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Autore: LiciaTavanzi    01/04/2018    1 recensioni
Racconti sensuali al femminile
Genere: Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IL  PROVINO                                    
 
La segretaria mandò a John uno splendor di donna, viso d’angelo, seno giusto, posteriore fatto proprio per sculettare incantevolmente e coscia lunga.
A quel tipo, incaricato di dare una prima scrematura a tutta la massa delle aspiranti attrici giunte per il provino, Lilly era proprio da approvare a primo sguardo, ma non lo diede a intendere.
“Ti presenti, per favore?” fece con la faccia seria.
Lei abbozzò un inchino buffo e scandì un motivetto, rigida e falsamente impacciata, come fosse una bimba costretta a esibirsi:
“Son bruttina e son racchietta, sono in odio anche a papà…” e seguitò con la parodia di una nota filastrocca fino a terminarlo con un altro inchino.
A John era venuto da ridere e aveva capito che Lilly era una comica nata, col fisico giusto per far risorgere i morti. Ma quel giorno non aveva ancora messo le mani nella marmellata ed era così facile approfittare del suo piccolo potere per sedurre le donne bisognose di lavoro.
Promise a quello schianto la parte e lei abbozzò. Per una ventina di minuti si trovò addosso e un po’ dappertutto John e ogni cosa sporgesse dal suo corpo.
Poi si ricompose chiedendo se a quel punto la parte fosse sua.
“Certo” rispose quello stremato. “Per quel che mi riguarda sei nel cast. Però vorranno esaminarti anche gli altri responsabili del film.”
“E quanti sono? E anche loro faranno come te?”
“Sono solo sette, forse otto. Diciamo undici al massimo. Ma qualcuno è anziano e si contenterà di poco, tranquilla. Ma dopo sta certa che la parte non te la toglierà nessuno.
 
Licia Tavanzi
 
 
IL  PIZZICOTTO                                                         
 
Si definivano ‘la banda dei quattro’ i due fratelli con le mogli rispettive. Si erano simpatici, parentela a parte e non vedevano l’ora di potersi riunire e divertirsi insieme; questo succedeva nei week-end e nelle feste comandate.
Quella sera di un normalissimo sabato, scartate le opzioni più consuete, ossia la pizzeria, la discoteca o l’andare semplicemente a spasso la ‘banda’ decise per il teatro. Si misero in una delle macchine e si avviarono allegri scambiandosi le solite cretinate spassose e tutto era bene.
Fu nella piccola ressa per entrare nella sala che Genny pizzicò il sedere di Teresa. Lei si girò incredula che chicchessia rischiasse di fare a botte per una cosa simile e ogni voglia di ritorsione si spense incontrando lo sguardo del cognato: era stato lui, non c’era dubbio; l’atteggiamento era sfottitorio e, al contempo, indifferente.
La sceneggiata in programma divertiva tutti a sentire le risate del pubblico ma Teresa non riuscì a seguirla. Aspettò l’intervallo per uscire a fumare dato che, in genere, solo Genny aveva la necessità di accendersi una sigaretta.
“Perché l’hai fatto?” gli chiese appena soli.
“Ma te lo sei mai visto il culetto?”
“Che ragione … non è mica roba tua.”
“Resta tutto in famiglia. Sono sicuro che Sergio non ne farebbe una malattia” concluse lui impassibile.
“Bella roba …” e Teresa fumava in cerca di argomenti. “Metti che Sergio fa lo stesso con Maria.”        
“Se si tratta di lui, Maria se la può fare tutta quanta.”
“Ah.” Teresa spense e tornò dagli altri.
Era agitata e scontenta. Aveva fatto male a rientrare subito perché c’erano altre cose che voleva chiedere al cognato seppure, a pensarci, non sapeva cosa.
Teresa potè riprendere il discorso giorni dopo perché non le riusciva affatto facile, allora che lo voleva, appartarsi con Genny.
“E quindi?” chiese cogliendo un’occasione.
“Quindi cosa? L’ho fatto, confesso, l’ho fatto. E stai tranquilla, non lo faccio più.”
“Eh no, non te la puoi cavare così. Dimmi solo perché l’hai fatto” stabilì esasperata da tanta evasività.
“Eh? Ma che?, ci vuole un motivo? La mano si è mossa da sola. Ti giuro, io dicevo stai ferma, stai ferma e quella niente, tac.”
Che sfacciato’ pensava Teresa.
“Dicevi che il mio culetto ti piaceva.”
“E certo” assentì lui non cogliendo lo strano di tanta insistenza. “Il tuo popò è veramente bello. Me lo rivedo davanti tutte le volte che Maria mi manda in bianco e …”
“… ti fa arrapare?”    
Genny capì all’improvviso che non era più il caso di scherzare:
“Oh, basta, eh” fece, brutto, e se ne andò.
In altre occasioni Teresa provò a soffermarsi davanti al cognato quando lui avrebbe potuto pizzicarla ancora o, volendo, toccarla o appoggiarlesi addosso, addirittura, e stringerla. Cosa avrebbe fatto se ciò fosse successo non lo aveva affatto messo in preventivo; e non lo seppe mai perché Genny non si mosse.
Trovandosi ancora soli in casa Teresa si lanciò in una impresa che non avrebbe mai pensato di poter compiere: guardandolo gli mise intenzionalmente la mano sulla patta.
“Non lo fare più!” le ingiunse Genny scostandola.
“Ma tu l’hai fatto a me.”
“E non lo farò più. Dimenticalo.”
“Hai detto che Sergio poteva prendersi Maria.”
“Tu credi sempre a tutto quello che ti si dice?”
Era preoccupato sul serio e sperimentava quanto fosse problematico schermirsi dalle profferte amorose di una donna. “Si tratta di mio fratello. Un pizzicotto è niente. Se ci fosse dell’altro io non potrei perdonarlo se lui lo facesse a me.
E mio fratello per te cos’è? acqua fresca?”
Fu sufficiente. Teresa non tentò più alcun contatto particolare col cognato e tutto rientrò nei binari consueti.
Però, da allora, nei confronti di Genny si sentì sempre un poco in soggezione.
 
Licia Tavanzi
 
 
LA  CIOCCOLATA       
 
Ero andata da Stefania in cerca di una parola di conforto dopo l’ennesimo litigio col mio compagno.
Mi stava ad ascoltare come sempre fa davanti a una cioccolata calda. Lei la adora e io la prendo volentieri.
Sto parlando a ruota libera ma vedo che lei mi fissa più le labbra che gli occhi e ha posto la testa un po’ di sbieco.
“Che c’è?” le chiedo spezzando le lamentele verso il mio uomo.
“Ti sei sporcata … proprio qua.”
Mi si avvicina e mi ripulisce con la punta della lingua anziché usare un normale fazzolettino.
Sono sorpresa e resto immobile mentre lei ne approfitta per poggiare tutta la bocca sulla mia senza accennare a distaccarsene.
È uno di quei baci tanto sospirati e attesi invano da parte degli uomini che mi hanno avuta, dolce, morbido e profondo.
Io mi accorgo di partecipare poco, anche alle carezze che Stefania mi fa sentire addosso, ma ne sono sconvolta.
Quando si stacca dalle mie labbra restiamo a guardarci, perse in un niente bisognoso di silenzio e maturazione per quanto successo. Accenno infine ad andarmene.
“Tesoro” mi sussurra accompagnandomi alla porta, “mi farebbe piacere se tornassi a trovarmi. Lo sai che una cioccolata te la offrirò sempre volentieri.”
“Certo, Stefy” rispondo vincendo l’imbarazzo. “Ti va bene domani a quest’ora?”
 
Licia Tavanzi
 
(Conto di pubblicare ogni domenica. Appuntamento, quindi, al prossimo 8 aprile con altre storie)
   
 
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