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Autore: lolitaaaaa    21/03/2018    2 recensioni
Il grande cavallo grigio galoppava per la pianura. Il vento sferzava prepotente il viso della fanciulla in sella all'imponente stallone candido, il galoppo non era regolare ma scomposto e veloce, il cavallo divorava il terreno con potenti falcate mentre lei si sentiva libera e felice. Lo stallone portava il nome di Giove, come il padre degli dei Romani; nome simbolo di forza e ferocia, nome che tralasciava crudeltà e trasudava potenza. Galoppavano nel silenzio del mattino, fuggendo da tutti i problemi, lasciando che il sole accarezzasse la pelle della fanciulla e permettendo al vento di scompigliare quei lunghi capelli biondi, simili ad una cascata d'oro.
Intanto a Roma un giovane dai capelli neri e gli occhi verdi veniva investito di un grande onore, sarebbe diventato un tribuno militare del grande esercito Romano.
Lei era libera come il vento. Lui non lo era più, imprigionato in una gabbia d'orata.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità greco/romana
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IMPERATOR

Gallia Superiore, Inverno dell'anno 98 D.C.
 
Cavalco per i boschi incontaminati della Gallia Superiore. Galoppo verso la piccola sorgente che scovai l'altro giorno. Ma quando arrivo noto che, seduta sulla riva, c'è una ragazza. Se ne sta lì, a gambe incrociate, e con gesti lenti affila la lama di una spada. Dei morbidi ricci biondi le ricadono selvaggi sulle spalle. Non sembra essersi accorta di me, così lentamente smonto dal mio Alexander e mi avvicino a lei. Mi sente e si volta di scatto balzando in piedi. Mi sfida con lo sguardo, non sembra spaventata. Alzo le mani sperando che capisca che non ho intenzione di farle del male. Ora che la vedo in viso noto che è bellissima, ha i lineamenti delicati. Le sue labbra sono rosee e carnose mentre i suoi occhi sono azzurri, mi ricordano molto il mare che c'è ad Ostia. Lei rinfodera la spada ma sembra ancora diffidente, così mi presento.
"Ave, sono Publio Elio Traiano Adriano, tribunum militum della Legio XXII Primigenia*. Chi siete voi ?"
Parlo cercando di mimare con le mani ciò che dico così che questa ragazza possa capirmi, ma lei ride e mi risponde:
"Parlo latino, mio caro Romano, non c'è bisogno di gesticolare. Sono Oscar."
"Portate un nome da uomo?"
"Una lunga storia."
Risponde lei, ridendo per il mio sgomento. Allora comincio a chiedermi cosa ci faccia qui, vicino ai quartieri invernali Romani, e perché abbia una spada.
"Avete una spada?"
"No, no."
Dice prendendomi in giro. Fischia, chiamando:
"Giove!"
Un magnifico stallone grigio spunta dagli alberi. Lei gli accarezza il muso, poi sale sulla sua groppa e poiché io non mi sposto chiede:
"Allora, mio bel tribuno, hai intenzione di lasciarmi andare o vuoi portarmi con te dai tuoi amici Romani?"
Io la guardo e senza pensarci due volte dico:
"Solo se mi prometti che domani a quest'ora verrai qui."
Sorride e parte al galoppo senza darmi risposta ma so che domani verrà. Quell' impertinente angelo biondo mi ha totalmente stregato.
 
Giove galoppa nel bosco verso l'accampamento. Il mio cuore batte forte. Troppo forte. Arrivo a casa, smonto da cavallo e la mia mente torna a quel bel tribuno. Adriano. I suoi occhi erano di una tonalità di verde così penetrante da essermi rimasti impressi. Entro lentamente nella mia tenda. Mi stendo nel mio giaciglio sospirando. Sarei dovuta andare all'incontro di domani?
No. Razionalmente non dovrei.
 
Esco dai quartieri invernali Romani portando Alexander a mano. Appena fuori monto e spingo il mio cavallo al galoppo. Quando arrivo alla radura la vedo seduta sulla sponda del ruscelletto. È bellissima. Lei mi guarda e mi sorride.
 
Sono lì e lo sto aspettando. Non sarei dovuta andare ma ormai l'ho fatto. Lo vedo arrivare a cavallo del suo stallone nero. I capelli colore della pece svolazzano al vento. Mi vede ed io gli sorrido.
 
Sono passati quasi due anni. Io ed Oscar siamo diventati amici. Lei mi ha insegnato molte cose sulla loro cultura ed io gli ho insegnato molte cose sulla mia. Ma io mi sono innamorato. Insomma è straordinaria, nessuna donna di Roma può vantarsi di somigliarle. Suo padre la crebbe come un uomo per fare in modo che potesse sostituirlo mettendosi al comando degli uomini che guidava lui. Non voglio pensare al fatto che ci affronteremo sul campo di battaglia, prima o poi.
Dei soldati mi chiamano a gran voce. Hanno trovato un esploratore barbaro che cercava di entrare. Quando lo vedo devo ammettere che è molto diverso da Oscar. É grande e grosso, con i capelli e gli occhi scuri; sembra uno dei Galli che ho affrontato sempre in battaglia. Lui sorride poi dice:
"Veramente porto un messaggio."
"Parla, Gallo!"
Dice uno dei due soldati.
"Oscar, vuole sfidarvi. Un duello al primo sangue. Chi vince abbandona il campo di battaglia. Mi ha detto di riferirvi che in questo modo le perdite saranno inesistenti."
Parla uno stentato latino, probabilmente è stata Oscar a tradurgli esattamente ciò che doveva dire ma lei non mi chiederebbe un duello.
"Un inganno ecco cos'è, comandante."
Dice ancora il soldato.
"Imprigionatelo."
Dico semplicemente. Non può essere. I soldati hanno ragione dev'essere un inganno. Lo sento imprecare nella sua lingua. Poi con uno strattone si libera dalla presa dei miei uomini. Ruba la spada ad uno dei soldati e scappa verso un cavallo. Afferra le redini, salta su e galoppa verso il bosco. È quasi all'uscita dell'accampamento quando la vedo. A cavallo dello stallone grigio Oscar si affianca all'altro barbaro mentre galoppano insieme sotto una pioggia di frecce. Sono quasi arrivati al limitare del bosco quando Oscar viene colpita. Cade. I soldati corrono verso di lei. Oscar fa un cenno all'uomo. Non è un cenno, è un ordine. Gli sta ordinando di andare via. Giove s'impenna, cerca di allontanare i soldati da lei che è a terra sanguinante. Sento il cuore martellarmi nel petto. Ordino perentoriamente di smettere di tirare frecce. Vedo dei soldati andare verso di lei. È priva di sensi. Qualcuno mi chiede che cosa voglio che le sia fatto.
 
Apro gli occhi frastornata, non ho idea di dove io sia. Una tenda forse. Faccio per alzarmi ma sento una fitta al fianco e realizzo tutto. La mia assurda richiesta di un duello. La fuga verso il bosco dopo il suo rifiuto. E infine quella maledetta freccia. Mi devo alzare. Un'altra fitta non appena mi muovo. Mi devo alzare, ora. Con tutta la mia forza di volontà mi alzo e la coperta che mi copriva scivola giù, mi accorgo di essere quasi completamente nuda. Indosso solo la biancheria ed ho delle bende sopra il fianco dove sono stata ferita. Sento che qualcuno sta arrivando ed istintivamente mi copro. È Adriano. Sono sollevata nel vederlo. Entra e mi ignora. Mentre prende l'acqua e la mescola al vino** offrendomela dice:
"Ti sei svegliata… "
"A quanto pare…"
"Sarcastica come al solito… Vuol dire che stai bene?"
"Bucata, ecco come sto."
Lui ride.
"il duello era davvero una tua idea?"
Chiede ed io annuisco mentre mi alzo faticosamente e faccio per prendere il bicchiere dalle sua mani, ma una fitta lancinante mi fa perdere l'equilibrio. Il bicchiere gli cade nel maldestro tentativo di sostenermi. Quando il dolore passa alzo la testa verso di lui, siamo fin troppo vicini. Il mio cuore batte all'impazzata. Si china leggermente verso di me, sento le sue labbra contro le mie. Sono confusa, noi non dovremmo. Ma è così travolgente. Si stacca da me lentamente, mi fa  sedere e poi chiude la tenda. Mi sorride, tornando a baciarmi.
 
È passata una settimana ed Oscar sta bene, la ferita non era grave. Mi ha chiesto di portarla al suo accampamento. Ho dovuto cedere, anche se preferirei che rimanesse con me. Oggi la riporto a casa, devo per forza perché Giove è scappato; lei pensa che sia tornato a casa. Poi dovrò per forza dirle che mi hanno richiamato a Roma. Plotina*** vuole che io sposi Vibia****, ma il mio cuore appartiene a solo ad Oscar. Andrò a Roma, lo comunicherò nella speranza di sistemare tutto.
Nel pomeriggio io ed Oscar prendiamo due cavalli e ci avviamo. Quando arriviamo l'accampamento sembra deserto, lei smonta da cavallo e fischia. Subito Giove esce dagli alberi ed i Galli cominciano a venirle incontro. Lei sorride mentre tutti la salutano, poi arriva l'uomo, che avevano catturato I miei soldati, e l'abbraccia dicendo qualcosa che non riesco a comprendere. Ora tutti si stanno girando verso di me facendo quelle che mi sembrano domande ad Oscar. Lei sorride e per la prima volta la sento parlare nella sua lingua, tutti scoppiano a ridere  e cominciano a venire verso di me. Mi accolgono come se fossi uno di loro. Un uomo più anziano mi sorride e dice qualcosa.
"Ti sta ringraziando."
Mi dice Oscar.
"Per cosa?"
Chiedo ingenuamente.
"Per non avermi uccisa."
 
Quella sera stessa Adriano dice di volermi parlare. Sono preoccupata era così serio quando me l'ha detto. Lo guardo aspettando che dica qualcosa e mi sento stupida. Perché lo amo. Anzi perché amo un uomo di Roma.
"Oscar… io devo tornare a Roma."
Dice tutto d'un fiato, mentre io lo guardo attonita.
"Tornerai?"
"Si e ti sposerò."
"Adriano… "
Non ho questa pretesa, vorrei dirgli.
"Aspettami, io tornerò."
Sembra sicuro di ciò che afferma.
 
120 D.C.  Estate.
 
Ho sbagliato a fidarmi di lui. Non è più tornato. Mi ha abbandonato. I suoi uomini hanno distrutto tutto il nostro accampamento ed ucciso molti della mia gente.
 
Non sono più tornato. Sono stato obbligato a sposare Vibia per poter salire al trono.  Quest' Inverno tornerò in Gallia e la cercherò.
 
121 D.C.
 
Sono arrivato da pochi giorni in Gallia ed ora che ho finito i miei obblighi sto andando a cercarla. Vado al loro accampamento. Quando arrivo trovo l'accampamento distrutto. Il mio cuore perde un battito. I soldati. Ad un certo punto vedo qualcosa muoversi. Cavalli. Sono esploratori Galli. Non ne riconosco nessuno ed ho paura, in cosa mi sono cacciato?
Mi circondano. Mi intimano di scendere da cavallo e mi legano i polsi con delle corde. Mi bendano. Mi portano al nuovo accampamento. Tutti si voltano a guardarmi mentre uno degli uomini che mi scortavano corre verso una tenda rossa. E allora la vedo, bella come non mai stata. Sembra la vergine Cammilla, la vergine guerriera. I capelli biondi la ricadono morbidi sulle spalle. Gli occhi azzurri sono glaciali. Mi guarda ed inarca un sopracciglio.
Dice qualcosa nella sua lingua e i suoi uomini mi slegano e mi porgono le redini di Alexander.
"Vattene."
Sibila rivolta a me. Come temevo, mi odia. No, non accetto che finisca così.
 
Lui lascia le redini del suo cavallo e viene verso di me. La rabbia mi assale e sfodero l'arco. Afferro un freccia dalla faretra e, dopo averla incoccata, gliela punto contro. Lui continua a venire avanti. Scocco la freccia. Sobbalza, si arresta e si volta fissando la freccia a terra. Ho ottenuto ciò che volevo, forse. Riprende a venire verso di me, incocco un'altra freccia. Arriva davanti a me.
"Scocca."
Mormora deciso.
"Non mi istigare."
Il mio cuore batte troppo forte. Sono vicina, troppo vicina.
 
È vicina, troppo vicina. Mi sporgo e poso le mie labbra sulle sue. Lei si sposta di scatto, ma lascia cadere la freccia. Io metto la mia mano sulla sua. Prendo l'arco e lo getto a terra. Lei mi guarda intensamente. La bacio di nuovo, ma più appassionatamente. Lei me lo lascia fare, anzi mi mette le braccia intorno al collo.
 
Passano alcune settimane mentre io e Adriano recuperiamo i rapporti. Stamattina è arrivata una donna con tutto il suo seguito. L'ho visto mentre aspettavo al limitare del bosco Adriano, infatti lui non è venuto. Ha mandato un messo a chiedermi di incontrarci stasera.
 
Vibia non mi lascia da solo un attimo. Quando arriva sera aspetto che mia moglie si ritiri, prendo Alexander e vado da lei. Arrivo al limitare del bosco e lei già che mi aspetta. Scendo da cavallo e la stringo tra le mie braccia.
 
Adriano si china a baciarmi. Lui è un amante dolce e passionale. I nostri cuori battono allo stesso ritmo. Passiamo insieme quasi tutta la notte. È giunto il momento di lasciarsi. Lo guardo allontanarsi, quando sento dei rumori alle mie spalle. Mi volto, ci sono dei soldati. Io sono disarmata. Mi puntano le spade contro. Faccio due passi avanti e mi inginocchio sul mio mantello. Quei quattro mi guardano sorpresi. Io afferro lentamente l'elsa della mia spada. Mi scaglio contro di loro. Sono troppi. Uno mi colpisce sul braccio facendo in modo che la spada mi cada di mano.
 
"Princeps!"
Apro gli occhi di scatto. Un soldato mi guarda ansioso. 
"Dovete venire subito!"
Dice concitato. Mi alzo immediatamente e lo seguo fuori. Vedo due uomini spingere Oscar ad inginocchiarsi. Vibia è in piedi di fronte a lei. Oscar mi vede ma Vibia no. Accelero il passo. Non riesco a sentire ciò che mia moglie dire ma vedo gli occhi di Oscar spalancarsi. Uno dei due soldati estrae la spada e trapassa la donna bionda.
 
"Morirai per questo."
Sento un dolore allucinante. Mi piego in avanti portandomi una mano al petto. Vedo il sangue sgorgare copioso. Adriano corre verso di me, sento la sua voce chiamarmi. Sento che mi stringe, le forze mi abbandonano. Devo dirgli che lo amo. Lo guardo. Devo. 
"Ti amo…"
 
Sussurra. Poi i suoi occhi diventano vitrei.
"Oscar…"
La chiamo tra le lacrime. Il soldato che l'ha uccisa mi guarda sconcertato, ma lui non ha colpa. L'ordine è venuto da lei. Mia moglie. Vibia.    
 
136 D.C.
 
"Vibia! Basta. Zitta! Non ripescare ancora questo argomento, il nostro matrimonio è un fallimento, punto."
Sbraito durante l'ennesima litigata con mia moglie.
"Lo so, è tutta colpa di quella barbara. Tu l'amavi come non hai mai amato me."
"E tu l'hai fatta uccidere!"
"Ha osato cercare di portarmi via mio marito!"
"Basta…"
Dico mentre lei esce dalla stanza. Sono stanco di tutto ciò. Io continuo a pensare ad Oscar, morta tra le mie braccia. Nella mia vita ho capito una cosa: chi detiene il potere non può essere felice, nemmeno se governa un impero come quello di Roma.
 
*Una legione operativa in Gallia di cui Adriano fu tribuno dal 97
**Usanza Romana di mescolare l'acqua al vino per poter bere senza ubriacarsi.
​***Madre adottiva di Adriano e moglie dell'imperatore Traiano.
​****Moglie di Adriano e parente dell'imperatore Traiano.


N.A.


Piccolo esperimento, spero che vi piaccia. Il personaggio di Oscar è chiaramente ispirato a Lady Oscar, il personaggio di uno dei cartoni che io e mia nonna preferivamo. Mentre pensavo al personaggio femminile mi sembrava l'unica Musa degna. Infatti inizialmente l'avevo pubblicata come fanfiction, ma ho poi deciso di riscriverla e pubblicarla per quello che realmente è, una storia originale nata durante una lezione di storia Romana. 
   
 
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