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Autore: Spoocky    29/03/2018    2 recensioni
[Parte della Hurt Comfort Christmas Challenge del gruppo Hurt/Comfort Italia - Fanfiction & Fanart: https://www.facebook.com/groups/534054389951425/]
[Bookverse] Coda a "Duello nel Mar Ionio" NON è però necessario averlo letto per capire!
In seguito allo scontro con i Turchi, Tom Pullings è rimasto gravemente ferito e Stephen fa del suo meglio per prestargli conforto ma soprattutto per salvargli la vita.
Nel frattempo Jack cerca di tenere insieme il piccolo mondo della Surprise, senza l'aiuto del suo prezioso Primo Ufficiale ma soprattutto senza il suo migliore amico accanto.
Dedicata a James_T_Kirk
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Missing moments in Patrick O'Brian'
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Disclaimer: non guadagno nulla da questa pubblicazione ed il merito dei personaggi è esclusivamente di Patrick O'Brian, alla cui  opera si vuole offrire omaggio.

Ps: il paragrafo in corsivo fa riferimento ad eventi di "Costa Sottovento", il secondo romanzo della saga ( è un missing moment)

Buona Lettura ^.^

“E’ davvero una brutta ferita.”
“La mia?”
“No, gioia, la tua è un morso di pulce. Quella del povero Tom Pullings. Ne ho viste ben poche di peggiori.”
“Pensi che sia in pericolo di vita?”    
“Ha perso molto sangue e il dolore è tanto forte da togliergli il fiato. Senza dubbio la situazione è molto grave…”
“Non indorare la pillola, Stephen. Tu e io ci conosciamo troppo bene perchéeeEH!”
“Scusa. Qui deve essere leggermente più profonda...”
“Tira via quel dito per l’amor di Dio!”
“Sì, è decisamente più profonda.” Borbottò Maturin, pulendosi le dita sporche di sangue in un lembo della propria camicia “Comunque, c’è effettivamente il rischio che il povero Tom non superi la notte. Ma le probabilità sono in suo favore e sono convinto che, salvo gravi infezioni, dovrebbe fare un recupero completo. Oh! E non azzardarti neanche solo per un momento a pensare che sia stata colpa tua: sarebbe potuto succedere in qualunque momento e sono certo che lui stesso avesse preventivato i rischi nel momento in cui ha deciso di prendere parte all’abbordaggio.”
“Portami da lui, Stephen.”

Cinque minuti dopo erano ai lati opposti della branda di Pullings il cui volto, seminascosto dalle bende, era ora di un pallore quasi cadaverico eccetto per le palpebre, livide ed inesorabilmente chiuse.
La mano di Jack era ora posata sulla stessa spalla che quella di Stephen aveva coperto fino a poco prima, i suoi occhi azzurri e quelli grigi di Stephen erano fissi su quel viso pallido e spaventosamente immobile.

“Com’è potuto succedere?”
“Dillo tu a me.”
“Quando abbiamo abbordato la Torgud i Turchi ci sono saltati addosso immediatamente ed è stato il caos più completo nel giro di pochi secondi. Improvvisamente di fronte a me si è aperto uno spazio e, prima che riuscissi a prendere qualunque iniziativa, Tom ci è saltato dentro. Ma si è impigliato con un piede ed è caduto, si è voltato verso di me e…Dio, Stephen! Era così smarrito, così perso! Sembrava supplicarmi di aiutarlo con lo sguardo. Non ho potuto fare niente perché subito dopo…beh…il fendente è calato. Mi sono gettato nella mischia e ho cercato di proteggere il suo corpo quanto più possibile finché non è arrivato Davis e gli ho ordinato di trascinarlo al sicuro sotto la scala del castello. Credevo fosse morto, Stephen. Dio! Credevo proprio che fosse morto!” si strofinò gli occhi con una mano per nascondere le lacrime che vi si stavano formando e Stephen si allungò oltre la branda per stringergli un avambraccio in un gesto di conforto.
“Non è stata colpa tua. Non c’era davvero nulla che potessi fare. Quello che mi hai raccontato è perfettamente compatibile con le sue ferite: a parte la sciabolata sul viso si è slogato malamente la caviglia destra e nella caduta, o subito dopo, si è rotto di nuovo le costole che si erano già spezzate durante lo scontro con la Bellone - te ne ricorderai, credo – e un paio d’ altre ma nessun danno ai polmoni, a quanto sembra.”
“Sii onesto con me, fratello. Vivrà?”
“In cuor mio ho fatto tutto il possibile, ora è nelle mani di Dio. Ma ti posso dire che, salvo una grave infezione, sono molto fiducioso nella sua guarigione. Domani vorrei suturare quella ferita alla luce del sole...”
“Voglio essere presente. Ti assisterò se necessario.”
“Immaginavo me lo avresti chiesto, fratello: certamente potrai aiutarmi a tenerlo fermo sul tavolo, non fa mai male un assistente in più. Come dicevo: la lacerazione dovrebbe rimarginarsi completamente. Certo: rimarrà una brutta cicatrice, ma guarirà del tutto. Ah! Prima che tu me lo chieda: ti assicuro che l’occhio sinistro non è assolutamente in pericolo.”
“Buono a sapersi. Come sta adesso?”
Maturin si chinò nuovamente sul ferito e gli tastò il polso: “Il battito è leggermente accelerato e la cute è ancora fredda, com’è normale dopo un’abbondante emorragia. Gli ho somministrato una buona dose di laudano per il dolore e dovrebbe dormire fino a domattina. Ti chiedo il permesso di trasferirlo nella mia cabina: dev’essere assistito continuamente e prevedo che possa salirgli la febbre per cui avrà senz’altro bisogno d’aria fresca più che del buio fetore della stiva.”
“Permesso accordato. Ma, Stephen, tu dove dormirai?”
“Non dormirò.”

Vegliò infatti al capezzale del ferito tutta la notte, appisolandosi ogni tanto con le braccia conserte sul tavolo.
Come aveva previsto, Tom dormì fino al mattino: la dose di laudano che gli aveva somministrato non era eccessiva ma doveva risultare piuttosto forte per un corpo così debilitato.
E infatti il ferito rimase tutto sommato tranquillo ma ogni tanto il dolore pareva riaffiorare, manifestandosi con flebili lamenti e sospiri.
Quando cominciò a tremare e sussurrare di avere freddo Stephen gli avvolse un’altra coperta attorno alle spalle, lasciandogli il volto e le mani scoperti.

Nel vedere il giovane ufficiale così immobile e sofferente, a Stephen tornò in mente il calvario che avevano subito anni prima dopo essere stati catturati dalla Bellone

Il giovane Pullings era stato raggiunto da un proiettile di mitraglia nella coscia destra, aveva ricevuto un colpo di spada alla spalla sinistra e si era rotto due costole sul fianco destro, causando una depressione toracica che il medico aveva dovuto ridurre a mani nude, essendo stato privato dei suoi strumenti nel corso della perquisizione.
I tre giorni successivi furono a dir poco un incubo: Jack era caduto da una scala ed aveva battuto la testa, restando incosciente, l’epidemia di influenza spagnola si era diffusa e il vice capitano Azéma aveva pensato bene di tenerli in ceppi.
Maturin si era ritrovato con le mani legate – letteralmente e figurativamente – nel poter assistere i suoi malati.
Ricordava vivamente l’angoscia di quei giorni: incatenati nella stiva, con Jack pallido come un lenzuolo che non dava cenno di vita e Tom, con il colorito altrettanto slavato, rannicchiato accanto a Stephen e talmente indisposto da non riuscire neppure a tenere su la testa.
Il ragazzo era tanto debole che di notte dormiva appoggiandogli la fronte fredda sulla spalla, stravolto dal dolore.
Il dottore non gli aveva mai fatto notare nulla, accettando silenziosamente il suo bisogno di rassicurazione e contatto.
In quelle ore la giovane età del tenente – allora poco più che ventenne - si era manifestata in tutta la sua cruda realtà e il medico non aveva avuto il cuore di respingerlo in un momento di così grande vulnerabilità.
Anzi, gli aveva avvolto un braccio intorno alle spalle e lo aveva stretto a se, cercando egli stesso conforto per l’incertezza sulla sorte del suo amato amico.

Gli sembrava ora di rivivere quei giorni: tormentato dalla precarietà delle condizioni del suo paziente.
Non lo avrebbe mai ammesso davanti a Jack ma il timore che il giovane non superasse la notte aveva contribuito in modo determinante alla sua procrastinazione della sutura: un processo estremamente doloroso che avrebbe voluto risparmiare al suo paziente, preferendo che avesse cessato di respirare nel sonno privo di dolore portato dal laudano.
Rimase quindi decisamente sorpreso nel constatare, alle prime luci dell’alba, che il polso era ancora irregolare ma costante e che respirava ancora, per quanto faticosamente.

Essendo un animale notturno e tutt’altro che mattiniero, Maturin aveva pensato bene di racimolare uno scampolo di tela da vela con cui far realizzare una tenda per la finestra della propria cabina.
Tenda che era convenientemente tirata in quel momento, per proteggere il volto del ferito dal luminoso sole mediterraneo, mantenendo la stanzetta in una confortevole penombra.
Non furono dunque i raggi del sole a svegliarlo ma il dolore che ritornava a fare capolino nel suo corpo, lambendone gli arti con le sue orribili fauci.
Gemette e tanto bastò per attirare l’attenzione del medico che stava consumando la sua magra colazione – caffè e pane tostato – seduto al tavolo accanto alla branda.
Accorse immediatamente al suo fianco e gli prese una mano nella propria.

“Buongiorno, Tom. Come vi sentite?”
Dalle labbra esangui del ferito non uscì che un gemito soffocato.
“Tranquillo, non affaticatevi. Chiudete pure gli occhi e non sforzatevi di parlare. Stringetemi la mano, una volta per dire ‘sì’ due per dire ‘no’. Intesi?”
Le dita fredde di Pullings si strinsero attorno alle sue.
“Molto bene. Avete dolore?”
Una stretta.
“Pensate di riuscire a sopportarlo per un’ora circa?”
Una stretta.
“Siate sincero con me, ne va della vostra salute: è molto forte?”
Due strette.
“Va bene. Pensate di riuscire a mangiare qualcosa? Vorrei che foste in forze prima di ricucirvi.”
Due strette.
“Avete nausea?”
Una stretta.
“Capisco. Ho fatto scaldare a Killick mezzo bicchiere di latte e ci ho mescolato due cucchiai di miele. Avere qualcosa nello stomaco allevierebbe il senso di debolezza e ridurrebbe in parte la nausea.”
Una stretta.

Stephen aiutò il ferito a sollevarsi, sostenendolo con i cuscini perché restasse in posizione semi seduta. Come aveva previsto il giovane ufficiale impallidì immediatamente, per cui attese un momento prima di aiutarlo ad accostarsi il bicchiere alle labbra.
“Piccoli sorsi, mi raccomando.”
Lentamente, guidato dalla mano del dottore, Pullings riuscì a finire il suo latte.

“Vi sentite meglio, adesso?” chiese Stephen dopo aver posato il bicchiere.
“Un po’. Grazie, dottore.”
“Eppure non avete che un filo di voce! Cercate di riposare ancora un poco: a breve inizierà il servizio funebre per i caduti. Il dovere ed il mio senso morale mi impongono di esservi presente. Poi potremo finalmente richiudere il taglio che avete in volto. Se potete cercate di dormire: meglio che non vi somministri altro laudano prima dell’operazione. Volete che vi aiuti a ridistendervi?”
“Ve ne sarei grato.”

Il dottore lo riaccomodò sui cuscini e gli riassestò le coperte prima di uscire.
Non appena si trovò di nuovo in posizione supina, Pullings cominciò ad assopirsi di nuovo. Il latte lo aveva riscaldato e lo stomaco pieno aveva effettivamente ridotto la nausea.
Il mare era calmo ed il quieto rollio della nave faceva leggermente ondeggiare la branda, riaccompagnandolo tra le braccia di Morfeo mentre la campana chiamava a raccolta i marinai per il servizio religioso.

Stephen lo trovò ancora addormentato quando entrò a raccogliere i propri strumenti.
Senza fare rumore, prese la borsa e uscì.


Buona Pasqua a tutti! <3

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: rischiate l'ira funesta di Preservato Killick!

  
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