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Autore: LauraNinja18    28/03/2018    1 recensioni
Ella Davis è una ragazza come tutte le altre, all’apparenza, ma con un passato difficile ed oscuro alle spalle. In seguito alla morte della madre, si trasferisce a New York in cerca di fortuna ed un po’ di pace per il suo animo tormentato. Non sarà affatto facile per la fanciulla riuscire a seppellire i ricordi tanto dolorosi che troppo spesso tornano a galla, pronti a sommergerla. Ma cosa accadrà quando per caso incontrerà Devon?
I due sono gli antipodi per eccellenza, il buio e la luce, il giorno e la notte, il bene e il male, ma hanno in comune più di quanto pensino. Entrambi custodiscono un enorme segreto che riguarda il loro passato. Riusciranno ad abbattere i muri che li separano e a fidarsi l’uno dell’altra? O il destino renderà vani i loro sforzi dividendoli per sempre?
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Devon's pov

Si prospetta una giornata pesante. Mai avute così tante emergenze nel giro di un paio d'ore. Sono ancora le nove di mattina, ma sembra che il mondo abbia deciso di rendermi le cose più difficili del solito. Appena metto piede in ospedale, una donna incinta partorisce praticamente nel corridoio. Per fortuna stanno bene tutti e due, tre se consideriamo il padre che per poco non sveniva anche lui.
Arriva presto un uomo sulla cinquantina con un infarto in corso.

« Roxanne. » Le faccio cenno con lo sguardo di procedere. Oggi i miei studenti dovranno dare una mano se vorranno conquistarsi un bel voto o potranno dire addio alla loro carriera di medici.

« Sì, dottore. Allora, l'uomo lamenta forti dolori al petto e al braccio sinistro. L'ECG mostra chiari segni di aritmia. Abbiamo effettuato il prelievo per accertare la diagnosi attraverso l'analisi dei marcatori cardiaci. »

« Quali marcatori? » Le domando mentre collegano il paziente al monitor per controllare la frequenza cardiaca.
« Le troponine e il BNP. »
« Perché non la mioglobina o la CK? »
« Perché il paziente ha i sintomi da troppo tempo, non servirebbe a nulla e faremmo perdere solo tempo al laboratorio. » Annuisco orgoglioso. Stanno imparando finalmente!
« Bravissima, te lo lasc... » Sto quasi per andare via lasciando tutto nelle loro mani, quando il monitor inizia a tintinnare.

« È in fibrillazione ventricolare! » Esclamo spostando lo sguardo dallo schermo all'uomo sul quale mi precipito.
« Ventilatelo, ora. » Ordino notando la cianosi già evidente sul suo viso.
« Pressione in calo, cento su sessanta e frequenza cardiaca di quarantasei. Saturazione novantacinque percento. » Mi comunica Danny, un altro mio studente.
Il cuore smette di pompare sangue in pochi secondi.

« Un milligrammo di epinefrina. » Cerco di restare calmo e vigile, ma quando una situazione apparentemente sotto controllo diventa un'emergenza critica, è inevitabile farsi prendere dal nervosismo, anche se si fa questo lavoro da tempo. Pratichiamo il massaggio cardiaco ma il cuore non riparte.

« Defibrillatore. Carica... Allontanatevi. Libera.» Niente, lo strumento ci segnala il caratteristico suono della cosiddetta "linea piatta".
« Ancora, carica a duecentocinquanta. Vai! » Niente, non c'è battito.
« Carica a trecento...Libera. » Continuiamo per qualche altro minuto ma è tutto inutile perché ormai l'abbiamo perso.

« Ora del decesso... nove e quarantasei. » Sbatto la cartella clinica sul bancone. Odio perdere i miei pazienti e inoltre, i miei studenti sono piuttosto sconvolti. Per molti di loro è la prima perdita sul lavoro. Roxanne guarda immobile il cadavere del paziente, così decido di intervenire.

« Uscite di qui, tutti. » Irrompo nella stanza prendendo Roxanne per un braccio e trascinandola fuori. È inutile commiserarsi ora, ma non posso essere duro con loro. Sono stati molto efficienti.

« Fate una pausa... » Li congedo dando una pacca sulla spalla alla mia studentessa e mi rinchiudo nel mio studio. Mi siedo sulla poltrona incazzato. Sono sicuro che avremmo potuto salvarlo e non capisco come la situazione sia precipitata così velocemente.
Sì, sono incazzato con me stesso e lo sarò finché non avrò la certezza che non avrei potuto salvarlo in nessun modo, ma per questo devo attendere i risultati delle analisi del sangue.
Mentre mi crogiolo tra i sensi di colpa e controllo le mail di lavoro dal pc, qualcuno bussa alla mia porta.

« Avanti... » Assumo una posizione più composta e alzo lo sguardo sulla figura che si palesa.
« I risultati delle analisi del paziente deceduto.» Angie mi piazza i fogli sotto il naso guardandomi come se già sapesse cosa sto per dirle.

« Aveva un'insufficienza cardiaca...» Ammetto osservando i valori dei marcatori cardiaci che sono stati eseguiti.
« Sì, e dallo storico è emerso che il paziente era stato già operato per il malfunzionamento di una valvola aortica. »

« Capisco, aveva il BNP alle stelle... » È un marcatore che aumentato indica uno scompenso cardiaco legato all'ipertrofia ventricolare.
« Dottore non poteva fare molto... Il cuore avrebbe ceduto comunque. » Mi rassicura, ma si sbaglia. Apprezzo sempre, però, l'aiuto ed il conforto di Angie.
« Sì...Puoi far vedere queste cartelle anche ai miei studenti? Sono parecchio sconvolti.. » Gliele restituisco e il tecnico annuisce.

« Certamente, se ha bisogno, sa dove trovarmi.» Mi sorride e sparisce con la sua lunga treccia nera ondeggiante dal mio ufficio.
Per oggi ne ho abbastanza dell'ospedale, decido quindi di recarmi al mio studio in anticipo, lasciandomi tutti i problemi alle spalle per qualche ora.
Avrei potuto salvare una persona e non ci sono riuscito, ma almeno posso rendermi utile con i miei altri pazienti, spero. Prendo tutte le mie cose ed esco velocemente dalla mia stanza passando però per il pronto soccorso. Roxanne mi si lancia addosso come una cavalletta.

« Dottore! Ha visto le analisi? Non potevamo salvarlo vero? Oh mi dispiace troppo... ho parlato con la famiglia e... » Tira su con il naso mentre non ho il coraggio di allontanarla bruscamente come faccio di solito.

« Hai fatto un buon lavoro, stai tranquilla...» La rassicuro accarezzandole la schiena. Mi dispiace che si sia traumatizzata fino a questo punto. Purtroppo si dovrà abituare se vuole fare questo mestiere. Ogni volta è sempre una sconfitta personale e il dolore e la delusione rimangono comunque.

« Grazie dottore, é un onore lavorare con lei.. » Mi sorride e non posso che ricambiare in modo affettuoso. È una brava studentessa, dopotutto. La lascio tornare a casa e finalmente esco da quel dannato ospedale.

L'aria mite di maggio mi colpisce dritto in viso accarezzandomi le guance che ospitano una leggera barba che ho deciso di far crescere. Nonostante lo studio non sia proprio a due passi dal Lennox, farò il tragitto a piedi. Con tutto ciò che sta succedendo, non ho molto tempo per allenarmi e una camminata non può di certo farmi male, anzi.
Mentre mi inoltro tra le strade affollate di New York, il suono del cellulare mi costringe a distogliere lo sguardo ed alzare gli occhi al cielo.

« È la terza volta che mi chiami e sono solo le dieci e un quarto di mattina. Cosa c'è ancora Clarissa? » Mia sorella sa essere davvero petulante quando ci si mette. Ora ricordo perché non ci chiamiamo spessissimo.

« Scusami fratellone, ma dovrai sopportarmi. » Mi racconta brevemente del suo "problema". In pratica, è indecisa su quali modelli proporre nella sua sfilata.

« E mi hai chiamato per questa stronzata? Non avevi un'assistente?! »
« Sei sempre così scontroso la mattina?! Mamma mia! Non ti si può dire nulla. Comunque sì, chiederò a lei. » Sbuffo e le attacco praticamente il telefono in faccia. Da ieri sera e dopo la nostra discussione in macchina su Ella e tutto il resto, Clarissa ha cercato di sistemare le cose chiamandomi ogni minuto della giornata, con i pretesti più assurdi. È di nuovo preoccupata per la mia salute mentale...

Lasciando perdere questi pensieri per un po', arrivo finalmente a destinazione con una sorpresa ad attendermi all'esterno dell'edificio. Rose, la mia assistente personale, e Summer stanno discutendo animatamente.

« Signorina, le ho già detto che il dottor Reinfield non è qui! Dovrebbe arrivare fra poco ma non posso farla entrare, ha capito? »
« Senta, non mi interessa quello che dice, devo entrare e subito!! »

Basta così, ne ho abbastanza di questo spettacolo pietoso e soprattutto di Summer. Forse se avessi risposto alla sua chiamata l'altra sera, non sarebbe successo.

« Summer cosa ci fai qui? » Rose tira un sospiro di sollievo.
« Ah eccoti finalmente! Perché non rispondi alle mie chiamate?! »
« Perché non voglio sentire le tue lagne e comunque lascia stare la mia assistente.» Faccio cenno a Rose di iniziare a salire di sopra lasciandomi solo con Summer.
« E se invece avessi avuto bisogno di aiuto, mh?»
« Ne hai bisogno? »
« No..»
« Bene, allora puoi andare.. »
« Ma Devon! » Alzo per l'ennesima volta gli occhi al cielo e la oltrepasso per entrare nel mio studio. Ovviamente mi segue.
« Ho del lavoro da sbrigare... »
« Da quando sei diventato così freddo con me?»
« Da quando te ne sei andata e poi hai preteso che tutto tornasse com'era prima.»
« Allora è questo il problema? » Non l'aveva capito? Andiamo bene.
« Mi era sembrato chiaro. »
« Ok.. ho capito. » Finalmente! Mi giro per guardarla in viso. Forse è la volta buona che mi lascerà in pace per sempre.
« Me ne vado... ma non è finita qui. » Peccato, anche perché non c'é più nulla di cui parlare.
Non volevo una relazione seria ma con lei ci avevo provato, davvero. Poi se n'è andata ed ho capito che non era la persona giusta per me. Non commetterò di nuovo lo stesso sbaglio, no. Per me è acqua passata, ormai, e soprattutto odio le persone che mi prendono per stupido. Diceva di amarmi e poi alla prima occasione mi ha voltato le spalle andando a dire in giro che la usavo per i miei sporchi comodi. Quando è tornata le ho anche dato una seconda possibilità, ma le cose non sono andate come si sperava, perciò meglio finirla qui. Ho già sofferto abbastanza ed anche lei.

« Rose mi scuso per questo piccolo inconveniente. Non accadrà più. »

« Non si preoccupi dottore, è tutto apposto.» Mi sorride cordiale e le chiedo quanti pazienti hanno prenotato una vista per oggi e a che ora dovrebbe arrivare il primo. Mi dice che avremo il tempo di pranzare e che per l'una inizieranno le visite. Bene, posso sistemare le carte nello studio.
C'è una tale confusione qui dentro che non immagino quanto tempo dovrò impiegare per risistemare il tutto. Per fortuna, il cellulare squilla nuovamente ed è Richard questa volta. Oggi hanno tutti una gran voglia di stare al telefono.

« Richard, ci siamo visti solo ieri e già ti manco? »
« Non farti strane idee Devon! Come te la passi? » Gli racconto della mia pessima mattinata e di come sia peggiorata ulteriormente a causa di Clarissa e Summer, ma che ora sono finalmente rinchiuso nel mio studio in pace.

« Capisco, quindi è meglio se ti lascio lavorare va. Ci sentiamo presto, sono sicuro che dovrai raccontarmi molte cose. » Usa un tono ambiguo che mi lascia perplesso, ma in fondo fa sempre così e ancora devo capire perché me ne sorprendo ogni volta. Attacco la chiamata e mi dedico alle scartoffie riuscendo a riordinare gran parte del caos nelle ore successive. Ah se fosse così facile attuare lo stesso sistema per la mente. Chiuderei tutti i brutti pensieri in un cassetto a chiave e darei spazio a quelli belli che al momento, però, scarseggiano.
Sento bussare alla porta, gesto inconsueto per i miei pazienti o per Rose che di solito irrompe nella stanza senza annunciarsi. Mi reco, quindi, ad aprire la porta perplesso, trovandovi con mia grande sorpresa, Ella sull'uscio che regge una fetta di torta al cioccolato. Istintivamente sorrido e mi faccio da parte per farla accomodare.

« Che cosa ho fatto di buono per meritarmela?»
Che giornata piena di sorprese quella di oggi, ma finalmente se ne presenta una degna di essere chiamata bella.

Ella's pov

Varco la soglia dell'edificio con un cestino all'interno del quale, ho delicatamente riposto il dolce che ho cucinato stamattina. Ho portato una fetta anche all'assistente, cioè a Rose, dal momento che si è presa più di una strigliata da parte del capo per colpa mia.L'espressione sorpresa e compiaciuta che si dipinge sul volto di Devon quando mi vede, mi riempie il cuore di gioia. So che ha avuto una brutta giornata, perciò mi sembrava un gesto carino. In fondo siamo amici no?

« Ho pensato potesse farti piacere, so quanto adori il cioccolato. » Gli sorrido entusiasta mostrando la fetta di torta al pan di spagna al cacao ripiena di nutella e con una spolverata di zucchero a velo. Affianco un piccolo cuoricino, sempre di pan di spagna e glassa bianca, funge da decorazione. Mi fa spazio così da entrare nel suo studio. Quanti ricordi questa stanza, non che sia passato molto tempo in effetti. Cerco di non distrarmi e poggio il piattino sulla scrivania.

« Devo farti una lista? » Rispondo alla sua domanda di prima.
Ha fatto molte cose per me, anche se non se ne rende conto, tra cui salvarmi letteralmente la vita un paio di volte. Da questo si nota la sua negatività, il pensiero che ha di commettere sempre un passo falso tanto da non fidarsi di nessuno. Come può non accorgersi della bella persona che è? Si merita questo e tanto altro.

« È una tentazione questa torta...» Commenta richiudendo la porta alle spalle e venendo nella mia direzione.
« Ti ho messo anche un cuoricino, vedi? » Glielo indico fiera del mio operato con un gran sorriso. Devon lo osserva e lo afferra delicatamente mordendone un pezzo equivalente circa la metà.

« Se anche il resto è così, non durerà molto nel piatto.. » Accenna un ulteriore sorriso porgendomi, sorprendentemente, l'altra metà del cuore. « Questo è tuo...»

Mi coglie alla sprovvista, ed infatti, ci metto qualche secondo per afferrare il dolcetto che mi sta donando. Potrebbe sembrare un gesto molto semplice, privo di significato, ma sento che non è così. Lo prendo e lo assaggio, gustandomi il sapore deciso del cacao.

« Wow, se un morso ti ha addolcito, non saprei che aspettarmi quando finirai il resto! » Lo prendo in giro per evitare di apparire troppo meravigliata, appoggiandomi al bracciolo della sedia. « È buona vero? »

« Quindi l'hai fatta per addolcirmi? Puoi anche ammetterlo... » Sorride, apparentemente divertito, ponendosi contro il bordo della scrivania. « Sì, è molto buona così come sono tanto magnanimo da condividere la tua stessa creazione con te. »
Finge un'aria altezzosa incrociando poi le braccia al petto.

« Lo ammetto, così come puoi ammettere anche tu che sia riuscita perfettamente nel mio intento.. » Gli rispondo altrettanto ironica. Mi avvicino puntandogli il dito contro. « Se questo è il massimo della tua gentilezza, la torta deve fare abbastanza schifo. » Gli volto quindi le spalle e, per provocarlo, gli rubo un morso.

« Forse un poco, ma sai anche che non lo ammetterei mai totalmente. » Arriccia il naso e poi scatta non appena gli frego la merenda. «Ehi! Non vale! La torta è mia adesso e ho detto che mi piace. » Si sporge e, dandogli le spalle, riesce a farmi il solletico. Scoppio a ridere e mi prendo un altro pezzettino di dolce.

« Me la porto via se non la smetti! » Devon si allunga e, invece di smettere di solleticarmi, mi afferra i fianchi tirandomi tra le sue braccia per poi levarmi il piatto dalle mani. Metto il broncio come se fossi una bambina alla quale hanno appena rubato le caramelle.

« È troppo grande per te, poi ti viene il diabete... » Sorrido beffarda ma ormai la torta è nelle sue mani, anzi, solleva anche il braccio per non farmela riprendere.

« Smettila, se ti preoccupavi del mio diabete non mi portavi la torta. » Mi risponde divertito sorridendo.
« Ho preso solo due morsi.. È ancora tutta intera. » Mi lecco le labbra per ripulirle dai residui del cioccolato. « Come hai detto tu, il mio obiettivo era addolcirti non preoccuparmi del tuo diabete..»

« Se te la mangi tutta, mi perderò il divertimento di assaggiarla e dirti che non è nemmeno così buona! » Mi libera dalla sua presa per dare un altro morso alla torta che poi riappoggia sulla mia adorata scrivania.

« Sei davvero uno stronzo...» Commento non spostandomi da quella posizione. Automaticamente, riposiziona il braccio intorno alla mia vita, come se fosse quello il suo posto ed io mi adatto perfettamente tra le sue braccia. Per un attimo immagino come sarebbe la mia vita fatta di questi fugaci ma bei momenti se Devon si arrendesse all'amore.

« L'hai capito adesso? »
«Non sei sempre così, sei un po' bipolare in realtà... » Sorride scuotendo la testa. Ne è consapevole evidentemente!
« Non posso darti torto...» Sento il suo sorriso, anche se sono di spalle e non posso vederlo. Non so se si sia reso conto che siamo ancora abbracciati o il ricordo di ciò che è successo proprio su questa scrivania, gli abbia annebbiato la mente. Sospira sul mio collo come colto da qualche pensiero non troppo felice e mi lascia andare. Mi libero dalla sua presa e mi volto nella sua direzione.

« La torta non la finisci? » Gli chiedo dondolandomi sui talloni appoggiando però le mani ai bordi della scrivania sulla quale è appoggiato il dottore.

« Certo che la finisco. » Mi sorride ma nel suo sguardo c'è qualcosa che non va, che lo turba. Lo abbassa subito e per me è come risprofondare nel buio più totale.
Questa sensazione mi soffoca, mi toglie il respiro e per un attimo provo ad immaginare come debba sentirsi nel nascondere il suo dolore al resto del mondo. Mi sento impotente perché non posso fare niente, non posso aiutarlo se non me lo permette ed è terribile essere la spettatrice di questo strazio. Mi mordicchio l'interno della guancia e, proprio come ha fatto con me al compleanno di Richard, mi slancio per abbracciarlo.
Potrebbe respingermi, potrebbe allontanarmi come ha fatto con gli altri, potrebbe chiedermi di andarmene, ma non lo fa. Abbraccio lui ed il suo dolore accogliendo la tenebra che lo tiene in gabbia. Per un momento la sento, sento tutta la tristezza che lo avvolge e mi piange il cuore. Nessuno dovrebbe soffrire così, e anche se non riesce ancora ad aprirsi del tutto con me, sento di essere sulla buona strada. Mi cinge la vita ed io gli allaccio le braccia intorno al collo poggiando la guancia sul suo petto. Il battito del suo cuore è irregolare e riflette perfettamente il mio, altrettanto scombussolato dalla situazione, dalla piega che sta prendendo questa storia e la mia vita. Ho paura che una volta scoperto il suo segreto, non sarò capace di sopportarlo e che sarà stato tutto inutile. Sono forte, lo so, ma riuscirei ad esserlo per entrambi?

« Ella.. io.. » Lentamente mi allontana sciogliendo l'abbraccio e lasciandomi una strana sensazione di freddo intorno.

« Sì..? » Chiedo cauta, temendo la sua risposta. Mi sposta qualche ciuffo della frangia di lato accarezzandomi lentamente la guancia. Sta per dirmi qualcosa, ne sono certa, ma bussano alla porta facendo andare tutti i miei sforzi in frantumi. Sono costretta ad allontanarmi dal suo corpo con il capo chino. Rose si materializza dall'altro capo della stanza.

« Scusatemi.... Dottore è arrivato il primo paziente. » Ci comunica lanciandoci un'occhiata di circostanza, sempre imbarazzata quando ci interrompe, e in effetti, capita spesso.
« Sì, grazie Rose. Dammi un paio di minuti. » Si schiarisce la voce per risponderle.

« Comunque era davvero buona la torta signorina Davis. » Si complimenta la ragazza ed io le sorrido, rispondendole che sono contenta che le sia piaciuta.
Devon mi guarda perplesso ma poi sorride.

« Allora non era solo per me la torta.. »
« Beh, mi sembrava giusto offrirla anche alla tua assistente. Sembra una brava ragazza. » Faccio spallucce. Mi è sempre sembrata simpatica, ed in fondo, la compatisco. Non oso immaginare come sia lavorare per Devon che ti punta il suo sguardo di ghiaccio addosso ad ogni errore.

« Perché lo è. » Finisce il resto della torta in un boccone e mi scorta alla porta.
« Grazie Ella. »
« Non ringraziarmi, l'ho fatto con piacere.» Annuisce e l'angolo delle labbra si incurva all'insù. Ricambio il sorriso ed esco dalla porta salutando anche Rose.
Sono contenta di ciò che ho fatto e soprattutto della reazione positiva che ho riscontrato in Devon alla mia sorpresa.

——————————

Torno a casa felice, con un sorriso stampato in volto e a quanto pare non sono l'unica. Audrey appare nel salotto del nostro appartamento con ancora l'abito di ieri addosso e un'espressione a me familiare. Ieri sera, dopo che Devon è andato via con la sorella, siamo rimaste a chiacchierare un altro po' con Richard fino a quando, stanca, ho deciso di abbandonare la nave senza la mia coinquilina che a quanto pare è finalmente riuscita a concludere qualcosa.

« Alla buon ora, amica mia! Devi dirmi qualcosa? » La incalzo con un occhiolino, lo stesso che hanno riservato a me dopo aver saputo delle mie faccende intime.

« Io? Certo che no! » Sorride come un' ebete ma poi corre ad abbracciarmi, chiaro sintomo che è successo qualcosa di bello.

« Avanti, ammettilo. Anche perché è piuttosto evidente vista la tua espressione e il fatto che tu abbia ancora il tuo vestito di ieri. » Scuoto la testa ridendo e dandole qualche pacca sulla schiena.
« Potrebbe non significare nulla eh! Ma in questo caso sì... » Quasi arrossisce, che tenera.
« Era abbastanza ovvio, comunque.. » Le faccio uno dei miei sorrisi migliori guardandola entusiasta. « Lo sai che devi darmi qualche dettaglio, vero?» La incalzo, un po' sono curiosa e un po' devo vendicarmi del suo interrogatorio dell'altra volta.

«Ehm... Ti posso solo dire che c'entrava un tavolo, a proposito avevi ragione non sono affatto scomodi, e la nutella. Abbiamo fatto un gioco che poi è degenerato in altro... » una risata colpevole le sfugge, una delle più genuine che le ho mai visto fare.

« Sono contenta per te amica mia! Ben fatto. » Le faccio un ok con il pollice.
« Sì! Siamo riuscite nel nostro obiettivo! Già ci vedo ad organizzare un matrimonio doppio e fare bambini insieme! »
« Oh mio dio, Audrey! Stai decisamente correndo troppo. » Sgrano gli occhi impressionata. È certamente impazzita. Non mi ci vedo per niente con una fede al dito e sono troppo giovane per pensare ai figli. Che ansia!

« Shh, ho deciso che sarà così, non si discute. » Alzo gli occhi al cielo, meglio non contraddirla oggi, è troppo euforica perfino per i suoi standard.

———————————

Sono le sette e mezzo di sera e finalmente sono sdraiata sul divano a contemplare le mie splendide creazioni di questo pomeriggio. Ero parecchio ispirata, complici i successi ottenuti oggi, perciò mi sono messa all'opera per finire qualche disegno lasciato incompleto e farne dei nuovi. Poggio il carboncino sul tavolino del salotto insieme all'ultimo foglio e, proprio mentre sto per alzarmi, il suono del campanello attira la mia attenzione. Non aspetto nessuno e credo neanche Audrey che al momento è al telefono nella sua camera.
Raggiungo la porta e nell'udire la risposta alla mia domanda su chi fosse, un sorriso si fa largo sul mio volto.

« Un dottore a caso. »
« A caso eh? Dai entra...» Almeno questa volta non sono in pigiama ma indosso i pantaloni della tuta e una T-shirt bianca infilata al loro interno.
« Ce ne sono tanti di dottori. »
« Sì, ma sei l'unico che conosco abbastanza da irrompere in casa mia. » Nel frattempo mi scosto per farlo entrare ma Devon rimane all'ingresso così aspetto che dica qualcosa.

« Disturbo? Stavi cenando? »
« No e non ancora. »
« Bene allora ti porto a cena fuori. » Lo guardo sorpresa ma felice dell'invito.
« Cosa ho fatto di buono per meritarmelo?» Gli rigiro la stessa domanda che mi ha fatto stamattina nello studio.

« Oggi è stata una giornata davvero dura e tu mi hai fatto sentire meglio con le tue creazioni culinarie, discutibili, ma comunque...» Scherza e un sorrisetto, appunto, tradisce il suo finto tono serio. « Perciò, mi volevo sdebitare anche perché Clarissa sta impazzendo con la sfilata e non ho intenzione di subirmela stasera. »

« Ehi la mia torta era squisita! » Ribatto prima di proseguire. « Sarò lieta di farle compagnia signor Conte ma devo cambiarmi. Un colpo di telefono sarebbe stato gradito. » Alludo anche alla volta precedente, quando si è presentato con la sorella. Il cellulare ce l'ha per hobby...

« Non fare la permalosa, su...» Finalmente entra nell'appartamento così posso richiudere la porta alle nostre spalle. « È stata un' improvvisata. Stavo tornando a casa e poi ho cambiato idea. » Fa spallucce e gli faccio cenno di accomodarsi sul divano.

« Non faccio la permalosa... Oh che cosa carina! » Lo prendo in giro e gli offro un bicchiere di thè freddo.

« Hai ragione, lo sei. » Schiocca la lingua contro il palato e si siede all'angolo del sofà. «Che gentile! » Scimmiotta il mio tono di prima e prende un sorso della bevanda ghiacciata.
Prima che potessi impedirglielo, il dottore afferra uno dei miei disegni lasciati sul tavolino di legno davanti a lui.

« Hai davvero talento... » Riappoggia il bicchiere mentre, frettolosamente, raccolgo il resto dei disegni per metterli via.
« Ehi sono personali, non puoi vederli. »
« Erano sul tavolo, come potevo ignorarli? Comunque è bellissimo. » Commenta stringendo il foglio di carta tra le mani.
« Non sapevo che venissi, altrimenti li avrei messi via. Comunque grazie, ma ora ridammelo. » Mi avvicino per riprendermelo.
« Una studentessa d'arte che nasconde i propri lavori. Non era il massimo auspicabile per voi esporli? » Solleva il braccio trattenendosi il disegno tra le dita voltando lo sguardo nella mia direzione. Sbuffo e tento di spiegargli come funziona per me.

« Ti spiego. I lavori che faccio per l'università sono diversi da quello che hai tra le mani. È un passatempo e se noti, non è finito, quindi dammelo. » Mi sporgo nuovamente per prenderlo toccando le sue ginocchia con le mie.

« Non è pur sempre arte? Che importa se sia completa o no? L'estro rimane tale così come l'intenzione. » Dà un'ultima occhiata al disegno per poi restituirmelo.

« Belle parole, ma c'è una differenza per me. Non mostro a nessuno i disegni che creo nel tempo libero, sono personali.» Lo rimetto nell'apposita cartellina blu sospirando di sollievo. Non voglio che guardi le mie creazioni, sono intime e alcune di esse lo ritraggono anche, se vogliamo dirla tutta. Alza le mani in segno di resa e si riappoggia allo schienale. In quel momento esce Audrey dalla sua stanza e la sentiamo dire "A presto Rick."
Devon ed io ci scambiamo uno sguardo complice.

« Oh Devon! Ciao! Come stai? » E si sono visti solo ieri, figuriamoci. Quando sono diventati amici tra l'altro?
« Ehi Audrey, tutto bene che mi racconti? Mia sorella ti sta stressando come sta facendo con me?»

« Bene io vado a cambiarmi nel frattempo. » Annuncio anche se non mi degnano di una grande attenzione. Pazienza.
Fuggo nella mia stanza in cerca di qualcosa da mettere per la serata.
Quando faccio ritorno nel salotto poco tempo dopo, sento gli sguardi dei presenti su di me. Ho indossato un paio di pantaloni neri a vita alta ed una camicetta celeste che ho infilato all'interno, stivaletti neri con un minimo di tacco e capelli sciolti che mi ricadono sulle spalle.

« Sono pronta, andiamo? » Guardo Devon e poi Audrey che ammicca impercettibilmente. Vorrei alzare gli occhi al cielo ma mi trattengo.

« Bene Audrey, alla prossima. Non ti far pressare troppo da Clarissa mi raccomando.» Si salutano con due baci sulle guance affettuosamente. Mi sorprende la loro confidenza...
Mi avvicino alla porta recuperando le chiavi di casa nell'attesa.

« A dopo. » La saluto con un cenno della mano per poi seguire il dottore al di fuori dell'appartamento.

« Da quando siete così amici tu ed Audrey? » Gli domando mentre scendiamo le scale per giungere alla sua auto.

« Amici mi sembra un parolone, ma dalla festa di Richard comunque. » Mi apre il portone e ci dirigiamo all'esterno. Annuisco senza sapere cosa aggiungere. Forse avrei fatto meglio a tacere.

« Dove mi porti di bello? » Gli chiedo per cambiare argomento salendo dal lato del passeggero e allacciandomi la cintura di sicurezza.

« Vedrai, credo che ti piacerà. » Mi sorride e in men che non si dica, partiamo alla volta della nostra meta.


















Angolo autrice:


Buon mercoledì pre-Pasqua a tutti!  Secondo voi, se Rose non fosse entrata, Devon avrebbe detto qualcosa ad Ella o no? Magari lo farà a cena, chi può saperlo. Fatemi sapere che ne pensate con una recensione. Buona Pasqua a tutti, ci vediamo la settimana prossima!
Kisses.


   
 
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