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Autore: Lucas Rider    11/04/2018    0 recensioni
2042, l'intero pianeta è sotto il controllo delle multinazionali, che hanno abolito gli Stati e unificato il pianeta.
Risvegliata senza più ricordi una giovane ragazza si ritroverà in un distopico mondo tecnologico dove il rapporto tra robot e umani sta cambiando drasticamente.
Ma la ricerca di sé stessa la porterà a verità molto più oscure e pericolose.
Ho intenzione di pubblicare mediamente un capitolo ogni due settimane.
Spero che apprezzerete la mia storia, e recensioni, positive o negative, sono sempre bene accette.
N.B. questa storia fa parte di un Universo fantascientifico inventato da me che comincia a differenziarsi da quello reale dal 2020.
Pubblicherò altre storie ambientate in questo Universo, tutte ambientate dopo "Metal Angel", che fanno parte dello stesso Ciclo ma ambientate in un futuro molto più lontano.
Genere: Guerra, Science-fiction, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Il rombo di un tir che attraversava la strada la risvegliò dal torpore.
L’edificio era ora illuminato dalla luce del sole che filtrava attraverso le finestre: la donna non sapeva quanto avesse dormito ma si sentiva bene a parte per un dolorino dietro alla nuca.
L’aria non era più fresca ma tiepida.
Si alzò ed uscì dall’edificio: un bel mattino , tutto sommato notò; il sole era ancora basso ma il cielo era terso, azzurro e senza nuvole. La sua luce benefica dava calore ed energia.
Scavalcò la recinzione  e respirò a pieni polmoni una volta arrivata dall’altro lato; si sentiva in pace.
L’assoluto silenzio di questa parte di Asphalt Town era disturbato solo dai veicoli della vicina superstrada e dal canto degli uccelli; l’unica cosa che testimoniava il violento temporale di quella sera erano pozzanghere sulla strada.
Odori diversi gli arrivarono alle narici: l’odore della benzina e della vernice e l’odore dell’erba appena tagliata.
La momentanea calma lasciò il posto alla preoccupazione; doveva subito chiamare qualcuno per farla venire a prendere. Qualcuno si stava si sicuro preoccupando di lei.
Quasi meccanicamente si tirò su la manica della giacca e cercò sul suo polso sinistro il suo 3D-SmartWatch, uno strumento d’uso comune che aveva sostituito lo SmartPhone  anni or sono.
Presto avrebbe attivato il dispositivo e un’immagine tridimensionale si sarebbe materializzata, doveva poi chiamare …
Si immobilizzò , quello che stava toccando era il suo braccio, nudo, senza nessun dispositivo. Questo le fece gelare il sangue nelle vene.
Decise di non perdere la calma: “La prima cosa che devo fare è capire dove mi trovo”:lei sapeva che si trovava ad Asphalt Town ma ciò non voleva dire niente in questa immensa città.
Si guardò intorno: a sinistra lo stradone continuava dritto fino a immettersi nella superstrada a Ovest che portava ad altre città.
Davanti a sé, a Nord, il capannone grigio e il trattore arrugginito.
A destra lo stradone continuava ad Est per poi girare verso Nord. Oltre lo stradone ad Est c’era solo una fabbrica abbandonata  color bronzo.
Due uomini catturarono la sua attenzione; due ragazzi vestiti male che stavano a braccia conserte; alle loro spalle due bici appoggiate al muro pieno di graffiti della fabbrica.
Dopo un bel respiro si avvicinò a loro, quando era a pochi metri uno di loro la notò: aveva circa 18 anni, basso, grassoccio, la pelle chiara; i suoi capelli erano neri , tagliati corti, il viso ricordava un cinghiale: indossava una maglietta nera con delle fiamme rosse.
Dava l’aria di una persona diretta, abituata a comandare.
Con maleducazione  il ragazzo le chiese: “Cosa vuoi?”.
La ragazza  si fermò e  rispose gentilmente con voce calma : “Scusa, mi sono persa e mi chiedevo se tu sapevi…”.
L’altro ragazzo, simile al primo ma con in testa un cappello grigio con la scritta “DEATH”e il viso che ricordava un bulldog la fissò , guardò poi il suo amico e ridacchiò.
 “Io sono Boxe, e tu chi sei per venire qui a rompere? Sei venuta a portarmi la tua passerina?”  la interruppe il primo violentemente.
Mentre Boxe la guardava sospettoso la risposta le morì in gola.
“Chi era lei?” si chiese. Una scossa le attraversò il cervello: non ricordava niente di sé , né chi era, né da dove veniva. Nessun ricordo, nessuna memoria, niente di niente prima della Notte della Tempesta.Cosa gli era successo?
Sembrava che qualcuno le avesse tolto tutti i suoi ricordi personali e li avesse bruciati.
Come diavolo era possibile?!? Provò a concentrarsi sulla sua memoria ma non gli venne in mente niente che riguardava sé stessa, né persone da lei conosciute, né eventi vissuti da lei.
Mentre era ancora scioccata i due energumeni presero l’iniziativa.
“Questa ci sta prendendo in giro” disse il ragazzo col cappello.
“Hai ragione Knife, qualcuno le deve insegnare che non dobbiamo essere disturbati.” affermò  Boxe con una luce malvagia negli occhi.
Boxe le se avvicinò, minacciandola con un pugno gigantesco.
La rissa durò meno di due secondi: la ragazza, reagendo d’istinto ,fu molto fortunata, schivò il colpo e mise a segno un sinistro.
Stupito Boxe si toccò il naso porcino da cui scorreva un piccolo rivolo di sangue da una narice.
“Adesso mi hai fatto arrabbiare, brutta bastarda!” gridò Boxe, infuriato.
Knife estrasse dai suoi pantaloni strappati un piccolo coltello: “Ora ti do io una lezione!”.
La ragazza provò a balbettare qualche scusa, ma si sentiva strana e il suo cervello era concentrato su sé stessa:davvero non ricordava chi era? Cosa ci faceva qui? Che è accaduto?Mille domande si stavano accumulando e crescevano in modo esponenziale.
Knife che cominciava a menare fendenti con la lama affilata la riportò alla realtà concreta.
In quel momento non doveva pensare, doveva agire d’istinto: arretrò per schivare un fendente e si girò verso Nord, lungo lo stradone.
Cominciò a correre con tutte le sue forze sul duro asfalto della strada.
Doveva scappare! Doveva scappare! Doveva scappare! E non fare altro!
Non sapeva chi erano quei tizi ma aveva sbagliato a rivolgergli parola.
Il cuore prese a battergli velocemente, il respiro divenne affannoso. Spingeva sulle magre gambe usando tutta la sua energia.
I piedi le dolevano ma non si sarebbe fermata
Dietro di lei Knife la inseguiva ma non c’era confronto fra i due: il corpo magro della ragazza era più adatto a una corsa. Il ragazzo, in sovrappeso, fu distanziato presto.
“Fermati Knife, prendi la tua bici e inseguiamola!” comandò Boxe.
Asciugato il sangue della ferita aveva inforcato la sua bici ed era pronto a partire. Cominciò a pedalare mentre Knife tornava alla sua bicicletta per unirsi all'inseguimento.
Senza quasi speranza la donna avvistò la sua salvezza; in fondo alla strada vedeva un camion con la scritta “GreenLeaf”: esso era fermo al semaforo rosso e mostrava il retro del mezzo: un pianale pieno di merci a circa un metro da terra.
Formulò un piano disperato: salire sul camion e riuscire a scappare.
Mancavano solo 30 metri da esso, con un po’ di fortuna ce l’avrebbe fatta ad aggrapparsi al pianale e sfuggire ai due teppisti.
Si girò un istante: dietro di lei Boxe  aveva in mano una catena di ferro che faceva ondeggiare mentre pedalava al massimo dello sforzo sputando insulti.
Qualche metro dietro di lui Knife con una mano sul manubrio, l’altra armata di coltello; sembravano quasi due feroci mastini che sarebbero stati in grado di rincorrere la preda finché non l'avessero sbranata.
Potevano essere lenti sulle bici ma comunque erano più veloci di una persona a piedi, cominciarono ad avvicinarsi, a colmare la distanza.
“Prendiamola!” gridò Boxe, “Ormai è nostra!”.
Raccogliendo tutte le sue forze rimaste nella corsa disperata la ragazza fece uno scatto e arrivò vicino al pianale . Mentre scattava il verde e il tir partiva con uno sbuffo del vecchio motore a diesel lei saltò e si aggrappò alla lamiera.
Per un secondo la situazione fu in bilico ma riuscì ad issarsi e sedersi, protetta sul pianale nell'esatto momento in cui Boxe danneggiava con la catena il fanale posteriore, nel vano tentativo di colpirla.
Poi tutto finì e i due teppisti si fermarono.
“Che giornata schifosa!” disse Boxe.
“Già chissà chi cavolo era quella pazza” rispose Knife.
Invertirono la direzione delle bici e tornarono alla fabbrica, senza preoccuparsi dei danni che avevano causato, sputando per terra.
   
 
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