9.
O la va o la spacca,
pensò Brian mentre si dava da fare coi manubri davanti allo specchio. Dopo
tanto rimuginare, credeva di aver trovato la soluzione più giusta per
sgattaiolare via mentre Corrado era a riposo durante il weekend.
Dirò a Riccardo di chiamarmi una mattina e spacciarsi
per mio fratello, quindi gli farò dire che nostro
padre sta poco bene e che devo andare subito. Siccome non si conosce ancora bene
il suo stato di salute, andrò prima da solo; se poi ci sarà bisogno, Corrado
potrà raggiungermi, ma dovrà comunque aspettare un mio segnale.
Dal momento che
Corrado, bontà sua, non era quel tipo di fidanzato sospettoso di tutto e di
tutti, forse avrebbe potuto funzionare. L’unica incognita, ovvero che avesse
potuto chiamare a casa dei suoi genitori, rappresentava un problema non da
poco, però il gioco valeva la candela. O
la va o la spacca, si ripeté, pensando al weekend che lo aspettava con
Riccardo.
Anche se…
Posò i manubri
sulla rastrelliera, per poi sedersi sulla panchina e guardarsi le scarpe.
Sono davvero sicuro di voler passare il weekend insieme
a Riccardo?
Domanda
interessante. Solo due sere prima con Corrado aveva passato
dei bellissimi momenti, tanto che si era persino dimenticato di avere un amante.
Ma quel momento era
limitato al fatto che Corrado fosse su di giri perché gli avevano detto della
promozione. Quindi, una cosa eccezionale. Il suo ragazzo l’aveva posseduto
perché si sentiva felice, ma che cosa sarebbe successo se dopo l’effetto
sorpresa della promozione poi si fosse arenato
un’altra volta? O peggio, se la promozione fosse stata invece un motivo di
maggiore distacco di Corrado da lui?
Sbuffò, scuotendo
la testa. Ormai nella sua testa non c’erano più certezze, ma solo dubbi. Si
domandò cos’avrebbe fatto Carlo al suo posto.
Sorellina bella,
gli avrebbe detto, con quel suo tono dolce ma strafottente, alla fine un amante è un amante. E da che
mondo e mondo, l’amante serve a darti quello che il fidanzato non ti dà. Come
ti ho già detto, prendi quello che di buono ha da offrire.
- Quindi magari
anche un weekend. Ma perché non sono così sicuro di volerci andare…? -
Quante menate, cara! Di cosa
ti preoccupi? Quell’ameba del tuo fidanzato non morirà mica se stai via un
sabato e una domenica. Raccontagli la balla di tuo padre che sta male, e via
andare.
Ad interrompere il
flusso dei suoi pensieri, arrivò un messaggio su Whatsapp:
Riccardo che gli mandava un bacio, scrivendogli che lo pensava.
Brian sorrise, quindi
gli scrisse che era in palestra e che lo pensava tanto anche lui.
Un alito di
sollievo gli si infuse su per tutto il corpo, al pensiero che il giorno dopo
l’avrebbe rivisto.
Per fortuna o
purtroppo, Brian non dovette mai usare la scusa di suo padre malato con
Corrado.
Il giorno seguente,
Brian era camuffato come al solito, con occhiali da sole, sciarpa e berretto
nero calato sulla testa, un perfetto e anonimo ragazzo che si confondeva tra la
folla. Si trovava in un parco poco lontano da dove si era dato appuntamento con
Riccardo il giorno della loro prima uscita, ad aspettarlo.
L’appuntamento era
per le due, ma Brian era arrivato all’una e mezza. Si era seduto su una panchina
che guardava la strada ed aveva incominciato ad aspettare di vedere la Smart
rossa avvicinarsi e poi fermarsi.
Passò mezz’ora, ma Riccardo non arrivò.
Brian si disse che era normale, magari aveva trovato un po’ di traffico.
Per perdere un po’
di tempo, Brian si era messo allora a scorrere i soliti post su Facebook e guardare le immagini di Tumblr,
perdendosi tra tutte le informazioni. Lesse qualche notizia di cronaca nera,
poi mollò il cellulare. Erano le due e tre quarti, però Riccardo ancora non era
arrivato.
Leggermente
inquieto, aprì Whatsapp, per vedere se magari non gli
avesse lasciato un messaggio, ma oltre alla sua immagine, non c’era niente.
Aprì la conversazione. Com’era ovvio, non poteva vedere il suo ultimo accesso
online perché l’aveva disattivato (come Corrado l’aveva disattivato per non far
vedere ai colleghi quando era stato online l’ultima volta), ma non si stava
neanche connettendo in quel momento.
Gli scrisse un
messaggio. Dove sei?
E attese risposta.
Passarono alcuni
minuti, durante i quali Brian cercò di non guardare il telefono, ma solo di
concentrarsi sull’ambiente circostante: osservò alcuni passanti che
attraversavano il parco. C’era un signore cinquantenne che faceva jogging in
tuta insieme al suo cane, una coppietta di fidanzati che si scambiavano
effusioni amorose su una panchina più lontana, e due anziane signore che
camminavano a braccetto, una di queste con un bastone.
Cosa poteva essere
successo perché Riccardo non si facesse vivo né rispondesse al telefono? Brian
pensò immediatamente al peggio: aveva avuto un incidente ed era stato
trasportato d’urgenza all’ospedale. Oppure un’emergenza in famiglia (anche se
Riccardo non gli aveva mai detto di avere una madre o un padre o parenti in
generale). O peggio, che il suo fidanzato fosse tornato e avesse scoperto tutto
di loro. Ne era nata una lite e adesso Riccardo era lì in casa, impossibilitato
a guardare il telefono senza il rischio di compromettere la sua relazione. Si
augurò con tutto il cuore che stesse bene, ma altrettanto si augurò che non si
fosse verificata la terza opzione.
Speriamo se ne sia dimenticato e basta.
Mentre pensava, il
suo telefono incominciò a squillare, suonando le note di una canzone di
Madonna, Like a prayer.
Com’era ovvio,
Riccardo. Rispose immediatamente.
- Pronto? –
Dall’altra parte
udì un suono strozzato, come un sospiro.
- Pronto? –
ripeté Brian, ottenendo in risposta un singhiozzo. Riccardo stava piangendo.
- Ricky? Cos’hai? Ti senti bene? –
- No – disse
lui, in lacrime.
Brian si alzò,
andando verso l’uscita del parco muovendosi come un automa - Che cosa è
successo? –
- Giacomo –
mormorò, ancora in lacrime, mentre Brian si domandava chi fosse questo Giacomo.
- Chi… chi è
Giacomo…? -
– Giacomo… mi
ha lasciato. –
A quella risposta,
Brian rimase interdetto, ad ascoltare i singhiozzi di Riccardo al telefono.
Dentro di sé provava un misto di sensazioni contrastanti: un leggero disappunto
perché Riccardo non si era presentato al loro appuntamento; rabbia perché non
l’aveva avvisato; ma anche stupore e una leggera gioia perché Riccardo era
libero, quindi c’era forse speranza che si mettesse con lui.
- Oh – disse
soltanto Brian – Mi dispiace. –
Un altro singhiozzo
da parte di Riccardo. – Credo… credo che… non potrò più uscire con te,
oggi. –
- Vuoi che venga da
te? –
- No…! – si
affrettò a dire Riccardo, ancora in lacrime – No, è meglio di no. Non
sono in me, potrei fare una stupidaggine. –
- Ma che cosa stai
dicendo! – esclamò Brian – Non è la fine del mondo, cerca di
tirarti su! –
- Starò benissimo.
Ho bisogno di stare da solo per un po’. Scusami,
Brian. Scusami per il momento. –
- Posso aiutarti in
qualche modo? –
- Ti farò sapere. Scusami. Devo andare adesso. Scusami di
nuovo, Brian. – disse soltanto, chiudendo la comunicazione con un sacco
di “scusa”.
- Pronto? Riccardo?
Pronto…? -
Ma il povero Brian
stava parlando con il display in stand-by del suo cellulare.
*****
- …e poi? –
domandò Carlo, mentre spingeva il carrello nella corsia dei surgelati. Accanto
a lui, Brian, con le mani in tasca, guardava da un’altra parte. L’amico gli
aveva chiesto se gli andava di accompagnarlo al supermercato per fare un po’ di
rifornimento, e Brian ne aveva approfittato per raccontargli di come Riccardo
aveva disertato il loro appuntamento.
- Brian? –
- Eh? Cosa? –
- Ti ho chiesto
cos’è successo poi. –
- Niente. Sono due
giorni che non lo sento. Ho provato a mandargli dei messaggi, ma non li legge.
E neanche posso vedere quando si connette, perché ha
nascosto gli ultimi accessi. –
- Hm, tipico.
– sentenziò l’amico, infilando una pizza surgelata nel carrello.
- Io davvero non so
cosa pensare. Ha detto solo che il suo tipo l’ha mollato, poi ha chiuso in
tutta fretta. Tu che cosa ne pensi? –
- Penso che sia un
idiota. Un ragazzo che piange con me non è degno della mia attenzione, e tu lo
sai. –
- Ma poi neanche
farsi sentire per così tanto tempo? –
- Magari stavano
insieme da tanto tempo e lui l’ha presa molto male. Sai per caso da quanto
stavano insieme? –
Arrivati alla
cassa, Brian aiutò Carlo a mettere i viveri sul nastro trasportatore, mentre la
cassiera li passava allo scanner.
- Non so nulla del
suo ragazzo. Fino a quando non me l’ha detto lui, nemmeno sapevo come si chiamava,
renditi conto…! –
- Addirittura…?
Forse voleva tenertelo ben nascosto, o non voleva menzionarlo per non rovinare
i vostri incontri. –
- Cosa c’entra,
scusa? Anch’io ho nominato spesso Corrado. Certamente non gli ho detto che tipo
di mutande porta, ma gli ho detto un bel po’ di cose su di lui, sul mio ragazzo.
Tutto il contrario di ciò che ha fatto lui. Non ci avevo ancora pensato.
–
Mentre Carlo tirava
fuori la carta di credito per pagare la spesa, Brian si mise ad imbustare le
cose.
- Io-io… davvero
non so cosa pensare – disse Brian, infilando la pizza surgelata nella
busta, insieme ad una latta d’olio e delle patatine fritte. – Se
dev’essere così l’andazzo, meglio lasciar perdere. Anche se mi spiacerebbe.
Alla fine sto bene con lui, capisci…? –
- Come hai trovato
lui, secondo me potresti trovarne un altro. Se uno vuole, i ragazzi si trovano.
Guarda me, che sono venuto via da Bologna perché lì era anche fin troppo facile
trovarne…! Non c’era più gusto, dopo un po’. –
S’incamminarono
verso le scale mobili che conducevano al parcheggio, in silenzio. Brian era
abbacchiato, Carlo poteva vederlo benissimo. Arrivati alla macchina, Brian aprì
il portellone della Cinquecento di Carlo mentre lo aiutava a depositare i
sacchetti. Poi Brian andò a portare il carrello nella rastrelliera. Tornato
alla macchina, Carlo non aveva ancora acceso il motore.
- Ma hai provato a
chiamarlo? – gli domandò Carlo, guardandolo
mentre s’infilava la cintura di sicurezza.
- Sì che ci ho
provato. Squilla, squilla, ma non risponde. Oppure qualche volta lo spegne.
Secondo te perché fa così? –
- Non ne ho la
minima. Di solito io faccio così quando uno non mi soddisfa a letto o quando mi
sono stancato. –
- Oh mio dio, non
sarà mica che si è stancato di me ma non ha abbastanza palle per
dirmelo e allora mi ha cacciato quella scusa cretina? –
- Vuoi che proviamo
a chiamarlo col mio? –
Brian guardò
l’amico. Non era mica una cattiva idea. Se magari vedeva un altro numero, forse
poteva anche rispondere.
- Tu dici che
potrebbe funzionare? –
- Chissà. Noi
tentiamo. Poi al massimo non funzionerà. –
- Hm. Cavolo.
Speriamo bene… - disse Brian, infilandosi le mani sotto le ascelle, perché
improvvisamente gli erano diventate fredde.
L’amico accese il
motore, fece manovra e uscì dal parcheggio, diretto verso un posto tranquillo.
Si fermarono in
un’area di parcheggio non molto lontano da dove viveva Carlo. Brian gli dettò il numero di cellulare, quindi Carlo premette il
tasto verde sullo schermo del suo smartphone e inviò
la chiamata.
- Metti il
viva-voce…! –
- Già fatto –
mormorò Carlo, tenendo gli occhi sul display.
Uno squillo.
Due squilli.
Brian era teso. Per
la verità aveva un po’ di paura che Riccardo rispondesse, ma non sapeva nemmeno
lui perché.
Tre squilli… e
infine Riccardo rispose.
- Pronto? –
- Riccardo? –
- Pronto, chi è?
–
- Sono Brian,
Riccardo. –
A quell’affermazione
seguì un attimo di silenzio, accompagnato poi da fruscii e altri suoni strani.
- Pronto? Pronto…?
– chiedeva Riccardo. Era come se non lo sentisse.
- Riccardo, sono
io!!! Brian! Mi senti?! -
- Pronto, non vi
sento! Vi richiamerò, scusate. Sono impegnato. –
- No, aspetta, Riccardo, aspetta!!! –
Ma non servì a
nulla gridare, poiché Riccardo aveva già chiuso la chiamata.
Carlo allontanò
lentamente il cellulare dallo sguardo di Brian, mentre questi si teneva la
testa con entrambe le mani, imprecando a mezza voce.
- Che faccio,
riprovo a chiamare? – domandò Carlo.
- No. Che vada a
fare in culo, quello stronzo – mormorò Brian.
Ad un certo punto
Carlo tirò fuori un pacchetto di Marlboro, abbassò il finestrino e se ne accese
una.
- Per me fingeva,
quando ha detto che non sentiva niente. Secondo me ti ha sentito benissimo, e
ti ha anche riconosciuto. –
- Dammene una.
–
- Cosa? –
- Una sigaretta.
Dammene una. –
Carlo tirò fuori il
pacchetto dalla pochette e lo porse a Brian, che si prese una sigaretta e se
l’accese, tirandone una boccata che lo fece tossire leggermente.
- Ma non avevi
smesso? –
Brian non rispose,
cercando di calmarsi mentre aspirava la “bionda”, buttando fuori il fumo dal
finestrino.
*****
Dopo quella figura
che gli aveva fatto fare mentre era con Carlo, Brian incominciò a sentirsi
nervoso e irritato. Quel giorno si mise a fare i mestieri di casa con una
grinta che non sapeva di possedere, arrivando quasi a doversi inventare
qualcosa per non rimanere in balia dei cattivi pensieri. In più, gli era
tornata la voglia di fumare, che aveva abbandonato dopo aver conosciuto
Corrado, che gli diceva sempre di non fumare perché si sarebbe rovinato i
polmoni. Il tempo meteorologico di fuori rifletteva alla perfezione il suo
stato d’animo: plumbeo, pieno di nuvole grigie cariche di pioggia, che a inizio
Dicembre aveva cominciato a flagellare la città. Si sentiva come una nuvola
temporalesca pronta ad esplodere, e anche Corrado se n’era accorto, tanto che
per poco Brian non gli aveva risposto male una sera in cui gli aveva chiesto di
passargli il telecomando per cambiare canale.
Ma da lì a poco si
sarebbe calmato.
Un giorno era
tornato a casa dalla palestra, dove aveva passato insolitamente quasi tre ore,
chiacchierando del più e del meno con una ragazza, istruttrice di spinning.
Arrivato nel suo palazzo, era entrato nell’atrio, dove la signora Visentin, la portinaia dello stabile, era intenta a
spolverare le cassette della posta con un piumino.
- Oh, sior Molteni buonasera! Come sta?
– lo salutò, con l’inconfondibile accento
padovano che non mancava mai di far sorridere Brian.
- Non c’è malaccio, signora Visentin,
grazie. E lei? –
- Mah…! Guardi, lassamo star che è
meglio. Questi politici vogliono che lavoriamo fino alla morte e anche oltre, e
la pensione? Mah…! Miraggio nel deserto! Non si sa se e quando arriverà.
– rise, e Brian rise con lei, scuotendo la testa.
- Ha saputo cos’è successo la settimana scorsa? – parlava con quel
morbido accento veneto, che tratteneva le doppie consonanti.
- No, cos’è successo? –
La portinaia alzò
il braccio destro e poi col dito indicò in alto – Gli studenti inquilini
del terzo piano – disse – Sono venuti i carabinieri e gli hanno
sequestrato una piantina de marì… marì… maria…
mi aiuti, per favore... -
- …Marijuana?
–
- Sì, esatto.
Quella roba lì. Ma sembravano tanto dei ragazzi per bene, sa! Invece…! –
- Eh, purtroppo… -
- Ah, non ci si può più fidar de
nessuno a questo mondo, guardi! Meno male che Lei e l’ingegnere siete delle brave persone, mica
come quelli là che consumavano la droga in appartamento. Che robe…! –
Conoscendo bene la
donna e la sua voglia di chiacchierare tipica delle signore di una certa età,
Brian decise di tagliare corto, annuendo e chiedendole se era arrivata posta
per lui.
- No, posta non è
arrivata…! Però è arrivato qualcos’altro…! –
- Cos’è arrivato? –
- Ah guardi, l’ho
messo qui in guardiola, spetti che lo
vado a prendere, eh. – disse la signora,
entrando nella porticina che conduceva al piccolo sportello dove c’era una
cattedra, dove la donna si sedeva e sorvegliava tutto il palazzo. Poco dopo
tornò fuori con un mazzo di rose rosse. Brian sgranò gli occhi.
- Ecco…! Questo
sicuramente è il suo ragazzo che glielo ha fatto. –
- Ah… sì… forse.
– buttò lì Brian, non sapendo bene cosa dire, mentre prendeva il mazzo in
mano. – Chi l’ha portato? –
- L’ha portato una
ragazza, ha detto che consegnava per conto di un fioraio. –
In mezzo alle rose,
Brian vide che c’era un biglietto in una piccola bustina chiusa.
- Capisco. Beh,
sarà meglio che vada allora. Grazie mille signora, saluti suo marito da parte
mia. Arrivederla. –
- Arrivederla sior Molteni! Passi una buona serata!
–
- Grazie, altrettanto
a lei – disse Brian, svicolando velocemente nell’ascensore e premendo il
tasto del suo piano.
*****
Perdonami per il mio silenzio. Avevo bisogno di
riflettere e questo è il mio modo di chiederti scusa. Mi perdoni?
Il biglietto era
firmato da Riccardo. Brian ne fu lusingato e tirò mentalmente un sospiro di
sollievo, al pensiero che Riccardo era ancora nella sua vita. Prese il
telefono, quindi compose il suo numero. Mentre squillava, era tentato di dirgli
ciò che pensava veramente, e cioè che il suo silenzio l’aveva
fatto incazzare, ma ancora di più l’aveva fatto incazzare il fatto che
avesse risposto e poi fatto finta di non sentire quando aveva provato a
chiamarlo con il telefono del suo amico Carlo. A un certo punto il telefono
smise di squillare e Brian udì la sua voce leggermente sottotono.
- Pronto? –
- Ciao – gli
disse Brian in tono tranquillo, ma dentro era molto agitato.
- Brian, tesoro… mi
sei mancato tantissimo. Scusami se non mi sono fatto sentire, ma avevo bisogno
di riprendermi. –
Quelle parole
ebbero su Brian lo stesso effetto che ha una siringa di tranquillante sparata
da una cerbottana contro un animale feroce: lo calmarono lentamente, come per
una strana magia.
- Sono contento tu
ti sia ripreso. Grazie delle rose, ma come la mettiamo col mio ragazzo? Se le
vede, cosa gli racconto, che me le ha portate l’amministratore di condominio?
–
- Vieni a casa mia,
puoi lasciarle qui da me. –
Per dirla tutta,
Brian non se la sentiva di andare fino a casa sua. Non a quell’ora e non con un
mazzo di rose, poiché da lì a poco sarebbe dovuto ritornare a casa per essere
presente quando fosse arrivato Corrado, ma di certo non poteva lasciare le rose
lì, in bella vista. In un certo senso, alla lusinga iniziale si era sostituito
il fatto che quelle rose erano una potenziale bomba pronta a esplodere, che
necessitava di essere disinnescata. E l’unico modo per disinnescarla era andare
da Riccardo.
Non avendo altra
scelta, disse, sospirando – Ok, sto arrivando. Ma dovrò tornare presto,
non posso trattenermi per molto. È tardi e… –
- Non preoccuparti
– tagliò corto Riccardo – Ti
riaccompagnerò io in macchina. Ti aspetto,
cucciolotto. – concluse poi, senza dire altro e chiudendo poi la
chiamata. A dispetto di tutto quanto era successo fino a quel momento, sentirsi
chiamare ancora “Cucciolotto” dal suo Riccardo, fu una gioia per Brian, che prese
le rose dal tavolo, aprì la porta e tornò giù, diretto dal suo dolce amante.
*****
Se poco prima era
stato sul punto di mandarlo a quel paese, vomitandogli in faccia tutto quello
che aveva provato per la sua assenza silenziosa, adesso, a casa di Riccardo,
stava incominciando a sentirsi meglio. Il solo fatto di trovarsi lì, con lui
accanto che gli aveva aperto la porta, bastò a calmarlo. Riccardo l’aveva preso
e, dopo averlo abbracciato, l’aveva baciato con passione. Brian si era lasciato
coinvolgere, assaporando quelle labbra con grande trasporto, finché non erano
finiti entrambi sul divano di Riccardo, baciandosi e abbracciandosi.
Il suo amante non
era andato via. C’era ancora, era lì ed era di nuovo suo. Anzi era suo, ancora
di più, visto che ora era di nuovo single.
Senza mai chiamare
per nome il suo ragazzo, Riccardo raccontò a Brian tutto quello che era
successo in quei giorni: ovvero che lui cercava di contattarlo ma non
rispondeva; quando lo sentiva per telefono era piuttosto freddo e distaccato;
una volta gli aveva persino chiuso la conversazione in faccia dicendogli che
era impegnato. Al culmine di tutto ciò, era arrivato il messaggio che gli
diceva di non volerlo più vedere perché si era stancato, perché non aveva
saputo tenerlo, e ovviamente Riccardo ci era rimasto molto male.
Brian aveva
ascoltato tutto con dispiacere, mentre gli teneva le mani, accarezzandogliele
dolcemente. Riccardo non aveva pianto in quell’occasione, dicendo che aveva già
pianto abbastanza dal giorno in cui aveva mancato l’appuntamento con lui,
circostanza per la quale Brian l’aveva già perdonato, perché si sentiva troppo
dispiaciuto per ciò che gli era successo per avercela con lui.
- Mi dispiace… mi
dispiace tanto, Riccardo. –
- Grazie. Credo che
siano cose che succedono… però è brutto quando succedono. –
Nella mente di
Brian adesso c’era un solo desiderio: prendere il posto di quel ragazzo che una
volta era stato il fidanzato di Riccardo, ma non glielo disse immediatamente.
Non era proprio il momento.
- Non preoccuparti
di lui. Adesso ci sono qua io. Se vorrai… -
- Cosa? –
Stava per dire se vorrai potrò essere io, il tuo ragazzo,
ma si trattenne, preferendo invece dire qualcos’altro.
- Se avrai bisogno
di me, io sarò qui con te. –
- Grazie. –
rispose soltanto Riccardo, senza aggiungere altro.
Brian imputò quella
freddezza al fatto che fosse ancora presto, e subito si diede dell’imbecille
per aver schiacciato troppo sull’acceleratore. Non aveva usato le parole esatte
che gli erano venute in mente, ma forse Riccardo doveva aver capito che non
voleva dire ciò che aveva detto. In quell’attimo avvertì un brivido di freddo
corrergli lungo la schiena per la paura di perderlo, ma bastò uno sguardo di
Riccardo a riscaldargli di nuovo il cuore: i suoi occhi erano più grandi, in
quel momento. Sembrava un cucciolo indifeso, tanto che Brian chiuse gli occhi e
si avvicinò a baciarlo dolcemente, tenendogli le guance con entrambe le mani.
- Adesso ci sono
qua io – ripeté Brian mentre lo baciava – Non avere più paura di
nulla. –
E ancora una volta,
fecero l’amore.