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Autore: ___Page    20/03/2018    5 recensioni
«Iva tu… non l’hai già acquistata vero?» chiedo in un soffio e un angolo della sua bocca si contrae in un tic.
«A chili» conferma.
«Se non dovessimo trovare un’utilità per questo prodotto, il danno ammonterebbe a una cifra considerevole.»
«Ci serve più tempo!»
«Non lo abbiamo. Ci serve che la questione si riveli un affare entro Settembre o qualcuno del consiglio potrebbe… contrariarsi, diciamo. E la presentazione è programmata per Luglio. E deve essere l’affare dell’anno.»
***
Grazie alla geniale trovata di Iva ora mi ritrovo con il mio migliore amico che si sposa tra sei settimane, Sabo da gestire, un matrimonio da aiutare a organizzare e un progetto assurdo, impossibile, irrealizzabile dal cui successo dipende il futuro lavorativo mio, dei miei due collaboratori/amici, di un’altra buona fetta di colleghi e del mio capo.
Fantastico! Sono al settimo cielo!
***
«Ehi non mi piace che si usi quel termine per me!» protesta.
«Cosa?! Mestruato?!» domando con sfida, ma lui scuote la testa «Irritante?» riprovo, sollevando le sopracciglia, ma lui nega di nuovo «Gay?!» chiedo ancora. Incredula, lo guardo annuire solenne.
«Precisamente.»
No, io non ce la posso fare.
«Izo tu sei gay!!!»
Genere: Comico, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Koala, Nami, Nefertari Bibi, Trafalgar Law, Usop | Coppie: Nami/Zoro
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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Tolgo di nuovo le scarpe che ho dovuto rimettere per le utlime foto della giornata, con un sollievo che non si può nemmeno spiegare. Mi lascio cadere di schiena sul letto e sorrido. Siamo tutti stanchi morti ma decisamente ne è valsa la pena.
È stato bellissimo e memorabile e ci sono un paio di aneddoti che dubito ci stuferemo mai di raccontare da qui al nostro letto di morte.
«Okay…» la porta solo socchiusa si apre appena un po’ di più, il necessario a far scivolare Law nella stanza, il cellulare all’orecchio. Mi puntello sui gomiti e lui subito alza un dito a chiedermi un attimo ancora, a mo’ di scuse che, ovviamente, non servono. Ma ditelo a lui, è più duro del comodino. «Quindi i risultati della biopsia cosa dicono?»
Con un moto di profondo affetto e orgoglio per lui e la dedizione che ha nel suo lavoro, mi rialzo e comincio a spogliarmi, iniziando dalle autoreggenti, che si sono appiccicate tipo effetto sottovuoto e mi danno non pochi problemi a staccarsi dall’interno coscia. Maledette.
«Io avrei fatto esattamente la stessa cosa» gli lancio un’occhiata da sopra la spalla. Annuisce serio, gli occhi concentrati puntati al muro, le sopracciglia appena corrugate, una mano sul fianco. «Va bene così, sei sulla strada giusta, non farti venire dubbi che non esistono»
Sorrido, divertita dal trasporto con cui lo dice. Alla faccia di quello che non si fa coinvolgere e “ognuno per sé, non voglio smazzarmi anche i problemi degli altri”. Finalmente anche il secondo elastico siliconato si stacca, lasciando libera la mia pelle.
«Certo. Chiamami se hai altri dubbi»
Mi rimetto dritta e sgancio la cintura.
«Tranquilla. Buon lavoro»
Chiude la telefonata e sospira stanco. «Scusami, era Ishley. Fa la notte in pediatria e c’è un bambino che sembra fatto di vetro tanto è fragile di salute»
Sollevo le braccia per sganciare il bottoncino che chiude il corpetto del mio vestito subito sotto il collo. «Si fida un sacco di te»
«E io di lei» annuisce.
«Sì ma intendo che tu per lei sei un punto di riferimento» mi spiego meglio, voltandomi per farmi slacciare la zip. «Sarà dura quando tornerai ad Alabasta» mormoro, lo stomaco contratto ma gli impongo di rilassarsi subito. Non che mi dia retta.
Sarà solo un anno ma sarà un lungo anno. E mi fido di lui, ciecamente però è dura lasciarlo andare ora che l’ho appena ritrovato. Anche se non dovrei fare questi pensieri ora, dovrei piuttosto essere contenta che abbiamo ancora un mese e mezzo da passare insieme. E poi io andrò a trovare lui e lui tornerà a trovare me. E sarà solo un anno. Solo un anno.  
«Io non torno ad Alabasta»
«Come?!» mi giro di scatto, il fiato sospeso.
Ho sentito bene?!
Una mano in tasca, l’altra a riavviarsi i capelli, un ghigno storto.
«Non torno ad Alabasta. Lo prende Sabo il mio biglietto aereo» mi giro completamente verso di lui, in attesa. «Ieri ho telefonato al mio direttore di specialità. Il ragazzo con cui ho fatto lo scambio si è trovato così bene ad Alubarna che vorrebbe restare. Qui una mano in più serve e ormai mi manca solo la tesi, che posso scrivere ovunque. Tornerò solo per discuterla»
Lo ascolto a occhi sgranati, confusa. E felice, certo. Sono anche felice ma soprattutto confusa.
«Non ti ho detto niente perché eri presa a riorganizzare il mio fu matrimonio in meno di ventiquattr’ore» allarga il braccio in un gesto e con un’espressione che so benissimo indicare quando è colpito e ammirato da qualcosa che trova incredibile – solo perché lui non avrebbe saputo da che parte iniziare, ma non ho fatto poi niente di che –. Mi sento riscaldare tutta dentro.
«Hai sempre detto che stare fuori fosse importante per un medico...»
«Lo so» mi interrompe, avanzando di un passo verso di me. «Ma sono stato lontano abbastanza. So cosa voglio adesso. E voglio restare. I lavori per il Castello sulla Collina inizieranno poco dopo la fine dell’estate e io voglio esserci. Voglio esserci per costruire questo ospedale» ghigna di nuovo, guardando fisso nei miei occhi. «E anche qualcos’altro»
C’è ancora un attimo di incredulo silenzio prima che io ricominci a respirare. E scoppi in una mezza risata mentre mi lancio verso di lui, mi aggrappo al suo collo, con l’intento di trascinarlo verso di me per baciarlo, ma nella foga non controllo la forza e lo scaravento per sbaglio sul letto. Oh beh, poco male visto che vado giù anche io, restandogli addosso e da questa posizione baciarlo è molto, molto più facile.
Infila le mani sotto la parte superiore del mio abito, morbida il giusto per lasciargli spazio a sufficienza per accarezzarmi, e io ricambio aggredendo i bottoni della sua camicia. Maledetti pure loro.
Sto ancora litigando con il terzo che proprio non vuole uscire dall’occhiello quando Law mi afferra  e mi ribalta sul letto per sovrastarmi.
«Uoh!»
«Koala, questa camicia è costata centoquarantasette berry» mi mette in guardia con un’espressione sadica e bastarda. Il gatto che gioca con il topo, ve lo garantisco.
«Oh» fingo di stare al gioco ma non riesco veramente a restare seria. Mi avvicino con il viso e lui subito si abbassa di più per strusciare il naso sulla mia guancia. «Sarebbe un vero peccato se i bottoni si strappassero, allora» afferro saldamente i baveri tra le mie mani.
«Un’autentica tragedia» soffia un secondo prima che tre bottoni madreperla schizzino in giro per la stanza. Gli mordo le labbra mentre a palmi pieni mi impossesso del suo torace. Inarco la schiena e gli lascio lo spazio per circondarmi la vita con il braccio e da lì a pochi secondi sono nuda fino alle anche, con Law che mi bacia sull’ombelico e sui fianchi, facendomi il solletico.
 «Aspetta, aspetta, aspetta!» lo fermo tra le risate, sospingendolo all’indietro contro la mia stessa volontà. «Law sei sicuro che te la senti?» chiedo, affannata ma seria. Solleva un sopracciglio
Okay, so che sembro pazza, ieri sera lo abbiamo fatto in questa stessa stanza ma…
«Sabo e Bibi dormono qui stanotte»
Non posso fare l’amore con lui se ho il dubbio che la cosa possa turbarlo anche solo lontanamente. Ne va della mia sanità mentale. E forse avrei dovuto pensarci prima di rovinare una camicia da centoquarantasette berry ma questo è un dettaglio che non devo per forza fargli notare.
Ancora perplesso, punta per un attimo gli occhi alla porta chiusa, poi torna a guardarmi. «Ma stanno nella camera mia e di Sabo, loro. E non li invidio visto che la camera comunicante se l’è accaparrata Ace»  
«Sì beh, noi qui di fianco abbiamo Franky e Robin eh» gli faccio presente.
Mi fissa mentre ci pensa su un attimo e poi torna a ghignare di nuovo e il mondo è di nuovo bellissimo e io devo di nuovo sforzarmi per tenere a mente almeno come mi chiamo e quando sono nata.
«Sfida accettata» mormora mentre si piega su di me e io faccio giusto in tempo a sgranare gli occhi un attimo prima di perdermi un’altra volta in quello strano mondo fatto di fuochi d’artificio e scariche elettriche.
Infilo una mano nei suoi capelli, lo sento sgusciare con le dita attraverso lo spacco sulla mia coscia, giocare con l’elastico dei miei slip.
Addio sanità mentale.
Sto reclinando il capo all’indietro per lasciargli libero accesso alla mia gola quando una serie di micidiali tonfi risuonano in corridoio. Ci immobiliziamo così come siamo, entrambi riapriamo gli occhi, puntati sulla porta, cercando di capire.
I tonfi continuano, si mischiano a una voce che ulula indefinita e passi pesanti.
Ma che…
Law si schiaccia su di me per coprirmi quando la porta si apre senza preavviso. Fissiamo perplessi – e Law penso anche un po’ omicida – Sabo che si sporge nella stanza, tirato e pallido come un cencio, la fronte imperlata di sudore. Alle sue spalle gli ululati continuano, sempre incomprensibili ma ora riconosco almeno che si tratta della voce di Franky.
«Robin è in travaglio» 
«Cosa?!» Law fa per tirarsi su ma si rende subito conto e si rischiaccia su di me. «Ma è troppo presto!»
«Lo so!»
«Mancano ancora due mesi!»
«Lo so, Law!!»
Gli afferro il viso a due mani e lo obbligo a guardarmi, serissima. «Sei un dottore. Datti una calmata»
Respira a fondo, alla ricerca del proprio autocontrollo che per fortuna ritrova in pochi attimi. Annuisce a darmi ragione e torna a guardare Sabo che non si è ancora schiodato dalla porta e saltella sul posto impaziente.
«Dai! Dobbiamo andare!»
«E allora esci, così Koala può rivestirsi»
«Oh beh, come se fosse niente che non ho già vis…» Sabo richiude la porta un attimo prima che una scarpa di Law gli si schianti in faccia.
«Deficiente» sibila, rialzandosi per lasciarmi libera.
«È ancora convinto che la ragazza che gli ha fatto vedere le tette la sera della sua laurea sia io»
«Giuro che non gli permetterò mai più di bere a quel modo in tua presenza. Dovessi cucirgli la bocca con la suturatrice»
Mi precipito verso il mio borsone per recuperare dei vestiti più comodi e contemporaneamente rovisto anche tra le cose di Law alla ricerca di una t-shirt, che gli lancio praticamente in faccia non appena la trovo.
«Nasce in anticipo eh»
«Tutta figlia di sua madre» sorrido e mi avvicino per dargli un bacio. «Dai andiamo» lo tiro appena per la mano e lui prontamente mi segue, fuori da qui, diretti all’ospedale in attesa di conoscere nostra nipote, in questa notte che è destinata a diventare davvero indimenticabile.  
 

 
§

 
Tre anni dopo
 

«È ridicolo!» protesto allargando le braccia. Faccio un altro tentativo di muovermi verso la porta, la gonna che fruscia ad ogni mio movimento.
«Ah!» Nami si para di fronte alla porta della camera per impedirmi di uscire, l’indice puntato verso di me. Ironia della sorte, proprio la stessa camera dove io ho avuto la geniale idea di chiudere lei tre anni fa. «Koala, ne abbiamo già parlato»
«Ma sta smattando ed è il mio migliore amico!»
«E abbiamo già appurato che oggi non puoi gestire i suoi attacchi di panico così come sei» mi indica con la mano, il palmo verso l’alto.  
Mi lancio una veloce occhiata nello specchio, vestita a pennello, i capelli impeccabili, e, dopo un altro attimo di lotta interiore, sospiro rassegnata. «Comunque questa è solo una vostra ridicola fissa»
«Chissà come mai tutto il mondo la pensa così, allora» protesta, il sopracciglio alzato e le braccia conserte. 
Mi siedo sul vecchio letto di Law e sospiro di nuovo. Inutile discutere con Nami. Se riesce a tenermi qui fino all’inizio della cerimonia non so quanti berry le ha promesso. Sicuramente abbastanza da non poter nemmeno sperare di smuoverla.
Tre leggeri tocchi alla porta mi fanno alzare gli occhi. Senza smettere di tenermi d’occhio, Nami si scosta e apre lo stretto indispensabile per permettere a Robin di entrare. 
«Come andiamo?» domanda, rivolta soprattutto a me.
E santo cielo però! Non sono mica moribonda! Voglio dire, siamo anche tornati da poco da una settimana a Skypeia.
«Koala, siamo solo preoccupate perché ultimamente hai accumulato un sacco di stress e se avessimo immaginato…»
«Robin, sto bene» la fermo, alzandomi in piedi decisa. «Sto bene» ripeto, rivolta a Nami questa volta. Anche se, a essere proprio del tutto sincera, sono un po’ provata e non è solo perché oggi sarà una giornata emotivamente molto intensa. Mi liscio l’abito sulla pancia in un gesto meccanico e altrettanto meccanicamente giocherello con l’anello a forma di sole che mi ha regalato Izou, mentre mi accosto alla finestra per lanciare una distratta occhiata al giardino. «Giù di sotto come va?» mi informo.
«Tutto okay. Se si esclude Sabo che sta rivoltando Law come un calzino, che stia attento la prossima volta a non metterti incinta proprio mentre stai organizzando un matrimonio»
Mi giro accigliata a guardarla.
«No ma seriamente, si accorge di quello che dice?»
Come se poi il problema fosse il matrimonio, oltrettutto.
«Sarei curiosa di condurre uno studio in proposito» risponde serafica. «Comunque è praticamente tutto pronto»
«Anche Eris?» domanda Nami con un sorriso affettuoso. Stiamo morendo dalla curiosità di vederla nel suo abitino da damigella mentre porta le fedi.
Robin annuisce, con giusto una punta di materno orgoglio. «Le ho detto, se si agita, di continuare a camminare verso zia Koala e non preoccuparsi che ci pensa lei» mi avvisa e il cuore mi si allarga. Adoro quel concentrato di energia e furbizia di mia nipote. La adoro davvero. «Perciò possiamo andare»
Ci metto un attimo a metabolizzare quest’ultima informazione. Possiamo andare? Davvero? Posso uscire di qui finalmente?
«Sicura che sia pronto anche lui?» titubo solo un istante, incerta.
Non sto certo insinuando di essere l’unica in grado di tranquillizzarlo, anzi. Ma era abbastanza isterico l’ultima volta che ho avuto modo di vederlo, prima che mi trascinassero qui.
«È teso, com’è normale che sia» non mi mente Robin. «Ma sono certa che abbia tutte le intenzioni di andare fino in fondo»
È più forte di me, considerato il soggetto di cui parliamo, l’affermazione di Robin innesca immediatamente nel mio cervello un’interpretazione a doppio senso che Nami intuisce solo guardandomi, a giudicare da come si mette a sghignazzare.
«Oh beh. Su quello possiamo stare assolutamente tranquille» ridacchio, mentre le seguo fuori dalla stanza.
 

 
§

 
Il silenzio in giardino è surreale quando Brook comincia a suonare una lieve sinfonia che anticipa la vera e propria entrata. Prendo un respiro profondo, più emozionata di quel che mi piaccia ammettere e cerco i suoi occhi con i miei.
Non devo andare tanto lontano visto che è in seconda fila, tra Ace e Sabo. Mi sorride incoraggiante, anche se non è che io debba fare molto a parte starmene qui, sotto al pergolato. Mi giro un istante verso la mia compagna di sventure  in quest’arduo compito che è il fargli da testimoni. Brilla nello splendore dei suoi vent'anni e nella seta che avvolge la sua figura. 
Sono felice di aver condiviso quest'avventura con Aisa, di aver collaborato con lei per trovare un tema al matrimonio, per scegliere due abiti che si armonizzassero, per farlo felice insomma. 
Sto ancora pensando a queste frivolezze quando mi rendo conto che la sinfonia di Brook sta durando parecchio. Decisamente più del previsto.
E immediatamente mi allarmo. Mi rigiro verso la “navata”, naturalmente creata dalle sedie disposte con ordine. Non sono l’unica che si guarda attorno perplessa e Brook sta stirando il collo per vedere se arriva.  
Okay, che fine ha fatto?
Law dalla seconda fila si allerta non appena mi vede un pelo più tesa del previsto e io gli lancio un’occhiata di ammonimento, che stia calmo. Che sono incinta, non terminale.
«Ehi Koala» mi chiama Aisa e subito le dedico tutta la mia attenzione. È questione di priorità «Ma prima che ti ha detto durante l’attacco di panico?» mi domanda, giustamente preoccupata, a questo punto, che il motivo di suddetto attacco fosse un ripensamento dell’ultimo minuto.
Mi faccio più vicina a lei. «In che senso, cosa mi ha detto? Credevo ci fossi tu con lui»
«No, io stavo aiutando papà e Momo a finire di prepararsi»
Sorrido, più falsa di Giuda, mentre elaboro la notizia, e mi volto lentamente verso Robin e Nami. Se non c’era Aisa e io ero rinchiusa in camera di Law e Sabo, chi diamine c’era con lui nel bel mezzo della sua crisi prematrimonio?
Capiscono subito il motivo della mia occhiata e io preferirei ci avessero messo un po’ di più a interpretarlo perché quando Robin mi indica con un cenno del capo chi è stato mandato in suo aiuto al posto nostro io mi sento, per un attimo, svenire.
Kidd?!
Di tutte le persone, Kidd?!
Mister tatto e rassicurazione?! Avevano almeno altre cinque persone a cui chiedere, pur escludendo Law e Sabo troppo impegnati a discutere dell’effettivamente discutibile tempismo delle mie ovaie, Ace e il suo rischio di crollare addormentato a metà del discorso motivazionale, Usopp che si sarebbe fatto prendere dal panico anche lui e Rufy che, semplicemente, è Rufy.
C’era Sanji – che, okay, avrebbe magari cercato di picchiarlo per il suo brutto vizio di palpare sempre il sedere a Usopp – o Zoro o uno dei fratelli di Marco!
Okay, no, uno dei fratelli di Marco con il dubbio che ci avesse ripensato non era il caso ma… santa merda, Kidd?!
Nami si stringe nelle spalle, con un sorriso di scuse che non ho nessuna intenzione di accettare. Io l’avevo detto che dovevo andare da lui, non mi interessa quanti soldi le ha promesso Law per tenermi a bada. E più tardi ne ho un paio anche per quell’imbecille e il suo patologico bisogno di avere sempre tutto sotto controllo.
Lancio una rapida occhiata alla mia sinistra. Sul viso di Marco comincia a trapelare tensione e ansia, il che da un’idea di quanto grave sia la situazione. Potrei anche andare a cercarlo ma temo che finirei per generare ancora più caos.
Stavolta nemmeno io so cosa fare.
Tranne che, forse, in realtà, so esattamente cosa fare perché, probabilmente, la cosa giusta è semplicemente non fare niente e avere fiducia.
«Marco» chiamo, il tono giusto per farmi sentire da lui ma non da chi è seduto in prima fila. Rigido come un tronco, si volta verso di me, una lampo di terrore che riesco a cogliere per miracolo che gli attraversa gli occhi una frazione di secondo. Sorrido, sicura di me. «Sta arrivando» lo rassicuro.

[Love Story/Viva la Vida - The Piano Guys]

Nel momento in cui lo dico, so che è vero. Perché Izou potrà essere imprevedibile, ingestibile, sconvolgente ma se c’è una cosa che so con matematica certezza – perché me lo ha dimostrato non so nemmeno più quante volte in questi tre anni – è che, per lui, l’amore è il motore che tutto muove. E Marco è l’amore della sua vita.
La musica cambia, Apoo comincia a suonare il piano, accompagnato dal romantico pizzicare delle corde del violoncello di Brook, e io so di non essermi sbagliata, con un sollievo che non è nemmeno un sedicesimo di quello che Marco non si preoccupa di nascondere.
Izou appare in fondo all’assemblamento di sedie, Laki sottobraccio, così fiera del suo bambino che splende di luce propria.
Lei è bellissima, lui semplicemente perfetto.
Perfetto il completo di seta crema, con la casacca alla coreana decorata da un delicato disegno tono su tono di due rondini all’altezza del cuore, i capelli raccolti alla solita maniera con un discreto kanzashi in metallo a decorarli, il sorriso più bello e luminoso che abbia mai visto sul suo volto, gli occhi solo per Marco che trattiene il fiato quando lo vede, rapito.
Lo stomaco mi si stringe, il cuore mi si allarga e devo anche mandare giù e sforzarmi per trattenere le lacrime. Dio, se lo merita così tanto.
Non lo perdo di vista un momento ed è a circa metà della navata che mi accorgo che trema impercettibilmente per l’emozione, ma i sorrisi che rivolge ai Newgate da una parte e poi alla sua famiglia dall’altra, sono sinceri.
Abbraccia  sua madre e la lascia al fianco di Kinemon, al sicuro, e copre da solo gli ultimi passi che lo separano dal pergolato. Marco aggiusta la propria posizione per sistemarsi esattamente di fronte a lui. Izou fa uno strano movimento, come se cercasse di guardare sopra la propria spalla senza dare nell’occhio, poi prende un profondo respiro e si perde un momento a contemplare Marco, in adorazione.
«Ciao» sussurra e lo vedo bene da qui; Marco freme e forse deve anche fare un enorme sforzo per trattenersi dal prenderlo e baciarlo subito.
«Ciao»
Un altro profondo respiro, e la cerimonia ha inizio.
«Fratelli e sorelle, siamo qui riuniti oggi per celebrare l’unione di questi due uom…»
«Ah accidenti!» sussurra Izou, sottovoce sì, ma il silenzio è tale che si sentirebbe persino un moscerino. «Padre Gan Forr, mi scusi, mi scusi!» Izou giunge le mani in segno di scuse e poi solleva l’indice. «Potrebbe… solo un momento…»  comincia a indietreggiare. «Un momento»
«Izou?» lo chiama Marco, di nuovo teso.
«Arrivo Marco-chan. Arrivo» sussurra, lanciandogli un bacio con la mano per tranquillizzarlo.
A bocca aperta lo fissiamo correre verso la terza fila, dal lato esterno, e chinarsi ad abbracciare Dragon. Tutti si sono girati a guardarlo e appena Robin, Law e Sabo si voltano di nuovo, attiro la loro attenzione e domando con gli occhi cosa sta succedendo. C’è un momento di confusione quando cercano di spiegarmi, tramite il linguaggio dei segni che ci siamo inventati da ragazzini, cosa sia successo. Si “parlano” l’uno sull’altro ma alla fine capisco – per lo più focalizzandomi su Robin – che sta ringraziando Dragon per avergli permesso di fare la cerimonia nel suo giardino.
Sono senza parole. E ora so a cosa era riferito quel “accidenti”. Perché non è questione che si è dimenticato, avrebbe potuto ringraziarlo anche più tardi. È questione che era più forte di lui e non sarebbe riuscito a godersi a dovere il proprio matrimonio con questo costante pensiero in testa.
Perché Izou è così, spontaneo e senza filtri. Ma, dopotutto, nessuno di noi lo vuole diverso.
Scambia con Dragon ancora due parole e una stretta di mano, poi torna sempre a passo spedito verso l’altare. Finalmente, si cominc…
Sgrano gli occhi, non proprio conscia di cosa sia appena successo, quando mi ritrovo stretta tra le sue braccia.
«I-Izou?» riesco a chiamarlo dopo un paio di secondi.
«Grazie per averci prestato il vostro Castello» sussurra al mio orecchio e io devo di nuovo mandare giù il groppo in gola. Ancora un po’ incredula, ricambio l’abbraccio e quando si stacca da me, le mani ancora sulle mie braccia, io sto sbattendo furiosamente le palpebre per ricacciare indietro le lacrime.
Gli sorrido. «Beh… ricordartelo quando avrai la tentazione di lamentarti dei doveri richiesti a un padrino» lo metto in guardia, posando una mano sulla mia pancia, per il momento ancora piatta. Sì, avevo intenzione di chiederglielo in un altro momento, ma se mi offre così l’occasione su un piatto d’argento…
Sgrana appena gli occhi e trattiene il fiato.
Io sbuffo mezza risata e lo obbligo a voltarsi.
Marco è in paziente attesa, più rilassato con una mano in tasca e un ghigno sul volto. Izou sospira perso e si riavvicina a lui, prendendo le sue mani nelle proprie.
«Grazie per l’attesa padre Gan Forr» dice, senza staccare gli occhi da quelli di Marco «Ora ci sono»
«Dunque, stavo dicendo» riprende, il tono di ammonimento. «Fratelli e sorelle…» si blocca e lancia a tradimento un’occhiata di sottecchi agli sposi che, più pronti di così non potrebbero essere. «Siamo qui riuniti oggi…»
Ascolto con un solo orecchio padre Gan Forr che recita a memoria i riti e mi concedo un attimo per me stessa e una delle mia attività preferite. Mi piace approfittare di questi momenti per osservare le persone importanti della mia vita e vedere quanto siamo cambiati.
E quanto siamo sempre uguali.
A partire da zio Ty che ascolta con aria solenne, il mento alzato, anche se so che sta pensando a qualche caso irrisolto o in via di soluzione. È più forte di lui. Passando per Dragon che cerca di trattenersi dal ridere per una qualche scemenza che gli ha detto Shanks, strappando a Makino una non convintissima occhiata di rimprovero. Viene da ridere anche a lei. Dadan che piange e Rufy e Ace che cercano di consolarla, inutilmente. Non li calcola quasi lei e da molta più retta a Franky che si volta a tenderle un fazzoletto, facendo ridacchiare Usopp e Nami, seduti vicini e raggianti di orgoglio e gioia per Marco e Izou, tanto quanto me. E a fianco a loro, i miei tre fari nella notte, i miei amici di una vita, la mia famiglia.
Sabo, tornato apposta per il matrimonio, impeccabile con il completo che aveva comprato per fare da testimone a Law e che ormai rispolvera per ogni occasione di questo genere. Con il suo intramontabile sorriso e quel coraggio che neanche lui sa di avere. È bello averlo di nuovo qui.
Robin, più bella che mai con Eris tra le braccia e i capelli un po’ più lunghi. Mamma della sua bambina e mamma anche per tutti noi. Che sa sempre qual è la cosa giusta da dire – e lo fa senza mai mentirti, persino quando la realtà è brutta –, qual è la cosa giusta da fare. Beh a parte con Kidd e Izou, d’accordo.
E per finire lui. La mia ancora, il mio confidente, il mio porto sicuro e, ultimo ma decisamente non meno importate, l’amore della mia vita.
Smetto di guardarmi intorno, smetto di cercare quando i miei occhi si posano su di lui. Perché ogni volta che i miei occhi si posano su di lui, trovo tutto quello di cui ho bisogno. Che sia un’espressione seria e rassicurante, un sorriso sghembo o uno sguardo incoraggiante. Come quello che mi sta rivolgendo proprio ora.
Non mi stupisco di essere provata, tra il matrimonio, la gravidanza inattesa ma, soprattutto, il casino delle ultime due settimane. Eppure va tutto bene. Sento che va tutto bene.
È questo che Law mi sta silenziosamente dicendo.
“Andrà tutto bene”.
Gli sorrido e torno a concentrarmi sulla funzione, inspirando a pieni polmoni l’aria tiepida e fragrante, una mano sull’addome.
In questo momento è tutto molto relativo, azzardato, complicato. Ma ha ragione lui. Ne ho avuto la dimostrazione mille volte e anche di più.
L’adozione, la sua fuga, la comparsa di Cora, il problema al cuore scoperto in tempo, il matrimonio saltato, il matrimonio all’ultimo minuto, i cloth tattoo, la sezione pro-bono, l’oasi di Yuba che ora è salva, il Castello sulla Collina, il ritorno di Cora, il ritorno di Law, la mia famiglia allargata, Izou che si sposa e mi ricorda, semplicemente con la sua presenza, che finché siamo vivi non c’è mai, mai una fine ma solo un incessante susseguirsi di nuovi inizi, nuove avventure e scoperte, fatte di momenti difficili e complicati che poi, misteriosamente, in qualche contorta maniera, si risolvono in un magico “va tutto bene”.
E sarà così anche per noi, per tutti noi. Me lo sento dentro, qui, nella stessa pancia dove sta crescendo mio figlio.
Vedrete ragazzi. Lo vedrete presto.
Non so come davvero ma, alla fine, in qualche modo, andrà tutto bene.











Angolo dell'autrice: 
Okay. Mettere la spunta a "Completa" non è mai stato così difficile ma eccoci qua. 
Ancora non ci credo. 

Questa storia è stata tante cose, soprattutto è stata un gran casino. Ci sono alcune persone tra voi che ne sanno qualcosa. Che ancora non so perché mi parlano dopo avermi tanto tollerato, per dei mesi. Non ho le parole per ringraziarvi ma, se sapere che il vostro sostegno e finire questa storia mi sono state d'aiuto per crescere e maturare può essere una gratificazione, allora sappiate che è così. E questo significa che potrei miracolosamente essere meno rompiballe quando inizierò con la prossima long. 

E a proposito della mia prossima long... 37 capitoli non mi fa impazzire come numero e, Sara, magari non ti mostrerò l'inaugurazione della clinica ma vedrai la clinica già aperta e chi ci lavora dentro e... insomma io non riesco a staccarmi da questo mondo che ho creato, per il momento ancora no, e una parte di me spera sia lo stesso per voi. 

Voi che ci siete stati dall'inizio - non so chi ancora sta leggendo ma, a chi c'è, grazie -, voi che vi siete aggregati a metà, voi che siete spuntati fuori solo alla fine, a tutti voi, grazie. Grazie per ogni pensiero e parola che mi avete rivolto, che fosse una o mille. Grazie per averci creduto, per essere passati oltre i capitoli noiosi o i momenti bassi, per aver tenuto duro, per essere arrivati fino alla fine insieme a me. 

Grazie davvero, Anna, Ice, Harry, Slendy, Vera, Marauder, Law, Jules, Momo, Zomi e spero di non aver dimenticato nessuno anche se sicuramente è così. 
Spero davvero di incontrarvi ancora, per il seguito o per qualcos'altro. 

E' stata una corsa fantastica. Grazie per averla vissuta con me. 
A presto. 
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