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Autore: Spoocky    06/04/2018    2 recensioni
[Parte della Hurt Comfort Christmas Challenge del gruppo Hurt/Comfort Italia - Fanfiction & Fanart: https://www.facebook.com/groups/534054389951425/]
[Bookverse] Coda a "Duello nel Mar Ionio" NON è però necessario averlo letto per capire!
In seguito allo scontro con i Turchi, Tom Pullings è rimasto gravemente ferito e Stephen fa del suo meglio per prestargli conforto ma soprattutto per salvargli la vita.
Nel frattempo Jack cerca di tenere insieme il piccolo mondo della Surprise, senza l'aiuto del suo prezioso Primo Ufficiale ma soprattutto senza il suo migliore amico accanto.
Dedicata a James_T_Kirk
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Missing moments in Patrick O'Brian'
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Questa storia non mi produce guadagno altro dalla personale soddisfazione e (spero) dall'apprezzamento di chi legge. 
Tutto il merito è di O'Brian!

Buona Lettura ^.^


Tom si riscosse dal suo torpore solo quando Barrett Bonden ed un marinaio altrettanto robusto lo sollevarono dalla branda e lo stesero su una lettiga di fortuna costruita con un pezzo di tela da vele e due aste di legno.

Sebbene lo maneggiassero con la stessa insolita delicatezza con cui manovravano il dottore per trasferirlo fuori bordo o da un’imbarcazione all’altra, non appena lo sollevarono dal suo letto sospeso gridò di dolore: per quanto minimo, il movimento aveva sollecitato le costole rotte e stirato i punti sul fianco, procurandogli una fitta lancinante.

Lo distesero sulla barella che respirava affannosamente e a denti stretti.

Una voce ferma ma tesa dalla preoccupazione squarciò il velo della sua sofferenza per dirigere i marinai nel trasportarlo.
“Bene così ragazzi! Fate piano, mi raccomando.”
“Mowett?” per quanto stordito dagli spasmi e indebolito dalla cospicua emorragia, Pullings non poté non riconoscere la voce dell’amico con cui aveva condiviso tutto fin dai primi giorni da allievo.
“Coraggio, Tom.” Una mano calda e rassicurante si posò sul suo braccio e gli diede una stretta affettuosa “Va tutto bene: ti portiamo dal dottore.”

Appena il tempo di fare un cenno d’assenso col capo e si ritrovarono sul ponte di coperta, dove Maturin era solito operare per sfruttare al massimo la luce. E proprio i raggi solari colpirono impietosi il volto del ferito, ferendone l’occhio troppo sensibile.
Subito quella mano misericordiosa si spostò dal suo braccio per schermargli il viso dalla luce, filtrandone la maggior parte e dandogli sollievo.
La mano di Mowett si posò sui suoi occhi quando il contatto con le tre casse da marinaio – rigorosamente coperte di tela da vela numero otto – lo fece sussultare e gemette per il dolore mentre con le dita si afferrava spasmodicamente i pantaloni.
Percepì che i suoi arti stavano venendo immobilizzati con delle cinghie e tentò debolmente di opporre resistenza ma sentì l’amico chinarsi su di lui e parlargli piano all’orecchio, invitandolo a calmarsi e a lasciare lavorare gli uomini: stavano solo cercando di aiutarlo, non c’era alcun pericolo.
Tom non comprese tutte le parole ma il solo suono della voce lo aiutò a tranquillizzarsi.

Si rese conto di cosa stesse accadendo solo quando dopo averlo legato gli misero addosso una coperta, avvolgendogli le spalle, e senti la voce del dottore:
“Grazie infinite, signor Mowett: potete andare ora. Jack, intervieni tu da qui?”
Pullings sentì i passi di Mowett che si allontanava e la mano robusta del capitano posarsi sulla sua spalla. Trasse un sospiro di sollievo: la prospettiva dell’intervento lo spaventava e sapere di avere il suo superiore accanto gli dava non poco conforto.

Si accorse che un’altra mano, più sottile e delicata, gli aveva avvolto la mascella e con fatica aprì l’occhio e trovò il dottor Maturin chino su di lui, con una macchia dorata alla sua sinistra. Un piccolo spostamento della testa gli confermò la presenza del capitano Aubrey e riuscì ad abbozzare un sorriso prima che la mano del medico gli afferrasse il mento e lo raddrizzasse.
“Se posso avere la vostra attenzione, Tom gradirei beveste questo: allevierà il dolore.”
Gli accostò un bicchiere alle labbra ma il ferito si ritrasse non appena sentì il sapore pungente del laudano sulla punta della lingua.
“Gesù, Giuseppe e Maria! Non cercate di fare l’eroe: sarà terribilmente doloroso e potrebbero volerci anche ore...”
“Prendete la medicina, Tom. E’ un ordine!”
L’intervento del capitano vinse ogni resistenza e Pullings accettò a malincuore il sedativo.
Nel vederlo cooperare, anche Stephen si ammansì: “Jack, tienigli le spalle premute contro il tavolo ma non mettere troppa forza: rischieresti di danneggiare le costole. Signor Wilson voi tenetegli i fianchi ed il braccio destro. Signor MacKenzie, per immobilizzargli le gambe reggetegli le ginocchia e fate attenzione a quella caviglia. Signor Hawkins, preparatevi a tamponare l’emorragia.” Poi, con una voce insolitamente dolce, aggiunse “Tom, ragazzo mio, prima che iniziamo devo pregarvi di restare per quanto più possibile immobile durante l’operazione. So di chiedere molto ma è assolutamente necessario. Cercate di respirare profondamente e mordete questo, stringete i denti il più possibile. Andrà tutto bene.”

Stephen iniziò a sciogliere le bende che avvolgevano il capo del ferito ma dovette fermarsi imprecando: come aveva temuto, durante la notte l’emorragia era proseguita ed il sangue filtrato nei due strati inferiori della fasciatura ne aveva causato la completa adesione alla ferita.
Toglierle fu un processo lento e causò non poco dolore al paziente anche se venne adoperata tutta la cautela del caso.
Il giovane Pullings non emise un lamento ma non poté nulla contro le lacrime che gli inondarono il viso – una pura reazione fisica, come le mani che si contraevano spasmodicamente e i denti stretti sul pezzo di cuoio che gli avevano messo in bocca.
Il dottore le lavò via insieme al sangue rappreso che gli incrostava le palpebre e parte della fronte senza fare commenti.
Nel farlo constatò con gioia l’assenza di qualunque sintomo di infezione e l’ottimo stato dei tessuti circostanti la lacerazione.

Stephen preparò l’ago ed il filo e sigillò i primi punti.
Immediatamente, il corpo di Tom s’irrigidì sotto di lui e gli assistenti dovettero, con tutte le dovute precauzioni, pesarsi su di lui per tenerlo fermo.
Fu un lavoro estenuante che occupò quasi tre ore, una delle quali solo per ricucire il naso.
Data la delicatezza della situazione Maturin decise di procedere con molta calma, a volte ritornando sui propri passi, disfando e rifacendo diversi punti fino a quando non ne fosse soddisfatto.

Per il povero Pullings fu un vero calvario: nonostante la generosa dose di laudano il dolore lancinante si era comunque fatto strada nel suo corpo, accompagnato da brividi e sudori freddi. Fu allora che capì come la coperta gli fosse stata stesa addosso non solo per preservare la sua dignità davanti agli uomini del ponte ma anche in previsione dei suoi sintomi e si ritrovò a benedire interiormente la previdenza del dottore.
Quando però gli spasmi raggiunsero l’apice fu il capitano Aubrey a far scivolare una mano sotto la coperta e ad intrecciarla con la sua, dandogli qualcosa a cui aggrapparsi in quel dolore assurdo.
Tom la strinse più forte che poté finché la sofferenza e la fatica ebbero la meglio sui suoi nervi e perse i sensi.

Finalmente Stephen riuscì a completare una sutura soddisfacente, giusto in tempo per mandare gli uomini a pranzo.

Per Jack fu un vero conforto vedere i lineamenti pallidi di Pullings sparire sotto i diversi strati di bende: non lo avrebbe mai ammesso davanti a nessuno – Stephen compreso – ma quel giovane gli era caro quanto un figlio. In cuor suo sapeva di amarlo come tale, quindi in un modo diverso rispetto a ciò che provava dottore, il cui affetto era diventato per lui ormai indispensabile.
Altra cosa che non avrebbe mai ammesso.

Ad ogni modo, fu per lui un sollievo quando due robusti marinai sollevarono il corpo inerte del ferito - ancora avvolto nella coperta e con un panno leggero sul volto per proteggerlo dal sole - e lo distesero sulla barella per riportarlo alla sua branda, nella cabina del dottore.
“Stephen” con il cuore in gola ma con fare distaccato, apostrofò il chirurgo mentre si lavava le mani “qualche novità?”
“Come anche tu hai potuto constatare, l’intervento è andato bene. Hai notato quanto poco fossero gonfie le palpebre? Ti confermo che quell’occhio è fuori pericolo.” una breve pausa “E anche lo squarcio in fronte si ricucirà completamente. Nel complesso sono più ottimista rispetto a ieri sera, ma è comunque un quadro dannatamente grave.”
“Vuoi che chieda a Killick di preparargli qualcosa di particolare?”
Maturin esitò un momento; mentre continuava ad asciugarsi le mani in uno strofinaccio i suoi occhi quasi incolori corsero verso poppa, verso la sua cabina, dove si posarono mentre le labbra si arricciavano, evidente sintomo di concentrazione.
Rimase sovrappensiero per qualche minuto – evidentemente ponderando le diverse opzioni – prima di rispondere: “Niente di solido, magari una ciotola di minestra. Non subito comunque: per ora è meglio lasciarlo riposare tranquillo. Ha sofferto molto.”
Aubrey annuì gravemente: “Una ciotola di minestra. Nient’altro?”
“No. Sarà già un miracolo riuscire a fargli tenere giù quella. Inoltre, temo che presto possa salirgli la febbre.”

E la febbre arrivò. 

Note:

Avviso che da oggi, questa storia sarà aggiornata a settimane alterne.

Un passaggio alle Galapagos per chiunque recensisca!
Cormorano non incluso (tanto non si muove da lì!)
  
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