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Autore: MM_White    28/03/2018    1 recensioni
Come si vince al torneo delle coppe? Corteggiando e conquistando le ragazze più "difficili" di Hogwarts.
E cosa si vince? Che domande, la soddisfazione di aver vinto!
È alla sua seconda edizione che Draco dà il via in un momento di pura noia, scegliendo di importunare la bella Corvonero Keira Blackheart, migliore amica dell'alunna più brillante del suo anno. Stiamo parlando di Hermione Granger, ovviamente, la quale invece verrà scelta dall'affascinante Serpeverde Theodore Nott.
Le due ragazze saranno così ingenue da cascarci?
Dal capitolo 9:
Hermione ride ancora ed io, che credevo che ridere di lei fosse appagante, non sapevo quanto fosse ancora più gratificante farla ridere.
Io che ultimamente mi divertivo a beffeggiarla, alludendo che in realtà fosse una vipera degna di allargare le file dei serpeverde, non sapevo quanto invece il cappello parlante ci avesse visto giusto, quella lontana notte dello smistamento.
Perchè non sapevo quanto fosse forte e coraggiosa e leale.
E mi dispiace che abbia bevuto la pozione cura ferite perchè, seppur senza volerlo, quei segni sul collo glieli avevo provocati io.
Quei raschi erano un marchio, un chiaro e limpido avvertimento: questa ragazza è mia.
Ma adesso non ci sono più. Scomparsi.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Theodore Nott | Coppie: Draco/Hermione, Draco/Theodore
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Altro contesto, Da VII libro alternativo
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A un passo da te



 

Capitolo uno: la posta in gioco

 

Draco

 

Le lezioni sono inizate da quanto, tre mesi? Ebbene, solo tre mesi e io ne ho già abbastanza di tutto.

Non parlo solo dello studio e delle pseudo-lezioni di quel babbione di Hagrid, mi riferisco anche a scocciature come gli allenamenti di Quidditch all'aperto (ormai fa così freddo che le dita delle mani mi si congelano intorno al manico di scopa) o alle ragazzine che mi ronzano intorno (costringendomi a stare attento a qualsiasi dono o dolcetto «fatto in casa»).

Ormai perfino trascorrere il tempo libero nella sala comune di Serpeverde è diventato uno strazio, da quando Tiger e Goyle hanno deciso di non staccarsi da me neanche per un secondo.

Okei, i primi anni poteva anche essere divertente andare in giro con delle guardie del corpo e avere due scagnozzi disposti a fare i compiti più scomodi al posto tuo. Diciamo che la cosa mi faceva sentire un personaggio importante, l'equivalente di una celebrità o, ancora meglio, di un potente criminale del mondo babbano.

Ma da qualche tempo incomincio a trovare la cosa snervante, incomincio a capire che ho bisogno dei miei spazi, di un po' di solitudine.

Come questo pomeriggio, ad esempio. Durante la lezione di divinazione decido che sarebbe stato meglio sgattaiolare via che rischiare di morire annoiato, così, senza avvertire nessuno dei miei compagni, me ne sono andato. Arrivato nei sotterranei mi sono poi reso conto con molto piacere che avevo l'intera sala comune tutta per me. Il silenzio era tale che avrei potuto perfino udire una piuma toccare terra.

Che goduria!

Con un salto, mi sono tuffato sull'enorme divano nero posto di fronte al camino e poi, con un rapido incantesimo, ho acceso il fuoco. Questo è il momento perfetto: quando ci sono io e nessun altro.

Ma è durato ben poco, perchè subito dopo eccole che arrivano, le mie spine nel fianco.

«Tiger, Goyle,» biascico con un'evidente smorfia di disgusto dipinta in volto. «Che piacere scoprire che non siete ancora morti.»

«Già, siamo sani come pesci, io e Goyle.» Tiger si getta sul divano, facendomi sobbalzare. «Vero Goyle?»

Goyle risponde con un grugnito, il verso che gli riesce meglio, e si siede dall'altro lato del divano. In questo modo mi ritrovo tra due rimbambiti, in equilibrio per non cadere in uno dei due solchi formati dal peso dei loro mastodontici corpi, e posso dire addio all'agoniato momento di solitudine.

Non sarà che sto diventando un po' depresso?

Ma no, è solo che essere circondato da questi due è davvero uno strazio e quindi mi ritrovo a preferire una vita da eremita, piuttosto.

Tiger e Goyle parlano sempre a gran voce fra di loro, discutono di cose inutili, si pongono domande da veri deficienti.

«Ehy Tiger, secondo te la Pansy le porta le mutandine?»

«Stanotte non volevo alzarmi per andare a pisciare e così ho bagnato il letto.»

«Hai visto, Goyle, come mi guardava oggi? A questo punto credo che la McGranitt si sia innamorata di me.»

E altre oscenità del genere. Ma dai, chi potrebbe mai anche solo pensare che la McGranitt stia facendo gli occhi dolci a Tiger? Ah sì, giusto, solo Tiger stesso.

Sono così esausto che mi viene da urlare e correre intorno al divano come un pazzo appena uscito da Azkaban.

Anzi no, mi viene da piangere.

Racchiudo la testa fra le mani, mentre ascolto le voci di Tiger e Goyle sovrapporsi a quelle di altri studenti che si stanno apprestando ad entrare nella sala comune.

Con la vista sbarrata dalle mie dita scorgo un viso familiare avvicinarsi con un sorriso smagliante.

«Theo.» Lo saluto ricambiando il sorriso.

«Draco...» Theodore Nott prende posto sulla sua poltrona preferita, mettendosi comodo.

Con le lunghe gambe divaricate e la postura scomposta, sembra un dio antico e potente, uno di quelli belli e sfrontati che venivano rappresentati nella storica Grecia.

No, non mi sono infatuato.

Il fatto è che Theo è forse l'unico compagno di scuola che considero mio pari. Innanzitutto perchè è purosangue tanto quanto me e poi perchè è abbastanza intelligente da sapermi stimolare intellettualmente.

È con lui che preparo gli esami più difficili e sempre con lui che mi diverto a discutere su varie tematiche come ad esempio la questione dell'ammissione dei sanguemarcio ad Hogwarts.

«Perchè te ne sei andato prima?» Mi chiede con un certo divertimento. «Avevi paura di scoprire che fra dieci giorni arriverà la tua ora?»

«Ti ha detto questo, quella pazza di Sybill?»

«Proprio così. Quando sono scoppiato a riderle in faccia mi ha cacciato fuori dalla classe. Peccato che un paio di secondi dopo sarebbe finita la lezione.»

Tiger e Goyle incominciano a sganasciarsi dalle risate, alternando le risa con vari «davvero?» e «non ci posso credere».

Io e Theo ci scambiamo uno sguardo complice. Della serie: compatiamoli.

La smettono solo quando dico loro di farlo, dato che era diventato impossibile continuare a conversare con Theo.

«Ma che hai?» Mi chiede dopo un po'. «Mi sembri depresso.»

«Forse lo sono davvero, se te ne sei accorto anche tu.»

«Ci sono dei problemi? Rogne con Potter?»

«No, no, Potter non c'entra. Non questa volta, almeno.»
«Allora cos'è?»

Se fino ad allora avevo evitato il suo sguardo, all'improvviso mi ritrovo a fissargli gli occhi cervoni. Perchè mi sento così? Non lo so neanche io.

«Mi sto annoiando.» Biascico.

Forse è la verità, forse no.

«Uhmm, capisco.» Theo si picchietta l'indice contro le labbra, pensieroso. Dopo mi chiede: «e se dessimo inizio al Torneo delle Coppe? Sai, per puro caso ci stavo pensando proprio in questi giorni...»

«Il Torneo delle Coppe?» I miei due scagnozzi guardano Nott con la bocca e gli occhi spalancati per lo stupore.

Li zittisco schiaffeggiando l'aria con una mano, infastidito.

«Non è una cosa al vostro livello,» poi, rivolgendomi nuovamente a Theo: «Non so se ne ho voglia. Sai, dopo la schiacciante vittoria dell'anno scorso ho perso tutto lo spirito di competizione.»

«Ma se mi hai superato per appena tre stelle.» Rilancia il ragazzo, divertito.

«Erano quattro. E comunque, un ménage à trois in realtà vale centomila volte più di una decina di pomiciate.»

«E va bene, allora prima di iniziare rivdremo il valore dei punteggi.»

«Non inizieremo proprio nulla, Theo, perchè non mi va.»

Momento di silenzio. Theo si riporta l'indice sulle labbra, deciso a non demordere. Quando riapre bocca per parlare, lo fermo subito.

«E poi tu non sai quello che è successo durante l'estate: gufi postino nel cuore della notte, pretese di passare le vacanze insieme... il giorno del mio Compleanno si è autoinvitata a casa mia con una torta cantando tanti auguri a squarciagola!»

Theo sorride ma io ritengo il mio problema una cosa seria, così continuo: «sembrava un'invasata. Una volta per togliermela dai piedi sono stato costretto a lanciarle uno schiantesimo.»

Ed è a questo punto che perdo Theo definitivamente. Lo osservo ridere di gusto mantenendosi la pancia con entrambe le braccia, impossibilitato a pronunciare qualunque parola gli passi per la testa.

Tiger e Goyle sorridono di rimando, come farebbero due scimmie ammaestrate. Sono curiosi di sapere, mi chiedono di cosa stiamo parlando. Diciamo pure che di tutta la discussione hanno colto solo le parole ménage à trois e pomiciate.

Ma va?

Non appena si riprende, asciugandosi le lacrime con la manica nera dell'uniforme, Theo li difende.

«Bhè vorrei sapere anch'io, a questo punto, se fossi in loro.»

«Meglio di no.» Ribatto. «La loro vita è già complicata così. E non hanno problemi.»

«Io credo invece che dovrebbero partecipare. Un attimo fa non stavi parlando di spirito di competizione?»

Sbuffo, divertito.

«Competizione? Con Goyle e Tiger? Senti, non è che per caso Sybill oggi si è confusa, e per creare il fumo al posto dell'incenso ha acceso qualcos altro?»

«No ascoltami, sono serio.» Nott si sporge verso di me, i gomiti appoggiati sulle ginocchia. «Una seconda edizione del Torneo delle Coppe. Quattro partecipanti. Un solo vincitore. Suona da Dio.»

«Cosa si vince?» domanda Goyle.

«Che domande,» rispondo con uno sbuffo. «La soddisfazione di aver vinto.»

Poi rivolgo uno sguardo di ghiaccio a Theo. Solo lui riesce a farmi innervosire e divertire allo stesso tempo. E a riaccendere il mio spirito competitivo.

«Ci sto.» Affermo. «Però dovrai spiegare tu le regole ai nuovi arrivati perchè io, credimi, non sono proprio dell'umore adatto per farcerla.»

Theo mi rivolge un sorriso a trentadue denti, tutti perfetti e bianchissimi.

«Sarà fatto.»

Ed è così che inizia la spiegazione.

Il Torneo delle Coppe è stato inventato da noi due in un momento di pura noia. Parlare del destino dei purosangue e delle politiche adottate da Silente o dal ministero della magia, a lungo andare scoccia. E così, in parte perchè sembrava divertente, in parte per passare il tempo, incominciammo a definire le regole di questo gioco fra amici.

All'inizio si trattava solo di dare delle valutazioni. Ogni ragazza di Hogwarts del nostro anno fu sondata con occhi esperti e competenti, ricevendo in segreto una valutazione che andava da una a cinque stelle su ciascuna delle categorie concordate: aspetto fisico, simpatia, disponibilità.

Su molte ci trovavamo d'accordo, per alcune invece è stato parecchio difficile inserire l'eventuale pessima, modesta oppure ottima valutazione.

Alla lista manca solo una ragazza...

 

«Lavanda Brown», disse Theo indicando con la penna una ragazza che usciva dal cortile a passo lento, ancheggiando vistosamente.

Ci scambiammo uno sguardo d'intesa dopodichè scribacchiammo sulle pergamene per appunti.

«Ci sei?» Chiesi con calma. Di solito ero sempre il primo a finire, perchè sono più deciso e impulsivo. Nott invece è più riflessivo.

«Okei, iniziamo.» Disse Theo. «AF, aspetto fisico.»

«Io ho messo un bel quattro.»

«Io tre.»

«Ma come?!»

«Capelli troppo crespi.»

«Hai ragione, vada per tre.»

Scrissi la valutazione definitiva sull'agendina, accanto al nome della ragazza.

Theo riprese con la S, simpatia.

«Assolutamente uno!» Esclamai ridendo.

«Puoi dirlo forte, io la trovo insopportabile.» Dopodichè abbassò il tono della voce. «Questa è difficile Draco, siamo alla D.»

La voce disponibilità stava per molte cose. Poteva essere disponibilità intesa in generale, quindi gentilezza, buone maniere la possibilità di ricevere dei favori. Come poteva essere intesa nel senso più perverso del termine, vale a dire facilità con la quale la suddetta ragazza era disposta ad essere portata a letto.

Esternammo la valutazione nello stesso momento. Theo disse «cinque» io «uno». Ci scambiammo uno sguardo di sfida.

«Lavanda Brown è una facile.» Affermò il mio amico. «Lo sa tutta la scuola.»

«Concordo. Ma dimentichi per un attimo chi siamo noi e chi è lei. Una Grifondoro non sarà mai ben disposta nei confronti di qualsiasi Serpeverde.»

«Sicuro?»

«Scommettiamo?»

«Cosa si vince?»

«Che domande, la soddisfazione di aver vinto.»

Questo fu l'esatto momento in cui il Torneo delle Coppe prese un inizio di forma nelle nostre menti. Ma nessuno dei due aggiunse altro, quindi lasciammo cadere la questione così come era iniziata.

«Io direi che dovremmo fare una sorta di media.» Disse d'un tratto Theo.

«Allora vada per il tre.»

Di solito trovavamo sempre un accordo, sempre.

Finchè fece la sua comparsa nel cortile l'insopportabile, odiosa, so-tutto-io Hermione Granger.

«Una stella alla D?» Chiese Theo sollevando un sopracciglio nella sua direzione.

«E me lo chiedi pure?»

Confermammo subito il voto sull'agendina, poi disegnammo in silenzio le stelline delle restanti categorie. Nel frattempo la Granger ci passò accanto, senza degnarci di uno sguardo. Trasportava un'alta pila di libri, come al solito, ed io mi ritrovai a pensare che doveva avere nelle braccia più forza di quello che immaginavo.

Senza che me ne fossi reso davvero conto, finii tuttavia per osservarla un tantino più del dovuto, con la conclusione che Theo aveva già terminato di scrivere, mentre a me toccava ancora completare la voce con la S. Niente di più rapido comunque, dato che bastava disegnare una sola stella, così come avevo fatto per la voce AF. Quando espressi a voce i voti, Nott mi guardò strabuzzando gli occhi.

«La Granger non è da una stella in nessuna delle due categorie, Draco.» Disse pacato, come se stesse spiegando una ovvietà a un poppante.

«Perchè, da quante stelle sarebbe?»

«Sicuramente più di quattro.»

«Ma scherzi?» Ero costernato. «Tu la reputi bella? Adirittura simpatica? Hermione Granger?»

«Fammi capire una cosa: ci hai già provato ma non te l'ha voluta dare, vero?» Nott scosse il capo. «Perchè è l'unica spiegazione a tutta questa ostilità nel suoi confronti.»

A questo punto ero infuriato. Afferrai l'agendina e la scagliai dall'altra parte del cortile, sotto lo sguardo serio dell'altro Serpeverde.

«Io provarci con quella sanguemarcio?» Ringhiai. «Neanche se fosse l'ultima strega rimasta sulla faccia della terra.»

 

Okei, l'unica ragazza sulla quale non abbiamo trovato un accordo è stata la Granger. E okei, può sembrare un gioco un po' infantile.

Ma ripeto, ci stavamo annoiando e poi questa è un'età particolare, in cui gli ormoni sono a festa un giorno sì e l'altro pure. In fondo non stavamo facendo niente di male.

Terminate le ragazze a cui poter assegnare stelle, ci ritrovammo così solo con un'agendina piena di nomi e valutazioni. Perciò pensammo che si poteva fare qualcosa di più, per superare la noia. Ovvero rendere un gioco innocente in una competizione senza scrupoli.

L'agendina fu rivisitata: alle ragazze che si erano aggiudicate più stelle (soprattutto nelle categorie simpatia e disponibilità) furono assegnate come punteggio unico da una a tre stelle. Le ragazze con quattro o, peggio ancora, cinque stelle erano invece le compagne che a nostro avviso erano (vuoi la bruttezza, la poca disponibilità o l'antipatia) davvero poco rimorchiabili.

Era proprio con queste ultime che il gioco si faceva più divertente.

Anche se, alla fin fine, non ho trovato così divertente conquistare per gioco Pansy Parkinson, la quale aveva scambiato un invito al ballo in una proposta di matrimonio.

«Come si accumulano i punteggi?» Chiede Tiger, eccitatissimo dalla prospettiva di gareggiare in questo nuovo torneo.

«Bella domanda,» fa Nott, sorridendo. «Nascosta proprio qui, nella sala comune, c'è una lavagna. A seconda della ragazza che sceglierai, ogni qualvolta riuscirai ad aggiudicarti qualcosa, compariranno in automatico le stelle che ti sei guadagnato in un'apposita tabella.»

Tiger e Goyle lo guardano con aria assente. Goyle sta perfino producendo una bolla di saliva con la bocca spalancata.

Che schifo.

«Devi spiegarlo in maniera più semplice, Nott, altrimenti non capiscono.»

Theo tira un lungo sospiro. Poi, pazientemente, ricomincia: «facciamo un esempio. Tu, Goyle, scegli una tipa da quattro stelle, okei? Da quel momento in poi, fino alla fine del torneo, ogni interzione con lei comparirà sulla lavagna sotto forma di punteggio. Riesci a baciarla? Quattro stelle sotto la colonna BACIO. Ma, sia chiaro, se dovesse accadere altre volte, ogni volta ti sarà assegnata solo una stella.»

«Le quattro stelle compaiono solo la prima volta, per intenderci.» Cerco di essere più chiaro.

Tiger e Goyle mi guardano e annuiscono piano.

Non hanno capito, penso esasperato portandomi una mano sulla fronte. Ma forse potrebbero capire qualcosa passando dalla teoria alla pratica, no? Chi sono io per non concedere una possibilità a questi due?

«Fagli vedere la lavagna,» comando a Theo.

Il mio migliore amico solleva la bacchetta puntandola in alto e leggermente alle sue spalle e poi sussurra: «revelio».

La cappa del camino diventa all'improvviso nera e separata da linee bianche a formare righe e colonne vuote. Poi, lentamente compaiono quattro nomi, i nostri ovviamente.

«Pronti?» Chiede Theo estraendo con fare reverenziale un'agendina di pelle scura dalla tasca dei pantaloni. «Puoi iniziare tu, Goyle.»

«No, comincio io!» Strilla Tiger.

«Shhh.» Lo zittisco. «Questa cosa non la sa nessun altro.»

Mi guardo intorno con circospezione.

Ci sono altri Serpeverdi nella sala ma per fortuna di solito preferiscono starmi a debita distanza.

Theo consegna l'agenda a Tiger, suggerendogli di sceglierne una alla sua portata. Quando alla fine, dopo parecchi minuti di consultazione, Tiger fa il nome della Abbott, mi sfugge un sorriso.

«Che c'è,» sbotta lui, apparentemente offeso. «Mi piacciono bionde.»

«Ma è una quattro stelle.» Ribatto. «Goyle, tocca a te.»

Con Goyle la scelta risulta più rapida. Tiene aperte le pagine dove sono raggruppate le ragazze da tre stelle, si mette una manona davanti agli occhi e con l'indice dell'altra fa dei cerchi sui nomi, fino a puntarne uno: Millicent Bulstrode.

«Ottimo affare la Bulstrode.» Dico ridendo come un matto.

Theo ride con me, poi aggiunge: «Saremo costretti ad aggiungere una nuova colonna per i pugni e le sberle ricevute!»

«Ad ogni occhio nero di Goyle sono pronto a concedergli una mia stella.» Rincaro. «Ne vedremo delle belle!»

Goyle sorride imbarazzato, fingendo di essere d'accordo con noi. Ma sono convinto che lo abbia fatto apposta. Credo infatti che abbia una cotta per la gorillesca Serpeverde dal primo anno. Che avesse avuto bisogno di un motivo che lo spronasse, per farsi avanti?

L'agendina scivola nelle mie mani. La sfoglio per qualche secondo. Sono indeciso.

Vorrei farmi vedere in giro con una ragazza della mia Casa, naturalmente, ma sarebbe sublime anche infastidire Harry Potter facendo la corte al suo amore platonico: Cho Chang.

Lui pensa di non aver insospettito nessuno? Forse può farla in barba ai suoi amichetti ma non a me e per due motivi: il primo è che, per quanto sia duro ammetterlo, la verità è che lo osservo ogni volta che posso. Il secondo è che sono troppo intelligente per non cogliere simili sottigliezze. Sguardo fuggente, rossore, perfino qualche episodio di perdita della parola.

È cotto a puntino, lo dico io.

Ma poi mi si riempie la mente di un ricordo delizioso, ancora troppo vivido per non apparire quasi reale. Lei che perde l'equilibrio sulle scale, io che la sorreggo appena, sfiorandole la schiena. Immagino la sua pelle candida sotto tutto quel tessuto scuro, avverto il suo profumo inebriante e fresco. Sorride con un lieve imbarazzo, sussurra un grazie, poi, quando si volta verso di me e si rende conto di chi è il suo «salvatore», la consapevolezza le indurisce lo sguardo.

Così si scosta senza aggiungere altro, assumendo un'aria superba e continuando a salire i gradini.

Se lo stesso gesto lo avesse fatto Harry Potter sarebbe andata diversamente? Sì, di sicuro.

Sarebbe stato tutto un «oh, grazie» e «mio salvatore» e altre scenate varie. L'episodio sarebbe diventato di dominio pubblico, in giro sarebbero girate voci di come Harry Potter l'abbia salvata «dall'imbarazzo di cadere» fino a diventare un «le ha salvato la vita!». Silente si sarebbe complimentato con lui per il suo coraggio e poi, tò, dieci milioni di punti a Grifondoro, Grifondoro vince la Coppa delle Case, il Torneo di Quidditch e Potter salva tutti noi!

Alleluia e ip-ip-urrà.

Ma torniamo al ricordo. Io voglio la mia vendetta. Voglio che cambi atteggiamento quando mi vede. Voglio trasformare il suo sguardo schifato in un'espressione di goduria, la sua maschera altezzosa in una posa di adorazione.

La voglio.

Sollevo lo sguardo dall'agendina, con un ghigno sul viso.

Ho deciso che sarò il primo ad eseguire la Dichiarazione, così faccio comparire sul tavolino basso una coppa di legno. Scrivo il nome della ragazza su una pagina libera, la strappo, la poso nella coppa. Punto la bacchetta e Dichiaro: «Keira Blackheart, Corvonero, Cinque stelle.»

Il foglietto prende fuoco. Un fuoco verdastro, sinitro.

Sulla lavagna, il nome appena annunciato compare sotto il mio. Theo mi guarda assorto. Fischia piano.

«Alla faccia del non mi va.» Afferma. «La tua sarà una sudata, amico mio.»

«Ti sfido a scegliere di meglio.»

«Oh, ma io ho già in mente qualcuno.»

Si sporge per prendere l'agenda, cerca la pagina con le ragazze da cinque stelle e poi, con un sorriso di sfida e lo sguardo infuocato nella mia direzione, volta anche quella pagina.

«Non ci credo» sussurro piano.

Non so cosa dovrei provare in questo momento. Dovrei sentirmi offeso? Sorpreso? In colpa?

Il foglio ricade lentamente, svelando un'altra categoria.

Sotto al disegno di sei stelle in fila, un solo nome.

 

«Hermione Granger.»

«Ti ho già detto che non ci proverei mai, neanche se...»

«Sì, sì, lo so, neanche se fosse l'ultima strega in vita sulla faccia della terra.»

«Quindi non serve neanche inserirla.»

«Io invece la farei diventare la sfida delle sfide. Pensaci, l'unica a sei stelle. La ragazza più inavvicinabile...»

«Tediosa.»

«Intelligente...»

«Saccente.»

«Divina...»

«Fastidiosa.»

«...di tutta Hogwarts!»

«Tu sei pazzo.»

«E tu sei cieco, amico mio.» Theodore Nott scosse appena il capo, mestamente. «Sei cieco.»

 

Hermione

 

«Dai Keira, faremo tardi a lezione!»

«Ancora un minuto, ho finito.»

«L'avevi detto dieci minuti fa.»

«Questa volta è vero.»

Appoggio la schiena contro la pesante porta.

Qualche attimo dopo arriva un ragazzino del primo anno in divisa nera e blu. Bussa alla porta, il batacchio a forma di aquila pone la sua domanda, il ragazzo non riesce a trovare la risposta. Gliela suggerisco io, ormai esasperata dall'attesa.

Per un momento ho pensato seriamente di introdurmi nella sala comune di Corvonero, ma non mi sembra giusto.

Se un'appartenente a un'altra Casa se ne andasse a zonzo nella nostra sala comune come mi sentirei?

Infastidita, è chiaro.

La porta si apre di nuovo, questa volta dall'interno, e finalmente vedo il volto della mia migliore amica farvi capolino.

«Quanto diavolo ci metti a prepararti, ogni mattina?!»

«Ho avuto un contrattempo con il nuovo lucidalabbra, a proposito come mi sta?»

Mi volto a guardarle le labbra, già perfette di suo senza dover ricorrere all'uso di cosmetici.

Sono infatti a forma di cuore e di una bella tonalità di rosa.

Ciò che incornicia le labbra è ancora più perfetto, per quanto possibile.

Occhi grandi e color ambra, carnagione chiara, capelli neri tenuti sempre in ordine.

Forse l'unico elemento che stona un tantino è il naso, il quale, nonostante sia dritto, risulta leggermente ad aquilino. E la cosa molto probabilmente avrebbe potuto sminuire la bellezza di chiunque altra ad eccezione di Keira Blackheart.

Su di lei, un naso del genere non fa altro che alimentare la sua aurea di fascino, facendola sembrare ancora più intelligente di quello che è.

«Bel colore.» Commento cercando di sembrare gentile.

A dir la verità a me non interessa sprecare del tempo parlando di argomenti tanto leziosi.

E all'inizio ammetto che mi stupiva sentire Keira enunciare un complicatissimo incantesimo per poi, subito dopo, parlare degli ultimi gossip del mondo magico come se nulla fosse.

A volte non lasciava neanche che si creasse una pausa silenziosa, passando dall'una all'altra cosa. Sembrava quasi che per lei fossero sullo stesso piano: pesanti tomi di pozioni, o astronomia o erbologia e uno di quei giornaletti pieni di spettegolezzi e articoli ciarlatani.

Ma è una delle ragazze più brillanti con il quale ho avuto modo di confrontarmi dall'inizio dell'anno scolastico e, in poco tempo, siamo diventate molto amiche.

A volte la adoro, a volte non la sopporto proprio.

Ma l'amicizia è così, no? Prendere tutto o lasciare.

In questo momento ad esempio sto cercando di dissuaderla a farmi provare il suo lucidalabbra.

«Dai, così saremo uguali!» Cerca di convincermi tenendomi ferma con una mano e tentando di colorarmi le labbra con l'altra.

«Non mi piace, sembra appiccicaticcio.»

«Va bene, va bene, come vuoi.» Solleva i palmi verso di me, sorreggendo il tubettino rosa solo con il pollice. «Andiamo a lezione o per colpa tua faremo tardi.»

«Ti hanno mai fatto uno schiantesimo?»

«Sì, ci hanno provato,» mi rivolge un sorriso civettuolo «ma non sono mai riusciti a prendermi!»

Inizia a camminare più veloce, io sto al passo, ridiamo.

Lei incomincia a correre per non essere raggiunta dai miei incantesimi, io invece corro per il timore di arrivare davvero in ritardo a lezione di pozioni.

Arrivate nei sotteranei vedo Keira rallentare, la bacchetta puntata verso di me mentre riprende fiato chinandosi con le mani sulle ginocchia.

Sussurra qualcosa tra un ansito e un altro.

«Che hai detto?» Chiedo raggiungendola.

«Niente, sbrighiamoci.» Lancia un'occhiata verso la porta dell'aula. «Oggi a quanto pare c'è una lezione condivisa con tutte e quattro le Case.»

In effetti nel corridoio scorgo i colori più emblematici di Hogwarts.

Le cravatte blu in perfetta fila indiana, quelle gialle raccolte in un gruppetto rumoroso, quelle rosse e quelle verdi, guarda caso, schierate una di fronte all'altra.

Keira si infila nel suo gruppo mentre io, per poter raggiungere Harry e Ron, sono costretta a passare davanti alla folla dei Serpeverde.

Nel mentre sento sussurrare il mio nome, perciò mi volto con con aria di sfida.

Dal gruppo nero e verde si stacca un ragazzo.

In altezza, supera di una spanna perfino quei due armadi di Tiger e Goyle, elevandosi su tutti i suoi compagni di Casa. Ha un viso mascolino, equilibrato, i capelli color miele un po' spettinati. E il sorriso luminoso riesce a dar luce perfino agli occhi corvini, che in questo ambiente scarsamente illuminato appaiono scuri quando di solito, al sole per esempio, sono di un verde brillante.

«Theodore Nott,» dico fingendo un sorriso. «Per caso volevi dirmi qualcosa?»

«Bhè, in effetti sì.» Ammette, sfacciato. «Stai bene con questo nuovo colore di rossetto.»

Mi porto subito una mano alla bocca, imbarazzata, e mi volto di scatto.

Avverto lo sguardo di tutti i Serpeverde e i Grifondoro su di me e le dita che sono state a contatto con le labbra piuttosto appiccicaticce.

Keira.

Deve avermi fatto un incantesimo quando fingeva di riprendere fiato, ne sono certa. Infatti, a riprova della sua colpevolezza, scorgo la sua bella testolina fare capolino dalla altrimenti perfetta fila di Corvonero.

Giuro che dopo questa le farò molto male.

Mi fa l'occhiolino.

No ancora meglio, io la ammazzo.




Nel prossimo capitolo:
 

Non posso crederci che l'abbia fatto, non posso crederci che si sia imbarazzata per me.
Mi assale nel petto una strana sensazione di calore, mentre le orecchie mi fischiano senza farmi udire altro.
Lancio un'occhiata furtiva verso il professor Piton.
Fingo di sbirciare alcune carte, fingo di non pensare ad altro, fingo che le sue labbra non attirino il mio sguardo come una potente calamita.

Ma che mi prende?

   
 
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