Disclaimer: non guadagno nulla da
questa pubblicazione ed il merito dei personaggi è esclusivamente di
Patrick O'Brian, alla cui opera si vuole offrire omaggio.
Ps: il paragrafo in corsivo fa
riferimento ad eventi di "Costa Sottovento", il secondo romanzo della
saga ( è un missing
moment)
Buona Lettura ^.^
“E’
davvero una brutta ferita.”
“La mia?”
“No, gioia, la tua è un morso di pulce. Quella del povero Tom Pullings.
Ne ho
viste ben poche di peggiori.”
“Pensi che sia in pericolo di vita?”
“Ha perso molto sangue e il dolore è tanto forte da togliergli il
fiato. Senza
dubbio la situazione è molto grave…”
“Non indorare la pillola, Stephen. Tu e io ci conosciamo troppo bene
perchéeeEH!”
“Scusa. Qui deve essere leggermente più profonda...”
“Tira via quel dito per l’amor di Dio!”
“Sì, è decisamente più profonda.” Borbottò Maturin, pulendosi le dita
sporche
di sangue in un lembo della propria camicia “Comunque, c’è
effettivamente il
rischio che il povero Tom non superi la notte. Ma le probabilità sono
in suo
favore e sono convinto che, salvo gravi infezioni, dovrebbe fare un
recupero
completo. Oh! E non azzardarti neanche solo per un momento a pensare
che sia
stata colpa tua: sarebbe potuto succedere in qualunque momento e sono
certo che
lui stesso avesse preventivato i rischi nel momento in cui ha deciso di
prendere parte all’abbordaggio.”
“Portami da lui, Stephen.”
Cinque
minuti dopo erano ai lati opposti della branda
di Pullings il cui volto, seminascosto dalle bende, era ora di un
pallore quasi
cadaverico eccetto per le palpebre, livide ed inesorabilmente chiuse.
La mano
di Jack era ora posata sulla stessa spalla che quella di Stephen aveva
coperto
fino a poco prima, i suoi occhi azzurri e quelli grigi di Stephen erano
fissi
su quel viso pallido e spaventosamente immobile.
“Com’è
potuto succedere?”
“Dillo tu a me.”
“Quando abbiamo abbordato la Torgud
i
Turchi ci sono saltati addosso immediatamente ed è stato il caos più
completo
nel giro di pochi secondi. Improvvisamente di fronte a me si è aperto
uno
spazio e, prima che riuscissi a prendere qualunque iniziativa, Tom ci è
saltato
dentro. Ma si è impigliato con un piede ed è caduto, si è voltato verso
di me
e…Dio, Stephen! Era così smarrito, così perso! Sembrava supplicarmi di
aiutarlo
con lo sguardo. Non ho potuto fare niente perché subito dopo…beh…il
fendente è
calato. Mi sono gettato nella mischia e ho cercato di proteggere il suo
corpo
quanto più possibile finché non è arrivato Davis e gli ho ordinato di
trascinarlo al sicuro sotto la scala del castello. Credevo fosse morto,
Stephen. Dio! Credevo proprio che fosse morto!” si strofinò gli occhi
con una
mano per nascondere le lacrime che vi si stavano formando e Stephen si
allungò
oltre la branda per stringergli un avambraccio in un gesto di conforto.
“Non è stata colpa tua. Non c’era davvero nulla che potessi fare.
Quello che mi
hai raccontato è perfettamente compatibile con le sue ferite: a parte
la
sciabolata sul viso si è slogato malamente la caviglia destra e nella
caduta, o
subito dopo, si è rotto di nuovo le costole che si erano già spezzate
durante
lo scontro con la Bellone - te ne
ricorderai, credo – e un paio d’ altre ma nessun danno ai polmoni, a
quanto
sembra.”
“Sii onesto con me, fratello. Vivrà?”
“In cuor mio ho fatto tutto il possibile, ora è nelle mani di Dio. Ma
ti posso
dire che, salvo una grave infezione, sono molto fiducioso nella sua
guarigione.
Domani vorrei suturare quella ferita alla luce del sole...”
“Voglio essere presente. Ti assisterò se necessario.”
“Immaginavo me lo avresti chiesto, fratello: certamente potrai aiutarmi
a
tenerlo fermo sul tavolo, non fa mai male un assistente in più. Come
dicevo: la
lacerazione dovrebbe rimarginarsi completamente. Certo: rimarrà una
brutta cicatrice,
ma guarirà del tutto. Ah! Prima che tu me lo chieda: ti assicuro che
l’occhio
sinistro non è assolutamente in pericolo.”
“Buono a sapersi. Come sta adesso?”
Maturin si chinò nuovamente sul ferito e gli tastò il polso: “Il
battito è
leggermente accelerato e la cute è ancora fredda, com’è normale dopo
un’abbondante emorragia. Gli ho somministrato una buona dose di laudano
per il
dolore e dovrebbe dormire fino a domattina. Ti chiedo il permesso di
trasferirlo nella mia cabina: dev’essere assistito continuamente e
prevedo che
possa salirgli la febbre per cui avrà senz’altro bisogno d’aria fresca
più che
del buio fetore della stiva.”
“Permesso accordato. Ma, Stephen, tu dove dormirai?”
“Non dormirò.”
Vegliò
infatti al capezzale del ferito tutta la notte,
appisolandosi ogni tanto con le braccia conserte sul tavolo.
Come aveva previsto, Tom dormì fino al mattino: la dose di laudano che
gli
aveva somministrato non era eccessiva ma doveva risultare piuttosto
forte per
un corpo così debilitato.
E infatti il ferito rimase tutto sommato tranquillo ma ogni tanto il
dolore
pareva riaffiorare, manifestandosi con flebili lamenti e sospiri.
Quando cominciò a tremare e sussurrare di avere freddo Stephen gli
avvolse
un’altra coperta attorno alle spalle, lasciandogli il volto e le mani
scoperti.
Nel vedere il giovane ufficiale così immobile e sofferente, a Stephen tornò in mente il calvario che avevano subito anni prima dopo essere stati catturati dalla Bellone.
Il giovane Pullings era stato raggiunto
da un proiettile di mitraglia nella coscia destra, aveva ricevuto un
colpo di
spada alla spalla sinistra e si era rotto due costole sul fianco
destro,
causando una depressione toracica che il medico aveva dovuto ridurre a
mani
nude, essendo stato privato dei suoi strumenti nel corso della
perquisizione.
I tre giorni successivi furono a dir poco un incubo: Jack era caduto da
una
scala ed aveva battuto la testa, restando incosciente, l’epidemia di
influenza
spagnola si era diffusa e il vice capitano Azéma aveva pensato bene di
tenerli
in ceppi.
Maturin si era ritrovato con le mani legate – letteralmente e
figurativamente –
nel poter assistere i suoi malati.
Ricordava vivamente l’angoscia di quei giorni: incatenati nella stiva,
con Jack
pallido come un lenzuolo che non dava cenno di vita e Tom, con il
colorito
altrettanto slavato, rannicchiato accanto a Stephen e talmente
indisposto da
non riuscire neppure a tenere su la testa.
Il ragazzo era tanto debole che di
notte dormiva appoggiandogli la fronte fredda sulla spalla, stravolto
dal
dolore.
Il dottore non gli aveva mai fatto notare nulla, accettando
silenziosamente il suo bisogno di rassicurazione e contatto.
In quelle ore la giovane età del tenente – allora poco più che ventenne
- si
era manifestata in tutta la sua cruda realtà e il medico non aveva
avuto il
cuore di respingerlo in un momento di così grande vulnerabilità.
Anzi, gli aveva avvolto un braccio intorno alle spalle e lo aveva
stretto a se,
cercando egli stesso conforto per l’incertezza sulla sorte del suo
amato amico.
Gli sembrava ora di rivivere quei giorni:
tormentato dalla precarietà delle
condizioni del suo paziente.
Non lo avrebbe mai ammesso davanti a Jack ma il timore che il
giovane non
superasse la notte aveva contribuito in modo determinante alla sua
procrastinazione della sutura: un processo estremamente doloroso che
avrebbe
voluto risparmiare al suo paziente, preferendo che avesse cessato di
respirare
nel sonno privo di dolore portato dal laudano.
Rimase quindi decisamente sorpreso nel constatare, alle prime luci
dell’alba,
che il polso era ancora irregolare ma costante e che respirava ancora,
per
quanto faticosamente.
Essendo
un animale notturno e tutt’altro che
mattiniero, Maturin aveva pensato bene di racimolare uno scampolo di
tela da
vela con cui far realizzare una tenda per la finestra della propria
cabina.
Tenda che era convenientemente tirata in quel momento, per proteggere
il volto
del ferito dal luminoso sole mediterraneo, mantenendo la stanzetta in
una
confortevole penombra.
Non furono dunque i raggi del sole a svegliarlo ma il dolore che
ritornava a
fare capolino nel suo corpo, lambendone gli arti con le sue orribili
fauci.
Gemette e tanto bastò per attirare l’attenzione del medico che stava
consumando
la sua magra colazione – caffè e pane tostato – seduto al tavolo
accanto alla
branda.
Accorse immediatamente al suo fianco e gli prese una mano nella
propria.
“Buongiorno,
Tom. Come vi sentite?”
Dalle labbra esangui del ferito non uscì che un gemito soffocato.
“Tranquillo, non affaticatevi. Chiudete pure gli occhi e non sforzatevi
di
parlare. Stringetemi la mano, una volta per dire ‘sì’ due per dire
‘no’.
Intesi?”
Le dita fredde di Pullings si strinsero attorno alle sue.
“Molto bene. Avete dolore?”
Una stretta.
“Pensate di riuscire a sopportarlo per un’ora circa?”
Una stretta.
“Siate sincero con me, ne va della vostra salute: è molto forte?”
Due strette.
“Va bene. Pensate di riuscire a mangiare qualcosa? Vorrei che foste in
forze
prima di ricucirvi.”
Due strette.
“Avete nausea?”
Una stretta.
“Capisco. Ho fatto scaldare a Killick mezzo bicchiere di latte e ci ho
mescolato due cucchiai di miele. Avere qualcosa nello stomaco
allevierebbe il
senso di debolezza e ridurrebbe in parte la nausea.”
Una stretta.
Stephen
aiutò il ferito a sollevarsi, sostenendolo con
i cuscini perché restasse in posizione semi seduta. Come aveva previsto
il
giovane ufficiale impallidì immediatamente, per cui attese un momento
prima di
aiutarlo ad accostarsi il bicchiere alle labbra.
“Piccoli sorsi, mi raccomando.”
Lentamente, guidato dalla mano del dottore, Pullings riuscì a finire il
suo
latte.
“Vi
sentite meglio, adesso?” chiese Stephen dopo aver
posato il bicchiere.
“Un po’. Grazie, dottore.”
“Eppure non avete che un filo di voce! Cercate di riposare ancora un
poco: a
breve inizierà il servizio funebre per i caduti. Il dovere ed il mio
senso
morale mi impongono di esservi presente. Poi potremo finalmente
richiudere il
taglio che avete in volto. Se potete cercate di dormire: meglio che non
vi
somministri altro laudano prima dell’operazione. Volete che vi aiuti a
ridistendervi?”
“Ve ne sarei grato.”
Il
dottore lo riaccomodò sui cuscini e gli riassestò le
coperte prima di uscire.
Non appena si trovò di nuovo in posizione supina, Pullings cominciò ad
assopirsi di nuovo. Il latte lo aveva riscaldato e lo stomaco pieno
aveva
effettivamente ridotto la nausea.
Il mare era calmo ed il quieto rollio della nave faceva leggermente
ondeggiare
la branda, riaccompagnandolo tra le braccia di Morfeo mentre la campana
chiamava a raccolta i marinai per il servizio religioso.
Senza fare rumore, prese la borsa e uscì.
Buona Pasqua a tutti! <3
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Anche se non vi sta piacendo, commentate comunque: rischiate l'ira funesta di Preservato Killick!