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Autore: Mannu    23/03/2018    0 recensioni
Malcant è un paesino di contadini, piccolo e modesto. La terra intorno al vulcano Maas trema, si spacca lasciando sfuggire fumo, gas velenosi, a volte zampilla anche lava incandescente. Ma è fertile e se coltivata con cura rende raccolti che ripagano delle fatiche e del pericolo costante. Tutto sommato la vita procede normale, calma e tranquilla, punteggiata solo dal lontano brontolare del cratere principale. Tranquillità destinata a terminare quando un giorno verso la fine dell'inverno la terra nuovamente si spacca e la lava ribollente forma un laghetto solo in apparenza simile ad altri già visti...
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aktha Demochye
9. Mercenari e balie

Soddisfatta, dunque. Tutto sembrava volgere al meglio. Come quella mattina. Addirittura il clima era cambiato: gli interminabili giorni di freddo, di cielo completamente ingombro di nubi, di luce plumbea e pioggia che rammolliva il terreno e raffreddava perfino le ossa parevano vicini al termine. Quella mattina le nubi si erano spaccate mostrando strappi di cielo azzurro e il sole aveva fatto capolino più volte. Aveva avuto le vertigini tanto improvvisa la rivelazione che dietro le nubi l'attendeva davvero l'infinito. Non c'era bisogno di lei nei campi o negli orti, non c'era acqua da tirare su in pesantissimi secchi dal profondo pozzo. Il falegname aveva fatto apposta per lei un secchio per l'acqua rinforzato da anelli di ferro, grande più del doppio di quello che usavano gli umani.
Perciò Monia le aveva chiesto di badare ai bambini mentre lei sbrigava le faccende. Strana parola quella che includeva in modo generico molte attività anche diversissime tra loro, come per esempio pulire il pavimento o fare gli acquisti al mercato.
Si sentì tirare per la tunica di pesante lana dalla parte della schiena. Realizzata su misura per lei in cambio di qualche giorno di duro lavoro, era bella calda e insieme a spessi pantaloni la difendeva bene dal freddo, a patto di starsene al riparo delle mura domestiche e non uscire se non per poco tempo. Niente da fare per le calzature: nessun paio di quelle già pronte le stavano comode, nemmeno un po'. Colpa dei suoi piedi così diversi e delle corte ma robustissime unghie ad artiglio. Ma nemmeno a casa lei usava spesso calzature. Il problema aveva portato alla luce una curiosa differenza anatomica: gli umani avevano cinque dita anche ai piedi, non quattro.
Sapeva cosa sigificava quel piccolo strattonare ed ecco che puntuale sentì un peso sulle corna. Il più piccolino, un bimbo con nemmeno tre stagioni di vita, l'aveva sorpresa alle spalle, seduta sul pavimento di assi piallate al centro della stanza più calda della casa, quella coi fuochi della cucina. A stento stava in piedi ma, affascinato dalle corna, non perdeva occasione per aggrapparsi a esse con tutto il suo peso e rimirarle muto ed estasiato, strattonandola all'indietro senza remore per avvicinarsele alla bocca.
- Andreas, non così che le fai male! - esclamò Iris, la più grandicella dei cinque. Monia le aveva detto che aveva dieci primavere ma Aktha già leggeva negli occhi di quella la giovane adulta che presto sarebbe divenuta.
- Ma no, lascia che lui tiri... non fa male – rispose Aktha mantenendo la brutta piega del collo per non sottrarre al piccolo Andreas l'oggetto della sua così assidua attenzione. I muscoli del suo collo erano abituati a tormenti molto peggiori e meno dolci di quello e per far dolere le sue ossa sarebbe stato necessario un peso di gran lunga maggiore.
- Ma figuriamoci! - Iris si alzò dal cerchio che avevano formato sedendosi insieme sul pavimento per acciuffare il piccolo invadente. Tornò a sedersi e se lo mise in braccio, ma quello continuava a tendere le braccia verso le corna di Aktha e a dimenarsi per raggiungerle.
- Niente da fare, gli piacciono davvero le tue corna – Eloise, sette primavere appena compiute, paffuta e invadente, sempre desiderosa di giocare e di essere al centro dell'attenzione.
- Poi ce le fai toccare anche a noi?
- Sì, dai... è da tanto che non lo facciamo!
Bart e Ben, sette e cinque primavere rispettivamente. Tanto buono e gentile Bart quanto vivace e dispettoso Ben. Il suo “è da tanto” corrispondeva al giorno precedente. Non passava mai una giornata intera senza che Ben chiedesse con insistenza di essere preso in braccio, di fare l'altalena tra le lunghe gambe di Aktha o di poterle toccare coda e corna.
- Va bene – si arrese lei, chinando la testa in avanti per offrire loro le corna. Tutti vi si attaccarono carezzandole più o meno delicatamente e commentandole scioccamente, ridendo sguaiati. Per un motivo che lei non riusciva a capire le sue corna erano gradite a quei mocciosi, come Monia affettuosa li chiamava quando era certa che non la potessero sentire.
- Noi non vogliamo più cantare, forse? - chiese Aktha risollevando la testa e ponendo fine al gioco tocca-le-corna-e-ridi.
Tutti squittirono contemporaneamente e corsero di nuovo a sedersi in cerchio insieme al demone, ai loro occhi solo una strana ragazza... un bel po' più strana di altre, invero.
- Cosa volete cantare? Elpi dreils?
Di nuovo assenso all'unisono, strillato acutamente. Per fortuna sono intonata a sufficienza, Aktha pensò congratulandosi con se stessa. Monia dice che li strego con le mie filastrocche... dev'essere perché non conoscono le parole.
Divise i bambini in due gruppi assegnando loro i diversi ritornelli. Lei li avrebbe guidati, indicando di volta in volta il momento giusto per cantare. Se il gioco fosse riuscito, il coro sarebbe stato intonato e la canzone avrebbe suonato molto bene alle orecchie. C'erano poi modi per rendere più impegnativo cantare la filastrocca e per qualche ragione che non capiva se i bimbi si impappinavano e sbagliavano, scoppiavano a ridere a crepapelle. Come se sbagliare fosse più divertente e soddisfacente che fare bene.
- Pronti? - chiese. Poi indicò i maschietti e cominciò cantando con loro:

Bon-badira, bon-badira
Bon-badira, bon-badira-ira


Al momento giusto lasciò andare da soli i due maschi e accompagnò le due femmine:

Elpi dreils du-iu
Undi vi-mii eghéll
Elpi dreils du-iu
Ip sai lim-o tii énn


Ora veniva la parte difficile. Di solito l'impegno e la concentrazione dei piccoli a questo punto era già esaurita e sebbene avesse insegnato loro anche la seconda metà era raro che vi arrivassero coordinati. Fece loro segno di fermarsi e proseguì da sola:

Uuh-ker alotte sauds 'en ir utt'éller
Jàstsìn gason'na-fin ba-san li étter
Elpi dreils du-iu
Tillì vi-lii eghéll


La guardarono emozionati, batterono le mani. Perfino Iris, avvezza anzi abile a nascondere le proprie emozioni aveva una scintilla di ammirazione negli occhi.
- La ricordate voi? Credete di cantare tutto in una volta? Senza sbagliare?
Provarono e riprovarono ma non ci riuscirono. Preferivano sbagliare di proposito, stuzzicarsi e farsi i dispetti, strillare, interrompersi per chiedere il significato delle parole e ricominciare meno attenti di prima. La filastrocca venne bene solo un'altra volta e solo fino a metà. Si applaudirono e schiamazzarono tanto da sembrare ve ne fossero dieci di loro. C'era un gran baccano in casa ma nessuno dei bimbi si allontanò mai più di tre passi da Aktha. Monia non vista li osservava, gli occhi gonfi e lucidi di felicità, non osando interrompere.
Bloccò Tobias, il figlio del mugnaio, un attimo prima che trafelato facesse irruzione in casa. Ma fu notato e il momento idilliaco giunse lo stesso al termine.
Aktha si alzò da terra circondata dai bambini vocianti che la imploravano di restare poiché non li aveva ancora accarezzati con la coda. Ciò che ancora rendeva sgomenti gli adulti, deliziava i bambini. Aktha non capiva come ciò potesse essere possibile ed era certa che quando avrebbe riferito tutte quelle scoperte al Maestro e ai Tutori, avrebbero avuto di che discutere e studiare a lungo. Promise che li avrebbe accarezzati più tardi, come piaceva a loro. Adoravano sedersi al suo fianco e farsi toccare le spalle, la nuca, le guance dalla punta della coda, da dietro. Trovavano il gioco divertentissimo poiché la coda li solleticava all'improvviso: non la vedevano arrivare e non sapevano dire dove li avrebbe toccati di volta in volta. Promettevano di non guardare e anche Aktha si divertiva molto osservando gli sforzi che facevano per non farsi vedere da lei nel tentativo di sbirciare.
Ci volle che Monia facesse la voce grossa per farli calmare e far sì che lasciassero in pace il povero demone dalla pelle purpurea. Il figlio del mugnaio si unì a loro e uscirono a giocare in strada.
- Ma come fai a sopportarli? Non ti fanno venire male alla testa?
Aktha sorrise aggiustandosi i capelli color della cenere e dai vaghi riflessi dorati, ora ben spazzolati e acconciati a modo: una vezzosa frangia affusolata le scendeva sbieca sulla metà destra della fronte a coprire l'attaccatura del corno. No, non le spiaceva far divertire i bambini. Era impegnativo, stancante ma piacevole. Non aveva abbastanza parole nel suo vocabolario per spiegare a Monia quanto la allietasse darle una mano coi piccini. Vedeva bene quanta fatica e sacrifici le costasse accudirli. Monia era senza marito, perfino. Così fece spallucce e scelse una risposta sintetica.
- No, non succede a me. Forse perché le corna rendono la mia testa più dura della tua.
Risero, poi Monia fece una cosa che non aveva mai fatto prima. Le afferrò un braccio e si fece di colpo seria e vicina come per una confidenza importante.
- Aktha, ascoltami. Tobias è stato mandato qui da Mastro Benner. Sono appena giunti tre straneri e si vede da mille passi di distanza che stanno cercando guai. Sono mercenari. Non devono trovarti. Non nasconderti qui, allontanati dal paese. Vai lontano. Verremo a cercarti ai fumaioli quando il pericolo sarà passato. Non farti vedere da nessuno, intesi?
- Io resto quando c'è il pericolo – risoluta, puntò i propri occhi che sapeva temibili per gli umani in quelli scuri della giovane. Non era sicura di quanto aveva appena detto, ma ormai era stato detto.
- Non se ne parla nemmeno, sono degli attaccabrighe e armati fino ai denti. È più prudente se non ti fai vedere.
Era già successo che qualche visitatore estemporaneo l'avesse vista in passato. I più entusiasti tra i cittadini di Malcant, desiderosi di condividere quella nuova e inebriante esperienza, non si erano trattenuti dal parlare di quanto era successo con lei. Ottenendo però solo di far fuggire a gambe levate i visitatori, non preparati a qualcosa del genere. La maggioranza degli abitanti del paese non aveva ancora nemmeno iniziato a digerire la sua presenza lì, come avrebbe potuto un mercante giunto da fuori accettarla da un momento all'altro e considerarla come un umano qualsiasi? Mastro Benner aveva ordinato ai suoi concittadini di non fare più parola con nessuno della sua presenza. Almeno fino a quando avrebbero trovato un modo per evitare il panico, lo stesso che loro ancora dovevano superare.
   
 
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