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Autore: ChiiCat92    29/03/2018    0 recensioni
"Quando Hojo la vide per la prima volta restò senza fiato. Pensò che era bella, più di ogni altra ragazza che avesse mai visto, bella a tal punto da sembrargli aliena.
Era appena arrivata in città, si sussurrava che fosse scappata con la famiglia dalla Russia.
Forse per questo ad Hojo appariva completamente diversa da chiunque altro avesse intorno.
Camminava stringendosi al petto i libri come se fossero la sua unica difesa dal mondo esterno, parlava poco, rimaneva in giro per i corridoi ancora meno. Era quasi impossibile avvicinarla senza avere l'impressione che quegli occhi marrone rossiccio ti penetrassero l'anima."
Questa è una stora nata da un mucchio di headcanon messi insieme su un ipotetico universo in cui Sephiroth, le sue Remnant, Hojo e Jenova fossero una famiglia. Una famiglia complicata ma in fondo...la vita non è semplice.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Genesis Rhapsodos, Kadaj, Loz, Sephiroth, Yazoo
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Nessun gioco
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I don't want you to go

 

 

Nello spogliatoio il caldo era quasi opprimente, oppure era solo il panico a stringergli la gola così forte da non lasciare passare un filo d'aria.

Loz continuava a rigirarsi tra le mani il caschetto rosso fuoco. Come quarterback della squadra il suo compito principale era non farsi prendere dal panico, cosa che adesso gli risultava particolarmente difficile.

Di norma non aveva problemi a concentrarsi, a ritagliarsi cinque minuti per respirare piano, profondamente, e ripassare lo schema della partita che stava per andare a giocare. Ma questa volta la posta in gioco era talmente alta che il solo pensiero gli faceva venire le vertigini.

Loz non era uno studente modello, per quanto si impegnasse. Gli piaceva studiare quanto può piacere ad un ragazzo alle soglie del diploma, ma gli allentamenti con la squadra e le sessioni in palestra gli toglievano tutto il tempo messo da parte per lo studio.

Questo perché, ad un certo punto durante la stagione, il coach l'aveva preso da parte, gli aveva fatto i complimenti, gli aveva dato una pacca sulla spalla, e gli aveva detto che se si fosse impegnato a fondo, davvero a fondo, avrebbe vinto la borsa di studio per andare al college.

Per un po' non ne aveva parlato con la sua famiglia. In realtà non era neanche sicuro di volerci andare al college, non si sentiva portato per lo studio disperato e la pressione degli esami.

Alla fine, l'assenza del suo normale entusiasmo e del suo buon umore avevano fatto capire a tutti che qualcosa non andava, e aveva vuotato il sacco con sua madre.

Lei, a differenza sua, aveva fatto i salti di gioia, e non solo perché voleva che i suoi figli avessero la migliore istruzione possibile, ma anche perché Loz era davvero bravo in quello che faceva, e aveva tutte le carte in regola per diventare un giocatore professionista. Cosa c'era di meglio che seguire le proprie naturali inclinazioni?

Il pensiero era maturato in lui lentamente, quasi senza accorgersene. Molto più spesso si ritrovava a immaginare la vita al college e cominciava a piacergli l'idea.

Così si era gettato a capofitto negli allenamenti, aveva reso la sua dieta ancor più stretta, aveva investito tutto nel migliorare le sue prestazioni sportive.

Era stata dura, pioggia, vento o freddo che fosse, ogni mattina alle quattro prima di andare a scuola si alzava per fare due ore di riscaldamento, aveva tagliato quasi tutti i carboidrati, era andato avanti per settimane con bibitoni energetici dai gusti più svariati: da calzino sporco ad ascella sudata. Ma ne era valsa la pena.

Il suo corpo non era mai stato tanto tonico, i muscoli si erano irrobustiti, e l'aver guadagnato altri centimetri in altezza lo rendevano il perfetto giocatore di football.

E adesso, a pochi minuti dall'inizio della sua partita più importante, cominciava a rivedere tutte le sue scelte, a rimpiangerle, persino a pentirsene.

Lo scout dell'università seduto tra gli spalti avrebbe guardato ogni sua azione, ogni movimento, persino il modo in cui avrebbe urlato lo schema ai suoi compagni di gioco, e avrebbe deciso se fosse o no la persona adatta.

Il suo futuro dipendeva dalla prossima ora, da come avrebbe maneggiato quello stupido pallone.

Assurdo, no?

Ma il pensiero che gli faceva stringere lo stomaco in una morsa e allo stesso tempo salire la nausea era sapere che sua madre e i suoi fratelli – compreso il maggiore – fossero seduti sugli spalti a guardarlo tanto quanto avrebbe fatto lo scout.

Certo, la loro presenza non era strana, anzi, partecipavano tutti molto volentieri alle sue partite, Kadaj, poi, si dipingeva persino il visetto con i colori della squadra e certe volte lo sentiva urlare il numero della sua maglia con tutta la forza che aveva.

Però...però...quel giorno era tutto diverso. Era tutto troppo importante, gli tremavano le mani per la paura.

« Loz! » non sobbalzò, alzò solo la testa. Mike, uno dei compagni di squadra, gli si sedette a fianco offrendogli un pezzo della sua barretta di cioccolata. Lui rifiutò abbozzando un sorriso.

Con tutta l'attrezzatura addosso sembravano quasi guerrieri in armatura, molto più grossi di quanto in realtà non fossero, anche se lui era tra i più grossi della squadra, pur senza nulla addosso.

« Nervoso? » gli chiese il compagno, mangiucchiando la barretta come se neanche ne sentisse il sapore. La mangiava per gola, solo per avere qualcosa da fare mentre aspettava che li mandassero a chiamare.

« Sì, potrei vomitare da momento all'altro. » confessò, a cuor leggero.

Loz era così, sempre sincero, un libro aperto, mite e gentile con chiunque, il suo carattere non era cambiato crescendo, probabilmente si era addolcito di più. Che poi sul campo da gioco placcasse gli avversari come un treno in corsa era un altro conto.

« I tuoi ci saranno? »

« Certo, ci sono sempre. » con un vago ma innamorato sorriso, che poi si trasformò in una smorfia di terrore allo stato pure. Ci sono sempre. Non voleva che lo vedessero fallire.

« Il tuo fratellino, il minore, com'è che si chiamava? »

« Kadaj. »

« Ah, Kadaj! Quel piccoletto è davvero forte. Quanti anni ha adesso? »

« Ne compie dieci a Giugno. » a quel punto, il pensiero del fratellino lo sciolse abbastanza da lasciarsi andare in un sorriso più largo. « È davvero forte. »

« Vinci per lui o per qualche bella ragazza? » Mike gli diede il gomito, facendolo mugolare per l'imbarazzo.

Loz avrebbe potuto avere letteralmente qualsiasi ragazza della scuola. Per quanto svampito e immune ai flirt fosse, si accorgeva di come lo guardavano quando attraversava i corridoi, o delle risatine che risuonavano alle sue spalle quando si abbassava per raccogliere qualcosa a terra, o di come sospirassero le cheerleader tutte le volte che si sfilava il casco e si passava una mano tra i capelli.

Eppure nessuna si era dichiarata apertamente, e lui non aveva particolare interesse nell'avere una relazione amorosa con qualcuno, o una relazione di qualsiasi genere.

Questo aveva fatto girare la voce che fosse gay, dal momento che anche il fratello maggiore lo era. La voce era stata messa a tacere quando il suo pugno aveva incontrato quello di chi l'aveva messa in giro: l'unico vero guaio in cui si era messo durante i quattro anni di scuole superiori.

Non l'aveva infastidito il fatto di essere definito gay, ma il sentire cattiverie sul conto di Sephiroth: quello l'aveva davvero fatto imbestialire.

Quando mettevano in mezzo i suoi fratelli, la vista gli si tingeva di rosso, per questo il quattordicenne Yazoo viveva una vita assolutamente tranquilla, e tale sarebbe rimasta, finché Loz non si fosse diplomato.

« I ragazzi stanno organizzando una grande, gigantesca festa per la vittoria. » continuò Mike, sempre più esaltato. Come se avessero già vinto. Beh, non perdevano una partita dall'inizio delal stagione, quella non sarebbe stata di certo la prima. « Con alcool, musica, e la casa di Joseph completamente li-be-ra. Ci stai, vero? »

Mike aveva uno sguardo così implorante che quasi gli dispiaceva dirgli che no, non sopportava quel genere di feste, che bere non gli piaceva più di tanto, e che dopo mesi di ristrettezze avrebbe preferito strafogarsi di Mc Donald's con i suoi fratelli.

« Certo, ci sto. » rispose invece, d'altronde poteva non esserci nessuna festa, potevano non vincere affatto.

Una parte della sua mente si deliziò nel pensiero di far perdere la squadra apposta per non essere costretto ad andare a quel party, poi tornò in sé e si rese conto di quanto stupido fosse quel pensiero.

« Ragazzi! Tutti su, si comincia! Muovete quei culi! » la voce del coach, fin troppo rude, e poi il suo fischietto.

Il cuore di Loz si ridusse alla grandezza di uno spillo. Indossò il caschetto e si lanciò dietro i compagni.

Adesso o mai più.

 

 

Le urla della folla erano così intense da perforare i timpani, eppure Loz le sentiva a malapena. Gli sentiva di avere il corpo immerso nella melassa mentre correva, lo sapeva, alla velocità massima consentita dai suoi muscoli.

Gli sarebbero scoppiati i polmoni, ne era sicuro, mancava poco al collasso. Era così sudato da sentire la divisa attaccata alla pelle, e non era certo che sarebbe riuscito a scollarla.

Ma aveva il pallone, così saldamente stretto tra le braccia da provare dolore.

Scartò da un lato quando un avversario tentò di tuffarglisi contro, e per un attimo esitò sulla direzione da prendere. Gli occhi verdi schizzarono da un lato e dall'altro, per poi trovare un buco nella difesa.

Sentiva dagli spalti urlare “TOUCHDOWN TOUCHDOWN!” ed era proprio quello che intendeva fare.

Aveva tutti gli occhi addosso e aveva come l'impressione che lo stessero spingendo.

Aveva visto dov'era seduta la sua famiglia quand'era sceso in campo, ma adesso, nella furia della corsa, non aveva idea di dove fossero.

Rivolse il pensiero a loro mentre si gettava sulla end-zone, la superava con una capriola, e piantava il pallone nell'erba morbida.

La folla esplose in ovazioni, l'arbitro fischiò: la partita era finita, e lui aveva portato la squadra alla vittoria.

Prima ancora di rialzarsi in piedi un'orda di giocatori festosi si lanciò su Loz schiacciandolo a terra con il loro peso in un piuttosto rozzo tentativo di abbracciarlo e gioire con lui.

Poi fu sollevato di peso e lanciarlo verso l'alto. Urlavano il suo nome, ridevano, fischiavano, e quando lui si tolse il casco ulularono all'unisono: non ci si aspettava niente di meno dai Lupi dell'Est.

Depositarono Loz all'ingresso degli spogliatoi soltanto perché non c'era abbastanza spazio per continuare a portarlo in groppa e avrebbero rischiato di farlo cadere, ma continuarono a inneggiare e ululare come fossero impazziti.

Il ragazzo aveva sul volto un'espressione inebetita, quasi non ci credeva. Non riuscì ad esultare del tutto finché, attaccati alla balaustra che tentavano di sporgersi verso il basso, non vide i due fratelli minori.

Kadaj e Yazoo avevano entrambi le facce pitturate, e con i capelli legati e i sorrisi stampati sulle labbra sembravano praticamente gemelli. Agitavano bandierine verso di lui, le braccia teste verso l'alto.

Loz rivolse loro il sorriso più ampio che poté e un cenno con la mano. Dietro di loro, Jenova e Sephiroth salutavano a loro volta.

Li aveva resi fieri, lo sapeva, e questo colmò il suo cuore di gioia molto più di quanto non l'avesse fatto la partita appena vinta.

Corse poi allo spogliatoio, voleva togliersi di dosso tutta quella roba e correre da loro.

« Loz? Loz Crescent? » il ragazzo si fermò a metà del corridoio, un uomo in jeans e maglietta, con la faccia di uno che la sa più lunga del Diavolo, sbucò dalle ombre. « Ti stavo aspettando ragazzo.»

« Mi sono fermato a salutare la famiglia. » rispose lui, in automatico, come se avesse dovuto giustificarsi in qualche modo.

« Hai fatto bene, la famiglia è importante. » l'uomo si prese una sigaretta da un pacchetto che teneva nella tasca del jeans, e una la offrì a lui, che rifiutò con un cenno della testa. « Ti ho visto giocare, sei fantastico. »

« Grazie, signore. » Loz cercò di mantenere la calma ma, esattamente come prima della partita, il panico tornò a stringerlo, tanto forte da rendergli le gambe molli come gelatina. Come aveva potuto affrontare quei 60 minuti di gioco senza crollare se adesso a malapena si reggeva in piedi?

« Il tuo coach ti ha detto che sarei stato qui oggi? »

« Sì signore, me l'aveva detto. »

« Hai dei numeri non indifferenti. La tua squadra non ha mai perso una partita e hai segnato più touchdown tu di quasi tutti i tuoi compagni messi insieme. »

Loz sentì un sorrisetto nascergli sulle labbra. « Amo questo sport, signore, e mi impegno al massimo. »

« Ho visto, ho visto... » continuò l'uomo, con un sorriso accondiscendente. « ...e dimmi, hai già pensato a che college vuoi frequentare? »

Un formicolio piacevole percorse tutto il corpo del ragazzo, e a quel punto non poteva fare a meno di sorridere.

« No, non ci ho pensato. »

« Magari una borsa di studio potrebbe cominciare a farti pensare? »

Un improvviso nodo alla gola resero le successive parole un po' balbettanti, tanto che l'uomo si intenerì: quel ragazzo grande e grosso in fondo aveva il cuore di un bambino. « C-credo proprio di s-sì. »

« Allora congratulazioni per la tua borsa di studio, Loz. »

L'uomo gli rivolse una pacca sulla spalla, lui però aveva la mente già altrove: sarebbe dovuto andare al party di Joseph, e avrebbe dovuto dire ai suoi fratelli che partiva per il college.

 

 

In casa Crescent l'aria era carica di elettricità. Jenova non aveva esitato ad addobbare il salotto con striscioni colorati e stendardi dei Lupi dell'Est per festeggiare la vittoria della squadra.

Il piccolo Kadaj faceva del suo meglio per aiutarla a sistemare le ciotole dei salatini sul tavolo, anche se Sunny continuamente lo punzecchiava con il muso nel tentativo di farsi dare qualcosa da mangiare. Il cagnolone era già riuscito a scroccare due mini wurstel e una patata dolce.

Sephiroth si stava occupando di grigliare la carne in giardino.

A conti fatti, era lui adesso l'uomo di casa. Erano ormai due anni che Hojo era andato via.

Le carte del divorzio erano state firmate da entrambi velocemente e senza guardarsi in faccia, dopo di che non si erano più parlati, se non quando si trattava di discutere dei figli.

Nonostante tutto, Hojo voleva ancora essere il loro padre. Non tardava a far arrivare gli alimenti, compresi di extra o piccoli regali, e alle feste di compleanno faceva la sua apparizione come uno spirito inquieto. Questo perché, ora più che mai, non tollerava lo sguardo accusatore di Sephiroth.

Kadaj era troppo piccolo per soffrire la mancanza di un padre che per lui non c'era mai stato, e anche se di tanto in tanto chiedeva dove fosse, bastava rispondergli senza nascondere niente perché smettesse di interessargli; se Yazoo aveva sofferto non l'aveva dato a vedere, ma era difficile capire cosa gli passasse per la testa. Era diventato un teenager schivo e introverso, per quanto bellissimo: sembrava quasi una bambola priva d'anima; Loz era forse quello a cui la partenza del padre aveva fatto più male, perché il suo cuore era troppo grande e troppo ingenuo per poter capire le motivazioni dietro quella scelta.

Però, si facevano forza l'un l'altro, come colonne di un tetto che non può crollare finché rimangono in piedi. In più, era semplice ignorare l'assenza del padre quando ben altri pensieri occupavano le menti.

Come ad esempio il college.

Loz cercò di seminare Kadaj, che voleva saltargli in groppa, e uscì di corsa in giardino, raggiungendo il fratello maggiore.

Benché il ragazzo avesse raggiunto il suo potenziale massimo di crescita, Sephiroth rimaneva più alto e statuario di lui. Alla soglia dei trent'anni ne dimostrava sempre dieci di meno, ma il suo sguardo aveva la profondità di un pozzo scuro.

Non c'era persona più saggia e intelligente al mondo, dal punto di vista di Loz.

Il fatto che fosse diventato Generale, poi, lo rendeva ancor più degno di stima: era il più giovane cadetto della storia ad aver mai raggiunto quel titolo.

Loz si lasciò cadere sulla sedia accanto al fratello. Il profumo della carne che sfrigolava sulla griglia gli fece subito venire l'acquolina in bocca, ma lo stomaco era ancora chiuso per l'ansia.

« C'è qualcosa che non va, Lozzie? » Sephiroth non si era neanche voltato per rivolgergli quella domanda. Rivoltò un hamburger, schiacciandolo bene con la paletta perché si colorasse, poi lo mise sul piatto di fianco, già ingombro di carne succulenta.

Loz fece una smorfia e poi un gran sospiro. « In effetti sì. »

Se avessero chiesto a Sephiroth come i suoi occhi vedevano il suo più grosso fratello minore, avrebbe risposto che nella retina gli era rimasta impressa l'immagine di quel bambino cicciottello che tendeva le mani verso l'alto per essere preso in braccio. Sembrava assurdo che fosse diventato così grande, che non potesse più stringerlo al petto o portarlo sulle spalle.

Si capisce di essere diventati adulti quando si hanno pensieri del genere, e Sephiroth li aveva molto spesso. Forse per questo Genesis faceva tutto il nervoso quando gliele parlava: a differenza sua, lui non era ancora pronto ad avere un figlio.

« E vuoi dirmi cos'è? » chiese ancora, dolcemente.

Tutto sommato, Loz era rimasto quel bambino. Lo si vedeva da come storceva le labbra per fare smorfie, o come gli si inumidivano gli occhi quand'era preoccupato, o dai suoi sorrisi ingenui. Il suo fratellino eternamente bambino.

« C'era uno scout oggi, a guardare la partita. » disse quindi, le mani intrecciate le une alle altre tanto da farsi male. « Era venuto per me, mi stavo preparando per questa cosa da tipo...tutta la stagione. »

Sephiroth provò un moto di tenerezza, e se non avesse imparato che i ragazzi s'imbarazzano ad essere abbracciati, o a essere soggetti di dimostrazioni d'affetto, probabilmente l'avrebbe stretto o gli avrebbe rivolto una pacca sulla testa.

« E? » lo incoraggiò.

Tolse l'ultimo hamburger dalla griglia e finalmente si volse a guardare il fratello.

Sembrava afflitto come se un'enorme, gigantesca pena gli curvasse la schiena, e non aveva il coraggio di guardare in faccia il maggiore, come temendo che potesse giudicarlo.

« E...mi ha detto che sono stato fantastico e mi ha offerto una borsa di studio per il college. »

Sephiroth inarcò le sopracciglia per la sorpresa. Una così buona notizia presa così male poteva significare solo una cosa: Loz aveva paura di partire, di lasciare tutto quello che conosceva, i suoi affetti, per affrontare l'avventura più difficile di un giovane adulto.

Come biasimarlo, anche lui aveva avuto paura, solo che era stato molto più semplice lasciare casa e non voltarsi indietro: non era solo.

« Beh, a me sembra una notizia fantastica. »

Loz alzò la testa, aveva le labbra piegate all'ingiù e sembrava sul punto di scoppiare a piangere. Sephiroth non si sarebbe sorpreso se l'avesse fatto. « Come faccio con Kadaj e Yazoo? E la mamma? Non voglio lasciarla sola. »

« Oh Loz. » sospirò il maggiore.

Lui nascose il viso tra le mani, non per piangere, ma per tenere per sé la vergogna che provava per aver detto quelle parole.

Doveva sembrare un vero codardo al fratello.

Dipendeva tutto dal fatto che quando lui se n'era andato, Loz aveva patito le pene dell'inferno. Aveva vissuto tutta la sua vita di bambino al suo fianco, sapendo di trovare il fratello nella stanza accanto per qualsiasi necessità, e vederlo andare via gli aveva spezzato il cuore.

Non voleva dare quel dispiacere anche a Kadaj e Yazoo, soprattutto a Kadaj, che era decisamente troppo piccolo per sopportare un'altra partenza.

« Sai, sono giunto a queste stesse conclusioni quando ho cominciato a pensare di arruolarmi nell'esercito. » era la prima volta che lo diceva a qualcuno, qualcuno che non fosse Genesis ovviamente. Sentiva che era la cosa giusta da fare perché il fratello smettesse di angustiarsi, o si mettesse sulla buona strada per farlo. « Ti va una birra? »

Loz lo guardò tra le dita come se avesse appena detto un'eresia o qualcosa del genere. Avendo sempre avuto il fratello come punto di riferimento e vera figura paterna, sentirgli dire quelle cose gli metteva addosso una strana sensazione. D'altronde, anche se era maggiorenne, l'età legale per bere era ancora lontana.

Era come infrangere un tabù sapendo di averne il permesso.

Annuì, e il fratello gliene stappò subito una, mentre un'altra la tenne per sé.

Per un po' si rigirò la bottiglia tra le mani, poi imitò Sephiroth quando lui diede il primo sorso.

Non era per niente male, e quel fresco sapore gli fece subito girare la testa. Si guardò intorno spaventato, temendo che qualcuno potesse vederlo infrangere la legge, ma a parte loro non c'era nessuno in giardino.

« Dovresti ricordarti quel giorno. » riprese Sephiroth. Lui se lo ricordava eccome, e non solo perché aveva scoperto il tradimento del padre. « Avevo portato te e Yazoo al parco. Tu continuavi a correre dietro a quel pallone, sembrava che avessi energie da vendere. » Loz scavò nella sua memoria. Ricordava di essere andato molte volte al parco con Sephiroth, lui lo portava sempre ovunque. « Guardando il tuo entusiasmo mi sono detto subito che eri portato. D'altronde conoscevi tutti i risultati del Superbowl a memoria con tanto di schemi di gioco! » il ragazzo fece un sorrisetto imbarazzato e tracannò un altro sorso di birra solo per non dover fissare gli occhi del fratello maggiore. « Sei portato per questo, è un dono della natura. Ti ho visto giocare come non ho mai visto nessun professionista giocare. Ti piace, ti diverti, i compagni di squadra pendono dalle tue labbra. Potrebbe essere il tuo futuro. »

« Sarebbe bello... » fu il suo mormorio sognante in risposta a quell'immagine che gli offriva Sephiroth.

Il suo nome nella lista dei giocatori di qualche squadra prestigiosa: un sogno.

« Sarebbe possibile. » ribatté il fratello, più duro, ma solo per aiutare Loz a capire. « Sai cosa mi ha detto Genesis quando gli ho esposto i tuoi stessi, identici dubbi? » il minore scosse la testa, ovviamente non lo sapeva. « “Non è compito tuo. Puoi amarli, aiutarli, stargli vicino, ma non sono figli tuoi.” E ora mi rendo conto che aveva ragione. So che ami Kadaj e Yazoo, e che ti si spezza il cuore a lasciarli, perché ho provato lo stesso quando io ho lasciato te, ma non sono i tuoi figli, non è compito tuo prendertene cura. E se lo dicessi alla mamma lei ti direbbe lo stesso. Vuole solo vederti felice, lo vogliamo tutti. »

« Ma non so se questa cosa potrà rendermi felice. »

« Se non cogli al volo quest'occasione potrebbero non essercene altre, e allora te ne pentirai, ma sarà troppo tardi. »

Loz abbassò la testa, quasi vergognandosi. Eppure, aveva scelto di parlare con Sephiroth proprio perché lui sapeva come ci si sentiva a lasciare tutto e cominciare una nuova vita altrove.

Respirò a fondo e si strofinò gli occhi. Bruciavano come se avessero intenzione di piangere, ma al momento non c'era una sola lacrima a bagnarli.

« Hai ragione. » disse alla fine, annuendo come per darsi forza.

Sephiroth gli diede una pacca sulla spalla, finì di sorseggiare la sua birra, poi prese il piatto con la carne ancora calda. « Andiamo a mangiare, a stomaco pieno tutto sembra meno brutto. »

Loz ridacchiò e annuì.

Quando misero piede in casa, Kadaj saltò addosso a Loz come non era riuscito a fare poco prima. Aveva ancora il viso sporco di azzurro, e la piccola L di “Lupi” ancora sulla guanciotta.

Rimaneva piccolo ed esile, nonostante fosse un buongustaio e un goloso come pochi al mondo, e a dieci anni era di diversi centimetri sotto la media dei bambini della sua età. Il pediatra aveva preparato la famiglia all'eventualità che non crescesse più di tanto già quand'era molto piccolo, ma adesso la differenza di statura cominciava ad essere evidente: la maggior parte dei suoi compagni di classe lo superavano quasi di dieci centimetri. Per fortuna ovviava alla statura con il suo pericoloso charme. Avrebbe potuto convincere chiunque a fare qualsiasi cosa con una sola occhiata.

« Lozzieeee! » quasi strillò, affondando il visetto nella sua spalla.

Il fratello sentì il cuore ridursi alle dimensioni di un ago, però lo strinse e lo coccolò finché la mamma non chiamò tutti a tavola.

Sephiroth era venuto da solo, questa volta, e a tavola, dopo tanto tempo, si ritrovarono solo i membri della famiglia Crescent.

Tutti insieme, nonostante tutto.

Jenova mise in tavola insalata di pomodori, patatine fritte, e tutto quanto potesse accompagnarsi con gli hamburger che aveva grigliato il figlio maggiore.

Sembrava un meraviglioso pomeriggio estivo, nonostante la primavera stentasse ancora ad ingranare.

« Facciamo un bell'applauso alla nostra stella del football? » propose la madre, gli occhi le brillavano di orgoglio. Aveva dei figli meravigliosi, ognuno di loro avrebbe trovato al propria strada, lei doveva solo fare in modo che avessero tutto il necessario per cercarla.

Il più caloroso degli strepiti venne ovviamente dal più piccolo Crescent, mentre gli altri si limitarono a ridere e battere le mani normalmente.

« Ahm posso...posso avere un attimo di attenzione? » chiese poi Loz, con un filo di voce che lo faceva sembrare più giovane di quanto non fosse.

Kadaj aveva già aggredito un hamburger e fu abbastanza difficile convincerlo a fermarsi.

« C'era...c'era... » cercò lo sguardo di Sephiroth che gli rivolse un cenno d'assenso. « C'era uno scout oggi alla partita e... » guardò sua madre, che stava stringendo così forte il tovagliolo da sformarlo, suo fratello Yazoo, con la testa inclinata da una parte e la forchetta ancora sollevata, Kadaj, con il musino sporco di carne. « ...mi ha offerto una borsa di studio per il college. »

« Davvero? » chiese la mamma, gli occhi sgranati per la sorpresa.

« Sì, davver-... » non riuscì neanche a finire la parola perché Jenova di slanciò lo abbracciò, trattenendo un urlo di felicità.

Confusamente l'avvertì fargli i complimenti e mormorare “il mio bambino!” con il cuore colmo di gioia.

Lo riempì di baci, ovunque, sulle guance, sulla fronte, squittendo come una ragazzina.

Era probabilmente la più felice lì dentro, dal momento che i fratellini si guardavano con un'aria abbastanza perplessa.

Yazoo sapeva cosa significava andare al college e attualmente non aveva nessuna intenzione di proseguire gli studi, si faceva andare bene la scuola solo perché era obbligato, e l'idea si continuare a studiare gli piaceva quanto gli piacevano le iniezioni di antistaminico durante la stagione del polline.

Mentre Kadaj non aveva ancora ben chiaro il concetto, per questo rivolse un'occhiata confusa al fratello. « Che vuol dire? »

Loz dovette inghiottire all'improvviso un'ondata di panico, l'espressione di Kadaj era così innocente e deliziosa che era difficile dire quanto stava per dire.

Anche Jenova dovette aver capito, per questo tornò a sedersi, rossa in volta e dandosi della stupida per l'eccessiva reazione.

« Significa... » tentò Loz, la lingua che si incollava sul palato. « ...che dopo il diploma partirò per andare a studiare al college. »

« Partire? » chiese il piccolo, prendendo a punzecchiare la carne rimasta nel suo piatto.

« Sì...ecco, il college è fuori città. »

« Quindi te ne andrai? » la domanda, stavolta, ebbe il potere di congelare il respiro di tutti nella stanza.

Oh, certo, Kadaj aveva affrontato con tranquillità la partenza del padre, ma per Loz era diverso. Loz avrebbe lasciato in lui un vuoto difficile da colmare, qualcosa che gli avrebbe portato via parte dell'infanzia.

« Non starò via molto. » mormorò il ragazzo, tentando persino di abbozzare un sorriso. « Tornerò durante le vacanze di primavera e avrò del tempo mentre preparo un esame e... »

Kadaj allontanò la sedia del tavolo e si alzò. Sembrava sul punto di piangere, però era anche pieno di rancore e rabbia.

Suo fratello voleva lasciarlo, come Sephiroth aveva fatto prima di lui. L'avrebbero lasciato tutti!

« Non ho più fame. » scappò via, su per le scale.

Sentirono la porta della sua stanza sbattere e poi silenzio.

Jenova poggiò una mano sul braccio del figlio, cercando di sembrare confortante. « Capirà, tesoro. È una notizia bellissima e sono fiera di te. »

Loz annuì, però si alzò. « Mamma, scusami. » perché sapeva che lei si era impegnata tanto per organizzare quella piccola festicciola. Ma le rivolse comunque un sorriso, stentato, ma pur sempre un sorriso.

Salì su per le scale e con il cuore in gola bussò alla porta di Kadaj.

Per un po' non ricevette risposta, e allora provò di nuovo.

« Se non ti ho risposto la prima volta è perché volevo che te ne andassi! » strillò il bambino da dentro la stanza.

Loz, allora, abbassò la maniglia e spinse. Fu più difficile del previsto aprirla, questo perché il fratellino si era seduto davanti ad essa.

« Kaddie, togliti di lì, dai. »

« No, non puoi entrare. » bofonchiò lui, con il broncio più arrabbiato – e adorabile – del mondo sulle labbra.

« Possiamo almeno parlare? »

« Non voglio parlare con te! »

Loz sentì il cuore andargli in pezzo ma...non poteva che capire la frustrazione del fratellino. Tutto ciò rendeva solo più difficile decidere se accettare o meno la borsa di studio.

« Fosse per me non ti lascerei mai. » si ritrovò a sussurrare.

Se avesse spinto con più forza avrebbe potuto benissimo spostare l'esiguo peso del fratello ed aprire la porta del tutto, ma non voleva violare la sua confort zone e farlo innervosire.

« Non è vero, altrimenti non mi lasceresti! E invece! »

Aveva la voce tremula, forse una volta arrivato in camera era scoppiato il lacrime. Loz si maledisse, maledisse tutti i suoi sogni, tutti i suoi desideri: voleva solo rimanere con suo fratello.

« Kadaj. » cominciò, più serio stavolta, più ragionevole, nonostante tutto. « A te piace vedermi giocare, vero? Ti piace venire alle mie partite e fare il tifo per me? »

« Sì. » sibilò lui, dopo un lungo silenzio. Era un'ammissione difficile considerando la sua posizione.

« Bene. Se non parto per il college potrei non giocare mai più! E questo mi renderebbe infinitamente triste. Tu vuoi che io sia triste? »

Oh stava giocando sporco, Kadaj lo sapeva. Gli tremava il labbro inferiore quando rispose. « No. »

Poi si scostò quel tanto che bastava perché Loz potesse entrare nella stanza. Prima che potesse anche solo pensare di fare qualcosa, fu il piccolo ad abbracciarlo stretto, gettandogli le braccia al collo. Era così fragile da sembrare un uccellino appena uscito dall'uovo.

Si dovette ripetere le parole che gli aveva detto Sephiroth per non decidere di gettare tutto all'aria e rimanere lì a fargli da padre. Ma non lo era, e non doveva prendersi l'onere, per quanto potesse amarlo.

« Non voglio che tu vada via. » pigolò il fratellino, con la voce così sottile da essere difficile sentirla.

Loz lo strinse più forte. Sentiva il suo cuoricino battere come un forsennato contro il petto, e sentiva che stava trattenendo i singhiozzi.

Solo qualche ora prima era il bambino più felice del mondo, e adesso a malapena s'impediva di piangere.

« Non sarà per sempre. È solo per un periodo. E ci saranno ancora tante partite a cui potrai partecipare, e tornerò più spesso che posso, come Sephiroth. »

« Sephiroth mi manca. » disse lui, e tirò su col naso profondamente.

« Io non ti mancherò. »

« Me lo prometti? »

« Te lo prometto. » per un po' rimasero solo abbracciati in silenzio. Kadaj si lasciò cullare dal respiro del fratello e dalle carezze che gli rivolgeva. « Tu però devi promettermi una cosa. » il piccolo alzò gli occhi su di lui. « Mentre sarò via ho bisogno che qualcuno badi a Sunny. Lo sai, lui è il mio cane, e non posso affidarlo a nessuno che non sia tu. Te ne prenderai cura? » gli occhioni di Kadaj tornarono ad inumidirsi, ma poi annuì fortissimo e tornò a stringersi a lui. « Torniamo a tavola? Quegli hamburger sembravano buonissimi. »

« Lo erano. »

« E allora andiamo a riempirci la pancia! »

« Non sei a dieta? » con quella flautata, ingenua vocetta da bambino.

« No, per oggi no. » gli pizzicò il nasino, ignorando quella che poteva essere solo un'involontaria frecciatina.

Lo tenne in braccio mentre tornavano nella sala da pranzo. Jenova gli sorrise, e così anche Sephiroth.

 

*

 

La sera della partenza di Loz, Kadaj cercò di non piangere. Difficilissimo dal momento che vedeva la mamma con il viso coperto di lacrime.

Ma quando la macchina sparì oltre il vialetto e non riuscì più a vedere le luci all'orizzonte, non poté fare a meno di sciogliersi in un pianto disperato.

Nessuno riuscì a consolarlo, e si rifugiò nella sua stanza.

Non si accorse, però, che nello spiraglio di porta socchiusa si era infilato Sunny.

Non scodinzolava, ma uggiolava pian piano.

Saltò sul letto e si acciambellò accanto al bambino. Senza pensarci, Kadaj gli strinse le braccine intorno al collo. Sunny tentò di leccargli la faccia solo una volta, come per confortarlo.

Rimasero abbracciati così finché entrambi non si addormentarono.

Anche se Loz l'aveva promesso, Kadaj avrebbe sentito da morire la sua mancanza.

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The Corner 

***AVVISO IMPORTANTE***
Easy si prende una settimana di pausa, dal momento che non sarò fisicamente a casa per scrivere lol
Il prossimo capitolo uscirà giovedì 11 aprile!
Io me ne vado dalla mia dolce Musa <3
Buona Pasqua a tutti 

Chii

   
 
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