abbiamo un bel lavoro da fare. Dov’è? –
- Di che lavoro stai parlando? – lo sguardo di King si fece ancora più serio.
- Te ne parlerò una volta che ci sarà anche Vance, ho bisogno di lui, della famiglia e anche degli Scavenger, se collaboriamo potremo… - non riuscì a finire la frase, interrotto da una radio malmessa che iniziò a gracchiare da uno dei tavoli.
- Evan, avanti vecchio maledetto, rispondi! – tuonò una voce dalle casse del rudere prebellico.
Rimasero entrambi perplessi per un secondo, come storditi da quella voce e dal ronzio dei neon, dopodiché Evan avanzò a passò deciso verso la radio e afferrò il microfono:
- Sam, piccolo figlio di puttana, un giorno te la taglierò quella lingua. Che succede? –
- Hanno preso Vance, la compagnia dell’artiglio ha preso Vance! Lo stanno portando al loro accampamento a Big Town, dobbiamo fare qualcosa! –
- Cosa?! – esclamarono entrambi, increduli nel sentire quella notizia.
Proprio in quel momento la porta si aprì e apparve Dave, con una faccia a metà tra l’essere annoiata e il volersi buttare a letto con una bottiglia e dormire ubriacandosi.
- Ehi, mi sono persa qualcosa? – tutti e due la fissarono senza riuscire a dire nulla, la ignorò per un attimo e si avvicinò ad Evan sfilandogli il microfono di mano:
- Sam, dove siete? State bene? –
- Jeff? Vecchio di merda? Allora? –
- Ci siamo nascosti in alcune rovine a ovest prima di Big Town, li abbiamo pedinati ma non abbiamo potuto attaccarli, quei bastardi erano armati fino ai denti. Sì stiamo bene, giusto qualche graffio, ci vuole ben altro per abbattere gli scavenger – il segnale era distorto, ma nell’ultima frase si percepivano rabbia e orgoglio.
- Stiamo arrivando, resistete – rispose, chiudendo la trasmissione senza aspettare una risposta.
- Allora, si può sapere che sta succedendo? – domandò Dave visibilmente seccata mentre tirava giù un sorso di vodka.
- I bastardi dell’artiglio hanno rapito Vance – rispose lui.
- Ah… e chi cazzo sarebbe Vance? –
- Dannazione Dave –
- Cosa? Che c’è? – la ragazza fece spallucce, abbozzò un mezzo sorriso e riprese a bere.  


Dave Campbell

Avamposto di Arefu                                                                                                                         8 settembre 2275
 

Forse era entrata nel momento sbagliato, la notizia del rapimento di tale Vance sembrava averli sconvolti ma “hei”, lei non sapeva chi fosse.
Aveva passato la metà dei suoi appena diciotto anni di vita come carne da macello per gli schiavisti e la restante metà con un branco di predoni analfabeti, non comprendeva queste affezioni di cui tanto si preoccupavano Jeff e quell’altro, lei non aveva mai chiesto il nome a nessuno, rendeva più faticoso l’ucciderli dopo…o così almeno le avevano detto.
Jeff la guardava tra il serio e il nervoso ed era piuttosto preoccupata di aver fatto un’enorme, eonica gaffe, cercò quindi di rimettere rapidamente in ordine le idee prima di aprire bocca nuovamente.
La stanza era semi illuminata, di forma quadrata, una vecchia lampadina ad incandescenza dai toni giallastri dipingeva la stanza di un color tramonto, ma l’atmosfera che si respirava era pesante, avrebbe osato paragonarla sì ad un tramonto ma all’ultimo tramonto sulla Terra. Nell’aria c’era un fortissimo odore di alcool misto a polvere e terra, più o meno l’aria che si respirava in tutte le baracche della Zona Contaminata, tranne che per un particolare, questa non aveva odore di sangue, odore di morte. Doveva essere uno di quei posti che non vedono nemici da tempo o se li vedono, vengono fermati al di fuori della cittadina.- Fortunati questi bastardi- disse fra sé e sé.
Una vecchia radio gracchiava qualcosa di incomprensibile, forse una vecchia canzone, forse nulla. Dietro di loro un grosso mobile rovinato dal tempo e forse anche dalle radiazioni conteneva alambicchi, bottiglie e bicchieri di ogni forma e dimensione, contenenti liquidi di tutti i colori, ve ne era uno, addirittura che al suo interno aveva un pungiglione di scorpione radioattivo.- Quello è un liquore che berrei- pensò Dave.
 Il vecchio scorbutico era seduto coi gomiti appoggiati sul tavolo e la testa tra le mani, davanti a lui c’erano un bicchiere vuoto e una bottiglia di Vodka vuota per metà. Jeff era all’altro capo del bancone, seduto con il viso verso di lei, una mano tra i capelli e l’altra lungo il corpo con la mano a penzoloni in fianco alla coscia, giù dalla sedia. Aveva il viso stanco, la barba un po’ sfatta e i capelli scarmigliati, gli occhi erano cerchiati da profonde occhiaie, ma il suo sguardo era fermo, scuro, il viso di uno che la morte deve pagare caro per averlo, il viso di uno che sa come sopravvivere nella Zona Contaminata e uscirne su due gambe, il viso dell’uomo che aveva deciso di seguire alla cieca.
Forse appariva anche lei così, erano giorni, se non settimane che non si guardava in uno specchio, forse aveva anche lei l’espressione di una che ha visto la morte in faccia o forse sembrava semplicemente spaventata o ancora, magari sembrava solo rovinata come una che di cose brutte ne ha viste e sono state troppe per la sua giovane età. Non lo poteva sapere e forse più di tanto non le importava, dopotutto era lì solo perché aveva accettato di seguire Jeff, non per altro e non le importava quello che Evan King avrebbe pensato di lei. Si appoggiò con la spalla sul muro, restando in piedi e prese un profondo respiro.

“Quindi-attaccò Dave- qual è il nostro piano?”
“Sappiamo che sono tenuti a ovest di Big Town, in mezzo a delle rovine, e sappiamo anche che sono armati fino ai denti.” – rispose Jeff.
“Cazzo…-imprecò Dave- siamo scappati ieri da un covo di sadici armati e intendiamo rinfilarci in un altro covo di sadici armati? Voi siete pazzi, io non ci sto.”
“Senti signorina- Evan si intromise nella discussione con voce roca- qui non si tratta di te, qui si tratta della gente che ci salva il culo ogni fottuta volta e non starò qui a guardare un’adolescente lamentarsi quando lì fuori i nostri più fedeli alleati rischiano la vita.”
“Non è stata un’idea mia venire qui, non mi interessa, io volevo solo tornare a casa mia. Questo pazzo furioso- Dave indicò Jeff- mi ha trascinata qui, in piena notte, giocando a nascondino coi supermutanti dopo che due lesbiche maniache omicide ci hanno rinchiuso per quasi tre giorni in un buco sotterraneo!”
Jeff allora si alzò in piedi: “Adesso basta Dave- il suo tono di voce era terribilmente serio- per una cazzo di volta smettila di fare di testa tua e mi obbedisci, non mi frega un cazzo di quello che pensi, non mi frega un cazzo se non ci vuoi andare, tu ci verrai e basta perché te lo dico io, hanno bisogno di noi e noi non li lasceremo indietro,punto.- Jeff la guardò dritta negli occhi e la sua voce si fece più dolce- Non è che per caso…hai paura?”
Dave arrossì, di colpo, come una bambina sorpresa a rubare le caramelle. Aveva paura, cazzo se  aveva paura, non si era ancora del tutto ripresa dalle Twin Sisters, dopotutto erano passate meno di settantadue ore e non aveva ancora realizzato di essere fuori, figuriamoci di buttarsi in un’altra impresa suicida.  Jeff la guardava e i suoi occhi erano terribilmente belli, quasi comprensivi avrebbe osato dire, indagatori cercavano di scoprire che cosa in lei non andasse. Ma Dave decise di non demordere, non avrebbe mai dato questa soddisfazione a Jeff e neanche a quel vecchio scorbutico che le aveva dato della troia, nossignore, Dave Campbell non si sarebbe più mostrata debole agli occhi del mondo, fanculo tutto lei era una predatrice ed era orgogliosa.
“Certo che no, io? Paura?- scoppiò in una teatrale risata- Ma per chi mi hai preso Jeff? Al massimo sei tu che hai paura, tzè.”
Jeff non rispose, ma si limitò ad annuire molto poco convinto.
“Bene se abbiamo finito questa inutile discussione noi avremmo di meglio da fare- esordì Evan- venite di qua, ho una cartina della zona circostante e decidiamo quale sarà il modo migliore per muoversi”
Il vecchio si allontanò dietro una piccola tenda e Dave fece per seguirlo quando la mano robusta di Jeff la afferrò da dietro trascinandola davanti a lui e subito la sua voce si fece presente nel suo orecchio : “Se pianti ancora un casino del genere io ti stacco la testa dal collo, abbiamo bisogno di Vance e se vogliamo tornare a casa prima lo troviamo meglio sarà per noi. Quindi smettila di fare la bambina e vediamo di portare a termine questo compito – le strinse il viso tra le dita guardandola dritta negli occhi- Mi sono spiegato?”
Dave annuì, la stretta di Jeff si faceva sentire, era decisamente forte e lei decisamente più delicata, ma quasi le piaceva ma per quanto le piacesse sapeva che se le avesse risposto di no non ci avrebbe messo due minuti a rispedirla in pasto ai supermutanti laggiù.
“Benissimo, allora andiamo” E la spinse dietro la sudicia tenda dietro la quale era sparito Evan.
La seconda stanza si presentava simile alla prima, anche qui i muri erano crepati e piuttosto decadenti e si vedeva che era una baracca tirata su in fretta e furia ma in cui poi ci si era abituati a vivere. Sui muri erano appese delle vecchie bandiere ormai scolorite dal tempo e anche qui una vecchia lampadina appesa solo al suo filo illuminava la stanza di toni aranciati. Nell’angolo a sinistra un vecchio materasso sporco giaceva sostenuto solo da poche assi di legno e aveva una coperta malamente ripiegata sopra.
Nell’angolo a destra un grosso mobile conteneva vecchi fogli ingialliti dal tempo, qualche stimpak e mucchi di munizioni, quello doveva essere il posto dove il vecchio teneva tutta la roba di vitale importanza ma l’armadio perse la sua attrattiva come passibile di furto nel momento in cui Dave notò che non c’era del Jet ne’ dei tappi.
Al centro della stanza c’era un piccolo tavolino metallico sul quale Evan stava tendendo quella che aveva definito una cartina ma che a meglio vedere non era altro che un disegno fatto a mano piuttosto accurato ma decisamente sbiadito della zona circostante e a meglio vedere non sembrava neanche disegnato su carta ma addirittura su pergamena di bramino.
Jeff prese posto e a ruota Dave lo seguì, sedendosi attorno a quel tavolino su delle sedie piuttosto scomode.
“Allora- esordì nuovamente Evan con quella voce tra il roco e lo stridulo- qui è dove ci troviamo noi- e indicò con il suo dito ossuto una X rossastra e  piuttosto consunta sulla mappa- Big Town si trova qui- indicò ancora- e proprio qui ci sono le rovine di cui ci hanno parlato prima per radio- cerchiò con il dito un’area a ovest di Big Town- la mia idea è di andarci appena albeggia, passeremo per il Moonbeam Outdoor Cinema, ma dovremo fare attenzione perché troveremo molti supermutanti e i loro tanto adorati centauri e vi posso assicurare che sono più veloci di quanto sembrano e che la loro saliva è ustionante e se vi prendono in faccia annebbiano la vista”
“Come se non sapessimo come è il mondo là fuori” sbuffò infastidita Dave.
“In ogni caso- proseguì ancora più infastidito King- ci dobbiamo aspettare di tutto, anche un attacco a sorpresa, sono dei gran bastardi e sanno benissimo che Vance è Vance e nessuno lo lascerebbe morire”
“Chiaro- fece eco Jeff- non ci faremo trovare impreparati”
“Vado a mettermi in contatto allora con Sam, prima mi da’ ulteriori informazioni prima partiamo. Aspettatemi qui” Il vecchio si alzò dalla sedia e sparì nuovamente dietro la tenda.
Nella stanza calò il silenzio di nuovo, la lampadina oscillava lentamente e Dave poteva avvertire tutte le preoccupazioni iniziare ad offuscarle la mente, non sapeva se ce l’avrebbero fatta, erano veramente provati dagli accadimenti di quei giorni e sentiva che stava iniziando a cedere.
Da oltre la tenda provenivano suoni gracchianti della radio prebellica che cercava di mettersi in contatto con gli altri, intervallati ancora da momenti di silenzio tombale che non presagiva nulla di buono.
“Jeff…non so se me la sento” sussurrò Dave.
Jeff sospirò, le si avvicinò e le diede un bacio sulla fronte: “Dobbiamo farcela."

 
   
 
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