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Autore: hirondelle_    25/03/2018    2 recensioni
[hiromido][masahika][past!gazemido]
What if in cui Midorikawa è il padre biologico di Kariya, che torna a vivere con lui dopo moltissimi anni a causa della morte prematura di sua madre. L'inizio della sua nuova vita non è dei più facili. Per comprendere suo padre e soprattutto se stesso, Kariya dovrà venire a patti con il suo passato.
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Kariya buttò fuori l’aria che non si era accorto di star trattenendo, un singulto trattenuto all’altezza della gola che sembrava volerlo soffocare di secondo in secondo.
“Senpai?” chiamò una voce timida. Hikaru era al suo fianco, ancora avvolto dalla coperta, gli occhi stropicciati di sonno ma vigili puntati su di lui. Gli appoggiò una mano sul braccio e gli sorrise.
Kariya spostò lo sguardo da Hikaru a suo padre e seppe che sarebbe andato tutto bene.
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[50k words]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hikaru Kageyama, Jordan/Ryuuji, Kariya Masaki, Xavier/Hiroto
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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ombrelli sotto la pioggia
Hiroto non poté far altro che rimanere in silenzio e lasciare che Midorikawa attirasse l’attenzione del barista per ordinare due shottini di gin. “Offro io, Osamu!”
L’insegnante lo fissò per qualche secondo, prima di abbassare il capo e ridacchiare tra l’imbarazzato e lo sconsolato. “Mi sa che me l’hai proprio fatta.”
Ryuuji si volse verso di lui e sorrise, dondolandosi allegramente sullo sgabello da bancone. Era ancora truccato e portava il vestito di scena dell’ultima esibizione, ma le Muse erano tutte in pausa e giravano tranquillamente per il locale, intrattenendo i clienti e chiacchierando sedute su posti che omaccioni bavosi si erano affrettati a liberare. Gli occhi di tutti erano puntati su di loro, ma quelli di Ryuuji erano fissi, ammalianti e splendenti, soltanto nei suoi. “Diciamo solo che mi hai sottovalutato,” cantilenò, “sono molto più perspicace di quanto non sembri”.
Hiroto arrossì: “Non intendevo questo…” provò a dire, ma fu interrotto dal leggero strusciare del vetro sul bancone. Alzò gli occhi e trovò il barista a rivolgere loro un sorrisetto che poteva solo giustificare il suo perenne muso duro. “Normalmente offrirei io, ma qualcosa mi dice che questa è un’occasione speciale.”
Ryuuji ammiccò. “Grazie,” disse, prima di rivolgersi di nuovo a lui e alzare il bicchierino. L’aroma dell’alcool gli arrivò alle narici e Hiroto si sentì stordito ancora prima di berlo. “Al nostro incontro, Kira-sama.”
Hiroto sbatté per un attimo le palpebre a quel nome, pronunciato con fare scherzoso. Era una situazione surreale: stava davvero uscendo con il padre di Masaki Kariya? Come poteva sembrare ugualmente sbagliato e meraviglioso nella sua testa? Alzò a sua volta il bicchiere e per la prima volta dopo tanto tempo si lasciò sfuggire un sorriso carico di malizia e affilò lo sguardo. Era una parte di sé che non usciva da tempo e che sapeva essere tremendamente sensuale: era dai tempi dell’università che non si sentiva così disinvolto. “A noi,” mormorò con voce appena profonda.
“Oh, mi piace quello sguardo,” sorrise a sua volta Ryuuji, e insieme buttarono giù lo shot, lasciandolo scorrere come lava liquida all’interno dei loro corpi.
Hiroto non era abituato a bere. Per un attimo chiuse gli occhi, sentendo il sapore forte del gin bruciargli le tempie e annebbiargli per un attimo la mente. Quando tornò in sé, si sorprese nell’incontrare almeno una decina di paia di occhi incuriositi dalla scena. “Veh, veh, Urania!” sbraitò una voce offesa. “Perché non offri da bere anche a noi?”
“Già, perché?” ridacchiò una seconda.
In breve Midorikawa venne attorniato da un gruppo di avventori. La musa non sembrò preoccuparsene, anzi continuò a sorridere a tutti in modo cortese. In breve Kira fu escluso dal cerchio che si era creato attorno alla star e dovette addirittura scendere dallo sgabello per far spazio a un tizio che si era fatto largo in modo maleducato. Si voltò verso dove sapeva fossero Gazeru, Maki e Nagumo: erano seduti sulle poltroncine della zona relax a fumarsi una sigaretta, in compagnia di un’altra musa, probabilmente il ragazzo che gli avevano fatto notare all’inizio della serata. Si avvicinò a loro e questi lo salutò con un cenno e un sorriso: sembrava aver assistito a tutta la scena. “Non rimanerci troppo male, è molto popolare in questo locale.”
Hiroto gli sorrise per gentilezza e si fece spazio tra Maki e Gazeru e sedendosi in bilico su un bracciolo. Lo sconosciuto era di fronte a lui e non sembrava essere oggetto di tante attenzioni quanto Ryuuji, ma era sicuramente un uomo singolarmente affascinante. “Come mai non ti stanno dietro? Hai la scabbia per caso?” ghignò Nagumo, seduto di fianco a lui. Shirou scosse i riccioli chiari e alzò le spalle. “No, semplicemente non mi conoscono. Non mi esibisco spesso qui e sono in pochi a conoscere il gruppo al completo,” spiegò con voce soffice.
Hiroto distolse l’attenzione dalla conversazione e tornò a guardare in direzione di Midorikawa. Sembrava essersene andato e con la coda dell’occhio lo vide scomparire dietro la porta dei camerini. Rimase a fissare quel punto per molto, fino a quando non tornò a prestare attenzione agli altri.
Gazeru lo stava studiando con sguardo serio.
 
Il parcheggio era quasi deserto e le luci erano state spente da un pezzo. Non si sentiva più alcun suono, solo quello dei camerieri che si apprestavano a riordinare il locale e della pioggia che batteva leggera sulla tettoia del retro.
Midorikawa era avvolto nel suo cappotto bianco e il suo sguardo era rivolto al cielo scuro. Non si era mai vista una stagione più piovosa di quella… ma l’uomo non stava pensando al tempo, Hiroto poteva intuirlo dal suo fare nervoso e dal leggero rossore sulle guance struccate. Come ogni sera, sembrava essere tornato il grazioso e semplice commesso che aveva conosciuto appena un mese prima.
Sussultò quando Ryuuji posò di nuovo lo sguardo su di lui. Era serio, ma non in maniera intimidatoria. Sembrava più incerto su cosa fare. Hiroto non poteva dargli torto: si sentiva quasi un bambino colto con le mani nella cesta di caramelle. Solo che nel suo caso la questione era un tantino più seria: non si era mai innamorato in cinque anni, tantomeno di un uomo. Un uomo sicuramente affascinante, ma con l’unico difetto di essere il padre di uno dei suoi alunni… e la probabile veccia fiamma di suo fratello. Per un attimo l’insegnante si sentì sporco.
Ryuuji parve avvertire il flusso dei suoi pensieri. Chinò piano la testa e distolse per un momento lo sguardo dal suo, poi sospirò. “Non so se sia giusto.”
Hiroto si lasciò cadere su una delle sedie di plastica riservate al personale: sul tavolino a fianco c’era un posacenere ben riempito. Sospirò: “Se devo essere sincero, nemmeno io.”
Midorikawa si mise la mani in tasca: ora il suo sguardo era distante, profondo. “Se dovessi seguire l’istinto, ti direi che mi farebbe piacere frequentarti. Ma una parte di me sa che non può permetterselo.”
Kira lasciò che il silenzio cadesse fra loro due, come un macigno. La pioggia sembrava essersi fatta più intensa, ma ancora sopportabile. Si perse a osservare le gocce fini che cadevano sul selciato prima di prendere la parola. “Io invece credo che… potremmo farla funzionare.”
“Cosa?” chiese Midorikawa, stupito. Si era voltato verso di lui: sembrava stupito. In altre circostanze non gli avrebbe dato torto. Era lui quello che rischiava di perdere il lavoro se le cose fossero andate in porto, lui quello che stava per buttarsi in una relazione dopo anni, per giunta omosessuale. Tuttavia, era lui stesso quello che si era innamorato per primo: questo non lo avrebbe potuto cambiare. Il resto sembrava invece superabile. La concretezza di quel pensiero lo sconvolgeva più di quanto non sembrasse al di fuori.
“Voglio dire che ci tengo a te. Voglio dire che… sento qualcosa,” mormorò. “Non so di preciso cosa. Ho solo pensato che noi due… potremmo provarci. Non ho mai incontrato nessuno come te. Non ho mai… provato niente di simile per qualcuno. È come se ti stessi cercando da troppo tempo.”
Midorikawa sbatté per qualche secondo le palpebre, confuso da quella dichiarazione. Poi sorrise, e quell’espressione si tramutò in una risata trattenuta. “Dici davvero?” mormorò, arrossendo. Per la prima volta quella sera, sembrava intimidito e in imbarazzo. Stava vedendo il vero Ryuuji: non il padre responsabile e operoso, non la musa sfacciata e ammaliante.
Hiroto se ne innamorò seduta stante.
Si alzò in piedi e mosse un passo verso di lui, serio. “Sì.” disse, deciso. Di nuovo, una parte di lui che aveva imparato a reprimere per troppo tempo si manifestò, seppure in un semplice barlume di coraggio. “Midorikawa Ryuuji, vuoi uscire con me?”
L’uomo si portò una mano alla bocca e nella penombra data dalla flebile lampada da esterni capì che era sopraffatto dall’emozione. Anche lui non sapeva bene come stesse facendo a controllarsi. Si sentiva un ragazzino alla sua prima cotta adolescenziale, e allo stesso tempo era pronto: pronto, per la prima volta, a comportarsi da adulto. Pensò a Reina e a suo padre e il suo cuore si strinse in una morsa di dolore e sollievo.
D’un tratto Midorikawa si mosse verso di lui e lo abbracciò in uno slancio. Non era di molto più basso di lui, ma solo in quel momento Hiroto si rese conto di quanto fosse piccolo. Il suo viso gli era nascosto alla vista, ma le sue braccia lo stavano stringendo forte. Tremante, Hiroto gli passò una mano tra i capelli sciolti. “Lo devo prendere come un sì?”
Le spalle di Ryuuji si mossero tra una risata leggera e piccoli singhiozzi. “Tu che dici?” sorrise nell’allontanarsi dal suo abbraccio.
Fu lui a premere per la prima volta le labbra sulle sue.

Modificato: 21/07/20
   
 
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