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Autore: Mozaik    15/03/2018    7 recensioni
Invece di ritrovarsi nell'aldilà, dopo il suo sacrificio Regulus si risveglia nel suo vecchio letto, con un corpo da bambino e un treno da prendere il giorno successivo per andare ad Hogwarts. Tornato indietro nel tempo con solo un breve messaggio misterioso come guida, Regulus dovrà lottare in un mondo che già conosce per cambiarne gli eventi, fra inganni, sofferenze, scoperte e cambiamenti.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Corvonero, Famiglia Black, I Malandrini, Nuovo personaggio, Regulus Black
Note: De-Aging, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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The Struggles and Rebirth of Regulus Arcturus Black
 
 
III Capitolo - Il Quidditch





 
Regulus era sempre stato un ragazzo un po’ infantile. Nonostante da un certo punto di vista fosse sempre stato molto più maturo della sua età, nei ragionamenti ad esempio, e gli dessero fastidio comportamenti da bambini in altre cose si comportava come tale. Mettere il broncio per roba stupida, porsi a tu per tu con ragazzi anche di altri anni… forse era una questione caratteriale o molto più probabilmente derivava un po’ dall’essere stato viziato e trattato come un bambino per molto tempo. Di certo si reputava più serio di Sirius e dei suoi amici, ma non era perfetto nemmeno lui.
Nonostante Regulus fosse dunque un adulto e si trovasse a disagio accanto a degli undicenni che nella sua ottica erano solo bambini, per certi punti di vista riusciva facilmente a non farsi scoprire. Mentre Turner e Bertram correvano verso il campo da Quidditch, Regulus rifletteva proprio su questo.
Come adulto responsabile avrebbe dovuto fermare quei bambini: non facendo la spia, erano suoi compagni di Casa e lui era troppo leale per poterli consegnare ad un insegnante, ma avrebbe dovuto inventarsi qualcosa. Austen e Stuart rischiavano non solo di farsi del male, anche perché Stuart probabilmente non aveva nemmeno mai usato una scopa prima di quel momento, ma anche di finire nei guai con i professori e far perdere un sacco di punti a Corvonero.
Invece, si ritrovò a seguirli con curiosità, interessato a cosa sarebbe successo. Anzi, nonostante non avesse nessuna intenzione di infrangere le regole per una cosa del genere, si sentiva anche abbastanza invidioso: e se il loro becero piano, qualunque fosse, avesse funzionato? Due ragazzini di primo anno si sarebbero ritrovati nella squadra di Corvonero mentre lui, giocatore quasi professionista, avrebbe dovuto guardarli dagli spalti e sperare che il prossimo anno lo prendessero come Titolare. Il cercatore di Corvonero che aveva affrontato per la maggior parte del suo tempo ad Hogwarts non era un granché, ma era più grande e forse il Capitano avrebbe preferito avere qualcuno con più esperienza al posto di un novellino.
Probabilmente era stato lui stesso ad ispirarli, il primo giorno, quando aveva parlato della possibilità di farsi vedere alle selezioni! Che ironia becera sarebbe stata quella di non fruire della sua stessa idea, solo per vedere due mocciosetti finire nella squadra?
Quando i tre ragazzi arrivarono al Campo da Quidditch le selezioni erano già iniziate. C’erano meno persone rispetto ai provini che Regulus aveva frequentato con i Serpeverde, ma questo perché la maggior parte dei giocatori erano circa al sesto anno, e quindi c’erano pochi ruoli da sostituire. Cercavano per la maggior parte riserve, un cercatore ed un portiere: la selezione per quest’ultimo era già in atto.
Stuart e Austen parlottavano con l’unica studentessa del primo anno presente, seduta sugli spalti con un binocolo in mano: Regulus la riconobbe come Violet Lorman, ma sapeva ben poco di lei. Ad un certo punto i due si allontanarono, ridendo, per mettersi in fila con gli altri. Bertram e Turner si sedettero vicino a lei, e Regulus li imitò automaticamente.
“Hey.” Li salutò Violet. Il suo caschetto castano si mosse insieme al suo volto, facendole andare nella foga qualche capello sul viso, ma lei non sembrò curarsene. “Anche voi qui per vedere le selezioni?” La ragazza sbuffò, scuotendo la testa. “Ovviamente che siete qui per vedere le selezioni, siete qui, perché lo chiedo a fare…”
“In realtà, siamo qui per veder loro…” Turner indicò i loro compagni di anno. “…cadere e sfracellarsi a terra, o venir cacciati dallo stadio, o subirsi le ire dei professori. Non avevamo molto altro da fare.”
“Mh-mh”. Violet incrociò le braccia. “Bertram, tu non hai avvertito nessun professore, vero?”
“Cosa? No!”
“Sono stupidi, ma sono affari loro quello che fanno. Quando falliranno impareranno. Spero solo che non ci facciano perdere punti, o almeno non ce ne facciano perdere troppi. Anche se sono curiosa di vedere se ci riusciranno…”
“Ne dubito.” Commentò Regulus. “E quale sarebbe il loro piano?”
“Piano? Sperano semplicemente che li scambino per qualcuno del secondo anno fino al provino, e che poi li tengano in squadra colpiti dalle loro “prodezze”.”
“E se li scoprono?”
“Non lo so. Forse cercheranno di provocare pietà? Saranno anche intelligenti, ma non sono per niente furbi.”
“Aspettiamo almeno di vederli in azione.” Disse Turner.
Le audizioni per i Portieri terminarono dopo un’oretta, e nonostante Regulus trovasse che la ragazza del terzo anno fosse decisamente più brava nelle sue manovre fu un ragazzo del settimo anno, che aveva parato di più, ad essere preso nella squadra come titolare. Con amarezza il ragazzo osservò i provini per i Cercatori sapendo già che ad essere stato preso sarebbe stato un ragazzo del secondo anno precoce per la sua età, ma senza molto talento e decisamente insopportabile.
Quando Elizabeth Clark, capitano della squadra, chiamò i cacciatori, Austen e Stuart fecero un passo avanti insieme ad altri quattro ragazzi. La ragazza sembrò ignorare la loro presenza, ma dopo qualche minuto aggrottò le sopracciglia, portando il suo sguardo sui due. “Di che anno siete, voi due?”
Turner schioccò le dita, deluso. “Ahhh… cavolo.”
Il volto di Austen assunse un’espressione sconsolata, ma Stuart ebbe la faccia tosta di sorridere. “Primo anno!” Esclamò tranquillo. “Perché?”
“Al primo anno non è concesso di entrare a far parte della squadra di Quidditch.” Disse la Clark, sempre più perplessa. “E nemmeno di avere delle scope personali.”
“Oh, no, queste non sono nostre! Le abbiamo prese in prestito!” Esclamò Stuart, assumendo poi un’espressione sorpresa. “Non sapevamo che non si potesse fare il provino, però! Cavolo.”
Stuart scosse la testa, evidentemente dispiaciuto. Accanto a Regulus, Violet sbuffò divertita. E Regulus dovette ammettere che Stuart era proprio bravo a mentire.
“Non lo sapevate?” La Clark, adesso, li guardava con aria di sfida. “Ne siete proprio sicuri?”
“Nella lettera non c’è scritto!” Riuscì a dire Aaron.
“Già! C’è scritto solo che gli studenti del Primo anno non possono avere una scopa personale, ma...”
Regulus distolse lo sguardo dalla scena, per osservare Violet Lorman. “Non abbiamo ancora avuto la prima lezione di volo.” Fece notare.
“No, infatti. Perché?”
“Beh- Stuart è un Nato Babbano. Come fa a sapere come andare su una scopa?”
“Oh, Jason è un vicino di casa mio e di Aaron! Abitiamo a Kirkwall, in Scozia.” Spiegò la giovane. “Quando ha fatto la sua prima magia accidentale ha cominciato a giocare con noi anche con cose non babbane, comprese le scope. Certo, non abbiamo avuto lezioni ufficiali, ma non se la cava male con la scopa. Io, invece, sono una tale frana… Mi piace, questo sì, ma...”
“Sono stupidi.” Tagliò corto Regulus. “Cosa pensano che li renda tanto diversi dagli altri? Più speciali di tutti gli altri undicenni che vorrebbero entrare nella Squadra di Quidditch ma decidono di rispettare le regole com’è giusto che sia? Pensano che li prenderanno così, al posto di tutti quanti gli altri, perché hanno avuto il coraggio di sfidare le regole e presentarsi comunque?”
Lorman lo guardò per qualche minuto, prima di sorridere. “Sei geloso perché vorresti entrare anche tu nella squadra!”
“Oh, stai zitta, Lorman. Come se c’entrasse qualcosa!”
“Lo sei! Ti ho visto prima guardare verso il Campo con quella faccia, quell’espressione!”
“Un’espressione di pura noia, poiché le selezioni sono state noiosissime e la Clark ha selezionato dei giocatori che non avrei mai pres-” Lorman si sporse a dargli un buffetto sul naso, prendendolo alla sprovvista e interrompendolo.
“Ti si legge completamente in faccia.” Disse, fermamente, e ridacchiò quando Regulus la scansò infastidito. “Guarda, hanno finito di parlare!”
“Non sembrano felici.” Notò Bertram.
In effetti, Austen stava tornando verso di loro, un’espressione sconsolata sul volto – Stuart, invece, osservava i provini in corso da un lato del campo, funereo.
“Non c’è cascata.” Mormorò Austen, sedendosi accanto a loro. “Ha detto che possiamo assistere, e se vogliamo dopo anche fare quattro voli con loro,  e che non abbiamo fatto nulla di male a prendere solo in prestito le scope e che effettivamente non c’è una regola ufficiale che impedisca ai primini di entrare nelle squadre, ma che senza una scopa saremmo costretti ad usare quelle della scuola per regolamento e non ci può far giocare su delle vecchie Tinderblast degli anni quaranta...”
“Vi aspettavate davvero altro?” Borbottò Regulus, osservando con la coda dell’occhio Stuart. Ai limitari del campo e con ancora la scopa sotto braccio, osservava gli altri giocatori con occhi assottigliati e un’espressione decisamente seccata.
“Tu sei il primo ad aver proposto di entrare nella squadra!” Esclamò Austen, incrociando le braccia. Ed ecco lo scaricabarile: come se potesse essere responsabile delle loro azioni solo perché aveva pensato ad alta voce. “Però non ci hai nemmeno provato.”
“Perché non sono un idiota. C’è una differenza tra immaginare e pianificare una cosa, ed effettivamente farla. So ad esempio che se provassi a calarmi dal balconcino del quarto piano vicino all’aula di Babbanologia potrei effettivamente atterrare sul davanzale di quello del terzo piano, in teoria: se ci provassi sarei tuttavia un perfetto imbecille.”
“Buoni, state buoni.” Turner afferrò la spalla di Austen con una mano e quella di Regulus con l’altra, come se avesse timore che si saltassero adosso. Per favore. Come se fosse davvero intenzionato a picchiarsi con un bambino. “Quindi potrete comunque far vedere quello che sapete fare?”
No.” Esclamò sconsolato Austen. “Ci hanno chiesto se avessimo fatto la prima lezione di volo, hanno capito che mentivamo, e si sono messi a ridere! Però hanno detto che visto che ormai siamo qui e che dopo la squadra farà, boh, un po’ di allenamento insieme, chiameranno Madama Bumb e le chiederanno se possono mostrarci qualche mossa… oh, non lo so! Avevo smesso di ascoltare!”
“La capacità di concentrazione di un criceto.” Disse Violet.
Regulus sbuffò. “E l’intelligenza di uno gnomo.” Aggiunse.
“HEY!”
Tutti i titolari ormai erano stati presi, ma la Clark voleva delle riserve per i Battitori così continuò le selezioni. Regulus osservò uno di essi cadere dalla scopa ancora prima di riuscire a salirci e sghignazzò, pensando a Sirius: no, suo fratello probabilmente aveva fatto qualcosa di peggiore. Magari la sua scopa era andata in autocombustione per evitare di essere cavalcata. O la Pluffa aveva deciso di prendere vita e scappare dalle sue mani, seguendo il Boccino.
Quanto gli mancava, il Quidditch. Dopo i M.A.G.O. non c’era più stata occasione di giocare, e poche volte avevano usato effettivamente le scope durante una missione. Sarebbe diventato un Cercatore professionista dopo la scuola, se il Signore Oscuro non lo avesse reclutato? Probabilmente no. Un Black doveva ambire a posti importanti, posti decisamente migliori. Cosa c’era di più ambizioso di diventare il Cercatore della nazionale Inglese, di voler mostrare anzi di essere il miglior giocatore di Quidditch del suo decennio? A quanto pare un posto al Ministero, dove avrebbe potuto influenzare la gente a seguire le ideologie della sua famiglia, o in un qualsiasi altro “lavoro rispettabile”. Non che i Black odiassero il Quidditch, anzi: semplicemente non era il posto adatto ad un erede di famiglia. Forse, se Sirius fosse rimasto…
Comunque la guardasse, era sempre colpa sua ad un certo punto.
Non saliva sulla scopa da quasi due anni, e sembravano essere un’eternità. Gli mancava sentire il vento fra i capelli e la sensazione di essere leggero come l’aria. Quando guardava il terreno dall’alto di una scopa, tutto ciò che c’era sotto di lui sembrava così piccolo. Dal cielo, non importava nulla. Non importavano Sirius, suo madre, suo padre, la sua intera famiglia. Non importava il suo Signore Oscuro, o i suoi Mangiamorte. Il suo destino, i suoi ideali. I Babbani e i Maghi. Dal cielo, importava solo l’equilibrio sulla scopa, la sensazione di star effettivamente volando senza avere ali, dal cielo importava solo sé stesso.
Volare per vivere, poiché quando Regulus spiccava il volo su una scopa, era libero. Smetteva di sopravvivere alla sua vita ma ne prendeva effettivamente il controllo.
E su una scopa cosa gli sarebbe potuto importare del tempo, del lago, del suo compito?
Fu per questo motivo che Regulus si alzò dagli spalti, ignorò le voci di Lerman e Turner che lo chiamavano, e si avviò verso il campo. Stuart gli lanciò un’occhiata stranita quando si avvicinò a Clark e attirò la sua attenzione schiarendosi la gola.
La Clark lo guardò confusa. Nonostante stessero tutti facendo una pausa, la maggior parte dei giocatori era a terra in un angolo, a lanciarsi la pluffa nella maniera babbana. Un modo per divertirsi e per allenare i riflessi che facevano anche a Serpeverde: tuttavia il Capitano era in disparte, forse per controllare che Stuart non saltasse su una scopa all’improvviso, forse per altri motivi. Sulla sua pelle ambrata Regulus poté contare, passivamente, ogni sua lentiggine. “Non dirmi che anche tu vuoi fare i provini, perché sono certa che tu sia un primino, Black!”
Magra consolazione. Era sempre stato così basso che era sembrato un primino anche al quarto anno. “Dopo i provini… avete intenzione di far partecipare anche Stuart e Austen?” Chiese, confuso, perché la spiegazione del ragazzino era stata decisamente poco esaustiva. La giovane scrollò le spalle mentre Stuart gli lanciava un’altra occhiataccia.
“Sono Corvonero. Siamo curiosi per natura.” Spiegò. “E spesso superbi. Non sarebbe la prima volta che uno del primo anno decide di provare a fare qualcosa che gli è vietato perché convinto di poterci riuscire. Ho pensato che se magari dopo facessero una prova di Quidditch con noi e Madama Bumb presente, qualcosa di leggero ovviamente, potrebbero togliersi questa curiosità fino all’anno prossimo.”
Era un ragionamento semplicistico e terribilmente stupido, ma forse i Corvonero erano fatti davvero così? O quella Clark era semplicemente inadeguata come Capitano della squadra. Aveva preso Roderich Stebbins come Cercatore, in fondo, ma Regulus si morse la lingua. “Voglio partecipare anche io.” Disse, invece.
Non una domanda, perché Regulus non aveva intenzione di chiedere. No, se Austen e Stuart potevano, poteva anche lui. Non era una questione di essere infantile, o di abbassarsi al livello di due bambini di undici anni; era semplicemente buonsenso. La cosa doveva essere uguale per tutti, e Regulus… Regulus guardava il cielo dove ancora i bolidi giravano liberi e fremeva. Era sofferto, ed era morto, ed era tornato. Aveva bisogno di volare.
La Clark fece spallucce. “Ma certo. Uno in più o in meno non fa la differenza. Hai una sco… ma certo che non hai una scopa. Ci sono quelle della scuola, ovviamente. Se riesci a beccare quella giusta, potrebbero tenerti in sella per almeno due minuti.”
Regulus sorrise. No, le scope della scuola non lo avrebbero fatto rimanere in sella nemmeno per uno. Era un miracolo che le lezioni di Volo del primo anno non finissero in tragedia, o forse Madama Bumb era lì proprio per quello.
Ma una scopa della scuola incantata con protezioni che solo un adulto come lui poteva conoscere, invece
Una risatina uscì dalle sue labbra, quasi involontariamente. Spostò lo sguardo dalla Clark al cielo, e fu in quel momento che si rese conto che una scopa stava sfrecciando verso l’alto.
E che Jason fottuto Stuart non era più a terra.

Ovviamente. Ovviamente. Avrebbe dovuto prevederlo, o avrebbe dovuto quantomeno accorgersene: invece, come qualsiasi altra persona lì, aveva ignorato completamente il ragazzino, i suoi movimenti e persino il rumore di una scopa che prendeva il volo. E nessun altro era in aria, se non i Bolidi.
I fottutissimi Bolidi.

Qualche giorno dopo, Sirius gli avrebbe detto che aveva agito da perfetto Grifondoro. Regulus si distaccava da queste illazioni in maniera decisa. Prima di tutto, per quanto i tratti dell’impulsività, del coraggio e palle varie fossero prettamente Grifondoro, agire in una certa maniera non voleva dire rientrare in quella Casa, altrimenti tutti gli studenti al di fuori dei Corvonero avrebbero dovuto essere dei beoti scansafatiche. In secondo luogo, si trattava comunque di un ragazzino in pericolo e lui, dall’alto dei sette anni di differenza, era in dovere di fare qualcosa. In terzo luogo, su quel campo a quanto pare erano tutti degli incompetenti ed era quasi ovvio che Serpeverde e Grifondoro finissero quasi sempre a disputare la finale della Coppia di Quidditch.
In quel momento, tuttavia, Regulus non pensò a nulla se non a scattare dietro la Clark, ad afferrare la sua scopa prima che potesse dire qualcosa e a saettare verso il cielo.


Una volta in aria, tutto sembrò sparire. Per la prima volta non da quando si era risvegliato, ma anche da prima, da quando si era unito ai Mangiamorte, il suo cuore si rasserenò. Fu come se il suo corpo avesse perso ogni pesantezza, e la sua mente ogni responsabilità. Lì sopra c’erano solo lui, la scopa ed il vento.
E Jason Stuart che perdeva il controllo della scopa a metà del volo, perché ovviamente aveva perso il controllo della scopa. Stupido marmocchio Sanguemarcio.
Scosse la testa, ricordando esattamente perché fosse in aria, e scattò verso di lui. La scopa non era quella a cui era abituato ed era passato tanto tempo, ma era una scopa e Regulus ci mise pochi secondi ad abituarsi all’impugnatura differente e al peso maggiore. Il suo corpo poteva non essere cambiato ma non i suoi riflessi, e fu così che virò improvvisamente a destra e mancò di qualche centimetro il Bolide in rotta di collisione verso di lui.
Saettò, veloce, attraverso il campo e fra gli anelli dei portieri. In quelle che sembrarono ore ma furono in realtà pochi attimi fu lì, a pochi metri dietro Stuart. Con tutta la forza che aveva si sporse in avanti, e ricordandosi di tutti i modi in cui i suoi compagni Serpeverde solitavano imbrogliare durante le partite di Quidditch (esistevano settecento quindici falli nel Quidditch, ed era sicuro che il capitano della sua squadra, Lucinda Talkalot, li avesse provati tutti durante il corso della sua permanenza ad Hogwarts), Regulus afferrò le setole di saggina e tirò.
La corsa della scopa si fermò giusto in tempo prima che un bolide si schiantasse su Stuart, ma il ragazzo perse lo stesso l’equilibrio: Regulus mollò subito la scopa e si spostò verso di lui. “Attento!” Esclamò, cercando di afferrarlo.
Stuart lanciò un gridolino di terrore, atterrando per metà sul manico di Regulus. Entrambi vennero sbilanciati in avanti: per un secondo la scopa non li disarcionò tutti e due, spedendoli verso il terreno in una caduta di circa quindici metri. Invece Regulus si impuntò e trattenne la scopa con tutta la sua forza, ristabilizzandola appena in tempo.
“Reggiti-“ Riuscì a dire, prima di chinare la testa di scatto: un altro bolide gli era passato a pochi centimetri dei capelli. Un altro di quei maledetti aggeggi si avviava verso di loro, e non sarebbe mai riuscito a muovere la scopa appena in tempo. Di istinto si sporse verso Stuart e gli afferrò un braccio, e cercò di Smaterializzarsi, prima di ricordarsi che ad Hogwarts era vietato.
E poi la Clark saettò accanto a loro su un’altra scopa e con la sua mazza da Battitrice, spedì i Bolidi lontano.
Regulus sospirò di sollievo, per poi deglutire di inquietudine quando vide Madama Bumb accanto a lei.
La donna li guardava con occhi di ghiaccio. “Sul terreno. Ora.”
 


Dovettero convincere un Jason effettivamente terrorizzato a lasciare la scopa, ma Regulus scese da essa con la grazia che lo aveva contraddistinto per sei anni di gioco. E con la stessa grazia mantenne una perfetta faccia da schiaffi mentre la Bumb quasi urlava.
“Cosa diamine pensavate di fare?” Aveva sbottato, gli occhi simili a quelli di un’aquila che li scrutavano infuriati. “Questo è il motivo esatto per cui quelli del primo anno prendono lezioni con me e perché non devono possedere scope personali!”
“Non parli con me.” Esclamò Regulus, incrociò le braccia. “Io l’ho fermato dal spiaccicarsi sul terreno.”
“Ma se tu stesso hai avuto l’idea di partecipare ai provini!” Strillò Jason, infuriato. “Non hai solo avuto il coraggio di farlo!”
“Perché era appunto un’idea, piccolo cretino! Non un piano diabolico che consisteva semplicemente nel pregare che non si accorgessero di nulla e poi volare a caso verso il cielo!”
Tu sei un piccolo cretino!” Stuart gli si fece avanti, quasi come se volesse picchiarlo.
“Il miglior insulto che sai tirar fuori è lo specchio riflesso? Che cosa ci fai in Corvonero, Stuart?”
“Brutto bastardo…!”
“Stupido Sanguemarcio-“
“SIGNOR BLACK!” Tuonò la Bumb, mettendosi in mezzo fra di loro. “Signor Stuart! Quindici punti in meno a Corvonero per ciò che avete appena detto e trenta punti in meno per il vostro siparietto lì in aria.”
“Trenta!?” Esclamarono scandalizzati i due, contemporaneamente. Intorno a loro, la folla che si era radunata, composta dai giocatori di Corvonero e il gruppetto di primini sulle gradinate, si unì alle proteste.
“A testa.” Esclamò la donna, ignorando i fischi. Come arbitro probabilmente ci si era abituata. “Signor Stuart, il suo comportamento è stato perfettamente irresponsabile! Sapeva che stava per fare qualcosa di vietato e pericoloso e l’ha fatto lo stesso. Signor Black-“
“Io l’ho salvato.”
“E non le è venuto in mente per caso che nel campo c’erano almeno una decina di ragazzi più grandi fra cui quattro con esperienza nella squadra che erano pronti ad agire?”
“Ma non l’hanno fatto.” Protestò Regulus, e in effetti un piccolo senso di orgoglio gli riempì il petto. Era stato lui quello a correre sulla scopa, non Roderich Stebbins o Elizabeth Clark o gli altri membri della squadra... “Sono stato io a farlo-“
“Probabilmente non te ne sei accorto, ma la maggior parte dei membri della squadra ha agito pochi attimi dopo di te.” Rispose la donna, ma Regulus sapeva di aver ragione. Non avrebbero mai fatto in tempo per fermare il primo bolide! “E che un particolare incantesimo è posto sul campo da Quidditch che mi avverte dei pericoli riguardanti gli studenti fuori dalle partite di Quidditch, e mi permette di smaterializzarmi in casi di emergenza proprio per soccorrerli.”
Ah, lei ce li aveva, i permessi per smaterializzarsi. Brutta stronza. “Sì, ma-“
“E non è forse vero, Signor Black, che lei già sapeva del piano del signor Stuart e del signor Austen-“ Dal gruppetto di primini sentì quasi uno squittio. “-di partecipare ai provini?”
“Io?” Regulus mise su il suo miglior viso angelico e le sue migliori difese mentali. “Di che cosa sta parlando?”
“Dunque mi sta dicendo che il Signor Bertram mi ha mentito?”
Gli occhi di Regulus si spostarono sul ragazzo del primo anno, che stava cercando di farsi piccolo piccolo. Austen si voltò verso di lui, scandalizzato. “Oh, andiamo!”
Turner alzò gli occhi al cielo, in un gesto quasi di arresa. Lerman aveva un’espressione funerea sul volto, e si scrocchiò le nocche in un evidente gesto di minaccia, facendo sbiancare ancora di più il giovane Corvonero. “Sei morto.”
“Cinque punti in meno a tutti voi…” E la Bumb indicò il gruppetto di primini. “…Per non aver avvertito subito un professore! Dieci a lei, Signor Austen, per aver tentato lo stesso piano del Signor Stuart. Ovviamente le vostre due scope verrano requisite, e parlerò di tutto questo col Professor Vitious, statene certi. I quanto a voi due…” E la donna spostò lo sguardo su Regulus e Stuart. “Per punizione, passerete la serata ad aiutare la Professoressa Hookman in qualsiasi cosa lei voglia.”
“COSA!?” Esclamarono di nuovo contemporaneamente i due.
Regulus si sentiva preso in giro. Era questa la gratifica per aver salvato il culo di quel piccolo idiota? Avrebbe fatto meglio a starsene fermo! Stuart, accanto a lui, fumava di rabbia.
“Benvenuti a Hogwarts!” Esclamò la donna, sarcastica. “Imparerete presto che non potete fare tutto ciò che vi pare. Non siete più a casa. E voi tutti altri, cosa avete da guardare? Tornate sulle scope!”
 


Regulus era indeciso se prendersela con la Bumb per la punizione ingiusta, con Bertram per il tradimento o con Stuart per tutto quel macello. Visto che Madama Bumb era un’insegnante e che a quanto pare la Lerman aveva chiesto a tutti di lasciarlo a lei, decise di spostare la sua rabbia verso Stuart e quando si presentò davanti alla porta dell’ufficio della Professoressa Hookman, lo fulminò con uno sguardo che avrebbe distrutto qualunque altro undicenne. Stuart, però, non indietreggiò nemmeno.
Stuart.” Sibilò.
Black.” Rispose lui, altrettanto infervorato.
I presupposti per un ulteriore litigio, o forse davvero l’inizio di una rissa, vennero interrotti dall’apertura della porta. La Professoressa Hookman, una donna anziana e pacata dall’aria sempre malaticcia che insegnava quell’anno Difesa Contro le Arti Oscure, li guardò con aria lontana. “Buonasera.” Mormorò, spostandosi lievemente per farli entrare. “Signor Black, Signor Stuart.” Fece un segno del capo ad entrambi.
“Veramente, io sarei il Signor Stuart, e lui il Signor Black…” Intervenne Stuart.
Regulus scosse la testa, divertito. “Scambiare un Nato Babbano per un Black-“
Un colpo di libro gli arrivò in testa, non abbastanza doloroso da fargli del male ma abbastanza per farlo sussultare. Si voltò verso Stuart, ma era la professoressa ad avere in mano il libro. Era tranquilla.
“Rolanda si ricorda bene delle punizioni che le affliggevo quando non faceva i compiti.” Disse, e i due entrarono nell’ufficio scambiandosi un’occhiata perplessa. Sembrava la casa di una vecchia nonna. Quanto doveva essere anziana, quella donna, per aver fatto da insegnante alla Bumb? “Ho un bel po’ di piatti da lavare, miei cari, e sareste così gentili da aiutare una povera vecchia?"
La donna scostò una tendina, mostrando un angolo della stanza fino a quel momento celato: su un tavolino elegante, almeno un centinaio di piatti erano impalati in una torre così pericolante che poteva starsi mantenendo solo con un incantesimo. Un secchio pieno d’acqua era posto lì davanti.
“Ovviamente, senza magia.” Disse la donna.
“Non è assolutamente possibile che lei abbia mangiato così tanto da sola!.” Esclamò incredulo Stuart. “Lo ha fatto apposta, vero?”
La Hookman gli diede un buffetto sulla guancia e poi si allontanò.
Regulus… non lavava i piatti. Solitamente Kreacher lavava i piatti. O gli elfi di Hogwarts. Non c’erano piatti da lavare, fra i Mangiamorte. Andò a sedersi su uno sgabellino attorno alla postazione che la donna aveva organizzato, prese in mano uno dei primi piatti e del sapone e fissò entrambi come si poteva osservare una verruca inesplosa.
Stuart invece afferrò un pianto con uno sbuffo nervoso, ma ci si mise a lavorare senza problemi. “Allora sei davvero un purosangue figlio di papà!”
“Stai zitto Stuart, prima che ti lanci qualche fattura anche sulla punta delle dita. E che insulto sarebbe “figlio di papà”? Che problemi avete voi babbani? Perché dovrebbe essere un insulto, essere figlio di mio padre?”
Stuart scoppiò a ridere, e continuò a lavare il suo piatto.
Continuarono così per almeno una mezzoretta prima di rendersi conto che i piatti non finivano: era come se nella pila qualcuno con la magia ne infilasse nuovamente di sporchi quando stavano per terminare. Per un attimo a Regulus venne voglia di prenderli e lanciarli uno ad uno contro la parete davanti.
“Hey.” Gli sussurrò qualche secondo dopo Stuart. La Hookman era uscita dall’aula per sbrigare delle faccende, ma si guardava comunque intorno furtivo. “Scommettiamo che riesco a colpire quel punto sul muro e tu invece no?”
Regulus non riuscì a trattenersi. Rise. “Se li distruggiamo, probabilmente ne compariranno altri.” Rispose. “E ci metteremmo ancora di più nei guai. Ma sì, la voglia c’è.”
“Lo sai che c’è?” Chiese il ragazzino. “C’è che te non dovevi finire in punizione. Io sono stato un idiota, anche se avrei potuto tranquillamente venir preso dalla squadra se la scopa non fosse stata una di terza, no, quinta mano, ma tu non hai fatto niente. Cioè, mi hai salvato. Grazie.” A quelle parole, arrossì lievemente. Poi sghignazzò. “Non che non mi faccia piacere, vederti in punizione. Te lo meriti, per quello che dici e per come ti comporti. Papà lo chiama “karma”, o retribuzione divina.”
“Wow, così tanto risentimento… attento, potrebbero scambiarti per un Serpeverde, e non sia mai vero?”
Jason esitò, poi il suo volto si espanse nuovamente un sogghigno. “Beh, non sbaglierebbero.”
Regulus si impappinò, cercando di far uscire dalla sua bocca una frase coerente. “Scusa, cosa?”
“Il Cappello mi voleva mandare a Serpeverde, era la sua prima scelta e ne era anche piuttosto convinto.” Spiegò il ragazzo, facendo spallucce. “Ma io… ho detto di no.”
“Oh.” Forse non siamo così diversi, mormorò una voce dentro di sé. Regulus la zittì immediatamente. “Perché?”
Il ragazzino gli lanciò un’occhiata abbastanza esplicita, come se avesse appena dimostrato di essere intelligente quanto una verruca. O un Grifondoro. Regulus ci mise un po’ a comprendere. “Oh.” Ripeté.
Jason sorrise. “Intendo, non è che sarei stato il primo Nato Babbano a Serpeverde. Anche se amano nasconderlo, ce ne sono stati prima; solo che la maggior parte di loro o ha nascosto per un bel po’ lo stato di sangue, o ha subito anni di inferno, o addirittura ha dovuto cambiare scuola! Ma mi ci vedevi mica a Beau- Beau- insomma, fra i Francesi? Già Hogwarts è una sorpresa per me e la mia famiglia, ma la Francia…” Il ragazzino scosse la testa, osservando poi sconcentrato la tazza davanti a sé. “Sono stato fortunato, perché poi sono finito nella stessa Casa di Violet e Aaron. Mi piace studiare più di tutti e due, anche se non mi interessa molto dei voti; e il dormitorio è figo!”
“È passabile.” Concordò Regulus.
“Certo, quando ho letto per la prima volta di Serpeverde, e mi è stato detto come non accettano quelli come me, ho avuto l’impulso di cercare di unirmi a loro apposta! Per mostrargli che si sbagliavano tutti.” Jason rise. “Però forse quello è un istinto un po’ Grifondoro”
“Ti sbagli.” Negò Regulus. "Un Grifondoro fa una cosa perché la vuole fare o perché segue il suo istinto. Noi Serpeverde facciamo le cose perché le vogliamo fare o perché qualcuno ci ha detto che non possiamo farle, così agiamo lo stesso. Per esempio sono convinto che mio nonno si stia mantenendo in vita puramente per dispetto verso mia madre, che lo detesta.”
L’altro ragazzo ridacchiò ancora, scuotendo la testa di ricci castani. “Se la dici così, mi sa che hai ragione!” Il giovane alzò lo sguardo, osservando Regulus per un po’ di minuti silenziosi prima di parlare. “Noi Serpeverde, uh?”
Oh merda. Merda, merda, merda merda! La mente di Regulus si appellò alla prima scusa che trovò. “Anche io sarei dovuto andare a Serpeverde.” Rispose. “Ho chiesto al Cappello una seconda Casa per puro dispetto nei confronti della mia famiglia.”
Jason annuì. “Va bene.” Disse. “Adesso dimmi il vero motivo.”
Regulus lo fissò, confuso e anche seccato. Il ragazzino lo stava guardando sorridendo: si accorse che gli mancava uno dei denti di lato; probabilmente aveva ancora qualcuno di quelli da latte. Non doveva niente a questo ragazzino che in qualche modo era riuscito a rendersi conto della sua bugia guardandolo solo negli occhi, non doveva niente a un Nato Babbano fastidioso che non poteva assolutamente sapere le vere motivazioni sul perché avesse deciso di farsi smistare volontariamente in Corvonero. Sì, forse anche lui non si trovava nel posto giusto, ma Jason Stuart non poteva sapere nulla dei Serpeverde. Aveva elogiato il dormitorio di Corvonero senza conoscere l’accoglienza fioca delle luci dei caminetti della Sala Comune di Serpeverde, o del fatto che ogni tanto le sirene bussavano alle finestre magicamente sigillate e si divertivano a spaventare i primini. Non gli potevano assolutamente mancare le luci soffuse o i letti a baldacchino, o l’odore di legno e spezie che si poteva percepire nella sala comune, risultato di esercitazioni di pozioni dell’ultimo momento.
Al massimo poteva immaginarlo, al massimo poteva pensarci, ma non provava quella sensazione di desiderio, di brama totale per qualcosa che non avrebbe più potuto ottenere, ma che aveva conosciuto. Regulus si guardava la mattina allo specchio, e sentiva un dolore al petto e allo stomaco quando vedeva la cravatta dai colori diversi. Jason Stuart, probabilmente, immaginava semplicemente come sarebbe stato bello in verde e argento.
Si ritrovò lo stesso a rispondere, e non seppe nemmeno perché. “E’ vero che la mia famiglia è tutta Serpeverde.” Disse. “Ma lo sono anche la maggior parte di una serie di persone che non voglio avvicinare. Gente che so che mi darebbe il tormento se fossi a contatto con loro ogni giorno, e che finirebbe per…” Esitò. Non poteva dirgli come aveva effettivamente paura che, seppur non sarebbe mai tornato fra i Mangiamorte, affezionarsi nuovamente o di più a determinati individui potesse impedire anche in poco la sua crociata.
Era intenzionato, in qualche modo, a rendersi ancora utile per bloccare il Signore Oscuro, e preferiva farlo senza doversi sforzare per anni in una doppia vita in cui i suoi compagni di casa pensavano che avesse le loro stesse idee. Avrebbe già dovuto farlo a casa. Hogwarts, almeno, doveva essere un porto sicuro.
“Intendi dire i bigotti maledetti che girano fra i Serpeverde?” Regulus gli scoccò un’occhiataccia. “Oh, non guardarmi così! Mi hanno già spiegato che alcuni di loro vogliono diventare dei Mangiamorte per quel Lord Coso.”
“Il Signore Oscuro non è un coso!” Esclamò scandalizzato Regulus. Sì, aveva perso tutto il rispetto per il suo vecchio padrone, ma parlarne con così tanta tranquillità…! Se lo avesse sentito davvero uno dei futuri Mangiamorte, lo avrebbe cruciato anche a costo di farsi espellere da Hogwarts.
Stuart sbuffò e fece un gesto con la mano che voleva dire, probabilmente, di lasciar perdere. “Ho capito. Però vai comunque in giro a dire che noi Nati Babbani siamo cattivi, e bla bla bla. Non mi sembra tanto differente.”
“Non vado in giro a dire che siete “cattivi”. Semplicemente non voglio avere a che fare con voi più del dovuto. Le mie idee non cambiano, ma questo non mi rende come loro.”
“E invece sì.” Jason Stuart incrociò le braccia, i piatti dimenticati in un angolino. L’acqua nel secchio era così pregna di sapone che grosse bolle continuavano a scoppierellare sulla sua superficie, e per un attimo fu solo quel leggero rumore, quasi silenzioso, a impregnare l’aria. “Forse non colpisci i Nati Babbani con una magia o li consegni direttamente a Lord Coso, però è come se tu lo stessi facendo. Perché uh…” Il ragazzino sembrò un attimo bloccarsi, come se non gli venissero in mente le parole giuste. “Alimenti? Sì, alimenti il clima. Permetti agli altri di fare le cose che tu non fai, ma in cui credi.”
Regulus non rispose. Rimase invece ad ascoltarlo.
“Mia mamma è ebrea.” Continuò Stuart. “Nonna scappò da oltre mare per sfuggire ai nazisti. E mi ha sempre detto questo, che i primi a farle del male non furono quelli che vennero a cercarla per ucciderla, ma i vicini di casa che la vendettero e le persone per strada che distolsero lo sguardo.” Il ragazzino si tormentò le mani, imbarazzato. “Insomma… è un po’ la stessa cosa, no? Magari non uccidi i Nati Babbani, ma ci chiami Sanguemarcio. Così quelli che hai detto prima a Serpeverde pensano che in molti sono d’accordo con loro, e agiscono. E poi quando succedono le cose brutte si pensa 'ah, mannaggia, io non lo avrei mai fatto, che cattivi, ma meglio così, un Sanguemarcio in meno!'” Fece una smorfia. “E’ esattamente la stessa cosa!”
Regulus lo guardò. “Quanti anni hai, tu?”
“Undici!” Esclamò sorridendo nuovamente il ragazzino. “E il mio compleanno è proprio il primo Settembre!”
“Wow, che fortuna.” Commentò sarcasticamente Regulus, ma poi scosse la testa. Era stato un discorso… inaspettato. E che di certo non si aspettava da un moccioso, e soprattutto da uno così casinaro come Stuart. Si rese conto però che, in effetti, non ricordava nient’altro del bambino davanti a lui: nei suoi ricordi era sempre stato molto vocale, e finiva spesso per farsi togliere punti, ma per il resto… un vuoto totale. Lo aveva giudicato da due urla che ricordava a malapena e l’atteggiamento di un bambino di undici anni.
E dal suo status di sangue, sì. Questo era evidente, e questo per lui era normale. E il discorso di Stuart non cambiò minimamente le sue convinzioni, ma andò a incastonarsi comunque in un angolo della sua mente, pronto per essere analizzato nuovamente, anche se non se ne rese conto.
“Comunque a prescindere dal fatto che sei un razzista pieno di te.” Continuò Stuart. “Non sei tanto male.”
“A prescindere dal fatto che sei un Sanguemarcio con il cervello piccolo quanto una noce, non sei tanto male neanche tu.”
Stuart sorrise. “Ottimo. E comunque sai proprio andare su una scopa! Hai schivato quel bolide come un giocatore professionale.” Il ragazzo prese in mano uno dei piatti. “Ora vuoi vedere se riesci a colpire quel punto, sì o no?”
 

Passarono la mezzora successiva a tirare piatti che si ricreavano contro il muro, prima annoiati, poi presi da una vera e propria sfida. Quando tornò la professoressa Hookman, sospirò ma li congedò. “Avete già fatto abbastanza.” Disse, con la sua voce educata, guardando la pila di piatti.
“E per quelli rotti? E non abbiamo finito.” Regulus si morse la lingua. Ma chi se ne fregava di quelli rotti! E del fatto che non avessero finito. Magari per quanto era vecchia non se n’era neppure accorta.
La donna sorrise, semplicemente. “Signor Black, vi avrei fatto finire se lo scopo di questa punizione fosse stato farvi effettivamente pulire i piatti.”
 


Quando tornarono in Sala Comune, trovarono un bel po’ di primini e qualche membro della squadra di Quidditch ad aspettarli. Bertram, affondato in una poltrona, aveva un occhio nero e Lerman un’espressione soddisfatta, ma erano comunque vicini e qualcosa fece pensare a Regulus che effettivamente la ragazza lo avesse già perdonato.
Turner alzò nuovamente gli occhi al cielo. “Grazie a Merlino, siete vivi. Non vi siete picchiati per davvero.” Si stiracchiò, per poi alzarsi dal tappeto su cui si era steso. “Beh, posso finalmente andare a dormire. Buonanotte!”
E si dileguò verso i dormitori.
“Siete stati così stupidi.” Annunciò la Clark. “Un centinaio di punti tolti perché volevate andare su una scopa o vi credevate troppo bravi da aspettare gli altri! Beh, non che nel tuo caso fosse falso…” La ragazza si voltò verso Regulus, e lui si rese conto che era raggiante. “Hai fatto parte di una squadra giovanile? Sei nato con una scopa nella culla? Quelle schivate! E il modo in cui sei partito, senza nemmeno controllare l’adesione sul terreno! Per non parlare dell’aerodinamica con il vento contrario...”
Regulus sarebbe arrossito, se non fosse stato troppo impegnato a confermare nella sua testa ogni singolo complimento, e a pensare che la Clark doveva avere i prosciutti sugli occhi se non aveva anche notato il modo in cui aveva tenuto fermo la scopa.
“Sei piccoletto, e scaltro.” La Clark si portò una mano al mento, riflettendo. “Mh… sì, sì, materiale da Cercatore! Magari il prossimo anno-“
“HEY!” Esclamò l’attuale Cercatore dei Corvonero, Roderich Stebbins. “E io??”
“Non ho detto che ti caccerò dalla squadra, Rod. Ma lo sai come funziona nel mondo. Se sei bravo e ti impegni, vai avanti. E’ così nello studio, ed è così nel Quidditch! Tu dimostrami l’anno prossimo di saper fare di meglio e ti tengo in squadra e prendo lui come riserva. Oh, ma che l’anno prossimo!? Perché non questo stesso anno?!” La Clark saltò in piedi, eccitata. “E’ vero, quale regola esiste che impedisca a un primino di entrare in una squadra? Se il problema è una scopa, ne compro una io e te la presto a ogni partita! Al diavolo, vado subito a parlare con Vitious e la Bumb!” E si precipitò fuori, sorridendo apertamente, prima che qualcuno potesse fermarla.
“Ma Elizabeth, ormai è il coprifuoco!” Richiamò, invano, una delle Cacciatrici, Melissa Prohalt. “Oh, è inutile…! Possiamo anche appartenere a Case diverse, ma tutti i capitani delle squadre sono uguali! E’ come se una volta ricevuto il titolo si assimilassero in un unico essere a cui interessa solo una cosa: il Quidditch!” La ragazza abbassò lo sguardo su un tavolino. “Non ha nemmeno finito i compiti di Astronomia per domani!” Esclamò, sconvolta.
“Che gran dispiacere.” Borbottò qualcun altro, sarcastico.
“Non ci riuscirà mai.” Disse Stebbins, guardando male Regulus come se avesse implorato lui la Clark di correre via, o gli avesse direttamente rubato la scopa da sotto le gambe. “Non permetteranno mai a un primino di entrare a far parte della squadra, anche se considerato bravo.” Considerato. Come se stesse dicendo che Regulus non fosse un granché! Gli venne voglia di spaccargli il muso pallido con un pugno. “Sono queste, le regole! Vitious non le infrangerà mai. Forse se avessimo la McGranitt come Capo Casa, o Lumacorno e i suoi Serpeverde che tanto amano imbrogliare, ma non è così quindi è inutile che il mocciosetto ci pensi. Si metta l’anima in pace.” E tornò a leggere un libraccio che era quasi più grande di lui.
“Cos’è, Stebbins?” Chiese un altro giocatore, sorridendo. “Hai paura che un primino ti soffi il posto? Non devi essere davvero tanto bravo, allora…”
“Lui? Ma va, figurati!” Sbottò Stebbins. “Se ci riuscirà, sarà perché probabilmente si sarà comprato i Professori, grazie alla sua stupida famiglia.”
Sirius era un idiota. Sua madre un’ottusa, sua cugina Narcissa anche e Bellatrix una folle. Ma erano la sua famiglia, e lui era un Black ed era fiero di esserlo. In un attimo gli fu a pochi centimetri dal viso. “Lascia fuori la mia famiglia da tutto questo, Stebbins.”
“Perché? Lo sappiamo tutti come sono i Black.” Disse lui, spavaldo. “Tutti Serpeverde, tutti sostenitori di Tu-Sai-Chi, tutti quanti dei bigotti immischiati nella magia oscura che corrompono il Ministero per non farsi beccare! Sirius Black è un’eccezione, non un esempio. E guarda come ti comporti, cammini in giro come se Hogwarts ti appartenesse! Sei proprio uno di loro.”
“Come osi tu, piccolo-“
“Hey, smettila Stebbins. Non è una cosa molto carina da dire!” Si intromise Stuart. “Lascialo in pace.”
Stebbins lo guardò come se gli fosse cresciuta una seconda testa. “Ti ha chiamato… in quel modo! Davanti a tutti!”
“Io l’avevo chiamato bastardo.” Disse il primino. “E poi so combattere da solo le mie battaglie, grazie!”
Stebbins balbettò qualcosa, prima di lanciare un’ultima occhiataccia a Regulus e rimettersi a leggere.
Regulus si voltò verso Jason Stuart ed esitò, confuso. Non capiva perché si fosse messo in mezzo, e perché lo avesse difeso in quel modo quando qualche ora prima gli teneva ancora il muso. Effettivamente, per quanto pensasse di avere ragione, lo aveva chiamato con un termine denigratorio, il peggiore di tutti. Forse pernsava che il suo discorsetto gli avesse fatto cambiare idea? “Penso ancora che tu sia un…”
“Sì, lo so.” Esclamò lui, sorridendo. “Ma non credo che mi importi, al momento.”
E si diresse verso i dormitori sbadigliando e stiracchiandosi. Si voltò all’ultimo secondo, lanciandogli un’occhiata. “E comunque ho vinto io. Il quinto piatto non valeva: era troppo alto!”
Il giovane Black inarcò un sopracciglio. Rimase un attimo in silenzio, prima di sbottare. “Due centimentri non sono “troppo alto”! Sei un Corvonero, dovresti riuscire a far di conto.”
“Invece lo erano.”
“Non lo erano.”
“Certo che lo erano!”
No!”
Austen si voltò verso Lerman, confuso. “Che cosa è appena successo?”
“Oh, beh.” Mormorò Violet, andando a prendere i suoi compiti per finirli. “Credo che abbiano fatto amicizia, anche se non sembrano essersene resi conto.”
 
 
 
 
 
 
 
Un’enorme parentesi riguardo agli undicenni: sono imprevedibili. Sono stato a contatto con loro per tanti motivi, da questioni scolastiche a lavorative a semplice frequentazione in quanto parenti o parenti di amici. La pre-adolescenza è quell’età in cui puoi trovare un ragazzino che ancora crede in babbo natale e quello che comincia a interessarsi seriamente di politica e si guarda gli show serali su di essa. Una volta ho avuto una conversazione di quasi un’ora con una dodicenne come se stessi parlando con un’adulta. Certo non sono adulti, non sono nemmeno adolescenti: non potranno mai capire determinate cose come le capisce un adulto, e non potranno mai effettivamente prendere determinate decisioni, soprattutto perché a quell’età si comincia a pensare di avere sempre ragione. Tuttavia non sono nemmeno bambini. Spero che Jason e tutti gli altri non vi facciano pensare, quindi, né ad essi né agli adolescenti o ad adulti, ma una via di mezzo.
In ogni caso: wow! E’ passato più di un anno, credo! Come scritto nella bio, purtroppo ho avuto seri e grossi problemi. Ho continuato sempre a pensare a questa storia, e ho programmato pezzi di capitoli molto più avanti – semplicemente, non ho mai avuto la forza di concludere questo capitolo. Lo avevo iniziato praticamente subito dopo l’altro, quindi è uno dei capitoli più “lunghi” in questioni tempistiche che abbia mai scritto! Ringrazio tutti coloro che hanno recensito e per non aver dimenticato questa storia, ad ognuno di voi appena avrò un momento di tempo libero risponderò personalmente!
Vorrei cercare di rendere il più realistico possibile il “passaggio” di Regulus da un ideale all’altro. E’ irrealistico che un ragazzo cresciuto tutta la vita con le stesse idee e che si era unito volontariamente a Voldemort potesse diventare un filobabbano pochissimo tempo dopo: come già scritto, Regulus crede ancora nella Supremazia del Sangue, pensa solo che Voldemort e i Mangiamorte siano degli invasati e che uccidere la gente sia orrido.
Una cosa di cui ho paura è che Jason sembri un James Potter 2.0! Non è così, i due hanno caratteri differenti e spero che con Regulus ci sarà anche un rapporto differente, ma con un ragazzo esagitato c’è sempre un po’ il rischio almeno all’apparenza, no? Diciamo che anche questa sarà una sfida.
Vi ringrazio per avermi recensito, e ringrazio già in precedenza per chiunque recensirà in futuro! Un grazie anche a chi mi ha messo fra i seguiti, i ricordati o i preferiti!
~Max
 
(Il capitolo non è betato, quindi potrebbe esserci qualche grosso errore qua e là.) EDIT: Ho corretto i vari "Sanguesporco" con "Sanguemarcio". Non ricordavo la traduzione italiana per il termine! Ditemelo se ne trovate altri negli scorsi capitoli.
 
  
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