11.
Brian aveva imparato
a disegnare da bambino, quando suo fratello Alex, per tenerlo buono mentre
studiava, gli dava fogli e matite colorate su cui lui poi incominciava a
disegnare; quando poi incominciava, bisognava dirgli di smettere, perché era talmente
preso da quell’attività da riuscire a dimenticarsi tutto il resto.
All’inizio le sue
creazioni erano solo normali scarabocchi di bimbo (adesso gelosamente custoditi
da sua madre), ma col tempo Brian affinò la sua tecnica, incominciando a
copiare dai fumetti (nell’archivio che teneva sua madre, se si guardavano i
disegni in ordine cronologico, si potevano vedere gli scarabocchi che si
trasformavano magicamente in Paperino, Qui Quo Qua e Topolino, insieme ovviamente
ai Gambadilegno disegnati e colorati a matita), poi dalle foto, fino ad
approdare al disegno libero, cioè quello che scaturiva dalla sola mente.
Anche se Corrado la
pensava diversamente, Brian non era e non si sentiva un artista. Era
semplicemente una persona qualunque che padroneggiava la teoria e la pratica
del disegno e con esse dava un senso al foglio bianco. Le sue non erano opere
d’arte come lo erano quelle di Riccardo o degli artisti antichi o contemporanei
che aveva studiato in storia dell’arte; però le sue piacevano a tutti perché,
anche se non erano perfette, erano comunque gradevoli da guardare.
Disegnava quando si
sentiva particolarmente ispirato, e in questo stato poteva essere arrabbiato o
felice o addirittura triste. Quando era agli inizi della storia con Corrado, lo
disegnava sempre sul suo diario segreto in diversi soggetti (alcune volte era
un marinaio; altre, un cavaliere in sella ad un cavallo bianco, ed altre ancora
un astronauta) e atteggiamenti, e ovviamente si autoritraeva insieme a lui.
Disegnare gli calmava i nervi, lo aiutava ad astrarsi dal mondo esterno quando
c’era qualcosa che non andava, consolandolo dai suoi crucci quotidiani.
Crucci quotidiani
come la difficile situazione in cui si era andato a cacciare.
Chino sul foglio
con gli occhiali da vista (li usava sempre quando doveva disegnare), Brian
stava facendo un disegno che avrebbe voluto fare da molto tempo: la copia di
una fotografia scattata tempo prima in un parco a Milano. Ricordava chi l’aveva
scattata: Carlo, che a quei tempi si vedeva con un certo Franco, un uomo di
quarant’anni (mentre lui all’epoca ne aveva diciannove). La macchina
fotografica era quella di Corrado, una vecchia Kodak che ora giaceva da qualche
parte della loro casa a godersi la sua pensione di anzianità in santa pace, ma
che fino a quando era stata in servizio aveva scattato foto bellissime, tra cui
quella che aveva davanti Brian in quel momento. Già all’epoca la macchina
analogica era datata, essendo a disposizione le macchine digitali, ma né lui,
né Corrado erano particolarmente amanti di quel tipo di fotografia, per cui le
loro foto continuavano ad essere sviluppate e stampate su carta dal fotografo,
anziché visualizzate attraverso uno schermo.
La fotografia li
ritraeva insieme, in estate. Brian vestiva una tutina di jeans e una maglietta
gialla, ai piedi indossava delle consunte sneakers della Vans (già allora gli
piaceva vestirsi anni ’80); portava i capelli rossicci e lunghi che gli
ricadevano in onde soffici sulle spalle, ad incorniciare un viso dal sorriso
dolce e spensierato. Accanto a lui stava Corrado, vestito con una polo verde e
un paio di pantaloni kaki e le Vans blu, leggermente più magro rispetto al
presente ma con la zazzera di capelli castani perennemente spettinati (che,
diceva lui, era l’unica cosa della sua vita che non era mai riuscita a mettere
in ordine), che lo abbracciava teneramente da dietro guardandolo negli occhi,
in un’immagine di tenerezza e complicità uniche nel loro genere.
Una foto che era
sempre piaciuta a entrambi, ma soprattutto a Brian. In quella foto, pensava,
c’era il perché di dieci anni insieme, la ragione per cui un bel giorno avevano
deciso di unire le loro esperienze in un unico destino.
E quella ragione
ora Brian stava cercando, mentre faceva correre la sua matita su quel foglio,
dove stava prendendo forma un bellissimo ritratto di lui e di Corrado.
Cosa fece Corrado per conquistarmi…? Era la domanda a cui Brian stava tentando di dare una
risposta mentre disegnava.
*****
Era ancora
pomeriggio presto quando la porta di casa si aprì, rivelando la figura di
Corrado che entrava in casa, sorridendo. Brian alzò gli occhi dal disegno,
vedendo Corrado che appoggiava il cappotto e la borsa.
- Ciao amore
– lo salutò, benedicendo l’idea che aveva avuto di non andare da Riccardo
quel pomeriggio.
- Ciao dolcezza
– rispose Corrado, avvicinandoglisi e baciandogli la guancia. –
Oggi con gli occhiali? –
- Eh sì, ho finito
le lenti a contatto… che c’è, non ti piaccio? –
- Scherzi? Mi piaci
ancora di più, tesoro. –
- Come mai a casa
così presto? –
- Non c’era niente
da fare. Ed è strano, perché di solito avevamo da mettere a punto un sacco di
cose con i programmatori per quella nuova azienda… mah, vai a sapere. –
Non sapendo cosa
rispondere, perché non conosceva in particolare le abitudini lavorative
dell’azienda per cui lavorava il suo ragazzo, Brian annuì, come per dire
“Capisco”.
- Visto che sono a
casa prima, ho pensato che magari potevamo fare un giro da qualche parte. Ti
andrebbe? –
Brian gli sorrise.
– Volentieri. Dove si va di bello? –
- Uhm… un’idea ce
l’ho. – fece Corrado - …Una potrei anche dirtela, ma l’altra è una
sorpresa. –
- Dai, dimmi.
–
Corrado scosse la
testa. Brian si alzò e gli punzecchiò la pancia con il dito.
- Dimmelo o ti
infilzo con l’indice. –
- Ahahah! No, non
te lo dico! – rispose Corrado, indietreggiando e cercando di sottrarsi
alla tortura del suo ragazzo, che intanto ridacchiava.
- Dimmelo! –
- Ahahah! No…! Non
posso! –
Brian smise e passò
alla carta della seduzione, guardandolo intensamente e guidando la sua mano sul
suo sedere ancora coperto dai pantaloni della tuta.
- Se me lo dici, ti
faccio passare una notte di fuoco. –
Corrado lo guardò e
lo baciò fugacemente sulle labbra, quindi disse soltanto – Te lo dico, ma
a una condizione. –
- Sentiamo, ingegnere
ricattatore dei miei stivali. Anzi, delle mie ciabatte. –
Dalla tasca,
Corrado tirò fuori un pieghevole, probabilmente di un cinema.
- Mentre vado a
farmi una doccia, scegli un film tra questi. Poi quando esco, comunicamelo. E
forse ti dirò che cos’ho in mente. –
Brian prese il
pieghevole e si mise a dargli una scorsa, tanto per farsi un’idea. Corrado si
allontanò, dirigendosi verso la stanza da letto per poi andare in bagno.
Mentre Corrado era
sotto la doccia, lo smartphone di Brian gli vibrò in tasca. Lo prese fuori e
vide chi era.
Riccardo, che gli
chiedeva cosa stesse facendo.
Brian alzò gli
occhi, ma evitò di rispondere.
*****
Per la prima volta
da che lo conosceva Brian lasciò in sospeso un messaggio di Riccardo per un’intera
serata. In più, per non doversi giustificare con Corrado, attivò la modalità
“in aereo”, scollegando il telefono dalla rete. La serata fu così dedicata
unicamente al suo ragazzo.
Il film al cinema
fu carino, una commedia italiana fatta dei soliti drammi che può vivere una
famiglia, risolvendoli poi nel migliore dei modi. Ad un certo punto del film
Brian prese la mano di Corrado, stringendogliela dolcemente. Corrado lo guardò,
sorridendogli. Brian gli poggiò la testa sulla spalla.
Mentre erano in
macchina, Brian credette di riconoscere quella zona della città. Naturalmente
era il solito agglomerato di palazzi e auto, ma a differenza della volta in cui
era stato con Riccardo, non gli comunicava malessere e inquietudine, anzi al
contrario gli comunicava tranquillità e nostalgia. E poco dopo capì il perché.
- Oh! –
esclamò ad un certo punto – Ma… non è…? –
- Eh sì –
disse Corrado con un sorriso compiaciuto – E’ proprio qui. –
Corrado parcheggiò
l’auto nel parcheggio di un locale, la pizzeria Il Muretto.
- Oh, tesoro… la
nostra pizzeria. –
- Sì. Ti ricordi?
–
- Mi ricordo
– mormorò Brian – Ma è ancora qui…? Credevo avesse chiuso. –
- Fortunatamente
per loro, no. Entriamo? –
Entrando, la
pizzeria aveva la veste di un locale retrò: alle pareti erano appese fotografie
che ritraevano vari personaggi famosi: cantanti, attori, gente della
televisione e dello spettacolo; sulle scaffalature erano presenti coppe, premi,
targhette forse di concorsi o gare sportive. Il tutto circondato da pareti con
mattoni rossi a vista, che richiamavano il nome del locale, appunto, Il Muretto.
Era lì che tra una
capricciosa ed una quattro stagioni, Corrado e Brian passavano le loro prime
sere da fidanzati. Sempre lì passò il loro primo San Valentino, e fu lì che
festeggiarono il loro fidanzamento.
In confidenza con i
proprietari, che erano gli stessi da tutti quegli anni, i due fidanzatini si
accomodarono al loro solito tavolo accanto alla vetrina che dava sulla strada.
Non un panorama interessante, ma pur sempre un panorama.
- E’ rimasto tutto
come allora, non è cambiato proprio niente. –
- Già…! Sei
contento? –
- Molto –
sorrise Brian – Era da un po’ che non ci tornavamo. –
Durante la cena,
Corrado gli parlò molto di come si stavano evolvendo le cose in ufficio, con le
nuove aziende che si rivolgevano a loro per ottenere consulenza e le nuove
assunzioni. Però dentro di sé Brian sentiva che c’era qualcosa che non andava
in Corrado. All’inizio sembrava entusiasta di parlare del suo lavoro, ma poi
scorse nelle sue parole una nota di dubbio, che non seppe spiegarsi finché
Corrado non pronunciò una frase precisa.
- Tra poco dovrei
riuscire ad ottenere quel posto di vice-responsabile. Però non mi hanno ancora fatto
firmare nulla. E non capisco perché. –
Se ancora conosceva
bene il suo ragazzo, Brian sentiva che non era felice perché ancora non era
stato messo in forza come vice-responsabile. Si sentì dispiaciuto per lui.
- Oh – disse
Brian, annuendo. – Per quel poco che ne so, i tuoi capi potrebbero stare
prendendo del tempo per… non lo so, farti apprendere nuove cose, per non darti
all’improvviso una responsabilità così grande. –
- Tu dici che
potrebbe essere per quello? –
Brian fece
spallucce, non potendo portare altra esperienza che quella della piccola
azienda edile di suo padre – Potrebbe essere. Sai che io non ci capisco molto di queste cose… però…
ecco, mio padre una volta doveva prendere una nuova ragazza come segretaria per
la sua azienda, mi segui? –
Corrado annuì.
- Ecco. Fece un po’
di colloqui a diverse ragazze appena diplomate o laureate, solo che Silvia, la
sua vecchia segretaria, non voleva lasciare il suo posto ad una ragazzina più
giovane: ogni volta che qualche candidata andava via dopo i colloqui, lei era
raggiante e diceva sempre che le ragazzine non avrebbero saputo supportarla al
meglio. In realtà era solo gelosa del fatto che mio padre avesse una ragazzina
più giovane e magari più carina alle sue dipendenze. Ti immagini? –
Ridacchiando, Corrado
rispose – Sì, posso immaginare. E quindi? –
- E quindi mio
padre dovette tenersi Silvia per un bel pezzo, finché non arrivò alla pensione.
Solo allora poté trovarsi una nuova ragazza. Ah, e poi aveva anche provato ad
assumere una ragazza che collaborasse con Silvia. Sai come andò a finire?
–
- No, come andò…?
–
- Prova ad
immaginare: la ragazza fece appena tre mesi, poi rassegnò le dimissioni, perché
Silvia la torchiava troppo. Un po’ come Miranda Priestly ne Il diavolo veste Prada. –
A quella frase,
Corrado rise di gusto. – Ahahah! Ma dai! Sul serio…? –
- Sì, sì! È tutto
vero! – esclamò Brian, ridendo a sua volta. E così, risero insieme mentre
Corrado versava un po’ di vino nel bicchiere di Brian. Brindarono amabilmente,
e Brian pensò che Corrado non stava più pensando al motivo per cui non lo
stavano mettendo in forze come vice-responsabile.
- Ora che mi ci fai
pensare, potrebbe essere vero. Effettivamente il capo reparto è ancora lì. Però
è vicino alla pensione. Magari è come dici tu, stanno aspettando che quello se
ne vada per potermi dare il posto. Non ci avevo pensato e loro non me l’avevano
certo detto. –
Brian mise giù il
bicchiere mezzo pieno di vino mentre rispondeva. – Magari l’hanno fatto
per metterti un po’ sotto pressione psicologica. Provo a ragionare come
farebbero loro: noi ti promettiamo il
posto ma non ti diciamo quando lo occuperai. Così tu, Ingegner Ottonelli, farai
del tuo meglio per dimostrarti all’altezza. –
Frattanto, il
cameriere era arrivato con le loro ordinazioni. Brian lo ringraziò, al
contrario di Corrado che era rimasto fisso a guardare il suo ragazzo.
Brian fece un
sorrisetto. – Be’? Che c’è? –
Corrado ridacchiò
abbassando gli occhi, dando modo a Brian di vedere i suoi capelli, che da
qualche tempo avevano cominciato a imbiancare sulle punte – Mi hai fatto
venire in mente un’immagine divertente: un somaro che tira la carretta mentre
rincorre una carota appesa a un filo, nel vano tentativo di prenderla. –
- Oh, tesoro… non
intendevo dire che… -
- No, tranquillo
amore. Se loro vogliono che sia così, così sarà. Anche perché non potrei
permettermi di lasciare questo lavoro per orgoglio. Trovarne un altro sarebbe
difficile, e poi… Io la mia carota l’ho già conquistata. – disse,
guardandolo dolcemente e allungando la mano sul tavolo.
Brian lo guardò
negli occhi, sentendo un brivido di tenerezza. Allungò anche lui la mano sul
tavolo, stringendogliela dolcemente. Le loro fedi si toccarono quando Corrado
gliela prese e gliela baciò, sempre guardandolo negli occhi.
- Sei tu –
disse – Il mio pel di carota. Almeno, una volta lo eri. –
Arrossendo, Brian
abbassò lo sguardo – Biondo non ti piaccio? –
- Mi piaceresti in
ogni modo, dolcezza. –
Brian rialzò lo
sguardo, incontrando quello di Corrado. I suoi occhi erano così aperti, la sua
espressione così felice che non nascondeva nulla: era come lo ricordava dieci
anni prima, un ragazzo pulito, così diverso dagli altri, che gli aveva rubato
il cuore. In quel preciso momento si sentì felice, appagato, tanto che nella
sua mente, Riccardo si eclissò per un lunghissimo istante.
Resterei a guardarti per ore, piccolo, sembrava dicessero gli occhi del suo Corrado. Cose
che gli occhi di Riccardo non gli avevano mai detto. Ecco cosa sentiva sempre
per Corrado, cosa aveva sempre sentito. Sì, ma… come l’aveva conquistato?
Era certo che, se
si fosse ricordato di quel dettaglio, tutto sarebbe forse tornato alla
normalità.
Lasciandosi
prendere dalla tenerezza, Brian prese il viso di Corrado nelle sue mani e gli
regalò un tenero bacio, cercando di dominare un improvviso accesso di pianto
che gli era venuto.
La pizza al Muretto era squisita come la
ricordavano. Brian mangiò con gusto la sua capricciosa, e Corrado la sua ai
quattro formaggi. Durante la cena parlarono ancora tanto, soprattutto dei
progetti per il futuro di Brian, che comprendevano il tornare a studiare architettura
e magari prendere anche la patente. Così
non sarai più costretto a portarmi sempre in giro, aveva aggiunto. Corrado
gli disse che l’avrebbe appoggiato in ogni modo, anche per la patente e che
ovviamente non era un problema per lui scarrozzarlo dovunque volesse. Poco dopo
Brian gli chiese dove avrebbe potuto documentarsi sugli esami da dare al corso
di laurea.
- Se ti va, puoi
andare alla biblioteca del Politecnico – disse ad un certo punto Corrado
– lì ci sono tutti i testi che riguardano la materia. Non so se ci sia un
test di ammissione, ma non penso. Al massimo dovrai dare prova di avere qualche
conoscenza di base. –
- Grazie del
consiglio, amore. Ci andrò sicuramente. – promise Brian, sorridendo e
addentando una fetta di pizza.
*****
Più tardi, disteso nel
letto, Brian stava scontando i postumi di una sbornia da vino rosso amabile
usato per accompagnare la pizza. Quella sera avrebbe volentieri fatto l’amore
con Corrado, ma era troppo fuori gioco anche solo per pensare ad una cosa del
genere. Si limitò a coricarsi appena arrivati a casa, mentre Corrado guardava
un po’ di televisione in salotto. In un momento di lucidità mentre era disteso,
si ricordò del suo cellulare che ancora non aveva riportato in collegamento.
Quando lo fece, pochi secondi dopo gli arrivarono le miriadi di notifiche di
Riccardo, che gli aveva scritto più volte nel corso della serata.
- Cazzo –
mugugnò Brian, sospirando e preparandosi a leggere ciò che già lontanamente
intuiva.
Mi manchi, ti penso.
Poi un altro, un
po’ più preoccupato: Perché non mi
rispondi, amore? Mi manchi, vorrei che mi rispondessi al più presto.
Si soffermò in
particolare su quella parola, Amore.
Allora lo amava? O era stato solo un modo di dire dettato dall’ansia che
traspariva da quei messaggi?
Non so perché tu stia facendomi questo, ma vedi di
smetterla e spiegarmi appena puoi, ok? Diceva
un altro messaggio, questa volta un po’ più piccato. Se aveva avuto il pensiero
di bloccarlo in passato, si rallegrava di non averlo fatto: poco ma sicuro che
lo avrebbe tempestato di messaggini. E pensare che avrebbe dovuto saperlo che
non l’aveva bloccato! La sua immagine su Whatsapp (un selfie con gli occhiali
da sole, una delle poche foto che lo ritraevano in una posa provocante) era
ancora ben visibile a Riccardo, quindi perché si era alterato così tanto?
Mi stai facendo soffrire, sei proprio come il mio
ex-ragazzo.
Decise di ignorare
tutti gli altri messaggi, quindi gli scrisse che era insieme a Corrado e non
poteva messaggiare, per questo aveva dovuto spegnere il telefono.
Sullo schermo vide
le doppie spunte blu che segnalavano che Riccardo aveva letto i messaggi,
quindi vide che stava scrivendo qualcosa.
Spero che tu abbia passato una bella serata, gli scrisse, senza aggiungere cuoricini o altro.
Brian capì dal tono che era abbastanza seccato, quindi cercò di rimediare.
Scusami,
gli scrisse, aggiungendo una faccina triste. Purtroppo è arrivato all’improvviso e mi ha proposto di uscire insieme…
Non me lo aspettavo! Non voglio rovinare tutto tra di noi. Mi sei mancato tanto
anche tu, amore mio, concluse, rendendosi conto che forse aveva esagerato
con le ultime due parole ma allo stesso tempo che era ormai troppo tardi per
ritrattare. Avrebbe sì potuto cancellare il messaggio, ma che cos’avrebbe
pensato dopo Riccardo?
Quest’ultimo gli
confezionò una risposta rapida e concisa. Ok.
A quel punto, Brian
si disse che sarebbe stato inutile cercare di parlargli ulteriormente, quindi
mise via il cellulare sentendosi un peso sul cuore. Quando arrivò Corrado dalla
serata in salotto, gli si accoccolò accanto e si lasciò abbracciare per tutta la
notte, alla ricerca di un rifugio sicuro dalla strana tristezza che gli era
venuta.