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Autore: Marauder Juggernaut    31/03/2018    4 recensioni
Abbiamo ricevuto dalla nostra famiglia le idee di cui viviamo così come la malattia di cui moriremo.
(Marcel Proust)

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La famiglia sono quelle persone che sono presenti sempre, in ogni momento della tua vita, pronte a rassicurarti, consolarti, sgridarti, amarti al di sopra di tutto e nonostante tutto. Per quanto poco convenzionale possa essere.
Slice of life crude, genuine, sincere della controversa famiglia dell'unica imperatrice donna.
Perché la famiglia Charlotte conosce il meglio e il peggio dei propri componenti, ma di certo non si biasima per questo.
Genere: Angst, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Big Mom, Charlotte Cracker, Charlotte Katakuri, Charlotte Pudding
Note: OOC, Raccolta | Avvertimenti: Violenza
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Note autrice: perché io ho tantissime fanfic da portare avanti, ma l'ispirazione giustamente arriva solo per darmi idee per fanfiction che ho già chiuso da tempo. E io che faccio, non le riapro? Auguro Buona Pasqua a tutti!
M.J.
Ps. Le parole di Perospero sono un riferimento al fatto che Oda ha detto che Katakuri non è nato con quel difetto che ha.



Morbido

Forse famiglia erano quelle persone che sono venute in cerca di te quando ti eri perduto.
(Vikki Wakefield)
 

La tazza per poco non cadde dalla mano di Perospero quando sentì quell’urlo.
«Fratello Peros!».
Il coltello quasi scivolò dalla presa di Compote quando qualcuno la chiamò gridando.
«Sorella Compote!».
Entrambi i ragazzini si voltarono sconcertati verso la porta, dove un bambino di dieci anni si era appoggiato alla porta cercando di riprendere fiato dopo l’urlo, i capelli biondi tutti spettinati per la corsa.
Compote sbatté le palpebre stupita. «Daifuku, ti pare il caso di gridare in quel modo?» domandò la ragazzina, abbandonando sul ripiano della cucina la macedonia di frutta che stava preparando per tutta la famiglia.
Il fratellino alzò la testa per guardarla in viso, con il respiro ancora pesante per lo sforzo da poco fatto. Gli occhi del bambino erano colmi di lacrime e paura. Un moto di preoccupazione riempì il cuore della sorella più grande.
«Daifuku, che succede?» chiese apprensiva, scoccando un occhiata a Perospero che aveva lasciato il tè sul tavolo per avvicinarsi anche lui al fratellino.
Il più piccolo deglutì. «L’ha fatto di nuovo…» la voce quasi gli tremava «Katakuri l’ha fatto di nuovo».
 
 
Il fetore di sangue era insopportabile. L’intero vicolo della cittadella era ricoperto di corpi grondanti e massacrati, il liquido carminio colava lungo le pareti delle case come uno spettrale monito. In piedi, di fronte a una montagna di cadaveri, un bambino tremava, stringendo i pugni.
Compote si coprì la bocca, terrorizzata; Perospero fece un passo in avanti dopo aver impedito a Oven e Daifuku di avvicinarsi.
«Katakuri…» lo chiamò il primogenito, dandosi un’occhiata attorno, allibito dalla mole di devastazione che aveva causato un singolo bambino di dieci anni. Katakuri era forte – fortissimo – Perospero lo sapeva bene.
«Hanno riso ancora». Le parole erano tremule e fievoli, eppure riempivano tutto il silenzio del vicolo.
«Katakuri, sei ferito?» domandò il primogenito, facendo un ennesimo, titubante passo verso il minore.
«Hanno riso ancora di me!». Questa volta fu un grido diretto a Perospero; questi trattenne il fiato nel vedere il fratellino coperto di sangue non suo, con il volto stravolto dalle lacrime e quella bocca deforme e larga come quella di un demone.
Così mostruoso eppure così debole in quel momento.
Katakuri pianse disperato quando Perospero lo abbracciò; i gemiti e i singhiozzi scuotevano quel corpo gracile che però nascondeva una potenza straordinaria e pericolosa. Molto pericolosa.
«I bam-bini hanno … hann-o comincia-to a ri-ridere … ho detto d-di smetterla … ma hanno … ma hanno conti-tinuato … poi sono … sono arrivati gli adulti … e allora...». Katakuri non riuscì a concludere la frase, ma non ce n’era bisogno: cosa era accaduto dopo era evidente anche agli occhi di Perospero, che ancora non si capacitava di come un bambino così piccolo fosse stato in grado di abbattere uomini grandi il triplo di lui.
«Va tutto bene, fratellino…».
«NO CHE NON VA BENE!». L’urlo di Katakuri spaventò Perospero, che guardò il minore come se temesse un attacco da lui. «Perché doveva accadere a me una cosa simile, Perospero, perché?!» domandò disperato il minore, indicandosi con orrore e ribrezzo la propria faccia.
Il più grande lo guardò insicuro su cosa rispondere. Si morse il labbro inferiore. «Ci sono cose che … non immaginavamo potessero accadere…» disse solamente, accarezzando dolcemente col pollice le cicatrici sulle guance del fratellino.
Qualcosa di morbido cadde attorno al collo di Katakuri, coprendolo fino al naso. Compote aveva preso di sorpresa entrambi. Il più piccolo affondò il viso nella sciarpa pelosa, che celava la vista del suo volto al mondo intero. Era qualcosa di codardo e squallido.
Poteva funzionare.
La voce della sorella tremava, i suoi occhi erano lucidi.
«Katakuri … ci dispiace così tanto di non poter fare più di così…».
   
 
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