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Autore: reggina    24/03/2018    3 recensioni
Si dice che i gemelli abbiano un legame misterioso, speciale e invidiabile.
James e Jason , forse incatenati allo stesso destino, imparano da subito di non essere il centro del mondo.
Si guardano le spalle, si proteggono e si difendono l'un l'altro. Sempre.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gemelli, Tachibana/Derrick
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Passano due lunghi mesi di paure, notti insonni e domande senza risposte. Per un contrattempo l’intervento è posticipato di qualche giorno: James è nervosissimo e il chirurgo gli concede una serata libera, non autorizzata dall’ospedale ma soltanto da lui.

Ne approfitta per andare a fare una passeggiata in centro insieme ai suoi affetti più cari. Ha cercato di evitare la mobilitazione di tutta la famiglia con frasi come: sarò un fantasma di persona e sicuramente non sarò in grado di intrattenermi in pubbliche relazioni ! Così da quando sono arrivati, inaspettati, anche Jason e Lydia è di umore nero.

Meglio tenere il muso che sfoderare un sorriso finto!

Arrivando di sera da Roppongi si vede in lontananza una sorella della Torre Eiffel: è curioso il contrasto della torre illuminata che si protende verso l’alto sopra il profilo avvolto nelle tenebre del corpo centrale dello Zōjō-ji, l’antico tempio della famiglia dei Tokugawa.

Non appena si accendono le luci della sera il profilo di Tokyo, che si estende ai piedi della Torre, si riveste di un magico alone che toglie il fiato a Jason; non perde occasione per catturare degli scatti stupendi con il suo iPhone e fare un po’ di invidia a Clifford.

James, invece, cattura nervosamente aria e la rilascia con furia dalle narici. Gli altri si sbafano un bel gelato mentre l’unica eccezione concessa dalla sua black-list pre-intervento è un insapore succo di mela. Gioca con una cialda biscotto facendola a pezzettini e quando Lydia lo osserva con espressione tanto seria ma con il viso impiastricciato di crema al cioccolato non ci riesce proprio a tenerle il broncio.

Se sorride così, come una bambina che sa la lezione, e gli da un pizzicotto sul fianco, è impossibile essere arrabbiato con lei!

Si scambiano attenzioni sotto forma di sguardi, di intese, di coccole e di baci furtivi. Jason, Sumire e Jimon restano in disparte perché hanno capito che da quando è arrivata lei il viso di James ha cambiato espressione: gli occhi tristi sono diventati sorriso del suo cuore.

Lydia fa un passo avanti e appoggia delicatamente la testa sul petto del fidanzato mentre i suoi capelli gli stuzzicano la pelle nuda del braccio; lui la stringe a sé e finalmente il nodo allo stomaco che ha avuto nelle ultime settimane scompare e si riempie i polmoni del profumo inebriante della ragazza, concedendosi di assaporare quel momento.

Alla fine la notte delle paure si trasforma in un breve viaggio d’amore.


La prima cosa che la mattina dopo Jason nota sul cabinet della stanza del fratello è una foto che testimonia quanto sentisse, in realtà, la mancanza di Lydia, non soltanto del suo corpo ma della sua presenza; è la sua foto preferita: Jamie è dietro di lei, le braccia abbronzate che le stringono le spalle e il mento posato nell’incavo del suo collo, e sorride all’obiettivo. Lydia, appoggiata all’indietro al suo petto ride, forse per qualcosa che lui le ha detto.

“Mi sento ridicolo!”

James, seminudo, guarda con disappunto quel ruvido camice verde, freddo e leggero che ha appena indossato in silenzio: ha già il voltastomaco però non lo dice.

Jason lo aiuta ad allacciarlo sulla schiena. Cerca di far finta di niente, di restare estraneo al turbamento del gemello ma non ci riesce troppo bene, gli tremano le dita ma impone alla sua voce di restare salda.

“Faresti una figura niente male con questa mise da ET alla prossima festa in casa che organizzerete tu e Cliff!”

James sorride forzatamente, come sovrappensiero, assente e preoccupato. Come ritorna in sé si affretta a rispondere con una stoccata alla battuta del fratello.

“Almeno non sarei lo spettro di un senatore romano avvolto in un lenzuolo!”


In quel momento arriva un sms: è di Zahra. James non si aspettava una sua telefonata, infatti non è arrivata.

Gli ha invece inviato una foto di Kin: con la sua faccia curiosa, con il suo corpo buffo e irresistibilmente comico che dà più l’aria di un cartone animato che di un cucciolo. Ha rubato uno dei calzini di Jamie e lo sta rosicchiando pigramente sulla soglia di casa. Lo accompagna una didascalia di incoraggiamento: Forza! Noi facciamo il tifo per te !

Tra poco verranno a prenderlo con il lettino a rotelle e James sprigiona nervosismo da tutti i pori. Il suo sguardo punta insistentemente la porta perché vorrebbe un momento con Lydia prima della preanestesia.

“Ti devi accontentare di me!”

Ironizza Jason facendo spallucce.

“Non fare scherzi e riprenditi in fretta perché abbiamo tutti bisogno di te. Tu sei un leone!”

“Quindi mi stai dicendo che non ho scelta?”

“Senza di te le nostre giornate sarebbero grigie, monotone e noiose. Tu sei l’anima della festa e, quando tornerai in pista, non ti limiterai soltanto ad organizzarle...Ti farò fare carriera e diventerai anche quello che, alla fine, ripulisce tutto!”

James finge di gonfiare i muscoli mettendoli in bella mostra.

“Ti farò vedere io cosa combina questo fratellino quando esce da questo maledetto ospedale!”

Entrambi trattengono le risate che si mescolano alle lacrime e che rendono tutto una tipica scena da sit-com americana. James stritola suo fratello in un abbraccio che sa di promessa, una promessa che non romperà tanto facilmente.


Lydia li osserva con discrezione nella penombra, ha un attimo di esitazione e poi entra nella stanza. Jason le fa un sorriso d’intesa e li lascia da soli.

Lei socchiude piano la porta alle sue spalle e si avvicina lentamente al letto, sul quale James si è seduto, come un animale che studia un territorio sconosciuto.

“Ciao!”

“Ciao!”

Risponde, non sanno bene da dove iniziare. Lei preferirebbe vagare con la mente su mille altre cose e non concentrarsi su questa situazione precaria. Con le mani serrate finge disinvoltura ma in realtà cerca rassicurazioni e osserva James come se fosse un misterioso oggetto di studio.

“Cosa c’è?”

Le domanda lui sorpreso.

“Un’espressione strana che fai ogni tanto. Ti assenti come se corressi dietro un desiderio lontano, irraggiungibile.”

Lo scruta socchiudendo gli occhi a fessura.

“Questa strana malinconia ti rende ancora più bello!”

“Questa cosa non me l’aveva mai detta nessuno!”

Osserva Jamie mascherando il suo turbamento dietro un sorriso.

“È un complimento!”

Ribatte Lydia sorridendo a sua volta e arrossisce come se fosse imbarazzata per le parole che le sono sfuggite.

“Beh grazie del complimento allora: è il primo regalo che ricevo oggi!”


Il momento di andare in sala-operatoria James trema dal freddo e dalla paura e i piccoli gesti di quei momenti non se li scorderà mai: una carezza sulla guancia da parte di Sumire, il batti-cinque di Jimon, l’occhiolino di Jason…Lydia lo saluta per ultima stupendolo con un bacio a fior di labbra.

“Ci vediamo tra poco. Stai tranquilla, io lo sono. Ti amo!”

Lei è spaventata ma si è addestrata ad essere coraggiosa.

“Mi fido di te. So che vincerai. Ti amo anch’io guerriero!”

È incredibile quanto una battuta, un sorriso, un gesto di comprensione fatti nel modo giusto e nel momento giusto rendano James, in questo momento drammatico, la persona più solare del mondo!


Le tre ore successive sono le più interminabili e angoscianti; sia per la sua famiglia seduta lì fuori su piccole seggiole di ferro sia per i suoi amici, quei mattacchioni che gli vogliono bene, che in questa mattina consumano dieci anni di vita.

Nella sala d’attesa Jimon versa tre bicchierini di caffè e ne porge uno a sua moglie, uno a suo figlio e un altro a Lydia che scuote il capo e rifiuta.

L’aria si riempie di quell’aroma intenso e per Jason è surreale essere lì con loro: con i genitori e con Lydia che è buffa e tenerissima con addosso la felpa fuori misura di James, con le maniche arrotolate ai gomiti.

Sumire si lascia cadere su una sedia e fa un lungo sospiro. La ragazza, preoccupata, le si siede accanto e le mette un braccio sulle spalle.

“Andrà tutto bene!”

La donna le sorride.

“Lo so piccola ma non smetterò mai di stare in pena per i miei figli. Temo sia il destino di tutte le madri!”

L’attesa è qualcosa che li distrugge, li logora dentro poco a poco, li consuma. Ad un certo punto Jason non ce la fa più a camminare avanti e indietro per la piccola sala .


Jimon gli concede quindici minuti di solitudine prima di andare a cercarlo.

La rabbia ha invaso il sangue di Jason come l’onda di uno tsunami e la sta sfogando sulla pulsantiera dell’ascensore . Rimane senza fiato quando suo padre gli piomba addosso: gli cattura il viso tra le mani, che poi scivolano sulle spalle mentre gli occhi spenti lo controllano da capo a piedi.

“Stai bene?”

“Me la cavo!”

Jimon gli indica il corridoio e Jason lo segue verso l’esterno, verso una boccata d’aria di cui hanno disperatamente bisogno. Fa scivolare la mano nella sua, come quando aveva cinque anni, e la stringe come se l’operazione di James dipendesse da quel contatto.

   
 
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