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Autore: Himenoshirotsuki    07/04/2018    3 recensioni
Le Jinian, un popolo, una leggenda. Dimenticate dagli umani e anche da tutte le altre razze, questa tribù di quasi solamente donne viaggia da una parte all'altra del mondo. Nascoste agli occhi di ogni mortale, sono le uniche ancora in grado di usare la magia elementale, senza che essa, a lungo andare, le corrompa. Nemeria è solo una delle tante bambine della tribù e non ha niente di speciale. Adora sua sorella Etheram e il suo dolce fratellino Rakhsaan, ama combinare guai e, come tutte le sue compagne, si è sempre esercitata nell'arte della magia e della manipolazione degli elementali che vivono in lei per poter un giorno diventare una Jinian. Ma tutto cambia all'improvviso quando la sua tribù viene attaccata da una banda di briganti, vestiti con un'armatura completamente nera e una maschera bianca a coprir loro il viso. Il destino mette Nemeria davanti a una scelta: diventare un vero guerriero e combattere per sopravvivere oppure vivere all'ombra di ciò che il fato ha scritto per lei.
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Fuoco 2

22

L'inizio del Torneo

"Si dice che la verità trionfa sempre, ma questa non è una verità."
Anton Čechov

La stanza di Abayomi e Zahra era come Nemeria se la sarebbe aspettata: una copia di quella sua e di Noriko, solo che i letti erano stati avvicinati e l'armadio, al posto di essere vicino alla testiera, era stato spostato sul fondo, ad angolo con la cassettiera. Se non fosse stato per quel cambio di disposizione e per il disordine – la tunica abbandonata sulla sedia, i sandali spaiati, il mantello accartocciato ai piedi del letto – sarebbe stata uguale identica in tutto e per tutto alla loro.
- Perdona la confusione, ma sai, non aspettavamo ospiti. - si scusò Abayomi.
Si slacciò le endromìs e con un calcio le gettò sotto il letto, mentre Zahra si limitò a buttarsi sul materasso. Le assi emisero un cigolio sofferente, ma in qualche modo riuscirono ad ammortizzare il contraccolpo del suo peso.
- Siediti, abbiamo molto di cui discutere. - la invitò Abayomi, indicandole la sedia sempre con quel suo sorriso impertinente, - Ah, per favore, non bruciare nulla. Sai, a quella tunica ci tengo particolarmente e mi dispiacerebbe davvero molto dovermela far ricomprare. -
Nemeria strinse forte il pugno dove teneva la pietra di luna, trasse un profondo respiro e si sedette con controllata lentezza. Non spostò la tunica e, a parte il naso arricciato di Zahra, Abayomi non parve infastidirsi.
- Quindi alla fine ti sei decisa. Lei diceva che non avresti accettato, io invece ero sicuro che ti saresti fatta viva. - calcò la voce su quella parola, sibilando la "s" tra i denti.
Si appoggiò con la schiena alla testiera, accavallò le gambe e intrecciò le dita dietro la nuca. La luce si incanalava nelle grinze della pelle ustionata del braccio, ruscellando fino a svanire oltre l'orlo della tunica. Era una cicatrice rossa, lucente e gonfia come quella che deturpava la mano di Nemeria, ma a differenza della sua, quella di Abayomi somigliava più a lana rovinata dal tempo, una seconda pelle striata di giallo dove i morsi del fuoco erano più profondi.
Se non fosse stato così crudele, avrebbe potuto provare pietà per lui.
- Eccolo. Lo vedi anche tu, Zahra? Quello sguardo colmo d'odio... quanto mi piace. - la indicò con un cenno del mento, - Ci avevo visto giusto nella nostra piccola arena privata. Con quegli occhi così particolari e quella rabbia farai faville anche qui. Però cerca di darti un minimo di contegno: lo spettacolo non è bello se dura troppo poco. -
- Non sono affari tuoi cosa faccio o non faccio. -
- Oh, sì che lo sono. Rimango pur sempre il tuo primo mentore. Se solo non ci avessero catturato subito, sai quanti soldi avremmo riscosso? Tutti lì a scommettere contro di te e poi, sorpresa delle sorprese, sei riuscita a mandare Zahra quasi al tappeto. Era da tanto che non mi divertivo così. - si volse verso la sua compagna e sfiorò la sua spalla con una carezza leggera, prima di tornare a guardare Nemeria, - Ormai quel che è stato è stato, come diceva un saggio, e ora eccoci tutti qui, una bella rimpatriata tra vecchi amici. Mi berrei volentieri un birra. Anche tu la vuoi, Zahra? -
La ragazza annuì. Da quando erano entrati nella stanza, non le aveva staccato gli occhi di dosso. Spesso Nemeria l'aveva vista scrocchiare le dita o contrarre la mascella, le narici appena dilatate: voleva spaccarle la faccia tanto quando lo voleva lei.
- Ma veniamo al dunque. Dammi quel ciondolo e ti dirò tutto quello che so sui tuoi amici topolini. -
- Come faccio a sapere che non ti rifiuterai di parlare dopo che te l'avrò dato? -
Abayomi storse le labbra in una smorfia offesa. Era un bravo attore, glielo doveva riconoscere.
- Fiammella, mi offendi così. Un uomo come me non può che piegarsi al volere della fortuna se questa ha sancito la tua vittoria. - tirò fuori la moneta e la lanciò in aria, per poi riprenderla tra due dita, - Il nostro accordo era chiaro: se avessi vinto, ti avrei rivelato quello che sapevo; se avessi perso mi sarei potuto, come dire... dimenticare alcuni dettagli importanti. Purtroppo la stanchezza mi rende difficile ricordare tutto, ultimamente. -
La presa si serrò ancora di più attorno alla pietra di luna. Il suo effetto calmante contrastava appena il tumulto nel petto di Nemeria, era come se non riuscisse a contenere e immagazzinare tutta quella rabbia. Già il tenerla in mano, però, le dava la forza di preservare il controllo e mantenere a fuoco tutti i consigli di Pavona. L'ultimo regalo di sua sorella, l'unico oggetto sopravvissuto assieme a lei all'eccidio della sua tribù... Abayomi non era degno nemmeno di sfiorarlo.
- Devo interpretare questo tuo silenzio come un ripensamento, mia cara? - la stuzzicò.
- No. -
Afferrò il ciondolo per il laccio e lo issò fino ad averlo davanti agli occhi. Era un regalo di augurio per il suo apprendistato come Jinian. Era stato qualche mese prima. Una vita fa, un'eternità.
Abayomi ridacchiò e si protese verso di lei, scoprendo le labbra sulla fila di denti rovinati.
- Onora il nostro contratto. -
Allungò il braccio e le fece cenno con il dito di dargli il dovuto. Nemeria indugiò ancora e poi vi appese il ciondolo. Prima che si allontanasse, gli artigliò il polso e lo strattonò verso di sé. Il tepore della sua pelle svaniva in cenere nel calore della sua stretta.
- Me la riprenderò. - ringhiò, i polpastrelli premuti contro la vena. - Sappi che me la riprenderò. -
Zahra era già scattata quando Abayomi la rimise al suo posto con uno sguardo. Quando tornò a guardare Nemeria, aveva la pupilla dilatata e gli angoli della bocca tremolavano in un ghigno estatico.
- Non vedo l'ora di giocare di nuovo con te, Fiammella. Sapere che ci incontreremo di nuovo... non immagini quanto mi ecciti. -
Si umettò le labbra e le stampò un rapido bacio sul dorso della mano. Nemeria mollò subito la presa e si pulì sulla tunica, scatenando l'ilarità di Abayomi. Passò un minuto abbondante prima che riuscisse a recuperare il controllo. Si asciugò le lacrime e scrollò le spalle, lisciandosi la tunica sul petto. La rapidità con cui tornò serio, con le labbra appena stirate in un accenno di sorriso, aveva un che inquietante.
- Dunque... vuoi che parli io oppure hai delle domande specifiche da pormi? -
- Voglio sapere tutto di ognuno di loro. Dove sono, se stanno bene, se c'è un modo per raggiungerli. -
Abayomi si mise il ciondolo al collo e si stravaccò contro Zahra. Lei lo abbracciò da dietro, allacciandogli le dita attorno al bacino.
- La ragazza che avevamo preso in ostaggio è stata venduta a Mina. Adesso fa parte della sua servitù e si occupa delle faccende di casa. L'ultima volta che sono andato a casa sua, stava giusto pulendo il pavimento. -
Nemeria si sentiva la gola disidratata e le labbra secche. Deglutì a vuoto e irrigidì i pugni fino a perdere la sensibilità nelle dita. Mina e Kimiya. No, non poteva essere.
- Non ti preoccupare. Finché farà esattamente quello che Mina le dice non le accadrà nulla. La villa di Mina è nel Quartiere del Ghiaccio. Adel e Mina sono molto amici. Sia io che Zahra abbiamo avuto modo di vederla spesso, ma... diciamo che Mina e Tyrron non vanno molto d'accordo. Se e quando riuscirai a conquistarti una maggiore libertà, forse potrai incontrarla.- si fermò, si passò il labbro tra i denti e soffiò una risata gracchiante, - Sempre che sia ancora lì, si intende. -
- Cosa intendi? -
- Proprio quello che ho detto. Mina gestisce anche la maggior parte dei bordelli del Quartiere del Fuoco. Si dice, anche se non ho avuto modo di appurarlo, che si occupi di soddisfare qualsiasi bisogno per il giusto prezzo. Per certi lavori la bocca non serva mica per parlare. -
Lo sguardo obliquo che le lanciò, a metà tra il divertito e l'eccitato, le fece venire i brividi.
- Mi fai schifo. -
- È questo il lato divertente di questa situazione. Tu mi odi, ma non puoi fare a meno di me. - arrotolò il laccio e la pietra di luna attorno al dito e continuò, - La puttana di Dariush e il moccioso intelligente sono riusciti a scappare, invece. Quando i kalb sono tornati, si sono dileguati nella folla prima che potessero bloccare le uscite. Non ricordo di averli visti durante la vendita, no, Zahra? -
- No, non c'erano. -
- Sarai contenta di sapere che probabilmente sono tornati a strisciare nelle vostre amate catacombe. -
Anche se avrebbe voluto rimanere impassibile, Nemeria non poté non tirare un sospiro di sollievo. Chiuse gli occhi e spinse con forza la rabbia contro la parete della sua anima.
- Non chiamarli così. - sibilò.
- Il ratto e la puttana? Perdonami, forse le mie parolacce ti turbano? -
Si stava prendendo gioco di lei; la pungolava e poi si ritraeva, saltellando lontano come un amdir, un folletto crudele del deserto. La provocazione del topo nascosto sotto una foglia di stramonio.
- Vai avanti. -
A quel ringhio, Abayomi allungò le gambe e si sistemò meglio tra quelle di Zahra.
- I due gemelli so solo che sono stati divisi. Il maschio è stato comprato da Siamak, mentre lei è finita tra le mani di un Alatfal'yl con un nome insignificante... Arshia, mi pare di ricordare. Invece, a essere comprate in coppia sono state le due ragazze, quelle basse che stavano sempre assieme. Come si chiamavano? -
- Afareen e Chalipa. -
Abayomi schioccò le dita con un ghigno vittorioso.
- Ecco, loro sono andate con una donna con le sopracciglia tinte di rosso e il collo appesantito da almeno dieci collane d'oro. Se non le hanno spedite a fare le puttane, probabilmente adesso faranno parte della servitù di qualche nobile. -
- E di Hami? Di Hami si sa nulla? -
- Il fratello del Ratto è stato comprato da un uomo tutto muscoli, forse un qualche fabbro, considerando le mani unte e sporche di nero. Non ti so dire chi sia: le armi sono troppo difficili da rivendere, anche per un genio come me. -
Nemeria rimase in silenzio a macinare tutte le informazioni. Tutti, a modo loro, stavano bene e si erano salvati. Sopravviveva un solo nome da spuntare alla lista. Per quanto lo odiasse, era giusto che chiedesse anche di lui.
- E Dariush, invece? -
- Non credevo ti interessasse sapere qualcosa di lui. -
- Era comunque un membro della famiglia. -
- Questo tuo attaccamento è commovente, Fiammella. Nonostante tutto quello che ha fatto alla sua donna, a te interessa sapere se è vivo o se è morto. Sono davvero colpito. -
- Parla. - ringhiò Nemeria di rimando.
- Ammetto sia anche divertente stuzzicarti, ma per oggi è meglio non tirare troppo la corda. - gracchiò e si sistemò in modo da intrecciare le gambe con quelle di Zahra, - Lui è stato comprato da Mina ed è diventato uno dei suoi gladiatori preferiti. Domani, se vi affronterete, sarà una gran bella sfida. -
Il tono crudelmente divertito della sua voce non le piacque affatto.
- Vive nell'altra ala della scuola? -
- Ovviamente. Ho sentito voci interessanti su di lui, roba da farti tremare fin nelle ossa. -
- Cosa? -
- Cose da paura, come ti ho detto. - alzò la pietra di luna all'altezza occhi di Zahra, - Che ne dici? Questo vale abbastanza per rivelarle ciò che abbiamo sentito? Ah, e non dire di no solo perché ti sta antipatica, capito? -
La Dominatrice non rispose subito. Si prese il suo tempo per squadrarla, per sezionarla con quegli occhi così colmi di risentimento che Nemeria poté sentirne il peso tangibile sulla pelle. Fu allora che le balzò all'occhio la leggera bruciatura che le deturpava la guancia. Si mimetizzava molto bene nel colorito scuro, ma più la guardava più coglieva i segni di diverse cicatrici. Quelli più espansi si localizzavano sul viso e sulle braccia ed erano ustioni. Lievi, lievissime ustioni che lei le aveva inflitto durante lo scontro alla cisterna.
- Non lo so. Sei tu l'esperto di queste cose. - proferì dopo un po'.
- Dai, pensaci. Sei una Dominatrice della terra, te ne intendi di gemme e pietruzze. -
Zahra la prese in mano e la osservò in controluce con solo un occhio aperto. Solo il tenue lucore giallastro che barbagliava sul fondo della pupilla lasciava intendere a Nemeria che la stava analizzando.
- È una pietra di luna pura, senza altre contaminazioni. - la lasciò cadere sul palmo aperto del suo compagno.
- Allora posso scucirmi un po'. - decretò Abayomi.
Non aveva smesso di fissarla nemmeno per un istante. Per quanto la rabbia le facesse ribollire il sangue, Nemeria non poteva non sentirsi intimorita. Non sapeva se a raggelarla fosse il suo viso deturpato dalle fiamme o la follia in quegli occhi senza ciglia che trasfigurava ogni suo sorriso in un ghigno.
- Dicono che è uno di quei gladiatori che arriva sempre al suo limite, ma che in qualche modo riesce a tornare indietro. Quando gli manca tanto così dal diventare un mostro, ecco che rinsavisce. Mina lo adora proprio per questo. Lo dice spesso quando andiamo a cena da lei e lo guarda con degli occhi, oserei dire, da innamorata. - simulò un sonoro sospiro d'amore e sghignazzò, divertito da se stesso, - Io ci spero sempre che scoppi mentre siamo lì, ma sa mantenere bene il controllo. -
- Non l'ho visto durante la prova. - obiettò Nemeria.
- Che importanza ha? Mina ha già preventivato che, probabilmente, non arriverà vivo alla fine del torneo. È andato troppo in là per poter tornare indietro. - si massaggiò il mento, corrucciò le sopracciglia e accarezzò la coscia di Zahra, meditabondo, - Ammiro la sua stupidità per certi versi. Ha creduto di poter fare soldi combattendo nell'arena e ha continuato a farlo finché persino lui ha capito di essere a un passo dal trasformarsi in Jin. -
- Dariush? Nell'arena? -
- Dalla tua faccia devo dedurre che non ne sapevi nulla. - batté le mani e le strofinò le une contro le altre, - Ebbene sì, il vostro amatissimo capo ha sempre combattuto, da prima di conoscere quella Sha'ir. Poi si è trovato tra le mani quel piccolo bocconcino di Altea e l'ha presa con sé. Andava in giro a dire che non le avrebbe mai più fatto del male, né a lei né alla sua amica. Ah, chissà cosa penserebbe il suo vecchio se stesso se solo scoprisse che oltre a scoparsela, la picchiava pure. Ma d'altronde cosa ci si poteva aspettare da un contadinotto come lui? Non poteva salvarsi da solo, figuriamoci aiutare due puttane. -
Nemeria non ci vide più. Si alzò così tanto in fretta da far cadere la sedia e balzò sul letto. Le sue mani ghermirono il vuoto a un pollice dal collo di Abayomi, i polsi bloccati dalla stretta di Zahra. Benché la sua pelle fosse caldissima, le pietre che rivestivano le braccia della Dominatrice costituivano una corazza troppo spessa perché potesse ferirla.
- A-ah, stavolta ci hai provato, ma ti è andata male. La cagna Tian non ti ha insegnato che la stessa tattica non può funzionare due volte? -
Le mise un piede sul petto e Zahra lasciò la presa nel momento in cui Abayomi la calciò via, con una forza che Nemeria non immaginava avesse. Cadde dal letto e sbatté la testa contro il pavimento. Rotolò su un fianco e si portò le mani alla testa per proteggersi. La stanza girava e i contorni pulsavano, dilatandosi e riempiendosi a ogni battito di ciglia.
- La tattica non è il tuo forte. -
Abayomi si inginocchiò al suo fianco. L'ombra di Zahra incombeva su di lei dall'altra parte, le mani strette a pugno piegate e già pronte a colpire.
- Ma non è questo il luogo per il nostro confronto. Ammetto di preferire l'intimità della nostra piccola arena, ma qui ci si diverte molto di più. - le prese il mento e le strinse le guance, costringendola a una smorfia ridicola, mentre descriveva il contorno dell'orbita col pollice, - Questi occhi mi fanno impazzire. Gira voce che nelle tue vene scorra sangue di Jarkut'id, però io sono certo che ci sia qualcosa di più dietro. Il modo in cui hai usato il fuoco durante lo scontro contro Zahra, quell'esplosione di fiamme... ho visto solo una persona nella mia vita usare il potere in quel modo ed è la stessa che mi ha ridotto così. -
Nell'anima si aprì una crepa e Nemeria si sentì tremare fin nelle viscere. La sua mente si svuotò, i pensieri smisero di respirare e le orecchie fischiarono come in apnea. Tutto rimase immobile e sospeso finché il calore non ridusse la paura in una nube di vapore.
- Allora? Ci ho preso? -
- No, e sai perché? - Nemeria ricambiò il suo ghigno con il suo miglior sorriso, - Se fosse stato per me, tu a quest'ora saresti stato solo un mucchio di cenere. -
Il ghigno sulle labbra di Abayomi divenne incerto, si accorciò e si allungò un paio di volte prima di esplodere in una risata sguaiata. Poi la costrinse in piedi e la attirò a sé, così vicina che i loro nasi quasi si potevano toccare.
- Spero di poter combattere con te domani. - sibilò euforico.
- Non ho paura di te. Né di te, né di Zahra. -
- Oh, lo so. Ma anche la bambina più cattiva con la giusta dose di educazione capisce qual è il suo posto. -
La lasciò andare e aprì le braccia, girando su se stesso, come per raccogliere i consensi di un pubblico invisibile. Si appoggiò a Zahra e le soffiò qualcosa all'orecchio che strappò anche a lei una risata.
- Brindiamo a domani e ai nostri scontri. Che la fortuna sia sempre con noi! - si bloccò, riversò la testa all'indietro e si passò una mano lungo il collo, - Ora, se non hai altri affari da proporre, direi che te ne puoi andare. Qualcuno potrebbe interpretare male la tua permanenza qui. La tua amica... non vorrei mai fraintendesse i nostri rapporti. -
A Nemeria saltò in mente una parola. Arsalan la ripeteva spesso quando gli affari andavano male e l'aveva sentita sussurrare da sua madre, salvo poi rimangiarsela e correggersi subito. Il calore diminuì e questa prese forma nella sua naturale nitidezza.
- Fottiti. - scandì e alzò il dito medio, prima di aprire la porta e uscire a grandi passi.
 
Quando tornò in camera, Noriko era stesa sul letto a leggere il suo libro. Quando Nemeria rientrò, abbassò il tomo – "L'arte della calligrafia", lo stesso dell'altra volta – e dopo un lieve cenno di saluto lo ritirò su.
- Alla fine gliel'hai data. - esordì neutra.
Nemeria prese il chitone dall'armadio, si cambiò e si buttò sul letto. Si sentiva accaldata, quasi febbricitante, e l'eccitazione si mescolava alle braci non ancora spente della rabbia.
- Non avresti dovuto farlo. Adesso sarà ancora più difficile controllarti. -
- È stato necessario e mia sorella... mia sorella avrebbe fatto la stessa cosa. -
Noriko sospirò, si bagnò il pollice con la lingua e girò pagina.
- Almeno hai ottenuto ciò che volevi? -
- Sì. Sapere che fine hanno fatto gli altri membri della nostra famiglia. Non riuscivo a dormire la notte pensando che poteva esser successo loro qualcosa. -
- Ti eri molto affezionata a loro. -
- Sì. - socchiuse le palpebre e abbandonò il dorso della mano sulla fronte, - So che per te non era lo stesso, ma per me era importante. -
- Ti senti meglio, ora? -
Già, come si sentiva? Era successo così tanto e così in fretta che non aveva avuto tempo di indagare su cosa provasse. Passò le dita sul collare, sulle placche d'oricalco calde. Non si era resa conto fino a quel momento di quanto la pietra di luna attenuasse le sue emozioni. Ora, l'unica cosa rimasta, era quella striscia di cuoio rinforzato.
- Credo di sì. Però è difficile capire. -
Noriko annuì come se già avesse intuito la risposta e appoggiò il libro contro la coscia piegata.
- Pensi di potermi dare delle spiegazioni? -
Nemeria aveva preso la sua decisione. La ponderò ancora nel breve lasso di tempo che ci mise per mettersi a sedere, ma si rese conto che l'unica cosa che desiderava era eliminare il disagio che c'era tra di loro.
- Ti ricordi quando sono andata all'arena a vedere il circo? -
- Sì. -
- Lì ho incontrato una mia vecchia parente. Si chiama Pavona ed è una Dominatrice della terra molto brava. È stata lei a venire a trovarmi tutte queste sere per spiegarmi come controllarmi. -
- E come avrebbe fatto a entrare qui? Sai che solo i Syad e i lanisti sono ammessi. -
Lo scetticismo nella sua voce la infastidì, ma Nemeria si sforzò di non darlo a vedere. Distese le gambe, le tirò su e le allungò di nuovo, incapace di stare ferma.
- Che tu ci creda o meno, lei è capace sia di dominare la terra che l'aria. L'aria non benissimo, eh, però riesce a prendere il possesso del corpo di un corvo e a comunicare telepaticamente con me. -
Noriko poggiò il libro sul comodino con una lentezza controllata, si sedette e si protese verso di lei.
- Significa che è come te, dunque. -
- Sì. -
- Deve essere una cosa di famiglia. -
Nemeria assentì con un mesto sorriso: non poteva immaginare quanto fosse vera quell'ultima affermazione.
Noriko non sembrava sorpresa. Non sembrava nulla, in effetti.
"Forse si è abituata alle stranezze."
- C'è altro che vuoi dirmi? -
- Sì, ma è complicato da spiegare e non so se mi crederesti. -
- Mettimi alla prova. -
Nemeria si mordicchiò le labbra e volse lo sguardo in alto. Se i pensieri fossero stati bolle, ora starebbero fluttuando a qualche pollice dal soffitto.
- Mi piacerebbe parlartene dopo il torneo. È davvero complicato. Cioè, non lo è, ma io non so come spiegarlo senza farlo sembrare assurdo. -
Noriko abbozzò un sorriso, il primo da quando la prova era terminata.
- Cosa ti ha fatto cambiare idea? -
- L'hai detto anche tu. - si tirò su a sedere e chiuse le proprie gambe attorno a quelle della sua compagna, - Le altre sono importanti, lo siete tutte per me. Però tu mi sei sempre stata vicino. Mi hai sostenuta, mi hai supportata e sopportata, anche quando non facevo altro che piangermi addosso. -
Era così semplice parlare, come non lo era mai stato. A Nemeria bastava chinarsi per raccogliere i pensieri e porgerli a Noriko. Erano sempre stati lì, come fiori sbocciati e mai seccati.
- Quindi grazie. Grazie per esserci stata fin dall'inizio. -
Fece passare le braccia sotto le ascelle e la acchiappò in un abbraccio soffocante, nascondendo il viso tra la spalla e il collo. Il sorriso le si formò spontaneo sulle sue labbra quando Noriko sussultò e si irrigidì.
- Ti voglio bene. Sei la mia migliore amica. - le sussurrò e la strinse ancora di più.
- Nemeria... -
I polpastrelli sfiorarono le spalle, le mani si aprirono impacciate, si appoggiarono sulla schiena e sospinsero Nemeria contro il suo petto. Con solo il chitone addosso, il suo calore, il calore di Noriko, filtrava attraverso la stoffa, la avvolgeva e le accarezzava il cuore.
- Ti prometto che dopo il torneo ti racconterò tutto. -
- Va bene, aspetterò. L'ho fatto finora, qualche giorno in più non mi ucciderà. -
Scoppiarono entrambe a ridere. Noriko poi le prese il viso tra le mani e appoggiò la fronte contro la sua, fissandola da dietro le ciglia, le palpebre socchiuse. Nemeria non l'aveva mai sentita così vicina, così presente. Era come se la barriera che le aveva sempre tenute divise fosse improvvisamente crollata.
- Promettimi che starai attenta durante il torneo. Ci saranno anche i membri del Consorzio e se scoprissero quanto sei speciale, ti porterebbero via in un luogo da cui non puoi fuggire. - si morse le labbra e inspirò l'aria del suo respiro, - Da cui io non posso salvarti. -
Nemeria le prese le mani e le raccolse tra le sue. Racchiuse in quel modo, le sue erano la corolla e quelle di Noriko gli stami di un fiore nel chiarore dell'albeggio. E l'irritazione che le faceva formicolare le dita non era abbastanza per deturpare quell'incastro perfetto.
- Se lo prometto, la smetterai di preoccuparti per me? -
- Non lo so... non puoi chiedere a uno scorpione di non pungere. -
Roteò gli occhi al cielo e scosse la testa. Relegò sotto quel calore il sospetto che Abayomi avesse intuito qualcosa di lei
- Non mi farò scoprire. L'ho promesso anche a Pavona che sarei sopravvissuta. -
Noriko assentì. Lentamente, ritirò le mani e si distese sul letto, braccio sotto la nuca.
- A proposito, hai riportato le bacche tanu a Nande? -
- No, perché? -
Nemeria ebbe come una folgorazione. Saltò giù e guardò sotto il letto: il sacchetto era sparito.
- Avevi intenzione di usarle? -
- No, ma Nande mi aveva detto di ridargliele se non le avessi usate. -
Noriko sospirò e la prese sottobraccio: - Adesso non ci pensare. Domani abbiamo il torneo, che è la cosa più importante per riavere la palla di pelo. Se poi Nande ti farà domande, le dirai che le hai date a me. -
- Ma non è vero. -
- Preferisci dirle che le hai perse? -
Nemeria sospirò e si infilò sotto le coperte. Forse non era niente di che, ma sapere che qualcuno si era appropriato di quelle bacche la faceva sentire inquieta. Chiuse forte gli occhi e scosse la testa. Batuffolo. Doveva pensare solo a Batuffolo.
- Buonanotte. - le augurò Noriko.
Nemeria strinse il lenzuolo a pugno contro il petto.
- Sogni d'oro. -
Prima di scivolare nell'incoscienza, la sua mente le rimandò il ricordo tattile del caracal appoggiato contro il suo fianco. E per un momento fu come se non glielo avessero mai portato via.
La mattina, con grande sorpresa di Nemeria, non fu Noriko a svegliarla. Un bussare insistente anticipò le mosse della sua compagna e indirizzarono i suoi passi verso la porta.
- Adunata prima del torneo. Fare colazione e poi andare al campo prova. - tartagliò Ozgur.
La velocità con cui aveva biascicato le parole tradiva l'agitazione nella sua voce.
- Abbiamo tempo di fare colazione? -
- Sì. Tutti fare colazione, ma fretta. Poi tutti lì, come aghà Koosha ordinare. -
- Ho capito. -
Nemeria tentò di alzarsi, ma Noriko chiuse la porta prima che riuscisse a raddrizzare le ginocchia.
- Ti ho messo la kandys meno stropicciata sul mio letto. -
Il "sì" venne inghiottito da uno sbadiglio. Nemeria si stropicciò gli occhi finché i pallini multicolori non svanirono e le parve di avere di nuovo la testa attaccata al collo. Rimase immobile, con le braccia distese sopra la testa e il lino teso sui gomiti. Era stano on sentire più il tonfo sordo della pietra di luna tra le clavicole. Si liberò dalla tunica, la buttò a terra e colta dal panico fece saettare lo sguardo per la stanza. Poi il ricordo della sera precedente le si profilò davanti agli occhi.
- A che pensi? -
Non le servì girarsi per sapere che Noriko si era seduta sul letto e si stava pettinando i capelli, con la testa inclinata nella sua direzione.
- A niente. - rispose.
- Nemmeno alla palla di pelo? -
Nemeria scrollò le spalle e strinse il nodo della cintura sulla vita. Percepiva il suo corpo, le fibre di ogni singolo muscolo, il battito calmo del proprio cuore, il calore pulsante del potere di Agni.
- Penso solo che non ho paura. -
Quando lo disse, si rese conto che era vero: anche senza la pietra di luna, era in grado di camminare da sola. E anche se faceva male sapere di poterne fare a meno, non si pentiva di essersene separata. L'assenza della sua confortante presenza non era altro che un'ombra che oscurava appena l'orgoglio che le colmava il petto.
- Non credo di essermi mai sentita così. -
- Così come? -
- Fiera di me stessa. - si chinò e si allacciò le calige, - Almeno, non mi sono mai sentita così tanto fiera di me. Anche se la rivoglio, non ho rimorsi per quello che ho fatto. -
Le venne spontaneo ripensare a sua sorella e sorrise quando le parve di sentire la sua mano posarsi sulla spalla.
- Se vincerò, dedicherò la vittoria a entrambe le mie famiglie. - sancì e più quell'idea metteva radici nella sua mente più il calore nel petto aumentava, - Sì, se riuscirò ad arrivare alla fine, voglio che sappiano quanto siano stati importanti per me. E quando potrò uscire dalla Scuola, brucerò gli incensi nel deserto e poi andrò a cercare Altea, Hirad, Kimiya e tutti gli altri per ringraziarli. -
Noriko sorrise, si alzò e le batté una pacca sulla spalla.
- Andiamo. -
Scesero le scale e andarono a fare colazione, che quella mattina consisteva in una zuppa d'avena a base di latte e frutta a pezzi. Ahhotep la mangiò lentamente, fiocco per fiocco, mentre Durga era già a metà quando presero posto. Con sollievo e fastidio assieme, Noriko constatò che il tavolo in fondo al refettorio, quello dove di solito sedevano Abayomi e Zahra, era vuoto.
- Non so il perché di questa variazione, ma lo apprezzo davvero molto. - commentò con le labbra cerchiate d'un alone bianco.
- Anche io. È davvero buona. - concordò Nemeria.
Nonostante avesse lo stomaco sottosopra per l'agitazione, il sapore dolce della pesca la metteva di buon umore, anzi le sembrava che avesse un gusto più zuccherino del solito.
- Forse è perché oggi comincia il torneo e questo è un incentivo per dare il meglio. - suggerì Durga.
- O forse non avevano voglia di buttare la frutta e hanno deciso di darla a noi. -
- 'Tep! -
- Era solo un'ipotesi. -
Durga le scoccò un'occhiata risentita e tornò a raspare il fondo della scodella. Ahhotep ingoiò un altro paio di cucchiaiate e poi le porse la propria razione.
- Ma non ne hai nemmeno mangiata metà... - il broncio si asciugò in un'espressione preoccupata, - Non ti senti bene? Non ti piace? -
La ragazza fece spallucce e si pulì le labbra tamponandole col tovagliolo.
- La tensione mi ha chiuso lo stomaco. -
- Ma sei sicura? Tu mangi sempre così poco... -
- Tranquilla, sto bene. - le accarezzò la spalla e gliela strinse per rassicurarla, - Ora muoviti a mangiare. Non voglio essere l'ultima ad arrivare. -
Durga non se lo fece ripetere e, dopo le prime cucchiaiate, Ahhotep parve rilassarsi. Diresse lo sguardo oltre le spalle di Noriko, deviando la sua attenzione sulla sua compagna solo di tanto in tanto, come se al tavolo ci fossero solo loro due.
Nemeria inspirò profondamente e, ignorando il prurito alle mani, continuò a mangiare finché non rimasero altro che i grumi lattiginosi sul fondo della scodella. Senza la pietra di luna, sopportare quell'atteggiamento di evidente noncuranza metteva a dura prova la sua pazienza.
Al campo centrale, oltre ai Syad e alle guardie, erano presenti i diversi lanisti e Koosha. Attesero l'arrivo degli ultimi partecipanti. Poi le due bambine della volta precedente avanzarono di un paio di passi e fecero l'appello. Soltanto quando ebbero spuntato anche l'ultimo nome, due servi portarono davanti a Koosha un carrello con un vaso con una testa di toro appoggiato sopra, di un bronzo così lucido da sembrare oro ossidato.
- Miei gladiatori, oggi è il vostro giorno. Ancora mi sorprendo di vedere così tante facce qui, dinanzi a me, sotto il sole di Ahurmazd Heydar. Ma d'altronde i vostri padroni mi avevano accennato che quest'anno c'erano molti diamanti grezzi tra di voi. - sorrise e l'occhio parve sprofondare ancor di più nella pelle grinzosa, - La prima parte del torneo si svolgerà a porte chiuse e solo gli ultimi scontri saranno ospitati nell'arena principale, dove chiunque potrà vedervi: uomini, donne, bambini, ricchi e poveri. -
Un mormorio di sorpresa si diffuse tra i partecipanti. Noriko non si scompose, mentre Nemeria sentì il sudore inumidirle i palmi delle mani. Quando occhieggiò in direzione di Tyrron e vide il suo mezzo sorriso soddisfatto, l'emozione le accelerò ancor di più i battiti, così tanto che le parve che il rimbombo che sentiva nelle orecchie fosse causato soprattutto dall'impatto tra il cuore e lo sterno.
- Non è la prima volta che viene presa una decisione simile, ma era da veramente molti anni che non vedevo così tanti candidati. - Koosha incrociò le braccia dietro la schiena e si abbandonò a una risata che risuonò come un gorgoglio raschiante, - Ed è proprio per questo che ho deciso che stavolta sarà la sorte a decidere le prime coppie. Adhara estrarrà i nomi dei primi sedici scontri e Khalida li segnerà sul tabellone alle mie spalle. Dopodiché, non perderemo tempo e apriremo le danze. -
Koosha indietreggiò fino a trovarsi a solo qualche passo dai lanisti, che, senza che lui dicesse nulla, si aprirono per fargli spazio. Adhara, la ragazza più bassa, si avvicinò alla testa di toro ed estrasse i primi due nomi.
- Noriko e Sadegh. -
Nemeria si guardò attorno alla ricerca dell'avversario della sua amica. Captò un movimento dietro un gruppetto compatto, un fremito d'agitazione che elettrizzò l'aria e si scaricò subito. Mentre Khalida segnava i nomi sul tabellone, Adhara stava già estraendo altre due tavolette d'argilla.
- Ahhotep e Lamya. -
La ragazza nominata sussultò, ma poi tirò su il mento. Le labbra le tremavano e teneva entrambi i pugni stretti al petto. Era più alta della norma, con le ginocchia impolverate e la macchia che le oscurava metà del viso, più che una bruciatura, sembrava fango e cenere incrostati. Quando si volse verso Nemeria, la studiò per un po', poi si spostò di lato e si mise a confabulare con una Sha'ir dell'età di Noriko.
Chiamarono tanti altri nomi, tutti di ragazzi che non conosceva o i cui volti aveva scorto soltanto. Durga finì in coppia contro un bambino, che sarebbe stato la copia sputata di Ozgur se non avesse avuto i capelli biondi e le braccia segnate da cicatrici simmetriche. Quasi inciampò quando uno Sha'ir gli diede una spinta per passare. Ancor prima che Adhara ne pronunciasse il nome, Nemeria l'aveva già riconosciuto.
- Dariush e Nemeria. -
Gelo. Noriko si mise al suo fianco e Durga le si piazzò davanti, il braccio aperto come per esortarla a stare indietro. Non era cambiato affatto: si era irrobustito e sfoggiava una barba curata che cresceva a zolle sul mento e attorno alle labbra.
- Così anche tu sei qui. - sibilò Dariush, assottigliò lo sguardo, sputò a terra e schiacciò la macchia di saliva col piede, - Una Dominatrice del fuoco. Continui a essere una spiacevole sorpresa sotto ogni punto di vista. -
- Ciao, Dariush. Chi non muore si rivede. -
Lo Sha'ir contrasse la mandibola e avanzò di un altro passo. Nemeria si sentì infiammare da quello sguardo. Il calore all'altezza del petto crebbe, bruciò parte dell'ossigeno che aveva nei polmoni e si riversò nelle mani strette a pugno. Il fuoco di Agni si innalzò in una vampata di scintille sfrigolanti.
- Nemeria, calma. -
Durga alzò la guardia e Dariush si bloccò prima di avvicinarsi ancora. Aprì e chiuse le dita un paio di volte e le giunture scrocchiarono una a una.
- Abbiamo un conto in sospeso noi due. -
- I disegni di Hirad e tutte le volte che hai fatto del male ad Altea sono più di uno. -
Nemeria spostò Durga e azzerò la distanza tra loro due.
- Voi due. -
Sayuri avanzò a grandi falcate e si frappose tra di loro, una mano sulla spalla di Nemeria e una su quella di Dariush. Roshanai, Reza e un nutrito gruppo di guardie l'avevano seguita, ma l'unica che si era fatta avanti era lei.
- Le regole della Scuola valgono ancora. Mantenete il controllo. -
- Noto che gli animi si sono già scaldati. -
I ragazzi si spostarono e Koosha si fece avanti fino a loro. Si strofinò le mani, spostando lo sguardo da Dariush a Nemeria.
- Perché mai gettare acqua sul fuoco? Facciamo combattere prima loro. -
Zittì Adhara con un gesto della mano prima che potesse parlare e poi si rivolse a una delle guardie.
- Scortate i contendenti all'arena. Syad, voi occupatevi degli altri ragazzi: non deve mancare nessuno, chiaro? -
Sayuri chinò il capo. Nemeria sperò in un'azione sconsiderata di Dariush quando tolse a entrambi la mano dalla spalla, ma lui si limitò a continuare a scrutarla mentre si allontanava, le palpebre assottigliate unici spiragli sulla sua rabbia.
- Reza, valle a prendere l'arma. -
Il Syad annuì e marciò fino all'armeria, tornando qualche minuto dopo con la shamshir. Non appena Nemeria se l'ebbe legata alla vita, le guardie si misero in formazione attorno a lei e a Dariush. A un cenno del loro capo, cominciarono ad avanzare. Li scortarono su per le scale fino al terzo piano, oltrepassarono la biblioteca e arrivarono davanti a un corridoio sorvegliato da altri due soldati. Non appena li videro, si spostarono per permettere loro di passare. Il tempo che ci misero per scendere le altre rampe di scale parve dilatarsi all'infinito, in un'attesa che non fece altro che logorarle i nervi. Quando riemersero all'aperto, lo scoppiettare del fuoco nelle orecchie si affievolì, smorzato dalla sorpresa.
L'altra ala della scuola, almeno il cortile, era costeggiato da un lungo porticato di colonne bianche. Non c'era nessun campo centrale, manichini o gladiatori intenti ad allenarsi; solo un prato simile a una sterpaglia, dove le uniche punte di colore erano rappresentate da sparuti e solitari ciuffi verde stinto. L'arena sul fondo dominava tutto l'ambiente come un re in panciolle sul proprio trono. Era una riproduzione identica ma meno sfarzosa di quella che Nemeria aveva visto nel Quartiere della Bestia, con le statue degli dei che sembravano protendersi verso il cielo.
- Scortate lo sfidante all'altro ingresso. Tu, prendi il comando. - ordinò il capo.
Quando la scorta di Dariush si fu ricompattata attorno a lui, le guardie che erano rimaste con Nemeria passarono oltre l'arco d'ingresso. Percorsero un breve corridoio che alla fine si apriva in una stanza spoglia. L'umidità aveva scolorito gli affreschi alle pareti, ma gli alberi da frutto e la ghirlanda di Gemme del Firmamento in stucco che ne adornavano gli angoli erano così minuziosi da sembrare veri. Sulla sinistra c'era un cancello con affisso un cartello di creta, con su scritto "pubblico", mentre sulla destra ve n'era un altro sul cui stipite era stato inciso "gladiatori". La guardia lo aprì e Nemeria marciò lungo un corridoio, anch'esso spoglio se non per gli scudi d'oricalco sbalzato su cui capeggiava il profilo di uomini, donne o bestie. Sotto ognuno, c'era una targhetta con il nome del precedente proprietario. Nonostante l'aria fresca, l'ambiente era opprimente e Nemeria si sentiva quasi soffocare. Tirò il collare e lo mosse a destra e a sinistra come se lo volesse allentare, ma più ci provava, più aveva la sensazione che il cuoio si stesse stringendo. Soltanto quando la guardia aprì il cancello che la separava dall'arena vera e propria, i polmoni tornarono a incamerare ossigeno e le fiamme si rinfocolarono.
Non si accorse di essere rimasta sola finché non udì, in un suono attutito e distante, i passi dei soldati allontanarsi. Rimase piegata sulle ginocchia a respirare. Con la coda dell'occhio riusciva a captare dei movimenti sugli spalti, scorci di tuniche e teste che si spostavano e si sedevano dove i Syad e le guardie indicavano. Avrebbe voluto cercare le sue amiche, ma sentiva la testa ancora troppo pesante e la sua linea visiva era limitata a quell'ellisse sabbiosa, punteggiata da grossi massi di pietra nera sparsi come ciliegie su una torta.
Fu il suono prolungato del corno a suggerirle di raddrizzarsi: Dariush era al centro del campo e Nemeria decise di raggiungerlo.
Koosha e i lanisti sedevano in quello che, se fosse stata l'arena ufficiale, sarebbe stato il palco riservato al governatore e alla sua famiglia. Tyrron aveva preso posto di fianco al direttore, con le gambe larghe e il bacino scivolato in avanti, il gomito appoggiato sul bracciolo e la mano sulla bocca. Da quella distanza, Nemeria non avrebbe saputo dire se fosse preoccupato o semplicemente concentrato.
Koosha si alzò e avanzò con passo malfermo fino alla balaustra.
- Che lo scontro abbia inizio! - dichiarò.
Dariush scrollò le spalle e agitò le mani. La pelle si disfece e si staccò in un turbinio di cenere, mettendo in mostra l'armatura di roccia rossa, una lastra uniforme picchiettata di bianco e ruggine. Nemeria fece appena in tempo a sguainare la shamshir.
Dariush la caricò a testa bassa. Nemeria schivò il primo pugno, balzò indietro al secondo e guadagnò una posizione di sicurezza dopo il terzo.
Le vedeva. Non era in grado di deviarle o di contrattaccare senza rischiare che le rompesse qualche osso, ma riusciva a vedere le traiettorie dei suoi colpi.
- Cos'è, hai paura? - Dariush aprì le braccia e la provocò, - Da quando quella stupida ti ha portato nella mia tana, niente è andato nel verso giusto. Se tu non ci fossi stata, adesso saremmo ancora liberi! -
Scattò verso di lei. Nemeria si abbassò sulle ginocchia, roteò su se stessa e sferrò un colpo veloce e stretto, aumentando la potenza del colpo con una brusca rotazione del torso. Dariush vacillò, un ginocchio quasi cedette e l'altra gamba si piegò sotto il suo peso. Si voltò, menando un colpo alla cieca che parve fendere l'aria come un martello da guerra. Nemeria si spinse via e indietreggiò finché non fu fuori dalla sua portata. Il taglio obliquo che gli aveva aperto la tunica e la pelle le causò un brivido d'eccitazione nei lombi.
- Ti avrei dovuto ammazzare prima. -
Digrignò i denti e l'attaccò di nuovo. Destro, sinistro, destro, destro, sinistro. Un susseguirsi di pugni che le toglievano il fiato a ogni schivata. Dariush era potente, ma i suoi colpi erano meno veloci sia di quelli di Durga sia di quelli di Roshanai. A ogni colpo mancato, l'espressione sul suo volto diventava sempre più feroce, più cattiva.
- È tutta colpa tua. È solo e soltanto colpa tua! - ringhiò Dariush.
Una roccia le volò addosso. Nemeria si buttò a terra, fece una capriola e si rimise in piedi. Non fece in tempo a raddrizzarsi che Dariush gliene scaraventò un'altra contro con così tanta forza da conficcarla nel muro.
- Altea si è allontanata da me per colpa tua! Hirad si è ribellato per colpa tua!- le puntò il dito addosso, gli occhi neri come pasta vitrea, - Tu sei stata la causa della nostra rovina. Avrei dovuto lasciarti a morire in quella squallida arena come ti meritavi! -
Nemeria fece una piroetta prima che la roccia la colpisse. Dagli spalti, il basso rumoreggiare si era tramutato in un tifo scandito dal battere di piedi e mani, voci amalgamate in un coro discordante e sincopato.
- Io non ho fatto niente! - si difese, - Tu hai allontanato Altea da te, tu hai fatto soffrire Hirad, tu ti sei fatto odiare perché non avevi il controllo di te stesso! -
La roccia che stava per sollevare ricadde a terra in un tonfo e Dariush parve calmarsi. Si fermò a fissarsi le mani, con gli occhi che ondeggiavano dall'una all'altra come se non le riconoscesse.
- Io... io ho tutto sotto controllo. -
Nemeria scosse la testa, ma lui si prese il viso tra le mani e si graffiò le guance. La pietra stridette contro altra pietra, mentre la pelle cadeva in un pulviscolo grigio. Il pubblico sussultò e l'aria divenne più pesante del piombo.
- Dariush, no. Devi fermarti. Devi... -
- Non dirmi che cosa devo fare, puttana! -
L'urlo si tramutò in un gemito sofferente. Dariush cadde in ginocchio, afferrò le ciocche di capelli e le strappò con frenesia, mentre il suo corpo si ingrossava, spaccando la stoffa e il cuoio. Qualcuno gridò quando il collare saltò via.
- Nemeria, vattene! Allontanati! -
Non sapeva chi avesse parlato, ma non si soffermò troppo a pensarci. Diede le spalle a Dariush e cominciò a correre verso il cancello da cui era venuta. La sabbia la rallentava, intralciava i suoi passi imponendole un'andatura meno spedita di quella che avrebbe voluto avere. Non era che a metà del campo quando cadde. Provò a rimettersi in piedi, ma era come essere finita nelle sabbie mobili e più si dimenava, più il terreno si allargava sotto il suo corpo, un'onda di granelli compatta come una frana.
- Mia... ora sei mia. -
L'essere che avanzava verso di lei non poteva essere Dariush, ma per quanto Nemeria negasse non c'era altra soluzione. Lo osservò terrorizzata mentre avanzava pesantemente: un Jin grosso tre volte un uomo adulto, il viso schiacciato, levigato come una roccia di fiume, e il braccio sinistro appesantito da squame di roccia che fuoriuscivano dalla spalla come una catena montuosa. Una luce di un verde malato si spandeva poco sotto quello che prima doveva essere l'ombelico.
Nemeria tentò di alzare le braccia, ma una corda di granelli compatti le intrappolò sotto la sabbia. Quando l'afferrò alla gola, l'ombra di Dariush oscurò il sole. Gli occhi erano feritoie nere, senza null'altro se non i puntini colorati che sfarfallavano nella vista di Nemeria.
"Non voglio morire!"
Aveva la pelle incandescente e il potere strabordava dalle mani, ma lì sotto non c'era abbastanza aria perché le fiamme divampassero. Lo scoppio delle scintille era uno schiocco fievole nelle sue orecchie.
- Perisci, piccolo fuoco. -
La presa attorno al suo collo divenne un nodo scorsoio che le strappò il fiato. Nemeria infilò le dita sotto le corde, puntellò i gomiti a terra e tirò con quanta più forza poté, con le lacrime che le bruciavano gli occhi e la bocca spalancata in un grido muto.
Una lancia trafisse Dariush al fianco. Il ruggito di rabbia si affievolì in un rantolio. La lama di una shamshir gli tagliò il retro del ginocchio e lui cadde a terra. Le corde si dissolsero in una frastagliata linea di granelli d'oro. Nemeria tossì e si massaggiò la gola, annaspando in cerca d'aria. Oltre la tempesta di macchie davanti allo sguardo, la punta di una lancia sbucò dal petto di Dariush, schizzandole i piedi di sangue bianco e appiccicoso come resina.
- Prendetela e portatela via. -
L'ombra di Sayuri precedette la sua figura. Si avvicinò con una mano protesa in avanti e un vento che le gonfiava la tunica, lo stesso che aveva formato il muro contro cui si schiantavano i pugni di Dariush. Mina era al suo fianco e si teneva il lembo del mantello frangiato avvolto sul polso.
- Aghà Mina, non credo di poter fare nulla per lui, ormai. -
Un soldato prese Nemeria sotto le ascelle e l'aiutò a rimettersi in piedi. Aveva un accenno di barba attorno alle labbra e le ciglia lunghe e femminili. Il sorriso d'incoraggiamento che le rivolse non bastò a calmare i battiti impazziti del cuore.
- Ah, se lo avessi saputo prima che si sarebbe trasformato così presto, avrei risparmiato un bel po' di shekel. - Mina studiò il Jin e storse le labbra in una smorfia, - È una disgustosa perdita di tempo. Toglietemelo dalla vista. -
Sayuri assentì. Un'altra guardia, sopraggiunta chissà quando, andò alle spalle del Jin e sguainò una daga corta. Nemeria cercò di guardare altrove, ma il suo sguardo rimase incollato alla forma di Dariush in ginocchio.
- Sopprimetelo. -
Una lacrima le si impigliò tra le ciglia. Quando il soldato lo sgozzò, Nemeria gridò.

  
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