Crossover
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Autore: Ash Visconti    18/03/2018    2 recensioni
Via Lattea. Un futuro imprecisato. Un Nuovo Ordine è sorto dalle ceneri di un era di lotta e devastazione, pronto a riportare la pace e l'unità nella galassia con ogni mezzo necessario, anche quelli sporchi. Ma quando i fautori di ordine e stabilità negano le libertà altrui è tempo di combattere. Tra i combattenti per la libertà un gruppo di persone forma un team per lottare uniti insieme ad altri eroi.
Crossover tra: Warhammer, Hunger Games, Maze Runner, Divergent, World of Warcraft, Starcraft, Diablo e Thief. Nonché personaggi originali. Se questa premessa vi ha incuriosito, leggete pure!
Nota: potrebbero apparire un paio di personaggi OOC.
Genere: Fantasy, Guerra, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Libri, Videogiochi
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4 - Sulla Fellowship


Savlar Chem-Dog Trooper 2
Cane-Chem di Savlar
 

"Killing ground
Even though you surrender
Turn around
You will never survive
Killing ground
As the battle of Fraustadt turns"

Sabaton; "Killing Ground"

“Procedura di decollo avviata!”
Questo annunciò il pilota della Fellowship, mentre i motori ronzavano ed il mezzo si staccava dalla piattaforma d’atterraggio.
Spinto dai razzi propulsori il mezzo si alzò in verticale dalla piattaforma sempre più velocemente e la visione della base B e della vicina città di Roccavento si rimpiccioliva sempre di più mentre andava aumentando l’altezza dal terreno.
Poi accese i motori principali, dirigendosi verso il cielo e fuori dall’atmosfera, a velocità sempre maggiore, lasciando alle spalle il pianeta Azeroth.
“Coordinate del sistema solare ignoto inserite. Salto alla velocità della luce in tre… due… uno… ora!”
Con guizzo la nave sparì nel cosmo, diretta alla meta designata.
Ci sarebbero volute un po’ di ore prima giungere a destinazione, così il team decise di rilassar in giro per la nave, d’altronde in mezzo era abbastanza grande per contenere una quindicina di persone, sebbene l’ambiente fosse assai spartano.
Hugh e Kyle, assieme ai quattro nuovi arrivati erano andati nella piccola sala mensa della nave, a bere una bibita rinfrescante tirata fuori dal piccolo frigorifero.
“Vi siete conosciuti su Meridian? Venivate tutti e tre da lì” chiese Leah a Richard ed altre due donne.
“Io li ho solo incrociati qualche volta” commentò Johanna.
“Già” rispose Richard. “Io ho incrociato brevemente Christine, durante una battaglia contro le forze del Nuovo Ordine inviate a supportare Snow, e non sapevo neanche il suo nome. Stesso discorso per Johanna che l’ho solo incrociata alla base E”.
“In che battaglia avete partecipato, quella dell’evacuazione dal pianeta?” domandò Kyle.
Christine scosse la testa in un gesto di diniego.
“No, in una precedente: quel giorno io facevo parte di una spedizione militare volta ad infliggere una grave sconfitta alle forze nemiche. Dal punto di vista meramente strategico non è stata niente di che quella vittoria, dato che abbiamo solo eliminato gli elementi deboli delle forze avversarie sul pianeta, però possiamo considerarla una vittoria, solo per avere sconfitto le forze del Governatore Macharius…”
 
***
 
“Ci siamo!” disse qualcuno più avanti di Christine. “Quella è la nostra meta!”
La giovane sollevò lo sguardo, scorgendo in lontananza una serie di colline erbose punteggiate da grandi massi di pietra.
Quel luogo sarebbe stato, come da programmato, la loro base in vista dello scontro contro le forze del Nuovo Ordine.
L’obiettivo era il bersaglio più facile dei reggimenti giunti su Meridian a supportare Snow: quello dei Cani Chem di Savlar, delle Legioni Penali.
Le Legioni Penali erano composte dalla feccia umana della Galassia, tirata fuori dai carceri o dai campi di lavoro, ed obbligati ad andare al fronte senza alcuna certezza di tornare.
Assassini, tagliagole, ladri ed insubordinati venivano sbattuti su qualche lontano pianeta dal clima e dalle condizioni ambientali ostili e poi obbligati a combattere per il Nuovo Ordine nei teatri di guerra più pericolosi e nelle missioni più disperate. E se qualcuno di loro riusciva a sopravvivere otteneva ufficialmente la grazia per i suoi crimini.
Benché facenti parti delle Legioni Penali, i reggimenti reclutati tra i detenuti del mondo prigione di Savlar, spiccavano tra quelli più anonimi.
Christine non ne capiva bene il motivo: da quello che aveva sentito l’unica motivazione dei Cani-Chem di Savlar erano i bottini che potevano ottenere dalle vittorie, roba per nulla eclatante a pensarci bene.
La loro squadra era composta da un miscuglio di presone di varia provenienza: Intrepidi come Christine, soldati locali agli ordini della Coin, ed una squadra di Marine, la fanteria base della Federazione Koprulu, vestiti di grosse armature complete di casco ed armati dei loro fucili gaussiani d’ordinanza.
Presero posizioni in cima alla collina, pronti ad accogliere i soldati di Savlar: loro credevano di annientare le forze ribelli, ignari che quelle forze ribelli erano l’esca ed altre forze ribelli erano pronte ad intervenire.
“Bene!” disse l’ufficiale dei Marine nominato capo di quella operazione, alzando lo sguardo dal radar. “Arrivano, credendoci una preda facile, accontentiamoli!”
Con un esclamazione di entusiasmo, Intrepidi, Marine, ed altri volontari presero posizione dietro le rocce, i fucili in pugno.
Poco dopo, videro l’avanguardia del reggimento: squadre di Cani-Chem a cavallo avanzavano al trotto verso di loro.
“Aspettate a sparare!” ordinò l’ufficiale.
Quelli fermarono i cavalli a distanza e rimasero fermi in attesa, mentre un paio di loro tornarono indietro. Un quarto d’ora dopo, tutto il resto del reggimento apparve in vista dei difensori delle colline.
Alcuni avanzarono avanti alzando quelli che sembravano lanciarazzi e spararono.
I proiettili impattarono ai piedi della linea dei difensori, ma non esplsoero e generarono solo un fitto fumo bianco che rese difficle la visuale dei difensori.
"Fumogeni! Fuoco a volontà nel mezzo!"
I difensori aprirono il fuoco, e subito giunsero spari in risposta. Quando il fumo si diradò i soldati di Savlar sbucarono urlando fuori dalla nebbia, gettandosi sui difensori ma venendo falciati dal fuoco delle prime file.
Vedendoli più da vicino, Christine poté notare che non avevano una vera e propria divisa, se non gli stivali neri e un lungo capotto marrone, alcune avevano vecchi placche di armature. Tutti portavano sul volto delle maschere respiratorie che coprivano la bocca e il naso, lasciando scoperti gli occhi e la fronte.
Seguì un caoticos contro di urla e sapri, dove i difensori respinsero ogni assalto dei nemici, seppure riportando perdite tra le fila.
La  trappola ormai era scatata: mentre i Cani Chem si raraggrupapvano per un nuovo assalto, su un dosso in lontananza apparvero decine e decine di cavalieri in divisa blu, dotati di elmo e corazza pettorale, aramti di sciabole e fucili.
Quei corazzieri facevano parte di tutte quelle forze di Misthaven che avevano rifiutato il governo del Nuovo Ordine e se n’erano andate dal pianeta, il loro mondo antale none ra avanzato tecnologicamente come gli altri, ma gugualmente i pochi reggimenti venuti da quel mondo facevano la loro parte.
I corazzieri caricarono alle saplle i Savalr, accortosi tropp otardi della forza nemica e venenro travolti e calpestati dalla carica dei cavalli, colpiti dalle scaibole o dai colpi di fucile.
Ricaricato il suo fucile, Christine riprese a sparare stando attenta a non colpire i rinforzi. Vide un Marine sollevare lo sguardo verso l’alto. Incuriosita levò lo sguardo anche lei, e poté vedere figure volanti che calavano in picchiata sugli avversari.
Erano grandi rettili dotati di ali da pipistrello e dai  lunghi colli e lunghe code, a prima vista parevano draghi, ma non avevano le zampe anteriori, solo quelle posteriori: erano viverne. Inoltre non sputavano fuoco, ma getti di acido ustionante sui Cani Chem, oppure scendevano in picchiata per ghemirli con gli artigli.
Erano cavalcate da giganteschi umanoidi dalla pelle verde e vestiti di abiti tribali: gli Orchi che dimoravano su Azeroth, inviati dal Capoguerra Vol'jin come rinforzo.
Una viverna scese in picchiata per ghermire i nemici con gli artigli. Ne seguì una movimentata lotta, dove poi i soldati abbatterono l’animale sparandogli addosso a più riprese. L’orco che la cavalcava scese da essa con un balzo prima che morisse e cominciò a menare fendenti a destra e a manca con la sua ascia.
L’ufficiale dei Marine si alzò in piedi, puntando in avanti il fucile gaussiano ora armato di baionetta.
“E’ il momento! Avanti, schiacciamoli!”
Con un grido tutti scesero di corsa dalla collina, sparando e caricando la Legione Penale, ormai completamente circondata.
D’istinto Christine sparò ad un nemico che stava per lanciare una granata colpendolo alla spalla; l’ordigno cadde a terra ed esplose colpendo i soldati di Savlar.
Lo scontro infuriò ancora per un po’ di tempo; nonostante la situazione critica, i Cani-Chem di Svlar non parvero nemmeno pensare di arrendersi o di ritirarsi, rimanendo al loro posto e cercando di fare il possibile per resistere.
Molti dei nemici, come preventivato, erano solo carne da macello, ma si continuò a combattere finché il reggimento di Savlar non venne completamente annientato, solo pochi avevano avuto il buonsenso di ritirarsi ed erano riusciti a scappare per tempo, dal blocco. Probabilmente stavano galoppando verso la base sicura più vicina, a costo di far scoppiare i cavalli.
Di contro la Resistenza era padrone del campo e tutti esultarono per la vittoria.
Christine si guardò attorno. Ovunque non vedeva altro che soldati morti. Erano centinaia, forse migliaia., una visione impressionante che inevitabilmente bloccava i pensieri, mostrando solo l’effettiva imponenza di quell’evento cruento che si era consumato lì.
L’ufficiale dei Marine notò il suo sguardo spaesato.
“Tutto bene?” chiese.
Christine si riscosse alla domanda.
“Sì. Sì, signore”.
“La prima battaglia? Ti ci abituerai”.
Non era la prima volta che Christine combatteva, ma non aveva mai visto una simile distesa di morti e devastazione. Quella era la guerra, e finita esauritasi l’adrenalina della battaglia, ora sapeva che non gli piaceva.
Jake si avvicinò a lei, con una smorfia di dolore sul volto, e tampona dosi la spalla con un fazzoletto.
“Tranquilla” rispose al suo sguardo. “Il proiettile non è entrato, mi ha solo preso di striscio”.
Jake fissò poi con un po’ di interesse alcuni soldati nemici morti sul terreno, quelli più vicini.
“Questi brutti ceffi saranno anche dei criminali, ma non posso fare a meno di notare che il loro coraggio è stato notevole in questa battaglia. Nonostante la situazione svantaggiata hanno resistito fino alla fine!” esclamò.
Christine, sentiva di condividere quell’affermazione ma l’ufficiale dei Marine scosse la testa.
“No, non è notevole il loro coraggio, è folle. Anzi artificiale”.
“Artificiale?” chiese Christine.
L’uomo indicò le maschere respiratorie che portavano i caduti.
“Vedete queste maschere? Sono Chemioinalatori; respiratori che gli fanno inalare gas alterati che gli rendono completamente indifferenti davanti al pericolo”.
“Una… droga, insomma” fece Christine colpita dalla rivelazione.
“Già. La usano solo loro a quanto pare, e ciò li distingue dai soliti soldati penali”.
Si avviò a raggiungere gli altri Intrepidi, sentì che dieci membri del suo gruppo erano morti, il doppio era rimasto ferito. Anche le altre fazioni alleate contavano morti e feriti dalla battaglia. I medici sul posto si affrettavano a prestare le dovute cure ai soldati alleati feriti onde stabilizzarli, mentre un ufficiale chiedeva alla radio di far arrivare una navetta medica sul posto per portarli alla Base E, dove avrebbero ricevute cure più idonee.
Presto anche i soldati ancora vivi avrebbero ripiegato il più velocemente possibile alla Base E; lì erano allo scoperto.
 
***
 
“E poi?” chiese Hugh una volta che la giovane donna ebbe finito il racconto. “Che è altro successo, sul pianeta?”
“La ritirata da Meridian naturalmente” rispose Richard.
“Sì, sappiamo della ritirata, intendo qualcos’altro di rilevante prima della ritirata!”
“Beh, non c’è molto da raccontare” commentò Johanna allungandosi sulla sedia. “I soldati hanno stretto un cerchio di ferro attorno alla Base E, le sortite sono diventate praticamente impossibili da fare, ci siamo ritrovati assediati da centinaia di tizi desiderosi fare la pelle alla feccia ribelle, quindi la Coin ci ha comunicato che la Base non era più difendibile e che se volevamo preservare ancora i nostri ideali di libertà da Capitol City dovevamo fare le valigie ed andarcene con tutti i nostri alleati”.
“Quindi eccoci qui a fare nuove missioni per la ribellione” concluse l’Intrepida.
“Uh, salto di gioia” fu il commento di Johanna.
Leah volle approfondire una cosa che gli era passata per la mente sentendo il racconto della sua commilitona.
“Ma voi… Come avete detto di chiamarvi? Ah sì, Intrepidi! Voi Intrepidi mi sembrate una banda di guerrieri che dà grande valore al coraggio”.
“Tutti i guerrieri danno valore al coraggio, no?” obiettò Kyle.
“Vero, ma Leah ha centrato il nocciolo della questione. Volevi sapere se il coraggio, l’assenza di paura, sia il valore cardine del nostro gruppo, vero?”
Leah annui.
“In tal caso, è così”.
“D’accordo, questa mi è nuova” fece Kyle.
“Il coraggio” spiegò Christine, “E’ il valore eretto a simbolo del nostro gruppo. Esso è la nostra filosofia di vita e tutti gli Intrepidi sono coraggiosi. Anche se ha origini particolari” aggiunse alla fine, pensierosa.
“Davvero? E da cosa è dovuto?” chiese Richard.
L’Intrepida tamburellò un attimo le dita sul tavolo, Kyle colse nei suoi occhi un’ombra di fastidio, sembrava voler non aver aggiunto l’ultima frase.
“Manipolazioni genetiche” rispose infine.
Leah inarcò un sopraciglio.
“Manipolazioni genetiche? E cosa sono? Scusa, ma il mio pianeta natale non è avanzato come molti altri…”
Christine fissò per un attimo il soffitto della stanza dell’astronave prima di rispondere.
“Diciamo che da dove vengo io, gli uomini hanno imparato a far nascere le persone con tratti particolari bene in vista, nel nostro caso individui con il coraggio come tratto caratteriale dominante”.
“E perché lo hanno fatto?”
Christine scrollò le spalle.
“Era solo un esperimento. Un esperimento che non li ha soddisfatti” dichiarò, come per liquidare il discorso.
Kyle vide passare fuori dalla stanza Anduin, e si alzò per andare a parlargli, dopo essersi congedato dia suoi compagni.
“Beh, che ne pensi dei nostri nuovi colleghi?” gli chiese.
“Mi sembrano affidabili Kyle, sono sicuro che ci torneranno molto utili quando arriveremo a destinazione”.
“Idee su come procedere?”
“Se il pianeta è disabitato torneremo subito indietro. Se è abitato, umani o alieni che siano, prenderemo contatti diplomatici con i principali leader, senza farci beccare dai nostri nemici”.
“Sempre che i nostri nemici, non abbiano già persuaso eventuali umani a schierarsi con loro”.
Anduin si limitò ad annuire, era un peccato che gli umani del luogo (sempre che ce ne fossero) decidessero di stare col Nuovo Ordine, ma per ora potevano solo aspettare di giungere sul pianeta prima di decidere l’azione più idonea. Magari quel mondo sarebbe risultato anche inabitabile, chissà.
Intanto la Fellowship continuava viaggiare a tutta velocità nell’iperspazio diretta verso l’enigmatico pianeta.
 
 
Tempo dopo…
 
“Colonnello Hamsha, ci siamo: quello è il pianeta sfuggente!”
Sul ponte di commando della nave partita da Scintilla,
“Le coordinate sono esatte?” domandò il colonnello ai navigatori seduti alle loro postazioni.
“Sì, signore!”
Hamsha posò gli occhi sulla meta designata, e lo stesso fecero gli uomini sul ponte.
Al loro sguardo si presentava proprio il pianeta ignoto di quel settore rilevato in precedenza. Visto dallo spazio siderale, appariva come una gigantesca palla azzurra per gli oceani che circondavano le verdi o brune o bianche terre emerse, attraversata dai grandi banchi di nubi. La luna del pianeta, al confronto, era sterile e vuota.
Il colonnello dei Fucilieri di Scintilla sorrise soddisfatto. Quella missione, se fosse andata a buon fine, gli avrebbe garantito una buona ricompensa dalle alte gerarchie; da poco e aveva raggiunto il grado di colonnello, e non vedeva l’ora di dimostrare che era ben meritata quella promozione.
“Bene signori, il pianeta è abitabile, ora vediamo chi ci vive…”
 
   
 
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