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Autore: Doomsday_    03/04/2018    1 recensioni
- Future!fic -
Dopo cinque lunghi anni di pace, la fragile quiete di Beacon Hills viene nuovamente spezzata. Un nuovo nemico minaccerà di sottrarre al Branco quel che per loro conta più della vita stessa.
Dal testo:
"Il corvo la fissava silenzioso, gli occhietti intelligenti sembravano scrutarle l'anima.
Fu allora che le piume si tramutarono in gocce di sangue. Colarono lente e calde lungo il braccio di Lydia. Eppure lei continuò a carezzare quel grumo rappreso fatto di morte con un sorriso pacifico a rasserenarle il viso.
"
Genere: Angst, Fluff, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kira Yukimura, Lydia Martin, Malia Hale, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dodicesimo Capitolo










 

"Vedo un mondo che non mi sarà caro".
Correva a perdifiato tra i tronchi degli alberi, evitando – con un'agilità che non pensava più di possedere – rami, arbusti e cespugli.
L'odore fresco e pungente della terra umida, di erba e muschio impregnava ogni suo senso.
Sentiva la gola secca, la bocca asciutta nonostante continuasse ad ingoiare saliva ad ogni salto.
I muscoli delle gambe le bruciavano, come se le potessero cedere da un momento all'altro, ma Lydia non aveva intenzione di arrendersi.
"Vedo un mondo che non mi sarà caro".
Le prime parole della Profezia le continuavano a rimbombare nella testa mentre la paura la inghiottiva in un vortice senza fondo.
«ADAM!» gridò con tutto il fiato che aveva in corpo, correndo verso chissà dove.
Aveva lasciato il sentiero già da molto e si stava inoltrando nel bosco più di quanto avesse mai fatto da sola. Ma questo non importava, l'unica cosa a cui riusciva a pensare era Adam. Trovarlo, portarlo al sicuro, difenderlo.
Per la prima volta la scena dei corpi squartati le fece salire un conato di vomito al pensiero che potesse toccare anche ad Adam. Quel bambino che aveva visto nascere e crescere e che sentiva anche un po' il suo, che era stato il primo del branco e da subito viziato e coccolato.
Gli occhi le pizzicavano ma le lacrime erano già asciutte sulle sue guance.
"Vedo un mondo che non mi sarà caro".
Pensò a un mondo che non le sarebbe potuto essere caro. Un mondo senza Allie. Un mondo senza i loro cuccioli.
"Non avrei mai immaginato quanto Allie avrebbe inciso così profondamente sulle mie abitudini, su di me" ricordava di aver confidato a Stiles quelle parole quando avevano parlato dopo il ritrovamento del primo cadavere, poco prima che le cose tra tutti diventarono improvvisamente strane.
Allie era tutto il suo mondo.
In lontananza poteva sentire la voce di Stiles che, come lei, chiamava a squarciagola il nome del bambino; da un altro punto del bosco, ancora più distante, la voce di Jordan.
Era come se il bosco stesso reclamasse, infuriato, Adam McCall.
Nella corsa frenetica, Lydia non vide la radice di un albero e cadde carponi, graffiandosi le palme delle mani.
Le gocce di sudore cadevano come rugiada dalla sua fronte. Respirava a fatica, ogni boccata d'aria era una stilettata ai suoi polmoni. Seppure esausta, sapeva che non poteva permettersi di fermarsi. La tempestività era tutto: meno tempo passava più possibilità c'erano di ritrovare Adam.
Stava per rialzarsi quando, sopra la sua testa udì un placido gracchiare.
Il cuore le balzò nel petto e un senso di forte nausea le offuscò la vista nell'alzare lo sguardo. Sui rami dell'albero su cui era caduta stava un corvo, rosso come rubino, che la fissava con i suoi freddi occhi d'ossidiana.
Gracchiò ancora e Lydia iniziò a tremare come se si trovasse all'interno di uno dei suoi peggiori incubi.
Veloce, si alzò in piedi, ma non fece in tempo a fare un passo che una figura mistica si parò dinanzi a lei.
Il volto celato da una maschera di legno, il corpo nascosto da un manto rosso sangue. Tra le braccia cullava un fagotto. Lydia urlò tra le lacrime. Ma non era l'urlo della Banshee, solo il grido di una donna spaventata.
Il Darach si muoveva lentamente, come se il tempo avesse improvvisamente rallentato il suo corso.
Lydia crollò nuovamente sulle proprie ginocchia, il Darach continuava a dondolarsi davanti a lei e mentre si muoveva sembrava dividersi in un'altro corpo e poi in un altro ancora, i quali si muovevano all'unisono come se fossero un solo corpo. Tre corpi, la triade in uno unico.
Pioggia le iniziò a cadere sulla testa, sul volto e sul corpo di Lydia. Gocce di sangue che la imbrattavano e le oscuravano la vista.
Poi tre voci le parlarono: "Vivrete in un mondo che non vi sarà caro".
Il Darach si avvicinò a lei, dal fagotto che teneva tra le braccia caddero piume rosse. Le posò una mano sulla fronte e Lydia svenne.
 

Estate senza fiori,
mucche senza latte,
donne senza pudore,
uomini senza valore,
conquiste senza un re...
Boschi senza alberi
mari senza frutti...
Madri senza figli,
orfani senza nome...


***



Le ricerche erano state disperate quanto vane. Adam McCall era scomparso nel nulla.
A niente era servito interrogare Caleb. Avevano impiegato tutta la loro pazienza con il bambino, ma ne avevano ricavato solo un racconto fantasioso.
Secondo il piccolo la portiera della macchina si era aperta da sola e Adam era uscito dall'auto per poi volatilizzarsi nel nulla. Caleb aveva provato a seguirlo ma la macchina si era subito richiusa.
Neppure di Scott c'era più traccia. Dopo aver assunto le forme di un enorme lupo nero, Stiles l'aveva visto sparire tra gli alberi per non tornare. Stiles sapeva che non avrebbe smesso di cercare Adam finché non lo avesse ritrovato.
Ora tutte le forze di polizia della cittadina erano impiegate a cercare il piccolo per ordine dello Sceriffo. Persino l'omicidio di massa era passato temporaneamente in secondo piano.
Ma fin da subito sembrò una ricerca senza speranza. Non c'erano tracce, indizi. Non esisteva neppure un movente. Perché prendere Adam se le vittime da sacrificare erano solo tre? Per un attimo in Stiles crebbe il dubbio che avessero sbagliato strada fin dall'inizio. Proprio quando sembrava che stavano per avvicinarsi ad una soluzione ecco che tutto si capovolgeva e andava in frantumi.
Ripensò alla corsa folle in mezzo al bosco, la gola ancora gli bruciava per quante volte aveva urlato il nome di Adam. Dopo un'ora avevano ritrovato anche Lydia, priva di sensi. Quando si era risvegliata aveva detto di aver visto il Darach, ma non sapeva dire se fosse stata la realtà o solo una visione. L'unica cosa che ricordava è di aver avuto davanti qualcosa di maestoso e intangibile. Una potenza che era al di là del mondo soprannaturale.
Stiles si voltò a guardare Malia, seduta sul divano con in braccio Jamie. Il volto turbato, l'espressione distante. Aveva invitato a stare da loro quella sera anche Melissa, cosicché non avrebbe dovuto badare da sola a Caleb, dato che anche Kira sembrava scomparsa e Scott era perduto nel limbo di una perdita che non avrebbe mai accettato. Adesso erano tutti lì a casa loro. Lydia riposava, il capo poggiato sulla spalla di Malia. Allie a terra disegnava, ignara di quel che stava accadendo come se tutta quella agitazione da parte del branco non la disturbava affatto. C'era anche suo padre, che di tanto in tanto gli lasciava un'affettuosa pacca sulla spalla a mo' di sostegno e rassicurazione. Erano tutti lì perché insieme erano più forti e dovevano tenere al sicuro i bambini a tutti i costi, ma la mancanza del suo migliore amico si faceva sentire. Lui doveva stare con Malia e Jamie, d'altronde c'era già Jordan con lui e tutti i poliziotti di cui disponeva lo Sceriffo. Eppure il senso di colpa lo stava divorando. Doveva esserci anche lui là fuori a cercare Adam. Lo aveva amato come un figlio quel bambino, finché non aveva capito cosa si provava ad averne uno suo. Era il figlio di Scott, della persona che aveva scelto come fratello.
La sua attenzione si soffermò sulla Banshee, seduta accanto a Malia e, d'improvviso, cogliendo alla sprovvista tutti i presenti sbottò: «Dobbiamo scoprire cosa c'è scritto in quella maledetta Profezia, Lydia!».
La donna assottigliò le labbra e si prese un momento prima di rispondergli con sguardo gelido: «Te l'ho detto, Stiles... sono riuscita a tradurre solo la prima frase. Sai anche tu che non ho avuto molto tempo a disposizione. Sto facendo quel che posso».
Stiles scosse il capo, come se non accettava avere a disposizione nulla che potesse farli uscire da quella situazione.
«Lo so questo, ma...», provò a dire ma Lydia lo interruppe subito.
«La traduzione deve essere precisa, Stiles! Non ci possiamo permettere errori. Non ora» urlò Lydia. Per la prima volta sembrava realmente fuori di sé. Poi, rendendosi conto di quell'esplosione esagerata, cercò di darsi un contegno e disse: «Ho provato a cercare, a mettere insieme le poche parole comprensibili, ma è tutto confuso».
«Cosa pensi che possano significare il poco che sei riuscita a capire?» chiese Stiles più calmo, tentando anche lui di alleviare i toni.
«La profezia ruota attorno a malattie, mali e vendette e tutto questo accade a causa del Controllo della Luna. Sembra che esso sia possibile solo attraverso... chiavi».
«Chiavi?» ripeterono Malia e Stiles all'unisono.
«Sì» confermò Lydia «è il termine che nella nostra lingua si avvicina di più, credo. Ci sono tre chiavi e ognuna di essa è unica. Viene descritto come se questi tre oggetti aprissero letteralmente una parte di luna, come se si trattasse di banali serrature».
«Quello che stai dicendo è incomprensibile» sbottò infine Stiles. Il suo cervello andava a mille, cercava di trovare indizi persino dalle parole che uscivano insicure dalle labbra di Lydia, ma si ritrovava a non capire neppure una parola e questo non faceva che irritarlo ancora di più. Sentiva la pressione addosso e tale sensazione non sarebbe passata finché non avrebbero riportato a casa Adam sano e salvo.
«Lo so benissimo anche io!» sbottò Lydia di rimando «è proprio per questo che dobbiamo avere una traduzione completa».
«No» disse d'improvviso Malia «Le tre chiavi della Profezia potrebbero stare ad indicare tre Mannari in particolare». Stava fissando la luna, fuori dalla finestra e, rivolgendo poi lo sguardo di nuovo sul gruppo aggiunse: «C'è la luna piena questa notte. Una chiave per ogni luna piena».
Stiles ammutolì «Perché il figlio di Scott...» mormorò poi.
«Non lo so» ammise Malia. «Forse si concentra su chi è debole. In fondo le prime vittime sono stati due giovani Beta senza controllo e un'anziana Banshee impazzita».
Lydia si sedette sul divano «Quelle tre vittime potrebbero non far parte del rituale del Controllo della Luna, ma non possono essere stati omicidi immotivati... forse è davvero come aveva supposto Malia: un ragazzo e una ragazza per illudere i sensi di tutti i Mannari e una Banshee per bloccare le mie visioni. Il Darach si stava solo preparando per il rituale vero e proprio, assicurandosi che noi non gli saremmo stati d'intralcio. Ci ha messo fuori gioco fin dall'inizio».
«Non possiamo mettere la vita di Adam in mano a delle supposizioni» si lamentò Stiles, incerto. Aveva riso davanti all'idea di Malia, quando lei gliel'aveva esposta, ma ora acquistava sempre più senso, nonostante avesse la terribile certezza che stavano ignorando qualcosa di palese davanti ai loro occhi.
«Non abbiamo altro, Stiles».
Stiles annuì, ormai rassegnato.
«Se è così come dite... le tre vittime che deve sacrificare, queste tre chiavi... non saranno scelte a caso e verranno prese ad ogni luna piena. Dobbiamo capire perché Adam».
«Le tre chiavi sono uniche nel loro genere. Perché mai il Darach dovrebbe considerare un bambino di appena cinque anni unico?».
Stiles scrollò le spalle e rispose con semplicità: «È il figlio di un Vero Alpha».
«E di una Kitsune del Tuono», aggiunse Lydia, «Non dev'essere una cosa che si vede tutti i giorni».
Malia ammutolì per un attimo e a Stiles non sembrò un buon segno.
«Stiles» pronunciò la donna con voce instabile, le pupille dilatate e il viso terreo, «I figli di Scott sono tre».
 

***



Lydia si massaggiò la tempia indolenzita. Il discorso tra lei, Malia e Stiles le risuonava nella testa, mentre i suoi pensieri la riconducevano ostinatamente a rivedere quel che era avvenuto nella foresta. Il Darach aveva tra le mani un fagotto... che avesse preso anche Matty? Forse per questo non riuscivano a contattate Kira.
Però perché non prendere anche Caleb?
Serrò gli occhi, sospirando. Nulla sembrava avere senso.
Aveva bisogno di una pausa da quel rimuginare, ma non era sicura che Adam potesse permettersi che lei chiudesse gli occhi per riposare la testa. In uno strano, straziante modo, lo sentiva già perduto.
Allora sollevò lo sguardo su Malia e notò il modo in cui lei guardava Stiles, come se le fosse chiaro come quell'attesa stesse uccidendo suo marito. Stiles se ne stava in silenzio, seduto al tavolo con in mano un bicchiere di bourbon e l'aria assente.
Lydia ripensò a quando erano ragazzi, al modo in cui Stiles si poneva dinanzi alla lavagna degli indizi, con l'aria sicura di chi sapeva che presto avrebbe risolto anche quell'enigma.
Ora, l'unica cosa di cui si stava rendendo conto era di come Stiles non riuscisse neppure a pensare lucidamente.
Malia si accostò a Stiles: in una mano la giacca dell'uomo, nell'altra la fondina con la pistola di ordinanza dentro. Gettò entrambi sul tavolo e gli strappò il bicchiere d'alcool dalle mani.
Stiles le rivolse un'occhiata stranita.
«Non ti lascio da sola», biascicò, la voce già impastata.
Malia gli prese il volto tra le mani «Kira non c'è e Scott ha bisogno di te. Ha bisogno di essere trovato, di ritornare lucido. E soprattutto ha bisogno di te per trovate anche Adam».
 

***



Ritornare sul luogo del delitto fu per Stiles cercare di svegliarsi dentro ad uno dei suoi incubi. Si sentiva accaldato e l'intera foresta sembrava ingigantirsi davanti ai suoi occhi, diventare una giungla oscura piena di terrori. Si asciugò la fronte madida di sudore, maledicendo tutti quei bicchieri di bourbon. L'aria fredda della sera lo teneva vigile, nonostante i sensi ovattati.
Le volanti della polizia erano ancora tutte lì, Parrish avrebbe portato avanti le ricerche fino allo stremo dei suoi uomini, su questo non avrebbe mai dubitato.
Stiles si addentrò nel folto della foresta, la notte era ormai calata ma a lui non importava.
Nel cuore della notte aveva affrontato demoni ben peggiori.
Puntò la torcia a terra, nella speranza di distinguere qualche traccia di Scott dalle tante orme lasciate dalla squadra di ricerca.
Il cuore gli batteva all'impazzata e solo allora si rese conto quanto restare chiuso in casa lo stava uccidendo lentamente. Per fortuna queste cose Malia le capiva sempre prima di lui.
Lì fuori almeno sapeva di contare qualcosa, di poter fare la differenza.
Capì di essere nella direzione sbagliata quando iniziò a udire un ronzare di voci. Si stava avvicinando alla squadra di ricerca, non a Scott. Allora allungò il passo, dirigendosi verso il folto del bosco, pregando che l'istinto lo portasse a ricongiungersi con il suo migliore amico.
D'improvviso un'immagine si focalizzò nella sua mente, senza che lui l'avesse richiamata nei propri pensieri: il Nemeton. Lo vide, come se lo avesse davanti ai propri occhi in quell'esatto istante. Vedeva il tronco mozzato e le radici possenti che lo circondavano tutt'attorno per poi scomparire dentro alla terra umida, raggiungendo chissà quale distanza... forse fino a raggiungere i confini della foresta stessa.
Il Nemeton poteva essere un buon punto di partenza, pensò. In fondo ancora ricordava come arrivarci ed era sicuramente meglio che girare sperando in un colpo di fortuna.
Si orientò con straordinaria facilità tra la coltre di alberi tutti uguali e, quando mancavano ormai non più di pochi metri, individuò in lontananza – tra i rami intrecciati – una luce calda e guizzante farsi avanti.
Il cuore di Stiles perse un battito, incredulo. Assottigliò lo sguardo e attese, ma quella luce non era affatto frutto della sua immaginazione. Sembrava danzare, allargarsi e rimpicciolire ad ogni suo passo, come fiamme di fuoco.
Col cuore in gola accelerò il passo e in pochi secondi si ritrovò nella radura nel cui mezzo troneggiava il Nemeton.
Ma Stiles non era solo.
Seduto sul tronco mozzato un'altra figura attendeva, china, stringendo tra le braccia quello che sembrava un piccolo corpo privo di sensi.
Stiles lo riconobbe subito: era Jordan Parrish. Ma, allo stesso tempo, non era affatto lui.
I suoi vestiti avevano preso fuoco ed ora erano brandelli e cenere attorno a lui, la sua pelle bruciava, coperta di fiamme vive, e il suo volto era deformato e assente: il Mastino Infernale aveva preso il suo posto.
Ai confini della radura, tra i cespugli un'ombra nera fece capolino, ringhiando cupamente. Stiles lo poté scorgere, illuminato dal fuoco che divampava sul corpo di Parrish. Un grosso lupo, dal pelo folto e nero. Scott, pensò Stiles e, senza ragionare si mosse verso di lui. Ma non appena Stiles si mosse, Cerbero si alzò muovendosi verso la sua direzione. Eppure non era verso di lui che si stava dirigendo. In realtà Stiles era sicuro che neppure si fosse accorto della sua presenza.
Stiles lo fissò, il respiro sospeso. Il cuore sembrò ricominciare a battere solo quando riuscì a scorgere il volto di chi teneva tra le braccia. Non si era permesso di abbandonarsi alla speranza fino a quel momento, ma era proprio lui.
Il piccolo corpo che dondolava mollemente sulle braccia salde del Mastino Infernale era di Adam McCall.
 





   
 
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