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Autore: Marauder Juggernaut    03/04/2018    3 recensioni
Abbiamo ricevuto dalla nostra famiglia le idee di cui viviamo così come la malattia di cui moriremo.
(Marcel Proust)

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La famiglia sono quelle persone che sono presenti sempre, in ogni momento della tua vita, pronte a rassicurarti, consolarti, sgridarti, amarti al di sopra di tutto e nonostante tutto. Per quanto poco convenzionale possa essere.
Slice of life crude, genuine, sincere della controversa famiglia dell'unica imperatrice donna.
Perché la famiglia Charlotte conosce il meglio e il peggio dei propri componenti, ma di certo non si biasima per questo.
Genere: Angst, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Big Mom, Charlotte Cracker, Charlotte Katakuri, Charlotte Pudding
Note: OOC, Raccolta | Avvertimenti: Violenza
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Note autrice: questo capitolo sarebbe l'immediato seguito di "Sangue", terzo capitolo di questa raccolta. Se volete rileggervi quest'ultimo prima di questo, probabilmente avrete una migliore continuity. Ringrazio i tre gentili signori Zomi, John Spangler e _Dreamer97 per aver recensito lo scorso capitolo. A proposito, la frase di questo è la medesima dello scorso capitolo, ma mi sono resa conto che per questa flashfic era più adatta e quindi le ho cambiate entrambe.
M.J.




Dolore

Un fratello può essere il custode della tua identità, l’unica persona con le chiavi della tua illimitata e segreta conoscenza di te.
(Marian Sandmaier)

 
 
Katakuri fissò il fratello sdraiato sulla branda. Il respiro irregolare tradiva il suo tentativo di fingersi addormentato. Non si poteva nascondere nulla a Charlotte Katakuri.
«Dovresti dormire sul serio, Cracker, non fare finta» gli consigliò, avvicinandosi mentre il fratello minore apriva l’occhio sinistro. La fasciatura sull’occhio destro era intrisa di sangue, ma stando ai pareri dei dottori il più giovane sarebbe riuscito di nuovo a vedere da quell’occhio.
«Mi fa troppo male, deve essere finito l’effetto degli antidolorifici…» si giustificò il decimo figlio, voltandosi parzialmente verso il maggiore, abbastanza perché fosse nel raggio visivo dell’unico occhio rimasto. Squadrò l’altro come poté, tentando di alzarsi, ma la mano di Katakuri lo spinse sdraiato con delicatezza. Cracker non obbiettò ulteriormente e rimase sdraiato.
«Come sta Smoothie?» chiese a bassa voce, sostenendo lo sguardo impenetrabile, ma preoccupato del maggiore.
Questi sospirò. «Sta bene, è in camera sua ed è preoccupata per te. Voleva restare con te finita l’operazione, ma non volevo che ti vedesse in quelle condizioni disastrose…» spiegò, appoggiandosi con la coscia alla branda di Cracker.
Il minore lo fissò. «Che fratello maggiore esemplare, sempre pronto a proteggere i tuoi fratelli» commentò sardonico.
Un tono che non era passato inosservato a Katakuri. Irrigidì lo sguardo.
«Perché quel tono, Cracker?» domandò guardingo. Avvertiva vagamente che l’altro avrebbe detto qualcosa che non gli sarebbe piaciuto.
«Dov’eri quando io avevo bisogno d’aiuto?!». Quell’urlo fece montare la rabbia dentro lo stomaco di Katakuri.
«Cracker, sono stato il primo a venire in tuo aiuto quando sei crollato a terra sanguinante». Serrò poi la mandibola per la rabbia, sentendo le lunghe zanne cozzare tra di loro dietro la sciarpa.
«Ma prima, quando Mama mi stava attaccando, quando dovevo salvare Smoothie! Prima non ti sei nemmeno mosso! Sei rimasto a guardare, spaventato…» gli sputò in faccia Cracker, sollevandosi a sedere con uno scatto, ignorando i tentativi del fratello di tenerlo disteso.
Era vero: Katakuri aveva avuto paura di sua madre in quel momento. Chi non lo sarebbe stato? Se anche si fosse messo in mezzo, Big Mom non sarebbe stata in grado di riconoscere il proprio secondogenito maschio, come era accaduto con Cracker. E Katakuri non era ancora abbastanza forte da fermarla del tutto.
Rimase in silenzio e il minore lo guardò torvo.
«Ha fatto male, Katakuri … un male più grande di quanto tu, fratello perfetto, ne abbia mai provato».
Quella frase fu una ferita profonda nell’orgoglio di Katakuri. Un primordiale impulso lo portò a serrare i pugni, combattendo contro la tentazione  di strapparsi la sciarpa dal volto per mostrargli quanto dolore aveva provato quando Cracker doveva ancora avere davvero coscienza del mondo.
Ma non disse nulla, né ebbe il coraggio di tirare un pugno al fratello come davvero meritava.
«Non voglio più provare un dolore simile…».
«E come vorresti fare, sentiamo? Siamo pirati, Cracker, in un modo o nell’altro dovremo sempre ritrovarci in qualche scontro. Non puoi pretendere di non venire mai più ferito…» gli ricordò Katakuri, meno severamente di quanto avrebbe davvero voluto.
Cracker lo guardò. Una ciocca di lunghi capelli viola scivolò dalla sua spalla, per ondeggiare un istante e posarsi sul petto. Fece un profondo respiro.
«Non voglio più provare dolore, fratello…» ripeté soltanto, battendo le mani mentre dei biscotti cominciarono ad assemblarsi per creare un’armatura intorno a Cracker.
Il più grande non lo fermò. Lo giudicò in silenzio.
Due dei più potenti guerrieri della ciurma di un Imperatore erano una gran coppia di codardi.
   
 
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