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Autore: _malikseyes    02/04/2018    3 recensioni
Un festival. Una ragazza innamorata della musica. Un ragazzo romano che non vede l'ora di esibirsi. Tanta buona musica.
Irene, pessimista per eccellenza, è una semplice ragazza di diciotto anni. Cresciuta con un papà "quasi" musicista, fin da piccola ha sempre provato un amore inspiegabile per la musica. Suona la chitarra e il pianoforte, non fa altro che cantare. Ha un debole per la voce di un cantante romano, Monx. Cosa succederà quando Irene scoprirà che il suo amato Monx si esibirà ad un festival organizzato a pochi chilometri dal suo paesino?
Per far scattare la scintilla a volte basta davvero poco. Un palco, una canzone, uno sguardo.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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SEI

18 marzo 2018
La mia vita da quando mi ero trasferita a Roma era cambiata tantissimo: vivevo da sola, studiavo quello che volevo e avevo rimediato un lavoro. Ogni giorno era un caos tra i corsi e il lavoro ma mi piaceva tantissimo vivere nella capitale e poter studiare medicina. L'unica cosa che odiavo tanto era la lontananza da casa, infatti, in questi sette mesi avevo visto la mia famiglia e le mie amiche pochissime volte. Ma non mi scoraggiavo, dovevo fare dei sacrifici se volevo raggiungere i miei obiettivi. La mia vita sociale era difficile da descrivere, togliendo alcuni conoscenti dell'università e un paio di ragazze che lavoravano con me era una prognosi riservata. Lavoravo come cameriera, solo di sera, in un ristorante vicino alla fontana di Trevi. Il proprietario era un amico di mio cugino quindi avevo cominciato a lavorare dal primo mese a Roma. Ovviamente durante la giornata per me era impossibile lavorare, quindi avevamo trovato un accordo: dovevo lavorare tutte le sere e accettare gli orari improbabili. Prima degli esami era davvero stressante ma avevo preso velocemente il ritmo. Ogni minuto è buono per studiare: questo era diventato il mio motto ed era la frase che ripetevo sempre.
Anche quel giorno, come sempre, alle 20:00 precise, ero al ristorante e stavo cominciando il mio turno. Era mercoledì, un giorno abbastanza tranquillo. Non ci fu un gran flusso di persone fino a mezzanotte. Era talmente tranquilla la serata che avevamo pensato di chiudere addirittura prima della mezzanotte ma fu solo un sogno spezzato da una chiamata che avvisava dell'arrivo di un gruppo di dieci persone. Sbuffando, cominciai a preparare il tavolo e nell'attesa mi misi a leggere alcuni appunti presi durante la mattinata e ogni tanto parlavo con il mio capo, Francesco. Quando arrivarono i ragazzi ero persa nei miei appunti e non li notai nemmeno. Francesco mi disse che se volevo potevo anche andare via poiché erano alcuni suoi conoscenti, sapeva che avrebbero fatto tardi e poteva occuparsene tranquillamente lui e Maria, l’altra ragazza che lavorava con me. Inizialmente mi rifiutai di andare via ma poi pensai alle lezioni del giorno dopo e accettai la sua proposta, non prima di averlo ringraziato un miliardo di volte. Salutai Francesco, i ragazzi in cucina e andai verso l'esterno del locale. Dovevo chiamare un taxi ma prima avevo bisogno di fumare una sigaretta.
"Irene, aspetta! Torna un attimo dentro" mi richiamò Francesco. Un po' irritata posai la sigaretta ancora spenta nel pacchetto e lo raggiunsi.
"I ragazzi vogliono essere serviti anche da te, dicono di conoscerti. Ho provato a dire che tu dovevi staccare ma hanno insistito tanto."
"Tranquillo, vengo pagata per questo" dissi accennando un sorriso. Tornai in bagno, indossai di nuovo la camicia bianca e andai verso il tavolo. Ero curiosa di sapere di chi si trattasse, non conoscevo nessuno a Roma e la mia famiglia era nel mio paese. Erano otto ragazzi e guardandoli non riuscii a trovare nessun volto familiare.
"Salve ragazzi! Ho saputo che avete chiesto di me, ci conosciamo?" dissi cercando di essere gentile.
"Non ti ricordi di noi?" chiese un ragazzo alto dai capelli rasati. "Siamo stati quest'estate nelle tue zone per suonare! Sono Claudio, il bassista di Monx" concluse sorridendo. Grazie a lui riuscii a ricordare anche gli altri ragazzi.
"Oddio, scusatemi ma sono un po' fusa e nella mia mente c'è posto solo per esami e libri" dissi accennando un sorriso. Ricontrollai bene i volti dei ragazzi per essere sicura che lui non fosse nascosto da qualche parte e una volta sicura tirai un sospiro di sorriso. "Allora? Cosa vi porto?"
"Non siamo ancora al completo, come al solito i due coglioni sono in rit.." Claudio fu interrotto da una risata che ricordavo fin troppo bene. Non trovi il coraggio di girarmi verso l'entrata ma ero sicura che quella fosse la sua risata.
"Scusate ragà ma sto coglione di Vittorio è peggio de mi sorella quando si prepara" disse entrando. Non mi aveva ancora visto, ero di spalle e non avevo intenzione di girarmi. Tutti scoppiarono a ridere.
"Guarda chi abbiamo incontrato" disse Claudio indicandomi. Volevo ucciderlo. Finalmente mi girai verso di lui e subito notai il suo sguardo sorpreso e confuso. Forse non mi aveva riconosciuto, avevo ancora qualche possibilità di passare inosservata.
"Irene?" Ovviamente non andava mai nulla secondo i miei piani. Lo guardai mentre pronunciava il mio nome. Non lo vedevo da nove mesi, avevo smesso di seguirlo sui social e raramente ascoltavo le sue canzoni. Era bellissimo, proprio come lo ricordavo. I suoi capelli erano sempre lunghi e i suoi occhi erano sempre dello stesso verde limpido. Mi aveva cercata anche a settembre per chiedermi come fossero andati i test ma non volevo avere nessun tipo di contatto con lui e quindi avevo ignorato anche quel messaggio. Quando avevo letto quel messaggio, il mio cuore aveva perso qualche battito dato che non credevo se ne ricordasse. Ma il mio pensiero era sempre lo stesso: dovevamo essere due sconosciuti. Era davvero strano da parte mia, ne ero consapevole, ma con era questa la mia strategia di difesa. Non riuscivo a far entrare altre persone nella mia vita, era troppo difficile fidarmi e aprirmi a qualcuno.
"Ma allora sei viva!" notai il suo sguardo cambiare da sorpreso a nervoso. Sospirai.
"Allora ragazzi, vi lascio guardare il menù. Quando siete pronti, mi chiamate!" scappai via, ancora.
Corsi in bagno nel panico più totale. Mi sciacquai il viso e cominciai a fare dei respiri profondi. Chiamai Aurora, nonostante l’orario indecente. Dopo qualche squillo mi rispose con tono allarmato.
“Ire cos’è successo? Stai bene?” Quanto era bella! Il suo tono allarmato mi fece un po’ sorridere.
“E’ qui” dissi solo.
“Ma chi? E qui dove? Puoi essere più chiara?”
“Marco è qui, nel ristorante dove lavoro! Non so cosa fare, sono chiusa in bagno con la speranza di restare qui fino alla chiusura” dissi piagnucolando.
“Irene De Remis smettila! Esci da quel bagno, lavora e per una volta smettila di essere una codarda piagnucolona. Parla con Marco e smettila di scappare!” disse con tono arrabbiato. Ogni volta che ricordava il mio comportamento nei confronti di Marco si arrabbiava.
“Aurora ti prego! Come devo comportarmi?” sbuffai.
“E’ ovvio che non sai cosa fare! Ti sei comportata malissimo verso un ragazzo che voleva instaurare un rapporto di amicizia con te. E la causa di tutto questo qual è? La tua paura di legarti con le persone! Appena conosci qualcuno che ti piace, anche solo come amico, vai in paranoia e decidi di troncare tutto. Non mi riferisco solo a lui, lo sai, è un discorso generale. Con quante persone hai legato a Roma, escludendo chi lavora con te?” non risposi. “Irene rispondi!” continuai a stare zitta. “Bene, stiamo giocando al gioco del silenzio. Lo sai che ho ragione ma continua pure così.”
“Aurora non mi aiuti così” dissi con gli occhi lucidi e la voce che tremava. Diamine, ci mancava solo che cominciassi a piangere per il nervosismo.
“Con le buone non lo capisci, devo per forza essere rude. Sei una sorella per me e tutto questo lo dico per te” ci fu un attimo di silenzio. “Ora pensiamo a come risolvere questa situazione: esci, fai quello che devi fare e se vuoi continui ad ignorarlo oppure potresti vedere lui cosa ti dice e provare ad abbassare un poco le difese.”
Bussarono alla porta appena Aurora finì di parlare. Francesco mi aveva avvisato che i ragazzi erano pronti per ordinare.
“Devo andare, ti chiamo domani. Grazie mille per i consigli, ora vedo cosa fare” la salutai e staccai. Presi un bel respiro e mi avviai verso il loro tavolo. Lo vidi ridere, ho sempre pensato ridesse tanto, e scherzare con gli amici proprio come fece quella sera di luglio. Dovevo solo ignorarlo, lavorare e poi correre a casa.
“Allora siete pronti?” dissi con un tono apparentemente calmo. I ragazzi dissero a raffica le ordinazioni, faticavo a stare dietro tutte quelle voci nonostante fossero solo in dieci. Presi le ordinazioni e sorrisi, portai il foglio in cucina e poi nell’attesa che fosse tutto pronto mi misi a studiare.
“Allora ce l’hai fatta a superare i test” la voce di Marco mi fece sobbalzare. Ma perché non mi lasciava in pace?
“Già, ce l’ho fatta” dissi mentre lo osservavo sedersi affianco a me.
“Ti ho scritto un messaggio quando ho saputo che fossero usciti i risultati dei test ma non mi hai risposto.” Il suo sguardo si fece duro, sembrava quasi offeso. Ovviamente non risposi. “Così come non hai risposto nemmeno ai miei messaggi il giorno che sono partito e dovevamo vederci. Non capisco, davvero, ho fatto qualcosa di sbagliato? Ti ha dato fastidio qualche mio comportamento? A volte ci penso ma non riesco a capire.” Mi sentivo in colpa. Ero una stronza, un’imbecille con un carattere pessimo: ecco la descrizione di Irene De Remis. Vederlo davanti a me con lo sguardo da cucciolo bastonato fece scattare in me tanta rabbia verso me stessa.
“Non hai fatto nulla, anzi sono stata benissimo quella sera. Sono fatta così, non sono portata per instaurare delle relazioni di qualunque tipo..” ero in difficoltà, non sapevo come spiegare quello che provavo. “Mi dispiace, ammetto di essere stata anche maleducata per non averti salutato e per aver ignorato i tuoi messaggi. Quando sento che sto instaurando legami con una persona tendo ad allontanarla. Non so perché, forse paura o stupidità? Mi dispiace” parlai velocemente senza nemmeno pensarci su ma alla fine credevo di essere riuscita a farmi capire. Lui non rispose e si limitò a fissarmi. A salvarmi dall’imbarazzo fu il campanello della cucina che indicava degli ordini da portare a dei tavoli. Ringraziai mentalmente Dio, mi alzai velocemente e andai verso la cucina lasciando lì Marco.
Dopo quella conversazione cominciò anche lui ad ignorarmi, infatti, il resto della serata passò senza altri problemi e con qualche sguardo ogni tanto. Non sapevo se essere felice o triste per la sua reazione passiva, volevo solo tornare a casa il prima possibile. Una volta che i ragazzi iniziarono a mangiare il dolce, mi avvicinai a Francesco e gli chiesi se potevo tornare prima a casa poiché non mi sentivo tanto bene.
“Ti serve un passaggio? In effetti ti vedo un po’ pallida! Dai, vai a casa a riposarti, qui ci pensiamo io e Maria” ecco la sua risposta detta con un tono fraterno. Rifiutai il passaggio, lo ringraziai minimo dieci volte e mi avviai fuori per chiamare un taxi. Riuscii finalmente a fumare la prima sigaretta della serata e mi sentii subito sollevata.
“Hai l’accendino?” Marco mi stava guardando con la sigaretta poggiata tra le labbra, il volto un po’ rosso per il vino e i riscaldamenti del locale. Cercai l’accendino e glielo diedi, attenta a evitare il contatto con le sue mani.
“Vai via?” chiese restituendomi l’accendino. Mi limitai ad annuire. Passarono alcuni minuti e richiamai il taxi esortandolo ad arrivare subito.
“Irene ascoltami, prima che vai via devo parlarti. Non so perché voglio a tutti i costi chiarire con te ma devo farlo. Ho ascoltato bene le tue parole prima e mi sale il sangue al cervello se penso che mi hai allontanato perché avremmo potuto legare! Perché non provare a vederci ogni tanto? Lo so che hai paura ma preferisci davvero lasciare tutto così? Come se non ci fossimo mai conosciuti? Ovviamente devi decidere tu ma ti chiedo di pensarci bene..” si fermò un attimo “non ti dimenticà che sono sempre il tuo cantante preferito e che posso cantare per te ogni volta che vuoi!” aggiunse strappandomi un sorriso. Quella frase cancellò per un attimo tutte le paure e le incertezze. Stavo per parlare ma arrivò il taxi. “Non hai il mio numero ma sai come contattarmi, anche se hai smesso di seguirmi su instagram. Che te credi che non me ne so accorto?” scoppiai a ridere insieme a lui. “E comunque, non so è l’aria de Roma ma non ti ricordavo così bella.”

Buona Pasqua a tutti voi, anche se in ritardo!

Vorrei tanto capire se questa storia vi piace o continuare a “lavorarci” su è solo una perdita di tempo. Mi farebbe tanto piacere saperlo attraverso una recensione o messaggi privati. Sarebbe carino sapere cosa ne pensate, se c’è qualcosa che non vi piace o che devo migliorare..anche perché non riesco proprio a capire l’opinione di chi segue la storia. Ringrazio comunque chi ha letto lo scorso capitolo, chi ha messo la storia tra i seguiti\preferiti\ricordate e chi ha recensito.
Un bacione, I xx

 

 

  
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