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Autore: Princess Kurenai    07/04/2018    1 recensioni
Da secoli, Niflheim veniva chiamato l’Impero del Ghiaccio, da quando la Glaciale Shiva aveva fatto abbattere su quelle terre, un tempo verdi, la sua ira per punire l'ingordigia umana. Era una storia che aveva radici antiche, ma che solo nell'ultimo ventennio aveva assunto una nuova sfumatura di paura e pregiudizio. L'ennesima punizione che le genti di quelle lande avevano dovuto affrontare in seguito alla tragica fine del Re e della Regina di Niflheim, dopo l'ormai storica rivolta degli imperiali.
Infatti, in quella notte di guerriglia e fiamme si era decretato non solo il ritorno, da alcuni tanto sperato, dell’Impero ma anche la fine dei due sovrani, colpevoli secondo gli imperiali di aver salvato la loro unica figlia e non la popolazione di Niflheim.
Genere: Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ardyn Izunia, Noctis Lucis Caelum, Prompto Argentum
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Gender Bender
Capitoli:
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Fandom: Final Fantasy XV
Character(s): Noctis Lucis Caelum, Fem!Prompto Argentum (Prompta Argentum), Ardyn Izunia
Relationship(s): Het
Pairing: Promptis (Accennato LuNyx)
Rating: SAFE
Warnings: Alternative Universe (AU), GenderSwap, Inspired by Frozen (2013), Inspired by Anastasia (1997), Inspired by Tangled (2010), Magic, Fem!Prompto, Major Character Injury, Injury Recovery
Genere: Fantasy, Introspettivo
Conteggio Parole: 3500
Note:
1. In questa fic, Prompto è una donna e si chiama Prompta.
2. In questo universo non è mai esistita la Guerra degli Dei e non esiste neanche la guerra tra Niflheim e Lucis.
3. Non è un mondo “moderno” come quello di FFXV, diciamo che è simil-medioevo.
4. La Piaga delle Stelle non è quella che conosciamo noi. Come ben sappiamo, quella malattia prende origine dalla malaria, ed io ho deciso di trattarla in quel modo.
5. L’Helleborus è velenoso, ma in passato - se dosato nei modi giusti - veniva utilizzato anche in campo medico.
6. Il Picco di Vogliupe non esiste per quel che so, ma esiste Vogliupe che è la regione di Niflheim dove giace il corpo di Shiva.
7. Ispirato liberamente ad Anastasia e Rapunzel, oltre che a Frozen.
8. Aggiornamenti bi-settimanali. Il Mercoledì e il Sabato.
9. Non betata!

Dediche:

Ho scritto questa fic solo ed esclusivamente per Lera. Lei adora Prompta per via di una gloriosa role che stiamo facendo da più di un anno... e visto che non sono mai riuscita a scriverle un qualcosa di serio su Fem!Prompto mi sono messa in testa di unire alcune delle cose che più adora: Fem!Prompto, la Promptis, Anastasia (*sparge amore*) e infine il collegamento che il fandom ha creato tra Elsa e Prom.
Quindi, tesoro, spero che tu sia qui a leggere... questa fic è una sorta di strada verso il compleanno, visto che si concluderà il 25 Aprile. Spero che ti piaccia e che ti faccia piacere. Ti voglio un sacco di bene!


Ciò che avvenne nei minuti successivi - o nelle ore - dall’arrivo di Noctis alle porte di quel palazzo, sembrò quasi non avere senso per lui. Gelo e sconforto si erano lentamente sciolti in favore di un tiepido e rassicurante abbraccio, che lo aveva avvolto con fare protettivo e quasi preoccupato, mentre le palpebre si erano fatte sempre più pesanti, impedendogli presto di comprendere la differenza tra sogno e realtà. Sopra di sé aveva iniziato infatti a scorgere dei tratti femminili, delicati ma sfocati come una visione, degli occhi quasi violacei, simili alla più preziosa e luminosa delle ametiste, e dei lunghi capelli biondi… che gli ricordarono una cascata di purissimi fili d’oro, come la chioma dei primi Messaggeri degli Dei, rappresentati negli affreschi della Cittadella. Esseri angelici che nell’alba dei tempi avevano dato voce ai Siderei, parlando delle persone che erano state benedette dai Sei e che avevano preso il nome di ‘Figli degli Dei’ .

Era una vecchia storia, quasi una favoletta oltre che leggenda, e che per chissà quale motivo, era tornata alla mente di Noctis proprio in quegli istanti di confusione tra la vita e la morte. Aveva perso ogni certezza e senso della realtà, e la sua unica salvezza in quel baratro iniziò ben presto a diventare una voce morbida e delicata, che lo incitava a resistere.

«Puoi farcela… non ti lascerò morire… non qui…», diceva la voce femminile, «cerca solo di superare la notte… ti prego…»

E per quanto Noctis non fosse nel pieno delle sue facoltà mentali, non poté fare a meno di dirsi che ci sarebbe riuscito. Avrebbe stretto i denti e recuperato le forze pur di non sentire più quella dolce voce piegata dall’angoscia e dalla preoccupazione.

Restò in quello stato di dormiveglia e forse di delirio per un tempo a lui imprecisato. Perdeva e riacquistava i sensi a cicli irregolari, e ogni volta si ritrovava ad affrontare una realtà sempre diversa e resa confusa da quella che, in quel momento di strana lucidità, gli era sembrata febbre.

Tutte le sensazioni provate fino a quell’istante, sembravano aver perso ormai senso mentre esausto osservava un soffitto cupo in pietra e travi di legno, tipico dei palazzi più antichi. Dal vibrare della luce sul legno era certo che accanto al morbido e caldo giaciglio nel quale era disteso ci fosse una candela o forse, più lontano, un caminetto.

“Sì… è un camino… posso sentire la legna scoppiettare”, si disse distrattamente, rendendosi conto solo in quel momento della temperatura mite di quella stanza. Nonostante ciò, non si sentì ugualmente certo di quella sua sensazione perché era ancora troppo debole e disorientato per muoversi e guardarsi realmente attorno, confermando in quel modo quei dettagli.

Cercò di fare mente locale quasi con inerzia, privo di qualsivoglia energia e voglia di reagire realmente alla situazione. Sapeva solo di essere vivo e di sentirsi stranamente al sicuro, e per quanto quelle sensazioni fossero realmente importanti, Noctis era anche certo che non fossero abbastanza per rassicurarlo.

Alla fine però dovette rinunciare a quel misero tentativo di mettere ordine nella sua vita a causa di un rumore: una porta che si apriva lenta, come per non disturbare il riposo di qualcuno.
Dapprima si irrigidì poi, puntellando debolmente i gomiti sul materasso, cercò di sollevarsi un poco e scorgere chi era entrato in quella stanza che, fino a quell’istante, non aveva neanche provato a esplorare con lo sguardo.

I suoi occhi incontrarono subito una figura femminile dai capelli biondi raccolti in una morbida treccia, abbandonata sulla spalla, e la pelle bianca e candida come la neve di Niflheim. Indossava un abito comodo ma stranamente leggero che le lasciava le spalle e le braccia totalmente scoperte. Era caratterizzato da un corpetto blu scuro - forse fatto con la pelle di un Behemoth - e una lunga gonna, dai colori pastello del cielo, tenuta sollevata su un lato e che lasciava intravedere dei pantaloni in pelle più scura. Date le basse temperature, quello gli sembrò fin da subito un abbigliamento inusuale per Niflheim, ma quella considerazione passò rapidamente in secondo piano quando Noctis scorse del sollievo nel viso della donna.

«Vi siete svegliato», esalò lei con tono leggero e confortante, avvicinandosi al letto con le labbra tremanti per il sollievo. Solo in quel modo Noctis riuscì a guardarla con più attenzione in viso e a sentire il suo cuore mancare un battito.

“L'ho vista nei miei sogni”, si disse incredulo ricollegando senza difficoltà quel volto delicato, macchiato dalle lentiggini, con degli straordinari occhi violacei, a quello quasi astratto che lo aveva accompagnato durante i suoi deliri febbrili.

«Sono così felice che vi siate svegliato. Significa che il peggio è passato, ora», mormorò la giovane donna senza nascondere il proprio sollievo, come se fosse appena successo un miracolo.

Noctis trovò impossibile non accigliarsi e, umettandosi le labbra, tentò di schiarirsi la voce.

«Ero… messo tanto male?», riuscì a domandare, dandosi dello stupido per essere riuscito a pronunciare solo quelle stupide parole. Aveva così tante domande, dubbi e curiosità, ma il solo guardare quel viso lo rendeva inquieto.

La mente di Noctis, come sempre, lavorava molto in fretta e si lasciava spesso trasportare dai sensi e dalle impressioni scaturite dal suo attento osservare. La giovane donna era indubbiamente bella, ma qualcosa in lei sembrava quasi fuori posto… avrebbe osato definirlo strano . Forse erano gli abiti, oppure quegli occhi che, per quanto si fossero riempiti di quei sentimenti di gioia, non riuscivano a celare del tutto la loro malinconia. Non riusciva a comprenderlo ma era certo ci fosse qualcosa .

«Avete rischiato di morire…», prese la parola l’altra, « vi ho trovato fuori dalla porta, e sembravate una lastra di ghiaccio… ho fatto il possibile, anche quando è sopraggiunta la febbre», concluse, sporgendosi per poterlo aiutare a sedersi sul letto, con la schiena appoggiata alla testiera.

Noctis, finalmente da una posizione più comoda e meno rigida, la ascoltò in silenzio soppesando parola per parola quelle affermazioni.

«Mi avete salvato…», mormorò infine, «temevo di… non farcela», ammise dopo un’ultima, breve, esitazione.

«Non l'avrei mai permesso. E… siete stato forte, avete combattuto per tutto il tempo», aggiunse la giovane donna, con un tono più leggero e quasi divertito, stringendo addirittura un pugno come per enfatizzare le sue parole.

Era un movimento tenero e adorabile che, tuttavia, nascondeva non poco imbarazzo e che non sfuggì allo sguardo di Noctis.

«Vi ringrazio. Sono in debito con voi», decise però di rispondere, tentando di allontanare le sue impressioni, perché stava lentamente riacquistando il controllo del suo corpo e dei suoi sensi, tant'è che poté finalmente far scorrere gli occhi sulla stanza, scoprendola ricca ma semplice.

Vi era davvero un caminetto in un angolo della stanza, vicino a delle morbide poltrone in pelle scura. Il letto era a baldacchino, privato però dei suoi classici drappeggi, ma non delle elaborate decorazioni che caratterizzavano le colonne in legno.

Era la camera di un nobile - lui le conosceva bene -, ma qualcosa nell’arredamento in legno scuro e nei piccoli oggetti sopra di essi, la rendeva anche umile. Come quella giovane donna.

Posò di nuovo gli occhi su di lei, iniziando a scorgere in quel viso e dei capelli biondi ciò che aveva visto nei suoi deliri causati dalla febbre.

«Quanto… tempo ho dormito?», chiese incerto, studiando le reazioni di quel volto tanto delicato e bello.

«Circa due giorni. Questa sarebbe stata la terza notte, ma vi siete svegliato prima per fortuna», aggiunse l'altra, «stavo giusto venendo a controllarvi prima di portare la cena… non è stato facile darvi da mangiare in questi giorni…».

Come in uno specchio, l'imbarazzo e la timidezza della donna andarono a riflettersi sullo stesso Noctis che, stringendo le labbra, tentò di nascondere sia quel disagio che un sentimento più profondo e cupo: il terrore.

Gli stava tornando in mente la sua missione ora che era di nuovo in sé e quella deviazione, seppur involontaria, avrebbe potuto segnare il destino di Mani e Sol.

«Io… non posso restare qui», mormorò infatti.

«L-lo so», si affrettò a rispondere l'altra, come se quella frase l'avesse colpita dritta al cuore, «non… siete un prigioniero. Siete libero di andare quando e come volete… ma… vi prego : attendete solo di recuperare le forze», aggiunse infine, con tono di supplica. Sembrava esserci dell’altro in quella preghiera ma Noctis non riuscì ad afferrarlo. Sentì solamente il cuore stringersi in una gelida morsa che gli mozzò quasi il fiato, costringendolo a placare la sua smania di fuga.

A ben pensarci aveva ragione. In quelle condizioni sarebbe andato ben lontano, e lui aveva bisogno di tutte le energie possibili per tornare a casa.

«Lo farò», esalò, donando al viso della giovane un nuovo lampo di sollievo.

«Vi ringrazio. E… direi che è il caso di mangiare! Sì! Mangiare! Così potrete recuperare le forze!», esclamò poi con un’energia genuina che, come in precedenza, donò anche altre sensazioni a Noctis. Vi lesse infatti premura e altro imbarazzo, come se non fosse abituata a parlare con altre persone.

Tentò di assentire, stringendo le labbra e seguendo con gli occhi i movimenti concitati dell'altra che lo spinsero, quasi senza rendersene conto a bloccarla per porle un’ultima domanda.

«Non… so ancora il vostro nome».

Lo sguardo della giovane, ormai vicino alla porta, parve addolcirsi.

«Prompta», rispose infine, «E vi prego, datemi del tu… sono solo… beh, nessuno », concluse imbarazzata, torturandosi le mani guantate.

Noctis annuì, ripetendo mentalmente quel nome come per imprimerlo nella sua memoria.

«Solo… se poi fai lo stesso. Mi hai salvato, in fondo. Quindi, suppongo sia possibile… lasciarci alle spalle i convenevoli e darci del tu», mormorò qualche istante dopo, mostrandosi altrettanto imbarazzato, per poi presentarsi con un: «Il mio nome è Noctis».

Non era mai stato una cima nelle relazioni interpersonali e provava sempre un enorme disagio nel dover presenziare a riunioni del Consiglio o altri eventi mondani. Solo con la sua famiglia riusciva ad esprimersi, tuttavia in quel momento sentiva di potersi permettere di abbassare almeno un poco le sue difese perché, d’altro canto, non aveva molta altra scelta.

«Sono lieta di aver fatto la tua conoscenza, Noctis», soffiò Prompta.

La sua voce era sincera e morbida, come quella che aveva sentito mentre era in preda alla febbre, ma come in precedenza Noctis non poté fare a meno di scorgere una nota malinconica che rimase nell'aria, a braccarlo con tutte le sue incognite, mentre Prompta lasciava la stanza.

Rimasto solo, Noctis si concesse di esplorare ancora con lo sguardo la stanza. Lentamente ogni dettaglio stava prendendo forma e senso, a partire dalle decorazioni fino ai singoli pezzi d’arredamento che continuavano a confermare la sua prima impressione: si trattava di un’abitazione antica, appartenente a una qualche famiglia nobile.

La mappa che aveva osservato e studiato durante il viaggio non aveva mostrato nessun palazzo e neanche gli abitanti del villaggio, che aveva visitato prima di inoltrarsi nelle montagne, ne avevano fatto parola. Era possibile, come aveva già supposto, che il suo orientamento l’avesse portato molto più fuori rotta del previsto e per quel motivo sentiva di avere realmente bisogno di risposte e di segnare una nuova rotta per raggiungere gli hellebori.

Attese paziente il ritorno di Prompta o di qualche altro abitante del palazzo e solo in quel momento, mentre continuava a far scorrere lo sguardo su tutti gli angoli della stanza, riuscì a individuare il suo mantello in pelle, insieme agli stivali e ai pochi bagagli che aveva con sé. Erano riposti ordinatamente in una sedia non lontana dal letto e, se si escludevano gli indumenti che ancora aveva addosso, sembrava non mancare niente.

Non voleva dubitare del buon cuore dei suoi salvatori e sentiva che era addirittura impossibile nutrire dei sospetti per Prompta, vista la sua innata genuinità che era stata avvertita anche da lui solo dopo pochi minuti di dialogo, tuttavia era venuto quasi naturale sviluppare quei sentimenti.

Per fortuna li dissiparono subito quando la porta venne aperta di nuovo, mostrando la slanciata figura di Prompta. In viso aveva un’espressione buffamente concentrata e il motivo era facilmente immaginabile visto che tra le mani guantate aveva un vassoio contenente una caraffa, un bicchiere e un piatto fumante.

Noctis trovò quasi spontaneo tendere le braccia verso di lei quando fu abbastanza vicina, intenzionato ad aiutarla, rendendosi però conto, a causa della pesantezza dei suoi arti, che non sarebbe stato in grado di reggere a lungo quel peso, seppur minimo.

«Perdona il ritardo», mormorò la giovane donna chinandosi sul comodino per poter posare il vassoio, «non è molto ma… spero sia di tuo gradimento», aggiunse con tono leggermente imbarazzato.

«Non… ti preoccupare», la rassicurò Noctis lasciando le Prompta lo aiutasse poco dopo ad afferrare il piatto che conteneva uno spezzatino dal profumo forte ma invitante. Per lui fu impossibile non trattenere un basso sospiro di piacere nell’avvertire il calore di quel piatto sui suoi palmi tiepidi. Si beò di quella sensazione per qualche momento e solo dopo aver sentito il suo stomaco gorgogliare rumorosamente a causa del profumo di quel pasto, molto più sostanzioso di quelli che aveva avuto nei giorni precedenti.

Mormorò quieto ringraziamento e, stringendo le labbra, si costrinse a prendere il cucchiaio per poter iniziare effettivamente a mangiare.

Il sapore gli sembrò ottimo sin dal primo assaggio, non era un piatto da nobili ma era ugualmente ricco per mille altri motivi, e non poté non apprezzarlo perché aveva bisogno di forze per rimettersi in viaggio e quel pasto avrebbe sicuramente svolto il suo compito.

«Non ho potuto cacciare molto in questi giorni… ma dovrebbe essere abbastanza sostanzioso....», riprese Prompta, con un pizzico di aspettativa, ma anche di dispiacere, nella voce.

Noctis, con la bocca ancora piena, si impegnò prima di tutto ad annuire e poi a deglutire per poter rispondere in un modo un po’ più civile e congruo al suo ceto sociale.

«Non hai potuto cacciare?», domandò, trovando di principale importanza dare una spiegazione a quell’affermazione che alle sue orecchie giunse strana. Perché, Prompta, avrebbe dovuto cacciare? Non vi erano altri servitori in quel luogo? Oppure lei non era la proprietaria di quel palazzo ma solo un membro della servitù?
Prompta assentì imbarazzata, spostandosi un poco per poter riempire d’acqua il bicchiere.

«Mi sono presa cura di te, non potevo assentarmi troppo a lungo», spiegò, senza però cogliere realmente la perplessità di Noctis.
«No, io intendo… perché proprio tu? Sei l’addetta alla caccia del palazzo? I… signori di questo luogo sanno che sono qui?», chiese infine, accettando il bicchiere che Prompta gli stava porgendo. Ne bevve un sorso e sperò di non aver creato una sorta di problema politico perché, sinceramente, era l’ultima cosa di cui aveva bisogno.

La giovane donna si accigliò per quelle domande e Noctis, abbandonando per un momento il suo pasto, sperò di non averla offesa in qualche modo.

«Ci sono solo io qui», rispose con tono basso, quasi imbarazzato e forse anche indeciso, come se non avesse l’autorizzazione di svelare quel dettaglio che, per Noctis, aveva invece un vero e proprio peso.

Non poteva sapere quanto fosse grande quel palazzo, ma vista la grandezza di quella stanza - e anche per la sua esperienza personale -, poteva supporre che fosse ben più grande per una persona sola. Non poté non interrogarsi sul motivo dell’isolamento di quella donna, e Prompta sembrò non avere bisogno di sentire la sua domanda per tentare di rassicurarlo.

«Il mio protettore viene a trovarmi ogni due settimane. Non sono sempre sola», si affrettò infatti a dire, con un sorriso forzato che fece scorrere dei lunghi brividi lungo la schiena di Noctis.

Ciò che la sua mente stava elaborando con quei pochi dati a disposizione, insieme alle sensazioni, non dipingeva quella situazione come rosea, ma lo stavano costringendo a posare gli occhi su una circostanza cupa e malata, dove quella ragazza viveva segregata in quel palazzo da un protettore che solo di rado si mostrava a lei con chissà quali intenti.

Strinse le labbra, sperando che la sua fantasia fosse semplicemente troppo colorita in confronto alla realtà.

Si limitò quindi ad annuire, cercando di allontanare quei pensieri cupi e inquietanti che, egoisticamente, avrebbero potuto mettere a rischio la sua missione, già appesa ad un fragile filo.

«Lo spezzatino, comunque, è delizioso», mormorò, lasciando cadere quel discorso per riprendere a mangiare, tuttavia con meno gusto di poco prima.

Prompta apparve subito sollevata dalla sua dichiarazione, infatti Noctis poté notare che le sue mani, dapprima strette sulla gonna in piccoli ma decisi pugni, si sciolsero quasi all’istante, come se si fosse appena liberata di chissà quale peso.

Le sue labbra rosate si erano piegate delicatamente verso l’alto in un’espressione indescrivibile che si trasformò in un solo attimo in curiosità. Quell’interesse sembrò scontrarsi contro la riservatezza della giovane donna, ma alla fine fu proprio una dolce invadenza.

«Posso… chiederti perché ti sei avventurato fin qui?», si permise per l’appunto di domandare, con una vocina fine, tanto piena di curiosità quanto di vergogna.

Noctis, tra un boccone e un sorso d’acqua, studiò ogni minimo movimento di Prompta. Dal suo modo di socchiudere gli occhi fino ai più piccoli gesti inconsci delle mani. Era più forte di lui, non riusciva a distogliere lo sguardo, e solo quella domanda riuscì a riportarlo con la mente al presente.

Come quando era in preda ai deliri febbrili, si sentiva a cavallo di un labile confine tra illusione e realtà, e per quanto volesse concentrarsi sulla sua missione, i suoi sensi continuavano a catalizzarsi su quella giovane donna. Si costrinse a recuperare il controllo e la serietà necessaria per affrontare quel discorso, certo che ho quel modo avrebbe ottenuto anche le risposte che stava cercando.

«Sono qui per… cercare un fiore che cresce solo su queste montagne», spiegò, «l’helleborus, per la precisione. Tuttavia temo di essermi smarrito, infatti al momento non so neanche in quale parte di Niflheim mi trovo», ammise alla fine senza esporsi troppo.

«Per essere uno che si è perso sei arrivato molto vicino alla tua metà», rispose Prompta, con un piccolo sorriso, «quei fiori crescono a poco più di mezz'ora di marcia da qui».

Quell’informazione colpì Noctis direttamente nel cuore. I suoi occhi brillarono per l'esaltazione e la speranza, e dovette addirittura trattenersi dal balzare fuori dal letto.

«Come, scusa?», esalò, sperando di aver sentito bene.

«Quando ti sarai ripreso, ti porterò io stessa lì», propose Prompta, e Noctis non poté non sentirsi ancor più grato nei confronti di quella giovane.

«Mi hai salvato e mi stai nutrendo… ed ora mi prometti di aiutarmi nel trovare quei fiori. Non puoi sapere quanto questo mi renda felice», ammise con tono onesto e sincero, «come posso ricambiare?»

Avrebbe fatto di tutto pur di ripagare quell’immenso debito, perché Prompta non aveva salvato solo la sua vita, ma stava contribuendo anche a mettere in salvo le giovani esistenze dei suoi nipoti.

La giovane donna apparve tuttavia subito a disagio nel sentire quella sua semplice ma genuina domanda.

«Non ho bisogno di niente… lo faccio con piacere», rispose infatti, con gli occhi che correvano da una parte all’altra della stanza, come se si stesse aspettando di vedere apparire chissà cosa - o chi .

Quel gesto, ovviamente, non sfuggì allo sguardo di Noctis che, abbassando il piatto ormai vuoto sulle gambe, si chiese se fosse o meno giusto lasciar correre in quel modo tutti quei segnali negativi che sentiva provenire da Prompta. Era una sconosciuta, non sapeva assolutamente niente della sua vita, ma lo aveva anche salvato e qualcosa gli diceva di non poter ignorare quel dettaglio.

«Ti ringrazio per il pasto, era ottimo», commentò alla fine, riuscendo in qualche modo a lasciare in sospeso tutte quelle domande che, con ogni probabilità, sarebbero suonate troppo invadenti alle orecchie della sua giovane salvatrice.

«È un piacere», mormorò in risposta Prompta, piegando un poco le labbra in un sorriso che si tinse lentamente di malinconia, «spero di poterti condurre presto ai fiori che stai cercando, in modo che la tua missione su queste montagne possa definirsi finalmente conclusa», gli augurò poi con gentilezza e Noctis assentì.

Nutriva anche lui le stesse speranze di Prompta. Voleva con tutto se stesso che quella missione si risolvesse rapidamente e nel migliore dei modi, e per farlo sapeva di doversi affidare a quella giovane donna. Non sarebbe stato semplice, però ci avrebbe provato, tentando al tempo stesso di riuscire a tenere a bada i suoi pensieri troppo invadenti.

Forse era la stanchezza e la situazione anomala, ma in ogni caso Noctis sapeva di non essere un ficcanaso e mai lo sarebbe stato. Proprio per quel motivo era certo di dover fare di tutto pur di ignorare la sensazione gli diceva di dover indagare per mettere a tacere quei dubbi che gli stavano attanagliando l’animo.

Non sarebbe stato gentile e né tanto meno educato nel compiere un gesto simile, inoltre doveva la sua vita a Prompta e non poteva mancarle di rispetto in quel modo. Doveva solamente concentrarsi sul suo compito che poteva essere definito di vitale importanza. Non poteva permettere a niente e a nessuno, curiosità compresa, di intromettersi nella sua strada verso la cura per i suoi nipotini.




   
 
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