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Autore: Milandra    20/03/2018    8 recensioni
La nascita dell’amore tra Lily e James, i Malandrini, gli ultimi anni tra le mura accoglienti di Hogwarts prima della Guerra.
L’ultimo bacio, l’ultimo abbraccio, l’ultimo sorriso prima della fine.
E per qualcuno, l'ultima occasione di fare la scelta giusta prima di sprofondare in un baratro senza via d'uscita.
Perché quando la guerra arriva a sconvolgere ogni cosa, l’amore e l’amicizia non bastano più per sopravvivere.
O forse sì?
Perchè forse è solo allora che si conosce davvero l’amore, quello vero. Quello per cui si è disposti a sacrificare ogni cosa...anche la vita...
Prima di Harry Potter, prima della guerra, prima dell’Ordine della Fenice e dei Mangiamorte.
Prima che le scelte li dividessero, portando compagni di infanzia sui fronti opposti di una guerra.
Prima di tutto ciò però, ci furono solo dei semplici ragazzi...
E la storia di un amore che sconfisse la morte...
Solo ragazzi.
Molti di loro, oggi non ci sono più.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, James Potter, Lily Evans | Coppie: James/Lily
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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Prima di inizare il capitolo, chiedo scusa per il ritardo. Purtroppo, nonostante avessi detto che sarei stata super puntuale con gli aggiornamenti, l’università e gli esami chiamano.
Comunque non ho alcuna intenzione di abbandonare la storia, anzi, la trama ce l’ho ben chiara in mente e ci sono troppo legata per tenerla solo, appunto, nella mia mente.
 
Anticipo, visto che molti non leggono l’angolo autore (ehm..mi tiro in mezzo anche io) che il prossimo capitolo lo pubblico o domani o dopodomani, visto che l’ho già scritto e devo solo apportare poche modifiche.
 
Ci rivediamo a fine capitolo...
 
 
 
 
 
 



Quinto capitolo: 1 settembre 1976- quando tutto ebbe inizio
 
 
 
 
 
 
1 Settembre 1976
Stazione di King’s Cross


 
Quel primo settembre c’era particolare fermento alla stazione di King’s Cross.
Specialmente tra il binario 9 e 10.
Una persona poco attenta non avrebbe fatto caso alle piccole coincidenze, peccato che Billy Smith non fosse una persona poco attenta. Era stato facile, quindi, accorgersi che in ogni primo settembre di ogni singolo anno della sua veneranda carriera di controllore ferroviario c’era qualcosa che non andava. Gente strana che bazzicava per la stazione infagottata in abiti strampalati – ok, come gli ripeteva sempre sua figlia lui non si intendeva di moda, ma quegli abiti erano davvero bizzarri – e che si portava appresso gufi, civette, serpenti, maiali, roditori, iguane…
Tuttavia il più grande errore di Billy Smith, in quei cinquanta anni e passa di carriera, era stato raccontare di quelle stranezze alla moglie. Da lì erano iniziati tutti i suoi guai perché la moglie, dopo averlo spedito al pronto soccorso d’urgenza, causa perdita di lucidità mentale e allucinazioni, aveva cominciato a dargli il tormento. Letteralmente.
Appurato poi che la sua sanità mentale non fosse irrimediabilmente compromessa, la colpa del suo vaneggiare era stata attribuita all’alcool. Perché, secondo la moglie Catty, Billy Smith era un ottimo marito, un padre esemplare, un lavoratore modello, la persona migliore del mondo insomma, ma aveva un difetto: beveva troppo. Un ubriacone che tutte le sere ci dava giù all’osteria.
Che poi Billy Smith andasse all’osteria solo per tenere d’occhio il fratello, evitandogli così di bruciarsi gli ultimi neuroni rimasti nell’alcool, quello era solo un dettaglio. Così come anche il fatto che non bevesse mai più di mezzo bicchiere di birra, uno intero solo quando il giorno dopo non doveva andare a lavorare. Perché Billy Smith era un’instancabile lavoratore. Nonostante tutto Billy Smith era un ubriacone.
Gliel’avevano ripetuto così tante volte, fino allo sfinimento – persino suo fratello che buttava giù quintali di birra come fossero acqua aveva avuto il coraggio di dirgli che l’alcool faceva male alla salute.
E così anche Billy Smith se ne era convinto. Lui era un ubriacone, già, tuttavia il tarlo del dubbio gli era rimasto ed ecco perché la sera precedente aveva rifiutato categoricamente di mandar giù qualsiasi cosa non fossero acqua, frutta, verdura e carboidrati. Di birra neanche a parlarne.
Ed ora si credeva fisicamente e psicologicamente pronto per quel primo settembre.
Non avrebbe potuto sbagliarsi di più.
Perché quel primo settembre dell’anno 1976 James Charlus Potter e Sirius Orion Black purtroppo si erano svegliati in ritardo.
Sempre quel primo settembre il Capo degli Auror Charlus Potter, ancora incazzato per l’operazione sputtanamento, avrebbe preso in seria considerazione l’idea di mettere sotto vetro il suo unigenito figlio maschio.
Ma per Billy Smith quella sarebbe stata semplicemente la peggior giornata della sua vita.
Solo che mentre fissava compiaciuto il viavai di gufi, civette, serpenti, maiali, roditori, iguane, beandosi di non essere un ubriacone – perché sì, ci teneva a specificare che il giorno prima non aveva bevuto – in quel momento ancora non lo sapeva. In quel momento non aveva ancora la benché minima idea di cosa gli sarebbe capitato di lì a poco.
 
 
 
 
 


 
 
 
 
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Binario 9 e ¾, Stazione di King’s Cross



Tre giorni dopo l’allegra gita alla Gringott, Lily Evans vantava ancora un umore funereo.
Vestita interamente di nero, pantaloni neri stretti, maglietta nera e guantini neri di pizzo che lasciavano libere le dita, Lily marciava sul binario trascinandosi dietro le valigie.
Come nera era anche l’aura che la circondava.
Unica nota di colore, i capelli rossi che le ricadevano a metà schiena.
Il suo umore decisamente non era migliorato in quei tre giorni.
Anzi se possibile era peggiorato.
Avevano svaligiato una banca. UNA BANCA!!
Il fatto che l’avessero scampata non voleva dire niente.
Così come il fatto che lui l’avesse aiutata.
Ma la cosa che davvero aveva incollerito ancora di più Lily, era proprio il fatto che lui l’avesse aiutata. Non che non fosse felice di averla scampata. Sia chiaro, faceva i salti di gioia per quello.
Quello che non accettava era come si era sentita lei quando lui l’aveva tirata fuori dai guai.
Come se nulla fosse successo, come se aiutarla avesse cancellato il fatto che l’aveva coinvolta nello svaligiare una banca.
Il vero motivo per cui Lily era arrabbiata quindi non era tanto quanto era un successo, ma il come si era sentita dopo ciò che era successo. E il fatto che fosse quello a farla arrabbiare, e non l’azione in sè, non faceva altro che farla incavolare ulteriormente.
Imperdonabile. Questa non gliel’avrebbe lasciata passare a Potter.
Evitando un frontale con il carrello di un disattento ragazzino, molto probabilmente del primo anno, e facendosi largo in mezzo alla bolgia, salutò velocemente due ragazze del suo anno per poi proseguire lungo il binario.
Quando una chioma bionda e riccia emerse dal denso vapore bianco che ammantava un pò tutto il binario, Lily quasi ringhiò nel veder comparire Marlene McKinnon. Bionda, dai lunghi capelli ricci e occhi azzurri, Marlene si aprì in un enorme sorriso per poi abbracciare Lily, incurante delle occhiate di puro odio che la rossa le mandava.
“Mi stai soffocando” sibilò inviperita, senza neanche tentare di sembrare gentile.
“Non hai più risposto alle mie lettere Lily” si lamentò la bionda, “temevo che ce l’avessi con me.”
“Forse perchè ce l’ho con te” scandì fulminandola.
“Meno male ero preoccupata. Per fortuna abbiamo risolto” annuì sollevata Marlene Mckinnon, angelica e beata, andando avanti per la sua strada come se niente fosse.
Lily stava per strozzarla quando per fortuna la discussione venne interrotta dall’arrivo di due Grifondoro del Settimo, uno dei quali portatore di guai e sciagure.
“Ehi ragazze, allora pronte per il nuovo anno?” Edgar Bones  spuntò dietro di loro insieme all’immancabile gemella.
Quasi identici nell’aspetto, con capelli bruni e occhi azzurri, erano invece totalmente opposti per carattere. Se Amelia era una ragazza gentile e con la testa sulle spalle, Edgar Bones era un indiscusso piantagrane. Un indiscusso piantagrane che però aveva un culo dell’accidenti. Perché c’era da dire che Edgar Bones ne aveva fatte di tutti i colori in quei sei anni ad Hogwarts, tuttavia Edgar Bones era ritenuto da tutti i professori l’emblema dello studente modello. Bravo, diligente e cocco dei professori. Come avesse fatto in tutti quegli anni a mantenere la sua facciata da angioletto rimaneva un mistero.
“Eddie! Merlino, non puoi spuntare così alle spalle della gente!” soffiò Lily dopo un salto di quasi due metri.
“E dove sarebbe il divertimento se no?” celiò l’altro facendo alzare gli occhi al cielo alla gemella. 
“Piantala Ed!”
“E che ho fatto?” chiese lui ad indirizzo della sorella.
“Ah, lascia stare. Avete visto Fabian e Gideon?” continuò Amelia Bones ignorando volutamente il fratello.
“Dovrebbero essere insieme alla squadra di Grifondoro” rispose Marlene “Stavano discutendo sull’accoglienza da dare ai primini.”
Ed effettivamente Fabian Prewett e Gideon Prewett, battitori del Gryffindor, ne stavano escogitando una delle loro. Gemelli anche loro, sempre del Settimo anno come i Bones, erano i migliori amici di Edgar. Il motivo non era poi così difficile da intuire. Piantagrane entrambi. Esattemente come Edgar. E si sa, quando i piantagrane si incontrano di sicuro si trovano.
“Ragazzi, vi prego, non fate casini” li pregò Lily, immaginandosi già la sua giornata peggiorare ulteriormente.
Pregare ovviamente sarebbe stato del tutto inutile. Sapeva perfettamente che avrebbero fatto tutto il contrario.
“Ovvio che no Lily. Sono Caposcuola ora…” ghignò il ragazzo, per nulla rassicurante.
“Oddio, non ci credo” piagnucolò lei, notando solo in quel momento il distintivo appuntato sulla divisa del Grifondoro. Voleva morire.
“Li tengo d’occhio io Lily, non ti preoccupare” la tranquillizzò Amelia, trascinando via il gemello verso il punto indicato poco prima da Marlene.
Dio, Edgar Bones Caposcuola.
La sfiga la voleva proprio vedere morta.
Se non fosse stata tragicamente consapevole del fatto che sarebbe toccato a lei togliere dai guai Eddie, come tutti gli anni d’altronde – ecco a cosa le era servita la carica di prefetto -, molto probabilmente avrebbe apprezzato l’ilarità della situazione. Il fatto che poi i professori non si fossero mai accorti del vero carattere da piantagrane del rampollo dei Bones aveva dell’incredibile. Forse perché Edgar Bones, con quella faccia da angioletto, era incredibilmente bravo a prendere tutti per i fondelli.
Sgusciando in mezzo alla folla con Marlene accanto, diede una rapida occhiata intorno a sé per poi fare un cenno di saluto alla vista di Mary McDonald. Sorridere sarebbe stato troppo per quel giorno. Eddie poi le aveva dato il colpo di grazia.
Capelli scuri tagliati a caschetto e occhi castani, Mary si fiondò a salutarle e ad abbracciarle appena le vide, facendo rischiare la morte per soffocamento a Lily per la seconda volta in pochi minuti.
“Oddio che bello vedervi” le salutò Mary abbronzatissima, sfilandosi gli auricolari, “gli ultimi giorni sono stati un’inferno”
“Non dirlo a me Mary” cinguettò Lily velenosa.
“Suvvia che è successo Mary?” le chiese Marlene non filandosi Lily neanche di striscio.
“Ho passato gli ultimi giorni a fare la muta” chiarì la mora, indecisa se rificcarsi gli auricolari nelle orecchie o se metterli a nanna in valigia.
“Muta?” allibì Lily.
“Si” assentì disperata l’altra “ho preso un’insolazione talmente forte che tra un pò cambiavo la pelle come i Serpeverde”
“Sempre meglio di quello che è successo a me” bofonchiò la rossa.
“Hai visto le altre Mary?” la interruppe una sorridente Marlene, beccandosi in risposta da Lily un ‘sisi, vedrai quanto anche Alice sarà contenta di rivederti.’
“No.” Mary scosse la testa per poi indicare un punto imprecisato Marlene, “in compenso lì c’è il tuo ragazzo Mar. Il numero quattro di agosto, se non ricordo male.”
“Sei rimasta indietro Mary” la informò Lily, “ti sei persa il quinto”
“Oh, è durato pochissimo allora il numero quattro” si stupì la morettina “e quindi com’è questo numero cinque?”
“Niente male, aveva due anni in più. Ci eravamo conosciuti in vacanza”
Mary la guardò aggrottando le sopracciglia. “Perchè parli al passato?”
“Oh, perchè ci siamo lasciati” tubò la bionda, indifferente.
“Ah ecco...Mi sembrava strano…”soffiò sarcastica Lily.
“Ma come? Se eravate fatti l’uno per l’altra…” ironizzò invece una quarta voce, alle spalle della bionda. Emmeline Vance, Mel per gli amici, si stampò in faccia un ghignò diabolico. Liscissimi capelli neri lunghi fino alla vita e occhi azzurro cielo incastonati in un viso da bambola, Emmeline Vance era quel che si dice ‘l’apparenza inganna’. Faccia da angioletto ma serpe nell’animo. Perché Emmeline Vance sarebbe dovuta essere una Serpeverde. Nonostante tutto Emmeline Vance aveva deciso di essere una Grifondoro. Grifondoro per scelta ma serpe nell’animo.
“Mel” la salutò Lily, felice che qualcuno quel giorno avesse un umore nero quanto il suo. Non che ci volesse molto perchè Emmeline Vance fosse di umore nero, il che avveniva praticamente con la frequenza di sette gioni su sette.
“Mel! Fatte buone vacanze?” la salutarono anche le altre mentre Lily nel grattempo gufava.
“Hn. Una noia mortale” sbuffò “L’unico momento divertente è stato quando nonna è caduta da cavallo.”
“Tua nonna va a cavallo?” allibì la rossa, “ma non è un po’ troppo…”tentennò cercando le parole.
“… vecchia?” concluse per lei Mary, levandosi per l’ennesima volta gli auricolari nel giro di un minuto.
“Certo che è vecchia. È talmente vecchia da sembrare Matusalemme, ma lei continua a credersi nel fiore degli anni” sibilò la Vance “Peccato solo che abbia una fortuna sfacciata.”
Marlene la guardò non capendo “E perché?”
“Come perché?” proferì, quasi scandalizzata, “aveva l’occasione per togliersi di mezzo una buona volta e fare un favore all’umanità e invece si è solo spaccata una gamba!”
“Che nipote adorabile che sei Mel” celiò Lily.
“Hn, non scherzo. Nonna è una strega, e non nel senso magico del termine. Il giorno in cui schiatterà sarà quando non avrà più nessuno a cui rompere.”
“Oddio ma che ti ha fatto per essere odiata così?”
“Mmh, al momento si ostina a sopravvivere” fu l’accorata replica.
“E quindi ora sta bene?” le chiese Mary “Insomma, per dirla con parole tue, è ancora tragicamente viva?”
“Se mi stai chiedendo se ci ha lasciato le penne la risposta è no.”
“Come mai ho l’impressione che, se ci fosse rimasta secca, invece di un funerale avreste dato una festa?” celiò Marlene ad indirizzo della Vance.
“L’hai conosciuta anche tu Mar. Sai che è una strega.” Fece Emmeline schioccando la lingua in chiaro segno di disgusto, “probabilmente, troverebbe un modo per rompere l’anima anche da morta. Che ne so, potrebbe tornare come fantasma. Merlino ce ne scampi.”
“Già, che ipotesi terribile” annuì Marlene, sarcastica.
“Sarebbe una disgrazia.” Continuò imperterrita la Vance “Come fai a far secco un fantasma?”
“Che tragedia.”
“Decisamente.”
E mentre l’affetto e la solidarietà per il prossimo, o forse solo per i parenti, la facevano da padrone, una quinta persona si unì al gruppo.
Alice Prewett, sopravvissuta anche lei all’incursione alla Gringott che aveva segnato i suoi ultimi giorni di vacanza, era passata un attimo a salutare Gideon e Fabian, di cui era cugina di terzo o quarto grado – non era chiaro neanche a lei – e infine le aveva raggiunte, interrompendo una discussione sulle coronarie in pessimo stato ma ancora dannatamente dure a cedere di Calliope Vance, la famosa nonna di Emmeline Vance.
“Ciao ragazze! Passato una buona estate?”
“Dio Alice, ti prego, cambia domanda!” sorrise velenosamente Marlene, beccandosi un’occhiataccia da Emmeline e un sibilo da Lily.
“Pessima, grazie. Nonna Cally continua a vivere”
Cally??” enfatizzò Lily con una smorfia orripilata “Ma che nome è?”
“Il suo purtroppo.” Fu l’adorabile risposta.
“Ma non aveva compiuto novant’anni l’anno scorso?” esclamò Alice sovrappensiero, lisciandosi i capelli biondo scuro.
“Novantadue per la precisione” borbottò la Vance seccata “L’ho detto io, si ostina a vivere.”
“L’erba cattiva non muore mai” cinguettò Marlene “E se muore torna come fantasma.”
“Ti prego, non chiedere” pregò Lily alla vista dell’espressione confusa di Alice.
“Va bene” acconsentì quella, senza porre saggiamente altre domande sulla questione nonna Cally. “Altre novità?”
“Hai visto Frank?” la interruppe Mary prendendola a braccetto. Perché Frank Paciock e Alice Prewett erano migliori amici fin dall’infanzia. E Mary McDonald era la storica fidanzata di Frank Paciock. La loro relazione poteva vantare il record indiscusso di ben quattro anni di fidanzamento – certo, tra alti e bassi, alcuni decisamente molto bassi – ma era di sicuro un record, uno di quelli che faceva storcere la bocca ad una cara ragazza come Marlene McKinnon.
“Che hai Mar?” cinguettò Mary a indirizzo dell’amica. 
“Ma non ti sei ancora stancata?” replicò la bionda scostandosi i capelli ricci dalle spalle.
“Ovvio che no!”
“Comunque non l’ho visto, mi dispiace” sorrise Alice dispiaciuta “Però più avanti c’è il tuo ragazzo Marlene. Il cinque di agosto.”
“Impossibile” negò Marlene “Caradoc ha due anni in più di noi. Non è che ti confondi con il numero quattro di agosto?”
“Nono, intendo quello che ci aveva accompagnate a Diagon Alley” replicò la Prewett “il numero 5 di agosto. Mi ha salutata prima. Ha detto che accompagnava il fratellino che è al primo anno”
“Ah. Comunque ci siamo lasciati” proferì di nuovo Marlene, del tutto incurante delle ghignatine di sottofondo.
“Ma davvero? Che peccato!” la prese in giro Emmeline con vocetta stucchevole “E dire che dalle lettere che mandavi sembrava l’uomo della tua vita…”
“Piantala Mel” l’ammonì Lily divertita, anche se sotto sotto rideva anche lei.
“E quindi sei tornata nella triste schiera dei single, Mar carissima?” cinguettò la Vance, incurante.
“Ovviamente no”
“Come no?”
“Oh, beh. Sto con Mattew” il sorriso zuccheroso della bionda avrebbe convinto chiunque a scappare a gambe levate, se non fosse che la curiosità di scoprire l’identità del fidanzato numero 1 di settembre di Marlene McKinnon era davvero troppa.
Mattew?” fece la Vance storcendo il naso.
“Già” il sorriso della bionda, se possibile, si ampliò ulteriormente.
“Cognome?” fece pratica Lily.
“Harold” le rispose Marlene in una colata di miele e con occhi a cuoricino “Oh… guarda, è lì”
E Lily non si sorprese neanche più di tanto quando con un sorrisetto di scuse, che non era altro che la quinta essenza del diabete, Marlene rincorse Mattew Harold, Grifondoro del Sesto anno, per poi gettargli le braccia al collo in uno slancio entusiastico che avrebbe fatto rabbrividire anche la persona più sdolcinata sulla faccia della Terra.
“Due falci che non dura più di due settimane” proferì la rossa soppesando da lontano il Grifondoro del Sesto.
Mel ghignò velenosa. “Così tanto? Io scommetto una settimana.”
“Mezza settimana” rettificò Lily.
“Andata” breve stretta di mano e la questione Mattew Harold venne archiviata alla prossima data di rottura.
“Oh, ragazze, c’è Frank. Ci vediamo dopo sul treno” e anche Mary McDonald si defilò raggiungendo il suo storico fidanzato.
“Tutte fidanzate. Che noia” fu l’acido commento di Emmeline.
“Noi non siamo fidanzate Mel” rimarcò Lily in un chiaro riferimento a lei e ad Alice “E neanche tu lo sei.”
“Si, bè, ma tu è come se fossi fidanzata” proferì la Vance.
Lily la gurdò allibita, “Che?”
“Ti sei lasciata da poco” chiarì la Vance come se quella risposta avesse potuto illuminarla.
Continuava a non capire, “E allora?”
“E allora è come se fossi ancora fidanzata. Non è detto che sia una rottura permanente. Potreste fare pace e tornare insieme quindi è ancora come se fossi fidanzata.”
“Ma io non voglio tornare insieme a Nathan!” contestò profusamente la rossa, negando col capo per avvalorare quell’affermazione.
“Ho solo detto che potresti” fu la blanda e disinteressata risposta dell’altra.
“Dio, che logica contorta Mel”
“Ehi guardate, c’è Remus” le richiamò Alice accennando verso la loro sinistra.
E infatti Remus Lupin si stava dirigendo verso di loro con l’aria di uno che aveva visto giorni migliori. Prefetto di Grifondoro e l’unico sano di mente dei Malandrini – forse anche Peter Minus poteva essere considerato ‘normale’, ma non avendoci mai scambiato molte parole Lily non poteva esserne certa – Remus Lupin si stava trascinando dietro un Minus piuttosto provato dallo sforzo della corsa.
Memore dell’esperienza alla Gringott, per un attimo si affacciò nella mente di Lily la sensazione che quella giornata avrebbe avuto esiti catastrofici.
Non sapeva ancora quanto aveva dannatamente ragione.




                                                                                 
 
 
 
 
 
- o – o – o – o -
 
 
 
 
 
 




Sempre binario 9 e ¾, Stazione di King’s Cross
 
 
 
 
 
10,45
 
10,50
 
10,55
 
10,56
 
10,57 e 10 secondi
 
“Merlino! Stavolta non ce la fanno!”

Remus Lupin fissava il suo orologio con aria alquanto preoccupata, imprecando leggermente di tanto in tanto. Cosa che aveva dell’eccezionale perché Remus Lupin non imprecava mai, tuttavia quel giorno sembrava non poterne fare a meno. 
“Ma no… di solito ce la fanno sempre” abbozzò il ragazzo al suo fianco, di qualche spanna più basso del primo. Capelli biondicci, fac-simile paglia, e occhietti scuri, Peter Minus non sembrava convinto neanche lui di quello che aveva appena detto.
Remus scosse la testa esasperato scrutando ancora tra la folla nel tentativo di veder emergere le sagome dei due Malandrini assenti all’appello. “Ti dico che non ce la fanno Peter.”
“Ma magari ora arrivano…”  farfugliò l’altro “Insomma, potrebbero aver incontrato qualcuno ed essersi fermati a parlare…”
Remus lo smontò subito. “È impossibile. Sono già arrivati tutti e mancano solo loro!”
“Bè allora potrebbero aver incontrato traffico…”
“Impossibile. Oggi ce n’è poco. Ed è anche mattina quindi sono tutti a scuola o al lavoro, senza contare che di solito usano la passaporta.”
“Forse hanno avuto problemi con i bagagli. Sai com’è, sono pesanti da trasportare in giro…”
“Sono maghi. Li sanno rimpicciolire!...e poi per Godric Peter, non sono due ragazzine che hanno paura di spaccarsi un'unghia! E per quanto si tratti disgraziatamente di James e Sirius, non si sono ancora fumati quell’unico neurone che hanno in due da non riuscire a tirarsi dietro due miseri bagagli”
“Forse…”
Remus Lupin smise di prestare attenzione all’amico cominciando a camminare nervosamente su e giù per la stazione e obbligando Peter a seguirlo.
10 e 58.
Maledizione, dove si erano cacciati?!
“Forse non li abbiamo visti arrivare…”
Fermandosi di botto e costringendo l’amico a scartare di lato per evitare di finirgli addosso, Remus soppesò attentamente quell’affermazione, un briciolo di speranza negli occhi.
“Li avremmo visti Peter” il ragazzo più alto sospirò aspettando la replica di Minus che di sicuro sarebbe arrivata a breve.
E difatti…
“Ma... magari sono arrivati quando noi parlavamo con Frank, Eddie e…” Remus Lupin ripartì in quarta senza lasciar finire Peter e costringendolo a correre per tenere il suo passo. “Ehi Remus! Aspettami! Dove stiamo andando?”
Ma lui non ascoltava più. Era già partito per la tangente perché, sì, forse c’era ancora una tenue speranza.
Doveva trovare Lily...
“Ehi, hai visto Lily Evans?”
Il ragazzo di fronte a lui, un Corvonero se la memoria non lo ingannava, scosse la testa. “No, mi dispiace.”
Accidenti!
“Aspetta tu! Fermo! Hai visto Lily Evans?”
“Chi?” di bene in meglio! Il tizio lì lo guardava con espressione da pesce lesso, indice del fatto che forse non doveva essere molto sveglio.
“Lily Evans. Il prefetto di Grifondoro quest’anno. O meglio, già l’anno scorso lo era.”
Il tizio davanti a lui corrugò la fronte.
“Ma sì, non puoi non conoscerla! Del sesto anno, capelli rossi, occhi verdi, si insulta sempre con James Potter…”
“Ahh. Ho capito chi dici” il ragazzo finalmente diede segno di aver compreso.
“Bene”
“…”
“E allora?” sbottò Remus esasperato.
“Cosa?”
“L’hai vista?”
“No.”
Remus lo sorpassò evitando di affatturarlo per il prezioso tempo che gli aveva fatto perdere.
Maledizione. Dove poteva essersi cacciata Lily?!
“Ehi Frank! FRANK!”
Il ragazzo sopracitato sobbalzò dallo spavento. “Accidenti Remus mi hai fatto prendere un colpo” disse Frank Paciock, una mano sul cuore a calmarne i battiti. “Si può sapere che…”
“Hai visto Lily?”
“Si, era qui poco fa ma ora non so dove sia.”
10 e 59
Maledizione.
Maledizione!
E ancora maledizione!!
“E voi? Avete visto Lily?” Remus si rivolse al resto dei Grifondoro lì presenti ricevendo solo scosse del capo e risposte negative.
10 e 59 minuti e 10 secondi.
Frank gettò qualche sguardo per la stazione. "Magari è già sul treno"
10 e 59 minuti e 20 secondi.
E poi la salvezza.
Lily Evans, distante pochi metri da loro, stava parlando con alcune ragazze che non si prese la briga di capire chi fossero.
Afferrato Peter per un polso se lo trascinò dietro fino a raggiungere la ragazza.
“Lily! Finalmente ti ho trovata” dietro di lui Peter, con il fiatone per la corsa e qualche bernoccolo per essere inciampato circa una decina di volte lungo il tragitto, tirò un profondo sospiro di sollievo.
La rossa di fronte a loro si aprì in un sorriso cordiale, seppur abbastanza tremulo, in completo contrasto con gli occhi che sembravano cercare un qualcuno di non bene identificato dietro Remus e Peter, pronti a fulminarlo. Un qualcuno che sia Remus che Peter avevano purtroppo perfettamente presente.
E poi la sparata del secolo.
“Hai visto James e Sirius?”
Il sorriso di Lily tremò vistosamente, mentre i due Malandrini facevano quasi inconsciamente un passo indietro.
“No” quasi ringhiò.
E Remus si sentì sprofondare.
“Come mai dovrei averli visti?” gli chiese contrita Lily.
“Beh” Remus la soppesò per un attimo con un sorriso di circostanza, “Pensavo che tu fossi arrabbiata con James. Sai, per sabato”
”SONO arrabbiata con Potter” il tono di voce della rossa si alzò di qualche ottava, tanto che alcuni ragazzi vicini si girarono per vedere cosa stava succedendo.
“Ok” Remus spostò il peso da un piede all’altro, incerto se continuare o meno, “Diciamo allora che speravo che tu sapessi dove fossero. Tutto qui”
“E per quale motivo, scusa?”
“Credevo che volessi ammazzarli dopo sabato” cominciò pacato il Grifondoro senza giri di parole. “ Sai mi sembravi piuttosto arrabbiata... quindi avevo ipotizzato che li avresti cercati per ucciderli e che chiedendo a te avrei potuto trovarli” le spiegò tutto d’un fiato, condendendo il tutto con un sorriso, mentre l’espressione della rossa si faceva sempre più funerea.
Decisamente Remus non aveva capito.
“L’unica cosa che voglio è che mi stiano alla larga il più possibile” gli rispose caustica.
Remus annuì, “Comprensibile. Eri la mia ultima speranza.”
Lily sospirò. “Perchè? Che è successo?”
“Dovevano arrivare mezz’ora fa” si intromise Minus abbastanza inquieto.
“Già” confermò Remus dando un’occhiata all’orologio da polso, “e ormai sono le... le 11! Merlino, dove diavolo sono!”
Fu così, tra un'imprecazione e un’occhiata preoccupata all’orologio, che si fece l'ora X.
E il controllore invitò tutti a salire perchè il treno sarebbe partito a minuti.
Lily vide Remus e Minus quasi sull’orlo di un esaurimento nervoso quando ogni impropero venne stroncato sul nascere, perché un qualcosa di veloce e sibilante sfrecciò a tutto gas sulle loro teste.
Molti di coloro che erano già saliti sul treno si spalmarono addosso ai finestrini nel tentativo di vedere meglio.
Per quanto riguarda Lily Evans invece, la sua aura funerea dopo quell’episodio raddoppiò.
 
 
Ma tornando a Billy Smith, il famoso controllore ferroviario che beveva troppo…
 
Quando due scope da corsa sfrecciarono a tutta velocità sopra Londra, passando per la stazione, zigzagando tra i babbani e facendo il pelo a una vecchietta - che per l’età avrebbe potuto fare concorrenza a Cally, la famosa nonna di Emmeline Vance - per poi imbucare di straforo il passaggio nel muro tra i binari 9 e 10, più di una persona strabuzzò gli occhi, convinta di soffrire di allucinazioni.
Dal canto suo, Billy Smith prima impallidì, poi si diede qualche botta in testa e infine, nel finire lungo e tirato sul pavimento, incontrò malauguratamente con il piede il bastone della sopracitata vecchietta che lo fece ruzzolare per vari metri sul pavimento sporco della stazione, terminando con una caduta magistrale sopra alle rotaie del binario 9.
Diagnosi: frattura scomposta del femore e lieve commozione cerebrale.
Morale della favola: blocco dei treni per due ore e mezza a causa del tentato suicidio di un controllore, tale Billy Smith, affetto da depressione e sotto effetto dell’alcool. La moglie era stata essenziale nella diagnosi: affermava che il giorno prima il marito si fosse recato di nascosto all’osteria di fiducia e scongiurava un aiuto psicologico per il povero Billy.
Ammontare dei danni dati dal blocco ferroviario: decisamente troppi soldi.
Risultato finale: Primo ministro babbano infuriato chiede risarcimento davvero troppo alto al Ministero della Magia.
Ministro della Magia: incazzato nero. Richiesta di convocazione dei genitori dei due ragazzi imputati tra cui il Capo degli Auror Charlus Potter, costretto ad abbandonare un’operazione sul campo.
Dal canto suo Billy Smith, prima di svenire, giurò solennemente che non avrebbe mai più sfiorato un goccio d’alcool in tutta la sua vita.
Infine le due scope scomparvero tranquille e beate dentro il passaggio, sbucando sul binario 9 e ¾ e rischiando di recidere teste, mani, braccia e gambe di parecchie persone che si trovavano sulla loro traiettoria.
Remus dal canto suo scosse la testa.
Peter abbozzò una risata.
Lily gemette. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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“Con una scopa! Sul serio Prongs, che t’è passato per la testa?” Remus lo guardò ancora leggermente scosso.
“Eddai Moony, non cominciare” ribattè James, intento a cercare uno scompartimento libero “Eravamo in ritardo e dovevamo arrangiarci in qualche modo!”
“Sì, ma non in questo, James!!”
“Però è stato divertente” si intromise Sirius, beccandosi le occhiataccie di Lupin, “dovremmo rifarlo l’anno prossimo!”
Minus assentì eccitato. “E poi avete anche onorato la tradizione di arrivare in ritardo tutti gli anni.”
“Effettivamente...” ghignò il moro dagli occhi grigi facendo perdere ogni speranza a Remus.
“Non dire cavolate Sirius” sbuffò quello, al limite dell’umana sopportazione “ma non potevate usare la passaporta come tutti gli anni? Quella vi scaricava nel bar di fronte alla stazione ed eravate a posto!”
“Passaporta guasta” bofonchiò James salutando due Grifondoro del Settimo con un breve cenno del capo.
“Che?”
“Già. Quindi, come vedi Moony, non è stata colpa nostra” Sirius Black rise di gusto, incurante della faccia scandalizzata dell’amico.
“Non è stata colpa vostra?! Potevate sempre alzarvi prima no?!” fu l’acido commento che ottennero in risposta James e Sirius.
L’espressione scandalizzata di Black parlò da sola.
“Sirius mi ha staccato la sveglia” fu invece la blanda e disinteressata replica di James Potter, “quindi prenditela con lui!”
“Che palle! Intanto l’avevi puntata per le dieci e quarantacinque Prongs. Non ce l’avremmo fatta comunque!”
“Dieci e quarantacinque?” rieccheggiò Remus in sottofondo, indeciso se prenderli a sprangate o buttarsi sotto a un treno.
“Solo perché tu dovevi fare ancora tutta la valigia Sirius! L’avessi fatta il giorno prima non saremmo qui a subirci tutte queste menate mentali!”
“Bè, ce l’abbiamo fatta no?” commentò l’altro “E comunque oggi sei proprio di pessimo umore James!”
“Hn” fu l’esauriente risposta del Capitano dei Grifondoro “Non potrei immaginarne il motivo…”
Già, perchè il caro papà alias Charlus Potter, in quei tre giorni non solo l’aveva messo sulla graticola, ma poi aveva gettato l’intera graticola dentro un fottuto vulcano.
Già, in pratica l’aveva segregato in casa.
Controllato a vista da sua madre, tutti gli elfi domestici della casa e da Sirius. Che poi a ben vedere l’erede di casa Black era colpevole tanto quanto lui nello sputtanamento. Ma no, lui era l’ospite e giustamente trattiamo coi guanti il caro Sirius mentre il suo povero e unico figlio lì ci rischiava la sanità mentale.
Non aveva potuto neanche mettere il naso fuori di casa che gli elfi gli si appolipavano alle caviglie strillando come pazzi.
A quanto aveva scoperto infatti, il malefico padre aveva detto agli elfi che suo figlio aveva tentato il suicidio, e che se l’avessero rivisto in atteggiamenti pericolosi di fermarlo con qualsiasi mezzo.
Ovvero appolipandosi.
Peccato che per quegli stramaledettissimi elfi, anche mettere il naso fuori dalla finestra, avvicinarsi a un balcone, o banalmente usare un fottuto coltello durante il pranzo erano atteggiamenti potenzialmente pericolosi.
Al diavolo! La prossima volta gli sputtanava il suo di conto in banca.
“Che vita di merda” se ne uscì infine, ignorando le tirate di Remus e trovando finalmente –alleluiah – uno scompartimento libero.
“Sbaglio o sei di cattivo umore James?” gli chiese Remus mentre salvava Peter dallo spiaccicarsi lungo e tirato sul pavimento.
“No. Ma va” ironizzò Sirius, lasciandosi cadere sul sedile al colmo della grazia “Da cosa l’avresti capito Moony?”
“Che palle!”
“Allora?” Sirius ignorò volutamente l’ultimo commento “Vuoi smetterla Prongs? Sono tre giorni che sei di pessimo umore. Merlino, sembri una donna in quei giorni del mese!”
L’accorata risposta di James Potter consistette in zero parole e in un bellissimo dito medio spiaccicato in faccia all’amico.
“Seriamente Prongs”gli occhi di Sirius si fissarono attenti su di lui, “vuoi dirmi che cazzo ti prende?”
“Scusa ma tu in sti giorni dov’eri?” replicò piccato, “Al diavolo, mio padre è un mastino.”
Sirius scosse la testa, non lasciandosi fregare, “Per cosa sei arrabbiato davvero, James?”
“Di che diavolo stai parlando Sirius?” gli chiese James improvvisamento cauto, tirandosi su sul sedile.
“Credi davvero che non me ne sia accorto?” rise amaro Black, mentre Remus e Peter ora li squadravano attenti, “So perfettamente che c’è qualcos’altro.”
“Non c’è nient’altro” rispose James, fissando lo sguardo improvvisamente spento sul finestrino, “Non preoccuparti Sirius.”
L’altro scosse il capo, sconfitto. “Me lo dirai quando sarai pronto?”
James sprofondò nel sedile. Spossato.
Ringraziò mentalmente Sirius.
Non avrebbe avuto la forza di sostenere quella conversazione ora come ora.
“Te lo dirò” confermò senza più negare.
Solenne.
Un giuramento tra fratelli.
L’altro annuì.
“È grave?” Remus lo fissò di sottecchi.
E James non rispose.
Come dire ai tuoi amici che tutto il tuo mondo sta per crollare a pezzi?
Non rispose.
E gli altri capirono.
E accettarono in silenzio.
Fratelli.
“Piuttosto lo sapete che Lily è furibonda?” cambiò argomento Remus rivolgendosi a James e Sirius.
Bene, nel casino che era la sua vita ora ci mancava solo la Evans, pensò James, piazzandosi con le gambe di traverso sul sedile.
“Merlino, è gia passata mezza settimana dalla Gringott” sentenziò Sirius, gli occhi grigi fissi fuori dal finestrino, “possibile che ancora non le sia passata?!”
“Guarda che davvero abbiamo esagerato Sirius” lo riprese Remus, il libro di Artimanzia aperto sulle ginocchia, “capisco perfettamente Lily. Non fosse per il fatto che i tuoi genitori se lo meritavano in pieno vi ucciderei personalmente io stesso.”
“Ma l’hanno già scoperto Orion e Walburga?” chiese Minus, immaginandosi già il peggio.
“Che gli abbiamo ripulito buona parte delle loro finanze?” ironizzò giulivo Sirius, “Non saprei. Ma mi aspetto una retata da un momento all’altro appena lo faranno.”
“E a proposito di retate…” iniziò James Potter sfregandosi le mani e dimenticandosi momentaneamente del bellissimo umore che lo aveva accompagnato come una nuvola nera fino a poco prima. “Avete visto Rosier?” ghignò con un’occhiata di intesa a Sirius.
“Ragazzi vi prego! Non cominciamo già con i casini! L’anno scorso ho quasi rischiato la carica di prefetto per coprirvi” sbuffò Remus, appoggiando i gomiti sul povero libro di Artimanzia.
Ovviamente nessuno si degnò di ascoltarlo. Peter si sturò le orecchie in attesa di proposte da parte di James e Sirius. D’altra parte James e Sirius sfoderarono entrambi un ghigno da iena a testa che la diceva lunga su quanto effettivamente gliene fregasse della carica di prefetto di Remus.
“Effettivamente è strano” commentò Sirius, prendendo la questione con estrema serietà “Di solito è il primo ad attaccare bottone, invece non si è fatto ancora vedere.”
“Bè. Meglio” rispose Peter con una smorfia.
“O forse non si è fatto ancora sentire per il semplice fatto che siete arrivati in un ritardo al limite dell’umana decenza” ironizzò il Prefetto dei Grifondoro, chiudendo una volta per tutte il libro di Artimanzia, consapevole che intanto non sarebbe mai riuscito a leggerne neanche un paragrafo.
“Comunque deve ancora pagarmi lo scherzetto dei bolidi nella partita dell’anno scorso” fece James Potter, in un chiaro riferimento all’ultima partita che era stata disputata tra Grifondoro e Serpeverde. Difatti era opinione comune che in quella partita ci fossero state un po’ troppe cose inspiegabili, del tipo malocchi alle scope, bolidi impazziti ed ovviamente James Potter ed Evan Rosier, rispettivamente Capitani della squadra di Grifondoro e Serpeverde, che cercavano di rifarsi i connotati a vicenda in bilico su un manico da scopa. La faccenda si era risolta con la vittoria dei Grifondoro, tuttavia le cose non erano finite lì. E se le serpi gridavano ancora vendetta, i grifoni non erano certo da meno. D’altronde, accoppare il portiere dei Grifondoro non era stata una mossa molto furba al fine di placare gli animi. Alla fine James aveva dovuto far entrare in campo come riserva un tizio del quarto anno, totalmente incapace, che non prendeva una pluffa neanche a pregarlo in ginocchio. Ok, alla fine era riuscito a prendere il boccino e a chiudere la partita, certo, tuttavia il dente avvelenato nei confronti dei Serpeverde gli era rimasto.
“Ave gente!” ridacchiò Edgar Bones spalancando la porta dello scompartimento seguito da Fabian e Gideon Prewett, tutta gente per bene insomma... “Bella la trovata delle scope” commentò suscitando chiari segni di apprezzamento anche nei gemelli Prewett.
“Lasciamo stare” rise James, “eravamo in ritardo pazzesco. Spero solo che nessuno ci abbia visto se no mio padre mi falcia sul serio sta volta”.
“Già, abbiamo sentito della Gringott” fece Fabian mentre Gideon in sottofondo ghignava, “Ce lo ha detto Alice. Impagabile.”
“Penso che sia rimasta traumatizzata” ridacchiò il gemello, piazzandosi comodo sul sedile.
“E a buon diritto” concordò Remus salutando i nuovi arrivati.
“Avete visto Rosier?” s’informò invece Sirius, scatenando come voleva un acceso dibattito sul ‘bisogna accoppare subito Evan Rosier o è meglio lasciarlo a scavarsi la fossa da solo?’.
“Quello va sistemato prima che faccia casini” bofonchiò irritato James al solo ricordo della passata partita di Quidditch.
“Sì ma quest’anno, se hanno intenzione di truccare le partite ci trovano preparati” commentò Fabian Prewett.
“Già. Abbiamo preparato una serie di bolidi manomessi Capitano” continuò il gemello Gideon, battendo il cinque a Fabian.
“Ottimo” rise James “Ma prima sarà meglio capire chi siano i Caposcuola di quest’anno… meglio evitare grane inutili.”
“Oh, su quello puoi star tranquillo” Edgar Bones stiracchiò le labbra in un sorriso degno di un gatto. “Uno dei due Caposcuola di quest’anno ti sosterrà perennemente e incondizionatamente.” 
“Sai chi sono?”
“Non noti niente?” sogghignò Edgar.
Se gli altri, eccetto i Prewett già a conoscenza della grande notizia, rimasero con una valanga di dubbi sulla salute mentale di Edgar Bones, Remus Lupin dal canto suo impallidì di botto notando il distintivo di Caposcuola sulla divisa del Grifondoro del Settimo. “Merlino. Sei Caposcuola?”
James abbassò gli occhi in direzione del famigerato distintivo, seguito a ruota dagli altri.
E un sorrisetto molesto si fece spazio sul bel volto del Capitano del Gryffindor, trasformandosi ben presto in un coro di risate e sogghigni da parte di tutti in quello scompartimento.
Per un attimo dimenticò i problemi e si lasciò avvolgere dal calore che si respirava in quello scompartimento.
I Serpeverde non si fecero vedere neanche una volta scesi dal treno.
E non li avrebbe visti neanche a cena, visto che arrivati al castello, sia lui che Sirius vennero prelevati da un’inviperita McGranitt e condotti nello studio del Preside...giusto per iniziare bene l’anno...
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Certe tradizioni a Hogwarts erano considerate dei veri e propri rituali.
C’era chi li considerava dei riti propiziatori, chi li credeva dei gesti scaramantici, e chi invece li vedeva come un’occasione in cui fare a botte.
C'erano poi delle tradizioni che erano così antiche da essersi tramandate immutate per secoli e secoli, una di queste era senza dubbio l’antagonismo tra Grifondoro e Serpeverde. Se fosse una semplice incompatibilità o un modo per scaricare i più bassi istinti e le tendenze omicide delle due Case più rissose di Hogwarts, questo non era chiaro; l’unica cosa chiara era che certe tradizioni erano dure a morire, tanto che finivano poi per ripetersi uguali e identiche tutti gli anni.
Eppure, a volte, poteva capitare che intervenisse un elemento esterno ad interrompere la tradizione. L’elemento esterno in questione, quello che quell’anno aveva impedito il consueto massacro di inizio anno tra Grifondoro e Serpeverde, era stato Minerva McGranitt.
Il motivo era semplice: quell’anno, James Potter e Sirius Black ne avevano combinata una di troppo. Il breve viaggetto in sella a una scopa, in giro per mezza Londra e sotto al naso di quasi tutta la popolazione babbana londinese, non era di certo passato inosservato al Ministero della Magia.
Ed ecco perché, ora, James Potter e Sirius Black si ritrovavano nell’ufficio del preside, attendendo una sentenza di morte che se non fosse giunta dai professori di sicuro sarebbe arrivata dai loro genitori.
Avvisati via gufo, i coniugi Potter e Black erano stati convocati in tutta fretta; ma se Walburga e Orion Black si erano categoricamente rifiutati di presentarsi, mandando al loro posto Alphard Black, che ora fissava il nipote con aria alquanto truce per quell’ennesima scocciatura fuori programma, la questione con i coniugi Potter era andata in maniera diversa. Dorea Black in Potter, uno dei più importanti membri del Wizengamot, non era potuta venire, causa impegni improrogabili al Ministero. La sfacchinata era quindi toccata di nuovo al Capo degli Auror Charlus Potter che, incazzato nero, aveva dovuto abbandonare una missione estremamente delicata e precipitarsi lì solo per strozzare personalmente il suo stramaledetto figlio.
In tutto quel casino erano state convocate anche due persone che non centravano niente, ma che purtroppo si sarebbero involontariamente subite le conseguenze del viaggio in scopa dei compagni: i prefetti Remus Lupin e Lily Evans.
E dopo un’ora e mezza passata con una funzionaria del ministero tutta vestita di rosa e più inflessibile di un manico di scopa che minacciava espulsione ai quattro venti – una tale Dolores Umbridge – alla fine erano riusciti a sbrogliare la situazione.
Una multa spropositata alle famiglie per i danni causati e se l’erano cavata.
Non avevano considerato però la punizione che avrebbero dato loro i professori.
“Siamo fottuti” proferì Sirius sottovoce, “Vedrai, ora ci tolgono il Quidditch.”
“Penso che la sfiga mi voglia morto” sospirò James, indicando all’amico Charlus Potter che lanciava occhiate colleriche al figlio.
“... sono davvero sconcertata dal vostro comportamento. Non è possibile...” Minerva McGranitt intanto stava facendo la tirata del secolo. Perfino Silente tra un pò se la ghignava sotto i baffi, alla faccia dei suoi studenti.
“Sì, effettivamente tuo padre mi sembra un pò incazzato, Prongs.”
“...passando alle punizioni...”
Ecco, ci siamo pensò James. Addio Quidditch.
“Per quanto riguarda lei Signor Black, viste le enormi carenze in Trasfigurazioni e Pozioni, dovrà fare in modo di porvi rimedio. Prenderà ripetizioni due volte alla settimana dal signor Lupin, suo amico. Spero che lei abbia dei risultati altrimenti mi vedrò costretta a escluderla dalla squadra di Quidditch!”
James vide quasi Sirius impallidire.
”... e per quanto riguarda lei Signor Potter, non speri che la sua punizione sia la stessa del Signor Black. Non farò il tragico errore di mettervi in punizione assieme. Oltretutto non si può dire che lei abbia gravi carenze in alcuna materia, anche se il suo comportamento lascia molto a desiderare… quindi ho deciso che lei quest’anno, fino a Natale, affiancherà la Signorina Evans nei suoi obblighi di prefetto senza però i privilegi di un prefetto. La affiancherà nelle ronde e nelle punizioni agli studenti, così saggerà con mano cosa vuol dire avere a che fare con studenti come lei. E chissà che non le entri un po’ in testa la disciplina…”
James si svaccò ancora di più in poltrona, la malsana idea di sbattere ripetutamente la testa contro il muro.
Fantastico, era fottuto.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
ANGOLO AUTRICE:
 
Ben trovati!!
Chiedo umilmente venia per l’enorme ritardo, putroppo come ho già detto a inizio capitolo è stata una sessione esami davvero infernale, anche se sono abbastanza soddisfatta dei risultati.
Come se non bastasse ora ho un altro esame con relativo tomo da 300 pagine di biologia molecolare che mi sta facendo chiedere chi diavolo me l’ha fatto fare...
 
Passando alla storia, ribadisco che nonostante l’enorme ritardo cercherò ora di rimettermi in riga. Ho gia un altro capitolo pronto che devo solo perfezionare nei prossimi giorni, quindi state all’erta.
 
Per quanto riguarda questo capitolo, direi che ora i personaggi principali sono stati presentati quasi tutti, e purtroppo so che sono tanti da ricordare, quindi ho appunto cercato di diluirne la loro presentazione in questi primi capitoli.
 
Spero che non abbiate desistito e che questo capitolo vi sia piaciuto
Vi prego fatemi sapere le vostre opinioni, non mi stancherò mai di dirlo ma sono importanti.
 
Spoiler prossimo capitolo:
 
...
“Hai detto che ti dispiace?”chiese stranita e decisamente più calma.
Dovette sforzarsi per non boccheggiare.
Davvero lui le aveva detto che gli dispiaceva?
“È ovvio che mi dispiace. Cosa credi, che non sia umano?”
....
 
 
Si aprono le scommesse, fatemi sapere cos’avete intuito, sono curiosa
 
Baci, Milandra
   
 
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