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Autore: NPC_Stories    23/03/2018    1 recensioni
Dee Dee è una giovanissima elfa mezza-vampira. Quando si rende conto che nel mondo sembra non esserci posto per lei, decide di andare nel luogo che identifica come la patria dei reietti e dei mostri: la città sotterranea e multiculturale di Skullport.
Solo che per arrivarci dovrà affrontare numerose sfide che potrebbero affinare le sue abilità e rafforzare il suo carattere, ma potrebbero anche distruggere il suo spirito. Sulla sua strada incontrerà un riottoso compagno di avventure, un elfo scuro con un attaccamento morboso verso la città sotterranea.
Riuscirà la giovane dhampir a superare le sue prove, e soprattutto a dimostrare al suo nuovo compagno che è abbastanza forte per sopravvivere in una città di criminali? Riuscirà lui a mantenere la distanza che vorrebbe mantenere?
.
Spoiler: niente romance. La differenza di età la renderebbe una cosa creepy.
Nota: come al solito sono tutti personaggi originali, tendenzialmente la storia non tratta di personaggi famosi dei Forgotten Realms, anche se può capitare che vengano citati o che compaiano a spot in un capitolo o due.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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1363 DR: Champion of Lloth starter pack


Lizy non era tranquilla. Impossibile esserlo, visto che ormai secondo il drow erano molto vicini alla città degli illithid. Si erano già spinti molto più in profondità di quanto Lizy fosse mai stata, e la cosa la inquietava.
“Sei sicuro di volerlo fare?”
Daren le rivolse uno sguardo esasperato. “Per l’ennesima e ultima volta, Lizy, sì. Sono sicuro. Ora stai zitta, devo concentrarmi.” Mise una mano nella scarsella e con due dita afferrò una piccola pietra levigata, una calcite verde intagliata a forma di disco. Stava per posarsela sulla fronte quando Lizy lo interruppe di nuovo.
“Concentrarti su cosa?”
“Su come ucciderti lentamente una volta che avremo finito qui!” La provocò. “Cinque minuti di silenzio, è chiedere troppo?”
Lizy mise il broncio, piantando i piccoli pugni contro i fianchi. Il drow abbassò la voce e si avvicinò a lei, abbastanza perché Tuyy non sentisse. “Pensa ad un modo per tenere alla larga il desmodu.”
“Cosa? Cosa?” Sibilò Lizy. “Non ci si può semplicemente liberare di lui. Sai com’è testardo!”
“Sei una donna, inventati una bugia decente.” Il drow congedò le obiezioni di Lizy con un gesto della mano. “E soprattutto non disturbarmi per i prossimi minuti. Devo modificare alcuni miei ricordi passati e mi occorre concentrazione per creare immagini nuove e plausibili nella mia mente.”

Il giorno dopo avvistarono la prima pattuglia illithid, chiaro segno che ormai erano molto vicini alla città, di certo entro poche ore di cammino.
“Si suppone che io sia qui per una missione diplomatica” ragionò Daren, “non per infiltrarmi come un ladro. Tuttavia se mi mostrassi a loro adesso e mi facessi scortare alla città, ti lasceremmo indietro” disse guardando Lizy “e questo non deve succedere. Quindi sarà meglio che ci avviciniamo furtivamente un altro po’. Questa mossa avrebbe i suoi lati positivi, dimostrando che sono in grado di arrivare vicino alla loro città inosservato; sarebbe una valida intimidazione. Ma rimane il problema di Tuyy.”
“Non c’è modo di convincerlo a restare indietro!” Sbottò Lizy sottovoce. “Non sente ragioni!”
Il drow sospirò. “È quello che temevo. Posso facilmente farlo passare per un mio servitore o schiavo, il problema è che lui è una testa calda e potrebbe partire all’attacco senza preavviso.”
“Parlagli allora. Ricordagli il vostro patto. Non è stupido come sembra.”
“Oh? Tu dici?”
Lizy annuì, guardandolo con la sua espressione più seria. “Sì. Ne sono convinta. Nonostante la sua apparenza barbarica è molto perspicace.”
Daren scrollò le spalle, dichiarandosi sconfitto. “Va bene. Chi sono io per giudicare qualcuno dalle apparenze? Gli parlerò e decideremo un piano. Ma…”
“Ma?”
“Spero che sappia muoversi senza fare rumore.” Concluse Daren con un mezzo sorriso.

Tuyy sapeva muoversi senza fare rumore, più o meno. Alle orecchie sensibili dell’elfo scuro, i suoi passi suonavano pesanti come colpi di tamburo, i lunghi unghioni dei piedi aggiungevano un fastidioso ticchettio dopo ogni passo e infine stridevano contro la roccia quando alzava il piede per muovere il passo successivo. Qualcosa come tumpf-tikitiki-skree. Gli illithid e i loro schiavi però non lo sentirono, e questo era l’importante.
Rischiarono un po’ di più quando incontrarono un’altra pattuglia di guardie con un illithid, un drow e cinque quaggoth, creature umanoidi simili a orsi. L’illithid chiaramente teneva le altre creature sotto controllo mentale, certamente nè il drow nè i quaggoth erano lì di loro spontanea volontà.
Daren fece cenno ai suoi compagni di fermarsi e di stare in silenzio, perché temeva il fine udito del suo simile. Ma forse la dominazione mentale col tempo aveva attutito i suoi sensi, perché non si accorse di nulla.
Povere creature, pensò Daren con un sospiro. Mi piacerebbe attaccare questo illithid e ucciderlo, ma quanto lontano potrebbero andare gli schiavi, senza equipaggiamento e senza cibo? No, devo dare la precedenza alla mia missione… stavolta.
Mi piacerebbe molto vedere questa città distrutta prima di lasciare questo mondo.

Continuarono per la loro strada con ancora maggiore attenzione. Le caverne erano sempre più popolate da quaggoth che presumibilmente erano sotto il controllo mentale degli illithid, ma abbastanza consapevoli dei loro bisogni da organizzarsi in piccole bande per cercare cibo o mettere in piedi rozzi accampamenti.
“Quando arriviamo a Ch’Chitl?” sussurrò Lizy al drow.
Era un sussurro appena udibile, ma risuonò nelle sue orecchie sensibili come se l’aranea avesse parlato in tono normale. Purtroppo nessuno dei suoi due compagni capiva il linguaggio gestuale dei drow, quindi Daren dovette rispondere parlando a bassa voce:
“Credo che ci siamo già. La città è su due livelli, quello superiore è solo un intrico di gallerie abitate dagli schiavi quaggoth e raramente pattugliata dagli illithid. Il piano inferiore è dove vivono loro, la città vera e propria. Ci sono delle scale che conducono alle diverse grotte della città inferiore.”
L’idea di essere già nella città strappò a Lizy un gemito di terrore. Non aveva pensato di doversi avvicinare così tanto.

Presto cominciarono a vedere una strana luminescenza avanti nel tunnel, davanti a loro. O almeno, Tuyy e Daren la vedevano, perché era generata da incantesimi di pura malvagità.
“Incantesimi psionici a protezione della prima scala.” Sussurrò Daren con un filo di voce.
Lizy annuì con espressione seria. “Non capisco dove siano, ma non ho molta voglia di andare oltre.”
“Fallo solo quando ti darò il segnale. Andrà tutto bene, sei qui solo per rappresentanza.”
Lizy annuì di nuovo, passandosi una mano sul viso. “Intanto comincio a richiamare altri ragni. Mi ci vorrà meno di un minuto.” Promise, nascondendosi in una piccola alcova sopraelevata.
Il drow fece cenno al desmodu di avvicinarsi. “Tu ed io andiamo, ora. Hai paura?”
Tuyy scosse la testa. “Paura no. Questo è che-si-deve-fare, quindi questo è che-si-fa. Nervoso, un po’. Dopo altri mostri-tentacoli in grotta di gloura, Tuyy pensa forse noi muore e basta.”
“Ah. Bene.” Mormorò Daren senza alcuna inflessione. “Questo nervosismo è l’unica cosa che proverai d’ora in avanti al posto della paura. Tienitelo caro. È la sottile barriera che separa la tua stupidità dalla tua tomba.”
“Piccolo nero parla difficile ma Tuyy sicuro che dice cose da stronzo.”
L’elfo scuro scrollò le spalle. A questo non poteva ribattere.

Daren e Tuyy si incamminarono apertamente verso quell’aura verdognola che brillava di malvagità. In accordo col loro piano, Tuyy era disarmato e aveva un atteggiamento sottomesso e abbattuto, perché doveva fingere di essere prigioniero del drow.
Il loro passaggio fece alzare un coro di ringhi e versi indecifrabili tutto intorno a loro, da gallerie che ad un primo sguardo potevano sembrare vuote. Daren riconobbe i versi intimidatori dei quaggoth; quegli esseri bestiali parlavano il Sottocomune, ma quando si trovavano davanti una preda potenziale cominciavano a fare versi animaleschi e raccapriccianti. Una di quelle creature di forma vagamente ursina si lanciò sui due avventurieri, cadendo dall’alto, da uno sperone di roccia nascosto. La spada di Daren gli tranciò una gamba prima ancora che atterrasse, ma Tuyy reclamò quella vittima per sé afferrando il mostro per le spalle e trascinandolo via dal drow. Il quaggoth non fece in tempo a reagire, né ad accorgersi di cosa stava succedendo: Tuyy spostò una mano sulla nuca del nemico e accompagnò la sua caduta sfracellandogli il cranio contro la roccia. Tre altri quaggoth si lanciarono contro i nemici, credendo di avere un vantaggio per via della superiorità numerica. Tre altri quaggoth morirono in fretta.
“Queste bestiacce non conoscono la paura.” Avvertì Daren, senza mostrarsi troppo preoccupato. Tuyy gettò di lato un altro cadavere e scrollò le enormi spalle.
Nemmeno lui.

Il drow e il desmodu avanzarono lentamente ma con costanza verso le scale che conducevano al piano inferiore di Ch’Chitl, facendosi largo fra i quaggoth in caccia. Quando erano ormai solo a un paio di metri dalla fenditura nel suolo roccioso, una creatura comparve come per magia levitando sopra all’imbocco della scala a chiocciola.
Era un illithid, chiaramente, anche se sembrava pallido in modo malsano. Daren pregò che Tuyy non facesse stupidaggini.
Ma forse Lizy aveva ragione, forse il desmodu era intelligente almeno un po’, perché Tuyy si attenne al loro piano, rimanendo al suo fianco.
L’illithid allargò le braccia e i tentacoli che aveva davanti alla bocca ondeggiarono come se avesse parlato. Un’ondata di energia negativa emanò da lui, espandendosi a cerchio fino a raggiungere Daren e Tuyy e tutti i quaggoth che avevano intorno. I mostri morirono sul colpo, avvizzendo come prugne secche. Quelli che invece erano troppo lontani per essere colpiti dal Cerchio di Morte si dispersero, e Daren si domandò se il nuovo arrivato avesse preso controllo delle loro menti, visto che di solito non temono la morte.
Il drow abbassò la spada verso terra, studiando l’illithid con interesse. Lo scorticatore mentale rispose con uno sguardo ugualmente intenso, ma rivolto ad entrambi.
L’illithid parlò ai due in Sottocomune, ma era a malapena comprensibile per via della sua voce bassa e gorgogliante. “Voi siete più forti della marmaglia. Ma Ch’Chitl è più forte di voi. Dunque sarete schiavi, o morirete.”
Daren pulì brevemente la lama della spada sul pelo di un quaggoth morto, e con grande sorpresa dell’illithid, la rimise nel fodero. Poi rivolse all’illithid un accenno di inchino.
“Sarebbe una scelta poco saggia. Io sono un inviato di pace, ma non uno sprovveduto.” Ribattè, nella stessa lingua.
“Un inviato drow che viaggia con un desmodu.” Osservò lentamente lo schiavista.
Daren agitò una mano verso Tuyy come se la sua presenza non avesse importanza. “Non badate al mio servo. Nel Buio Profondo può sempre servire una guardia del corpo. Ma sono io l’unico di cui vi dovete preoccupare… io e coloro che rappresento.”
L’illithid rimase in silenzio. Si trattava di una tecnica per far sentire a disagio il suo interlocutore, ma Daren dopo aver atteso alcuni secondi ritenne di poter ricominciare a parlare.
“Vengo dal dungeon che si estende intorno a Skullport. Voi avete preso qualcosa che per noi ha grande valore.”
I tentacoli dell’illithid ondeggiarono di nuovo. “Skullport pretende qualcosa e manda un solo piccolo drow.”
“Skullport può crollare sulla testa di Halaster Neromanto.” Scandì lentamente il drow, incrociando lo sguardo dell’illithid. Quello sguardo sembrava ghiaccio. Gli occhi pallidi, già solitamente gelatinosi e viscidi, sembravano addirittura morti. È un non-morto! Il pensiero balenò nella testa di Daren come una scheggia incontrollata. Ovviamente era solo una supposizione, ma volle fidarsi del suo intuito. Dei, per una volta sono felice di non avere paura.
Fece un enorme sforzo di volontà per mantenere un’espressione neutra e tranquilla. Ne andava delle loro vite e del buon esito di quella missione. “Io sono qui per conto del Consiglio che guida il mio culto.”

L’illithid, che in realtà era un alhoon, un illithid mago che aveva raggiunto lo stato di lich, reagì a quelle parole come se il drow gli avesse appena chiesto di fare una donazione benefica per una scuola materna di quaggoth.
“Il vostro culto.” ripetè disgustato, come se il concetto stesso di fede religiosa gli facesse apparire il drow ancora più squallido.
Daren trovò conferma della sua teoria; tutti gli illithid sono molto religiosi… tranne gli illithilich, che solitamente sono dei fuoricasta, lontani dalla condivisione mentale che caratterizza i normali illithid, e facilmente lontani anche dalla religione.
In un’altra città, il tuo stesso popolo ti darebbe la caccia, pensò, ma quel pensiero non era accompagnato da alcuna compassione; era solo normale che i viventi odiassero i lich. A Ch’Chitl, invece, gli alhoon occupavano posizioni di potere. Quindi stavano parlando con una figura importante, una buona cosa per la loro missione.
“Risparmiatevi questa insolenza. Chiunque possiate essere, il vostro potere impallidisce davanti a quello della Regina Ragno!” Ribattè Daren, in tono ispirato. “E se non dovessi fare ritorno da questa missione, ne avrete la prova.”
L’alhoon non si scompose di un millimetro.
“Una minaccia? Non sono divertito, drow.”
“Nessuno lo è, quando un drow lo minaccia.” Daren ritorse l’obiezione contro di lui, ricordandogli implicitamente la pericolosità del suo popolo. “Avete preso gli schiavi desmodu a cui anche noi davamo la caccia.”
L’illithilich fece un gesto noncurante con la mano. “Noi siamo arrivati prima. Mettete in pericolo la vostra vita per raccattare una manciata di schiavi? Ci sono altri desmodu in quei cunicoli.”
Daren sentì Tuyy che si irrigidiva, al suo fianco. Il desmodu non amava sentir parlare così del suo popolo, come se una persona valesse l’altra, come se fossero tutti solo oggetti da raccogliere. Il drow capì che doveva chiudere la conversazione in fretta, perché il sanguigno guerriero non avrebbe resistito ancora per molto.
“Ma noi li vogliamo tutti.”
“Il ragno è talmente ingordo da seguire le sue piccole prede fin nella tana del serpente.” L’alhoon lo disse in tono di provocazione, come se non considerasse il drow o il suo culto un vero pericolo.
“I desmodu hanno informazioni sul Quarto Livello del dungeon, un luogo strategico che chiunque dovrebbe conquistare se avesse mire di potere lassù.”
“Informazioni?” Ora l’alhoon sembrava divertito. “Come qualsiasi schiavo del Quarto Livello.”
Daren s’irrigidì e finse nervosismo. Non era una cosa difficile da fingere, in quella situazione.
“Non dirò una parola di più, sull’argomento. Hanno informazioni che servono a noi e che non vogliamo leggiate nella loro mente. Me ne andrò di qui con ogni singolo desmodu che avete in città, altrimenti sarà la guerra.”
Di nuovo, i tentacoli del mostro ondeggiarono, ma stavolta sembrava una risata.
“Oh, la guerra. Quale minaccia! Rassegnatevi drow, i desmodu servono a noi.”
“Sono schiavi come tutti gli altri!” Protestò Daren.
“Le loro voci non lo sono.” Lo zittì l’illithid.
Questa informazione improvvisa illuminò la mente del guerriero come se qualcuno avesse acceso una candela, e finalmente ogni pezzo andò al suo posto. Ma certo… i gloura. Le loro voci sono speciali, il loro canto innesca reazioni particolari. E i desmodu, sanno produrre suoni così acuti che nemmeno le mie orecchie da elfo possono udire. Che cosa se ne fanno, gli illithid? Non importa. Sono affari loro, l’importante è che sarà difficile fargli cedere i prigionieri.
“I vostri affari vi appartengono, ma quelle creature no.” Si costrinse a dire, mettendo da parte le sue congetture pericolose. Se l’illithid stava provando a leggergli nella mente, voleva fargli sapere che non gli interessava indagare le motivazioni di Ch’Chitl. “Per noi, loro rappresentano informazioni, quindi sono qui per pagare con la stessa moneta.”
L’illithid avrebbe sollevato un sopracciglio, se la sua razza li avesse avuti.
“Informazioni? Cosa pensate di potermi dare, che io non possa prendere mangiando il vostro cervello?”
Daren lasciò intravedere un sorriso rassegnato. “Lo so. Ma non sono uno sprovveduto; non sono per voi, le informazioni. Sono per i vostri nemici.”
Questa rivelazione a sorpresa per un momento colse l’altro in contropiede. “Voi mentite, elfo scuro.”
“Mentire a chi può leggermi nella mente?” Scrollò la testa con un sorriso da folle. “Mi prendete per stupido? Il mio culto è in possesso di informazioni sulla vostra città. Planimetria, difese, tutto. Controllate i miei ricordi, se volete. Decine di cartine e mappe con spiegazioni dettagliate, tutte depositate fra le mani del Consiglio, e saranno vendute ai vostri nemici… se io non torno sano e salvo con tutti i desmodu.”
“Quali nemici ha Ch’Chitl nel Porto delle Ombre?” Inzigò, come a voler sottintendere che non ce ne fossero.
“C’è una pergamena, sulla bacheca principale di Skullport, che promette una somma di denaro esorbitante a chiunque possa distruggere Ch’Chitl; sicuramente chiunque abbia affisso quel cartello pagherebbe una buona cifra per informazioni vitali sulla città.” Cominciò, studiando l’espressione dell’alhoon. Il malefico schiavista non lasciò trapelare nulla. “Sfortunatamente, è probabile che quell’avviso l’abbiate apposto proprio voi illithid, per attirare ingenui avventurieri o per individuare i possibili nemici della città.”
Seguirono diversi secondi di silenzio tombale, alla fine l’alhoon mosse i tentacoli in un modo che poteva esprimere divertimento, o forse fastidio.
“Ah. Un ragno intelligente.” Ammise in tono offensivamente incredulo.
Daren non raccolse la provocazione.
“Le sacerdotesse che servo sono in contatto con una forza d’attacco Githyanki.” Rivelò, citando una razza extraplanare che era nemica giurata degli scorticatori mentali.

Quasi non fece in tempo a finire di parlare, che sentì una forza aliena e martellante cercare di infilarsi nel suo flusso di pensieri. Cercò di resistere, ma senza troppa convinzione. La sonda mentale dell’illithid entrò, sfondando le sue deboli barriere, e Daren si ritrovò costretto a vivere di nuovo i suoi ricordi.

Il drow si inchinò davanti a una sacerdotessa, che indossava le vesti dell’alto clero della Regina Ragno. “Va’, dunque, servo. Porta a compimento la missione. Ogni giorno divineremo i tuoi progressi con la magia. Se dovessi morire, o fallire, venderemo la planimetria della città ai Githyanki. Il culto di Lloth deve prosperare, ha bisogno di denaro…” concluse, lasciando intendere che anche in caso di fallimento sarebbero riuscite ad averne un guadagno. “E quando quella città e tutti i suoi disgustosi abitanti saranno cenere, non importerà più quali informazioni avranno estorto ai nostri desmodu. Se dunque vuoi davvero tentare la strada della diplomazia… buona fortuna.” La sacerdotessa ridacchiò, come se non credesse nemmeno per un momento nel suo possibile successo. “Dì pure agli illithid che, se restituiscono gli schiavi, non venderemo le mappe ai loro nemici.”
Il drow gettò una fugace occhiata al tavolo dietro alla religiosa; era completamente coperto di pergamene, fittamente disegnate o scritte, e rappresentavano la planimetria di una città.
L’illithid la riconobbe: era proprio Ch’Chitl. Anzi, Ch’Chitl com’era diventata dopo l’ultimo attacco githyanki di circa un secolo prima, quindi erano mappe aggiornate.
“Mia signora, ho il timore che non ci crederanno.” Obiettò rispettosamente il maschio, tenendo lo sguardo umilmente verso terra.
“Allora digli la verità: che la restituzione degli schiavi gli farà guadagnare tempo. Tutto il tempo che impiegherai a tornare da noi. Quasi venti giorni, se ho fatto bene i calcoli.” Gli fece cenno di andarsene.
Il drow si profuse in un secondo inchino, ma prima di allontanarsi volle dare voce a un altro suo dubbio che lo pungolava: “Padrona, perdonate i miei timori, ma… se gli illithid dovessero sospettare che venderete le informazioni ai Githyanki subito, senza attendere il mio ritorno?”
La sacerdotessa lo guardò con occhi velenosi e lo colpì in pieno viso con un manrovescio, cogliendolo di sorpresa. Il drow era sbilanciato e per poco non cadde di lato sotto questo assalto irrazionale.
“Stolto! Pensi che riveleremmo agli illithid i nostri piani, mandando un messaggero lì da loro, se avessimo intenzione di non rispettare l’accordo? No, venderemmo le informazioni ai Githyanki e basta! Non avrebbe senso rischiare di attirarci l’ira e magari la vendetta degli scorticatori mentali ammettendo il nostro coinvolgimento.”
“Domando perdono, padrona. Non ci ero arrivato.” Mormorò il maschio con un filo di voce.
La sacerdotessa lo congedò di nuovo, ma si sentiva dal suo tono di voce che era compiaciuta di sé stessa. “Sei solo un maschio, e un guerriero per di più. Non pretendere di capire cose troppo difficili per la tua mente. Il tuo compito è obbedire e mettere la tua vita o la tua morte al servizio della Regina Ragno.”
“Lloth sia lodata!” Rispose lui, con tutto il cuore, poi uscì dalla stanza.


Anche l’illithid uscì dalla sua mente, visibilmente disgustato.
“Fedeli! Siete solo cani, felici di farvi usare dai parassiti.”
Il drow all’inizio non rispose; l’assalto mentale l’aveva lasciato troppo scombussolato e nauseato. Ma dovette farsi forza, perché ne andava della sua vita.
“Pensatela come volete. Ma io sono qui per servire Lloth e dare il mio contributo a espandere la Sua grandezza. Con la mia vita o con la mia morte, ho la possibilità di renderle un servigio e intendo farlo!”
“Una vita di schiavitù, drow. Questo vi farebbe sentire realizzato? Perché è questo che vi attende a Ch’Chitl!” Promise l’illithid, e si concentrò per soggiogare la volontà del drow.
Solo che, questa volta, fallì.
Daren sorrise, un sorriso da pazzo. Allargò le braccia, e quello era il segnale per Lizy.
Uno sciame di ragni, alcuni piccoli come un’unghia e altri grandi quanto un cane, si riversarono nella grotta e accerchiarono il drow, alcuni arrampicandosi proprio sul suo corpo. Perfino Tuyy fece due passi indietro, a disagio.
“Ci restituirete gli schiavi, altrimenti io morirò adesso, e la vostra città verrà attaccata dai Githyanki fra… poche ore, o forse minuti.” Promise Daren, lasciando che quelle creature gli zampettassero addosso. “Pensateci bene, se collaborate guadagnerete molti giorni per riorganizzare le vostre difese e cambiare l’assetto della città.”
“Oppure potrei uccidere questi ragni e farvi catturare.” Lo corresse l’alhoon.
“La mia morte è una formalità. Anche se sarò schiavizzato e tenuto qui, la mia missione sarà fallita e la vendetta di Lloth calerà su di voi.” Un ragno grosso come un ratto si arrampicò sulla testa di Daren e pizzicò la fronte dell’elfo scuro con i cheliceri.

L’alhoon si scoprì a maledire la sua sfortuna, quel giorno. Stava provando qualcosa che un illithid assurto allo stato di lich avrebbe dovuto essersi lasciato alle spalle da tempo: orrore.
Non aveva paura del drow, ma il fanatismo cieco dei fedeli lo preoccupava. Ch’Chitl non sarebbe sopravvissuta ad un altro raid githyanki, non dopo quello già avvenuto un secolo prima, che aveva visto la distruzione del loro Cervello Antico. La comunità si era ripresa a malapena, grazie agli alhoon che avevano preso il potere, mangiando il Cervello Antico e assumendo le sue conoscenze.
Ma questo significava anche che ora erano loro al potere, quindi era loro che i githyanki sarebbero andati a cercare.

Daren ottenne i suoi schiavi desmodu. Tutti, fino all’ultimo.
Ma prima di lasciarli andare, l’illithid impose una maledizione su tutti loro: i loro movimenti sarebbero stati rallentati, ogni loro azione fisica e mentale avrebbe richiesto un maggiore tempo e un maggiore sforzo per essere portata a termine.
Sapeva che questa maledizione sarebbe stata facilmente annullata da una sacerdotessa potente, ma non ce n’era alcuna nei paraggi; il drow avrebbe impiegato il doppio del tempo a tornare dalle sue padrone.
E chissà, magari le sacerdotesse avrebbero preferito ucciderlo per il suo handicap, anziché sprecare un incantesimo per un semplice maschio.
Un’eventualità che avrebbe dato all’illithilich almeno un po’ di soddisfazione.

           

   
 
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