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Autore: LightingThief    27/03/2018    1 recensioni
L'annuncio del Torneo Tremaghi, che quell'anno si terrà ad Hogwarts, scuote particolarmente gli animi degli studenti e chiunque vuole partecipare per ottenere fama e gloria. Ma il Ministro della Magia Sengoku impone un'unica regola: solamente i ragazzi appartenenti al sesto ed al settimo anno potranno prendervi parte.
Così iniziano le avventure dei ragazzi, che dovranno affrontare un anno più difficile degli altri sia per via del torneo sia per la convivenza con gli studenti provenienti dalle altre scuole. Affronteranno il famoso Ballo del Ceppo e soprattutto dovranno risolvere enigmi e prove.
Ma chi verrà scelto dal Calice di fuoco?
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Questa è una ff Crossover con i personaggi di One Piece catapultati nel mondo di Harry Potter. Spero che l'idea possa piacere e che soprattutto diverta.
Genere: Avventura, Comico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: ASL, Ciurma di Barbabianca, Famiglia Vinsmoke, Mugiwara, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 25. Perfect 

Era tutto perfetto. Probabilmente Perona sarebbe potuta morire quello stesso giorno perché ormai non le importava più. Zoro, lo sbadato per eccellenza, colui che si perdeva per andare anche da una classe all’altra, l’aveva letteralmente lasciata senza parole perché non solo era bellissimo in giacca e camicia, ma si era addirittura comportato nel migliore dei modi. Le aveva preso da bere, aveva parlato con lei ogni singolo istante, si era messo a ridere prendendo in giro qualche suo amico e come se non bastasse avevano fatto una classifica dei vestiti più brutti visti in giro. E poi avevano addirittura passeggiato all’esterno, quando l’aria si era fatta troppo pesante. Insomma la passeggiata al chiaro di luna stando al suo fianco era stato un colpo al cuore per la ragazza che aveva cercato in tutti i modi di trattenersi. Ed adesso se ne stava seduta ad una dei tanti tavoli, attendendo che il verdino finisse di parlare con il suo amico Rufy, ancora attaccato a Boa Hancock, che fra l’altro era finita nella classifica di Zoro e Perona, dopo avrebbe pensato al da farsi. 
Ormai il concerto di Soul King era giunto al termine, fra i pianti e gli applausi generali, e finalmente la sala aveva ripreso la sua iniziale calma, il tutto accompagnato da una sorta di musica rilassante che accompagnava quelle poche coppie intente a ballare un lento sulla pista mentre dal tetto incantato cadeva la neve. 
Si passò una mano sciogliendo alcuni dei perfetti boccoli che aveva fra i capelli e poi si limitò a rigirarsi il bicchiere pieno di punch, che fra l’altro aveva un sapore strano, ed a posarlo, quando una mano si andò a poggiare sulla propria spalla, costringendola a girarsi. Accanto a lei vi era Zoro, che teneva una mano in tasca e che si era appena sbottonato la camicia ed il papillon, decisamente troppo opprimente forse per il ragazzo, ma che su Perona ebbero un effetto destabilizzante, e non poco.  Eppure c’era qualcosa nell’aria di Zoro che la preoccupava, come se quella discussione con il suo amico non era stata esattamente il massimo.
«Scusami, ma Rufy mi doveva dire una cosa!» esclamò prima di abbassare lo sguardo verso di lei, quasi per assicurarsi che stesse bene.
«Non preoccuparti—… sembri pensieroso.» cinguettò la rosata quasi come se volesse assicurarsi della sua salute. 
Zoro scosse la testa e scrollò le spalle con la solita aria annoiata, quella non l’avrebbe mai persa. 
«Niente d’importante, tranquilla—… a proposito non te l’ho chiesto prima perché c’era decisamente troppa gente ma—… vuoi ballare? Sai adesso c’è poca gente ed io non dovrei neanche muovermi tanto—…»
Quella proposta, fatta a bruciapelo, lasciò Perona assolutamente senza fiato e quasi per inerzia la propria testa si mosse da sola, annuendo ed acconsentendo a quella che era la conclusione perfetta per tale serata. Infatti, senza aggiungere altro, s’alzò in piedi, afferrando con delicatezza la mano che le stava porgendo il ragazzo, che guardava altrove, e poi lo condusse verso la pista da ballo, decisa come non mai ad approfittare del omento per stargli vicina. 
«Non pensavo me l’avresti mai chiesto—…» balbettò Perona fermandosi ad i margini della pista, in modo tale da poter essere faccia a faccia con Zoro. Il suo vestito, nel voltarsi, fece smuovere tutte le balze che possedeva, e con un po’ d’imbarazzo gli porse la mano. 
«… Non sono un bravo ballerino, ti avverto. E potrei anche pestarti i piedi, quindi scusami in anticipo.» si limitò a rispondere lui con compostezza prima di poggiare la mano su quella della fanciulla, e poi portò l’altra sulla sua schiena. 
Davvero Zoro aveva preferito cingerle la schiena piuttosto che la vita? 
Quel ragazzo era un caso perso e se ne rendeva benissimo conto anche lei, ma era proprio questo a piacerle. Lui faceva lo spaccone insieme ad i suoi amici, ma poi, quando erano soli, si ritrovavano a parlare con tranquillità, riusciva a mostrare un lato di sé nascosto e che Perona avrebbe tanto voluto scoprire. Le piaceva tutto di lui, perfino il suo essere un po’ un bruto certe volte, specialmente quando attaccava briga in mezzo ad i corridoi, ma quella sera Zoro stava dando il meglio di sé, ed una piccola parte di Perona sperò che lo stava facendo solamente per lei. 
«Ti avrei dato lezioni extra di ballo se solo me lo avessi chiesto.» lo schernì la ragazza, provando a muovere dei piccoli passi, in modo da poter ballare insieme a lui quel lento. 
«Scherzi, vero? Le lezioni di Phoenix sono state terribili—… una volta per punizione ha anche fatto ballare Ace e Sabo insieme. Ballare è ridicolo—…» ma Zoro s’interruppe immediatamente, aggiungendo una singola cosa. «Ma da te le lezioni extra le avrei prese.»
Se per un attimo stava per ribattere su quanto fosse inutile ballare in quel momento le successive parole di Zoro le tolsero il fiato, perché non aveva di certo immaginato ad una cosa simile, anzi, era la cosa più bella che le avesse mai detto. 
Tolti i complimenti per il vestito. 
Così le labbra di Perona s’andarono ad inarcare in un sorriso soddisfatto e sincero, mentre i suoi grandi occhi, finalmente, incontrarono quelli di Zoro, anche se per un solo istante. 
«Non fare lo sbruffone con me, Zoro Roronoa—… però ti ringrazio per la sincerità.» 
Zoro non riuscì neanche a guardarla in viso, ma era chiaro le sue gote si fossero arrossate lievemente per le parole appena pronunciate da Perona e non per il caldo asfissiante che vi era dentro la sala grande. 
«Non faccio lo sbruffone davanti a te—… quella è una cosa che farebbe quello stupido di Sanji.» ci tenne a precisare con orgoglio assoluto. 
«Invece lui è sempre molto galante e gentile quando parliamo, non è uno sbruffone—… ed a proposito l’ho visto in giro con una delle figlie di Big Mom, sai che ti dico? Lui sembra davvero felice, è una cosa importante.»
Zoro roteò gli occhi e le rivolse una smorfia, forse perché parlare di Sanji mentre ballavano non era il massimo. 
«Non è il suo accompagnatore, è il suo stalker che casualmente è riuscito ad invitarla al ballo. Forse ha utilizzato un confundus.»
Quelle parole la fecero ridere divertita, al che la rosata decise di azzardare qualcosa, forse solo per provare ad avere una reazione da parte del ragazzo.
«E tu invece come mai hai scelto di invitare proprio me?»
Ecco, aveva sganciato una vera e propria bomba ad orologeria e lei stessa temeva per una possibile risposta di Zoro. Ma Perona voleva sapere, voleva essere certa di non costruire castelli di carta. Voleva essere certa che i suoi sogni non fossero poi tanto irrealizzabili, ma che un vero fondo di realtà era ormai parte integrante di essi.
Ovviamente, come previsto, Zoro ritornò a non guardarla, perché quella domanda era stata fin troppo inaspettata.
«Io—… insomma non volevo davvero partecipare al ballo, però a quanto pareva tutti sarebbero andati, quindi dovevo scegliere chi invitare ed allora ho pensato che se proprio dovevo andarci con qualcuno avrei preferito averti accanto.»
Il ragazzo parlò tutto d’un fiato, incapace di guardarla negli occhi, e probabilmente quella fu una cosa assolutamente propizia per Perona che aveva assunto il colorito del vestito di Nami. Era diventata rossissima e probabilmente, se solo fosse stato possibile, si sarebbe sciolta fra le sue braccia. Eppure si diede un contegno, limitandosi a cingergli il collo con entrambe le braccia, stringendosi a lui e poggiando il viso sulla sua spalla.
Quello era il modo di Perona per dirgli grazie per la sincerità e soprattuto per fargli capire quanto la cosa fosse stata apprezzata. 
Lo sentì irrigidirsi, ma fu questione di qualche secondo, perché poi, finalmente Zoro, la provò a stringere con più delicatezza, ricambiando quell’abbraccio. 
E per Perona quel momento fu l’apice della perfezione, perché mai come allora desiderò sinceramente di poter congelare il tempo e quell’istante. 

I balli erano serviti quasi a calmare la mente di Reiju, che però non aveva smesso neanche per un attimo di pensare ad i propri problemi. Perfino quando tutti sembravano divertirsi lei era costretta a fingere il suo miglior sorriso limitandosi ad essere la perfetta accompagnatrice del campione di Durmstang. Era stata una fortuna che il suo Sanji fosse giunto in soccorso della rosata, portandosi dietro una delle insopportabili sorelle di Katakuri, ma anche in quel caso Reiju dovette far sfoggio di tutte le proprie buone maniere che le erano state impartite per evitare di rispondere con scortesia nei confronti di Pudding. 
A fine serata, però, il suo accompagnatore era addirittura arrivato a proporle una passeggiata in giardino, cosa molto romantica e che moltissime coppie avevano preso in considerazione anche per trovare posti decisamente più appartati, non che nel castello non ve ne fossero, ovviamente, ma al chiaro di luna era tutto più bello. Ed in un primo momento si ritrovò ad accettare, forse anche per non scontentarlo, ma dopo pochi passi si scusò con Katakuri, sorridendogli, e si congedò da lui usando la scusa della stanchezza. Forse fu un po’ troppo nervosa mentre lo salutava per poi allontanarsi immediatamente dirigendosi verso i sotterranei, decisa a tornarsene in camera. 
Lungo la strada, non essendoci molti ragazzi, ancora tutti esaltati dai lenti finali e dalle passeggiate romantiche, ebbe addirittura voglia di togliersi i tacchi che aveva indossato quella sera, ma decise di resistere fino alla sala comune. Una volta oltrepassato il muro in pietra, che era solito aprirsi in maniera quasi automatica, notò che la sala aveva luci soffuse, forse perché non vi era rimasto nessuno li dentro, e per un singolo attimo si sentì al sicuro da tutto e da tutti. Così avanzò lungo la stanza, diretta al proprio dormitorio, ma in quel momento una voce fin troppo conosciuta le fece raggelare il sangue. 
«Dove stai andando, Reiju?» le domandò Ichiji, stancamente, seduto su una delle grandi poltrone verdi che c’erano la dentro, esattamente nell’angolo che i Vinsmoke si erano riusciti ad accaparrare negli anni. 
«A letto, se non ti dispiace, Ichiji.» rispose con tutta la prontezza di cui era disposta, limitandosi a guardarlo di sbieco, senza voltarsi totalmente nella sua direzione. 
«E’ presto—… e tutti quanti sono in giro per il castello cercando o per il giardino. Katakuri ti ha invitata a fare una romantica passeggiata?»
Quella domanda, colma d’ironia, la colpì dritta al cuore ed allora la ragazza si voltò nuovamente verso il corridoio che l’avrebbe condotta al proprio dormitorio, decisa a non degnarlo neanche di uno sguardo.
Come osava, lui, chiederle tanto?
Perché voleva farle così male?
E soprattutto perché lei non riusciva a ferirlo?

«Non sono affari che ti riguardano ed adesso buona notte.»
Cercò ancora una volta di non lasciarsi andare, di essere forte specialmente davanti a lui, quindi dopo quella risposta s’avviò ad ampie falcate lungo il corridoio dei dormitori. Ma prima ancora che Reiju potesse allontanarsi ulteriormente suo fratello l’afferrò per un polso, e poi la fece girare verso di sé, in modo tale che finalmente potessero entrambi guardarsi negli occhi. 
«Se tutto questo era un tuo giochetto per cercare di farmi arrabbiare, Reiju, ci sei riuscita alla perfezione. » 
Reiju, spaventata dalla reazione di Ichiji, che la stringeva per le braccia, ebbe un tuffo al cuore nel sentire le sue parole, perché effettivamente in un primo momento l’accettare l’invito del campione era stata una semplice ripicca a quello che aveva visto. Non aveva voluto sapere che cosa fosse successo nella serra, ma ricordava benissimo la stretta al cuore e le improvvise lacrime che avevano iniziato a rigarle il viso. 
«Che c’è la tua accompagnatrice non ti ha entusiasmato come quel giorno alla serra? Se è così mi dispiace, ma non venire a prendertela con me. »
Se il viso di Ichiji era pieno di pura rabbia, dopo le parole di Reiju iniziò a farsi strada in lui la confusione. 
«Ho lasciato la mia accompagnatrice quasi un’ora fa e sono venuto qui ad aspettarti, non so neanche perché—… Si può sapere che c'entra la storia della serra, che cosa sai di preciso? » 
Quella domanda, decisamente inaspettata, fece piombare la rosata in uno stato di pura confusione, ed allora scosse la testa cercando allo stesso tempo di divincolarsi dalla presa del ragazzo. 
«Yonji mi aveva detto che eri nella serra con Nami a "darti da fare" con lei—.. così sono passata e vi ho visti parlare ed eravate vicini—… le hai toccato i capelli e poi me ne sono andata perché non volevo vedere oltre. Non c'è nessun gioco per farti arrabbiare, ho  semplicemente capito benissimo il messaggio ed ho deciso di lasciarti stare. » 
Si ritrovò combattuta sul da farsi, se continuare a parlare o se troncare la discussione.  Se rimanere impassibile oppure crollare.
Ed allora il rosso scosse la testa, stringendo maggiormente la presa sulle sue braccia prima di muovere un passo verso di lei. 
«Tu non capisci. Sei solamente una stupida, Reiju. Sei una stupida se hai pensato che quel giorno ci fosse qualche messaggio sottinteso. In quella maledetta serra non l’ho neanche sfiorata con un dito perché non m’importa niente di lei. Ho anche rifiutato il suo invito—… solo per te. »
Probabilmente i grandi occhi di Reiju si riempirono di lacrime, incapace di contenere le proprie emozioni al momento, ed allora distolse il viso per non guardare negli occhi Ichiji, che sembrava quasi rassegnato a qualcosa di terribile.
«Ichiji—…» sussurrò il nome di suo fratello in una sorta di supplica mentre cercava ancora di non scoppiare a piangere per la propria stupidità dimostrata fino a quel momento.
«Lo sai quanto è stato difficile stare per tutta la sera con l’idea che quello li, quell'imbecille, potesse anche solo toccarti più del dovuto anche mentre ballavate? »
«E’ stato tutto terribile—…» sussurrò lei scuotendo il capo ed i capelli rosa, che le ricaddero dinnanzi al viso.  «Non riuscivo a guardarti mentre eri accanto a lei e poi—…»
Ma il rosso scosse il capo, quasi come se non volesse sentire nessuna scusa ed allora, improvvisamente, lasciò andare le braccia di Reiju, che aveva stretto forse con troppa forza, e l’avvicinò a sé, stringendola, questa volta, contro il suo petto, cosa che lasciò la ragazza senza parole. 
«Stai un po’ zitta, Reiju.» le disse lui abbassando il tono della voce ed allora Reiju si lasciò andare, stringendolo a sua volta e sentendosi una delle persone più stupide mai esistite sulla faccia dell’intero pianeta.
Lo aveva fatto perché pensava che effettivamente ci fosse qualcosa e non aveva preso in considerazione che ciò a cui aveva assistito nella serra potesse essere diverso da ciò che la sua mente aveva immaginato. Eppure le parole di Ichiji, che non si era mai esposto più di tanto su tale questione, la fecero sentire peggio, nonostante avesse svelato la verità riguardo quel giorno, una verità decisamente impensabile e che aveva quasi fatto crollare le speranze della ragazza.
«Scusami—…» gli sussurrò mentre con le braccia andò a stringerlo quasi più forte ed allora le lacrime iniziarono a scendere, ancora una volta, lungo le sue guance. «Hai ragione, dovevo parlarne con te e dovevo—…»
«Ho detto basta, smettila di parlare, non importa.» ed il tono di Ichiji non sembrava ammettere alcuna replica, nonostante la stesse abbracciando e stringendo contro di lui. 
Probabilmente, anche se pieno di lacrime, quello fu il miglior momento della serata di Reiju, che si lasciò andare ad un pianto quasi necessario, mentre suo fratello la stringeva fra le braccia, e fu allora che le diede un bacio fra i capelli rosati, incurante del luogo pubblico nel quale si trovavano e della gente che poteva vederli. Così Reiju capì che se c’era una cosa di cui difficilmente avrebbe potuto fare a meno, questa era lui.
Era sbagliato ma per lei era tutto perfetto e se quella serata era iniziata come un vero incubo adesso Reiju aveva forse trovato un po’ di pace. 
   
 
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