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Autore: Milandra    12/04/2018    9 recensioni
La nascita dell’amore tra Lily e James, i Malandrini, gli ultimi anni tra le mura accoglienti di Hogwarts prima della Guerra.
L’ultimo bacio, l’ultimo abbraccio, l’ultimo sorriso prima della fine.
E per qualcuno, l'ultima occasione di fare la scelta giusta prima di sprofondare in un baratro senza via d'uscita.
Perché quando la guerra arriva a sconvolgere ogni cosa, l’amore e l’amicizia non bastano più per sopravvivere.
O forse sì?
Perchè forse è solo allora che si conosce davvero l’amore, quello vero. Quello per cui si è disposti a sacrificare ogni cosa...anche la vita...
Prima di Harry Potter, prima della guerra, prima dell’Ordine della Fenice e dei Mangiamorte.
Prima che le scelte li dividessero, portando compagni di infanzia sui fronti opposti di una guerra.
Prima di tutto ciò però, ci furono solo dei semplici ragazzi...
E la storia di un amore che sconfisse la morte...
Solo ragazzi.
Molti di loro, oggi non ci sono più.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, James Potter, Lily Evans | Coppie: James/Lily
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Ottavo capitolo: Gryffindor vs Slytherin –parte2
 
 
 
 
 
 
 
 
Nello studio della Professoressa McGranitt si stava consumando l’ennesima tragedia.
Accampati un pò sulle poltrone, un pò sui divanetti e un pò sul pavimento, le squadre di Quidditch di Grifondoro e Serpeverde quel giorno stavano subendo quella che a loro dire era una vera e propria angheria.
Tutto era iniziato con un bolide. Un bolide che si era schiantato come un siluro nell’ufficio della professoressa McGranitt.
Ufficio che ora come ora sembrava essere appena uscito da un disastro nucleare: fogli sparsi ovunque per terra, vetri rotti e numerosi segni di impatto sulle pareti.
E, onore alle facce toste, molti tra Grifondoro e Serpeverde avevano avuto anche l’ardire di lamentarsi del casino perchè, povere stelle, avevano rischiato di inciampare e sfracellarsi al suolo. In primis James Potter.
Successivamente, accampati un pò qua e un pò là, avevano subìto quella che per loro era stata una vera e propria ingiustizia, ossia l’interrogatorio di Minerva McGranitt e Horace Lumacorno.
Principalmente quello di Megera McGranitt, visto che Horace Lumacorno più che altro assisteva sconcertato, incapace di proferire parola. E in molti speravano che rimanesse in quello stato ancora a lungo, chissà magari che la notizia della rissa non avrebbe angustiato le delicate orecchie di Megera McGranitt. Il fattaccio del bolide già bastava.
McGranitt che d’altro canto sembrava propro intenzionata a scoprire chi fosse il disgraziato che l’aveva quasi fatta crepare di infarto in quell’ufficio.
Davvero un ignobile sopruso.
Per una volta infatti, sia i Grifondoro che i Serpeverde sembravano essere d’accordo: il bolide non l’avevano fatto partire loro. Esso aveva agito da solo.
In realtà la voglia di accusarsi gli uni gli altri era chiara da leggere sia negli occhi dei Grifoni che in quelli delle Serpi, tuttavia per una volta avevano stretto i denti e fatto fronte comune, perchè se si fosse saputo che non avevano solo lanciato un bolide ma avevano scatenato una vera e propria rissa allora lì sì che sarebbe stata la fine.
Quello che non sapevano era che Minerva McGranitt sapeva sempre tutto.
“Quindi” minacciò la professoressa di Trasfigurazione, osservandoli uno a uno, “volete farmi credere che un bolide abbia deciso da solo di entrare nel mio ufficio?”
Silenzio.
Qualche assenso, dei borbottii confusi, e poi la sparata di qualche disgraziato più coraggioso degli altri.
“Così sembrerebbe” mugugnò Sirius Black, spaparanzato su un divano che purtroppo per lui condivideva con Adrian Avery, tant’è vero che ogni due secondi uno dei due tentava di buttare giù l’altro per riuscire ad accaparrarselo.
“Spero lei stia scherzando, signor Black” sibilò imbestialita la professoressa, fulminando il malcapitato.
“Noi non siamo stati” chiarì Avery, mettendo le mani avanti e parlando anche a nome dei suoi compagni di squadra.
“Neanche noi siamo stati” gli ringhiò dietro Black, rifilandogli uno spintone che gli fece conquistare finalmente il suo sospirato divano.
“E ditemi” chiese la McGranitt, facendo vagare lo sguardo su ognuno di loro, “Come sarebbe entrato allora un bolide in questo studio?”
Silenzio.
Nessuno che parlava.
Avery intanto aveva ripreso possesso del divano e aveva confinato Sirius in un angolo e quello in risposta gli aveva tirato un cuscino. I gemelli Prewett, che sfortunati avevano dovuto accamparsi per terra, si stavano togliendo schegge di vetro da sotto il sedere. Una scena decisamente poetica. Altrettanto stavano facendo pure i battitori di Serpeverde, mentre Marlene McKinnon stava finendo di acconciare i suoi capelli in una treccia a spiga. Al suo fianco Matthew Harold – fidanzato numero uno di Settembre e portiere dei Gryffindor... sì esatto, proprio quello che si era fatto accoppare nella partita contro le Serpi l’anno prima! – le tendeva un elastico beige e contemporaneamente cercava di sottrarre la sedia a Bastian Mulciber che, inferocito, gli tirava dietro quello che a colpo d’occhio sembrava essere un cimelio magico leggermente costoso.
La McGranitt fece vagare lo sguardo su ognuno di loro fino ad arrivare ai due Capitani.
Ah, povere gioie, si stavano pure annoiando i capitani!
Entrambi svaccati su due poltrone ed entrambi palesemente seccati. Molto probabilmente non la stavano neanche ascoltando. Anzi, i due imbecilli a ben vedere stavano giocando a tris su quella che un tempo doveva essere una circolare interna, insultandosi ogni due per tre quando uno dei due riusciva a vincere.
Da manicomio.
“Quindi vorreste farmi credere che voi stavate semplicemente parlando civilmente?
Tutti annuirono.
“Allora sono io che ho visto male quando mi sono affacciata alla finestra e ho visto mezza Hogwarts impegnata in una rissa.”
Gelo.
Perfino James Potter ed Evan Rosier riemersero dal tris e rimasero con le piume a mezz’aria, nell’atto di cercare di cavarsi gli occhi a vicenda.
E fu così che la tregua tra Grifondoro e Serpeverde finì. Chi insultò più chi non era chiaro, ma quello che era chiaro era il casino che tirarono giù visto che anche i quadri iniziarono a strillare impazziti pretendendo un pò di silenzio. Volarono frasi del tipo “è colpa tua” oppure “tu mi hai ficcato la scopa in un occhio” e anche “molla questo divano viscida serpe se no ti tiro un vaso addosso”.
James Potter ed Evan Rosier invece, abbandonato il tris e privati delle piume cavatrici di occhi per mano di Megera McGranitt – e per toglierle dalle mani dei suddetti aveva rischiato la cecità permanente - , per una volta lasciarono agli altri il compito di giocare al massacro. Semplicemente se ne restarono svaccati in poltrona, uno con il capo reclinato all’indietro a guardare il soffitto, e l’altro a tirare calci alla scrivania della McGranitt.
E dopo una mezz’oretta buona di insulti, minacce e recriminazioni, la McGranitt riuscì a ristabilire l’ordine.
Ci furono delle conseguenze ovviamente. Ossia una vagonata di compiti extra, esami aggiuntivi e il divieto più assoluto sia per i Grifondoro che per i Serpeverde di allenarsi a Quidditch per almeno tre settimane.
Fu quello a risvegliare i due Capitani dal loro stato di noia esistenziale e assoluta innocenza.
Ma ormai era troppo tardi.
 
Ah, pare che la battaglia per la conquista del divano alla fine l’abbia vinta Black.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Fuori dall’ufficio della McGranitt intanto si stava raccogliendo una discreta folla di curiosi.
Lily e Emmeline erano tra questi. Appostate proprio dietro la porta, erano ormai tre quarti d’ora che stavano aspettando che Marlene McKinnon uscisse dallo studio della Professoressa McGranitt.
“Non sono ancora usciti? È incredibile” le raggiunse Alice, scuotendo il capo sbalordita.
“Mary?” chiese Lily.
“Più indietro con Frank” le rispose la bionda Prewett, indicandole un punto un pò più lontano rispetto a dove erano loro.
“Se quella svampita non arriva tra cinque minuti io me ne vado” soffiò la Vance, che cominciava a soffrire per la presenza di tutte quelle persone stipate davanti all’ufficio.
Effettivamente avevano occupato praticamente tutto il corridoio.
Tutti quelli che avevano assistito o preso parte alla baraonda sembravano aver deciso di stazionare lì. Più avanti riusciva a vedere anche Edgar Bones, appoggiato a una finestra aperta e intento a fumarsi una sigaretta tranquillo e beato, mentre Amelia gli sbraitava contro.
Pure molti primini erano arrivati a curiosare affollando ancora di più l’area.
“Guarda chi c’è là” la richiamò Emmeline, e seguendo la traiettoria del suo sguardo Lily vide Nathan Argenter, Capitano della squadra di Corvonero e suo stronzissimo ex-ragazzo, sopraggiungere insieme ad alcuni suoi compagni di squadra.
“Che cosa saranno venuti a fare qua?” chiese Alice, “la lite ha coinvolto solo Grifondoro e Serpeverde.”
“Sciacalli” sibilò la Vance, con gli occhi celesti che sprizzavano fiamme, “sono venuti a controllare gli avversari” chiarì, indicando anche un altro gruppetto un pò in disparte, tra cui spiccava il Capitano della squadra di Tassorosso Jacob Hopkin.
Ed effettivamente, sia Nathan Argenter che Jacob Hopkin non è che fossero lì proprio a rigirarsi i pollici. Da bravi strateghi, il loro scopo era capire se potevano guadagnarci qualcosa dalla rissa dei loro avversari. Che la McGranitt togliesse a Serpi e Grifoni campo o punti, comunque loro sarebbero stati avvantaggiati. Ora si trattava solo di capire quale ipotesi si sarebbe verificata.
Per un attimo Lily incrociò gli occhi neri di Argenter, ma fu solo un attimo perchè lei distolse subito lo sguardo. E fu allora che lo vide.
Severus Piton stava in un angolo insieme ad alcuni compagni casa.
E la stava guardando.
Era la prima volta che lo rivedeva da mesi. Dal giorno in cui le aveva dato della sanguesporco.
Socchiuse gli occhi, perchè nonostante fossero passati quattro mesi da quell’episodio, ricordare era ancora troppo doloroso.
Lei ci aveva creduto in Severus.
Lei aveva dato tutto per quella amicizia.
Ancora adesso lei ci teneva, forse troppo...
Si rigirò verso Mel e Alice, intenzionata a parlare d’altro, ma Mel sembrava fissare con occhi contratti lo stesso punto che stava fissando lei un attimo prima.
“Sta venendo qua” la avvisò con tono serio.
E non dovette neanche chiederle di chi stava parlando perchè già lo sapeva. E poi...
Lily
Sev.
La sua voce era cambiata leggermente, più indurita, più cresciuta in quei mesi in cui erano stati come due estranei. Ma il tono con cui le parlava era rimasto lo stesso.
Si girò lentamente, e lo vide.
I capelli erano più lunghi di come li ricordava, i tratti del viso più spioventi ma per il resto non era cambiato.
“Severus” scandì monocorde.
Era nervoso. Lo si capiva da come guardava i colori rosso-oro delle loro cravatte, da come si angustiava il polsino della camicia, per poi gettare vaghe occhiate in direzione dei verde-argento.
Lily piegò le labbra in una smorfia amara.
Apparenze.
Erano tutto per i Serpeverde.
E loro ormai non erano altro che due estranei.
“Possiamo parlare?” le chiese il ragazzo, dopo un attimo di silenzio, rivolgendole uno sguardo incerto.
Lily esitò.
E bastò perchè Emmeline intervenisse. “Non vedo perchè dobbiate parlare. Direi che l’anno scorso hai già aperto fin troppo la bocca, Mocciosus” commentò asettica la Vance, apostrofandolo col nome che James Potter aveva coniato e che il Serpeverde chiaramente detestava.
“Sono affari che riguardano me e Lily” la sfidò quello, per poi tornare a guardare la rossa implorante. “Ti prego Lily.”
La Vance stava per riaprire nuovamente bocca quando Lily la fermò, tranquilizzandola con un’occhiata.
Sospirò. “Direi che è tardi per parlare Severus”.
L’altro annuì consapevole. “Una volta mi chiamavi Sev.”
“Una volta non mi avresti mai chiamato Sanguesporco” gli rinfacciò, il ricordo che faceva ancora troppo male per essere dimenticato.
Lo vide aprire bocca per dire qualcosa, quando finalmente la porta dell’ufficio della McGranitt si aprì.
E quando successe Lily desiderò sprofondare.
Anche se non ne aveva motivo.
Anche se non ce n’era motivo...
Perchè James Potter si era come bloccato sull’uscio e aveva fissato prima Severus e poi lei.
E lo sguardo che le aveva rivolto...
Davvero James Potter aveva il potere di farla sentire una nullità in confronto a lui?
Quella delusione nello sguardo.
Come se lui fosse in diritto di sentirsi deluso.
Non ne aveva diritto.
Lily rialzò il mento fissandolo ostile.
Non puoi permetterti di giudicarmi James Potter.
Non sei nessuno.
Uno scambio di sguardi che lui fu il primo a interrompere. Non disse nulla, ne a lei ne a Severus.
“James”
Una volce calda e dei cadenzati passi femminili in uno sfavillio dorato. Lily la vide intromettersi in quel quadro formato da lei, Potter e Sev.
Charlotte Benson, con quei lunghi capelli dorati e gli occhi di un colore intermedio tra il verde e il castano, calamitò su di sè l’attenzione del moro. Gli si avvicinò leggera, e sinuosa come solo una ragazza bella quale lei poteva essere, gli si strinse addosso, depositandogli un lieve bacio sulle labbra.
“Com’è andata?” gli chiese sorridente, fissandolo con occhi caldi e rassicuranti.
Il moro non rispose. Si limitò a prenderla per mano e ad andare via con lei.
Dietro di lui solo disapprovazione.
Lily strinse gli occhi furiosa.
Non osare James Potter.
Non osare giudicarmi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Chiunque avesse visto Evan Rosier l’avrebbe considerato il perfetto principe azzurro.
Quei capelli dorati, i lineamenti delicati e quegli occhi blu.
Delia Lewis era innamorata di quegli occhi. Lo era da sempre, fin da bambina.
Non ricorda neanche un tempo in cui fosse contemplato nella sua vita non amare Evan Rosier.
Ricorda ancora la prima volta che l’aveva visto, durante una festa tenuta dai suoi genitori a cui lei non aveva voglia di partecipare. Si era lamentata, ma i suoi genitori l’avevano costretta comunque a indossare uno di quei rigidi vestiti pieni di fiocchi e a fare la brava bambola da esposizione.
Aveva appena nove anni all’epoca, eppure lo ricorda come fosse ieri.
Ricorda come poi era riuscita a scappare da quel ricevimento e si era rifugiata in giardino. Il suo posto sicuro. Eppure c’era qualcun’altro quel giorno in giardino oltre lei.
Fu lì la prima volta che lo vide, i capelli dorati e gli occhi blu, che rideva spensierato con un bambino dai capelli neri che le dava le spalle.
Lì Delia Lewis si era innamorata di Evan Rosier, ma non del suo aspetto.
Era bello, ma non era quello che l’aveva colpita. Era stato il suo sorriso a farla innamorare.
Quella risata argentina il cui ricordo ancora oggi la cullava nei momenti spiacevoli.
Fu la prima e unica volta in cui lo vide ridere. Quella risata donata a un bambino sconosciuto, di cui avrebbe tanto voluto conoscere il nome giusto per chiedergli come avesse fatto.
Qual’era il segreto per farlo sorridere?
Che potere aveva quel bambino per farlo sorridere così?
E con il tempo quell’amore di bambina era diventato un postulato. Era cresciuto ed era diventato un assioma attorno al quale girava l’intero suo mondo.
Il vero problema è che gli occhi dell’amore non sapevano mai cogliere i dettagli. E Delia Lewis era una ragazza innamorata. Troppo forse. Mentre Evan Rosier non sapeva amare, e per quanto lei ne fosse invaghita non era ancora così stupida da non capirlo. Il problema era che non riusciva ad accettarlo.
Perciò lei sperava. E ancora sperava.
Sperava che il suo amore prima o poi avrebbe fatto la differenza.
Gli era andata incontro appena l’aveva visto uscire dall’ufficio della McGranitt. Era nervoso.
“Bastardi Grifondoro” berciò Adrian Avery al fianco di Rosier, mentre anche Mulciber, Zabini e McNair annuivano concordi e con la stessa espressione incazzata.
Ma a lei, loro non interessavano.
“Vi ha dato una punizione?” chiese lieve rivolgendesi a loro tutti, ma tenendo gli occhi fissi su quella determinata persona.
Sì, era nervoso. Camminava frettoloso in direzione dei sotterranei e se solo avesse potuto avrebbe fatto un sterminio di massa Evan Rosier.
Se c’era una cosa che Evan adorava era volare. Fin da bambino il volo era stato la sua valvola di sfogo, un mezzo che gli permetteva per un attimo di dimenticare chi era e di dedicarsi a qualcosa che gli occupasse la mente. E sta volta quel coglione di Potter gliel’aveva fatta grossa.
“Niente campo per tre settimane” si lamentò Bastian Mulciber, scaturendo ringhi di protesta nei compagni.
“Senza contare i compiti e gli esami che ci ha rifilato quella megera” scandì Max Zabini, portiere della squadra verde argento.
“Non puoi fare qualcosa Evan?” gli chiese Avery, facendogli alzare un sopracciglio in risposta.
“E cosa dovrei fare Adrian?” gli sibilò dietro, scrutandolo come se fosse un insetto, “Non c’è modo di sbrogliare il casino che avete fatto.”
“Ma non avevate iniziato tu e Potter a ...” Goyle, battitore insieme a Tiger, si interruppe di colpo sotto lo sguardo funereo del biondo Caposcuola.
Decisamente certa gente non aveva la cognizione necessaria a cogliere l’esatto momento in cui è meglio tacere e mordersi la lingua velenosa.
E dopo aver dedicato ai suoi non molto furbi battitori uno sguardo da far gelare l’inferno, Evan mollò tutti lì, velocizzando il passo verso i sottorranei.
Dannato.
Che James Potter fosse dannato!
Non poteva starsene buono e zitto per due secondi quell’idiota! No, doveva fracassargli le palle e, complimenti a lui, ci era riuscito.
“Evan” una voce femminile lo richiamò, cercando di stargli al passo.
Non si diede neanche pena di risponderle.
Sapeva chi era. Colei che lo tormentava da più di sei anni a quella parte.
Delia Lewis. Serpeverde del Sesto anno, capelli neri e occhi verdi. Un pò camminava e un pò correva, cercando di stargli dietro.
“Vedrai che alla fine si sistemerà tutto” gli disse come a rassicurarlo, riuscendo alla fine ad affiancarglisi e spiandolo di sottecchi da sotto le ciglia lunghe.
Non si prese neanche la briga di risponderle. Semplicemente continuò a camminare, ignorandola.
Ma fu quando Delia Lewis continuò, credendo di fare bene e che lui trovasse conforto nelle sue parole, che lui si stoppò di botto in mezzo al corridoio rifilandole uno sguardo duro.
“Stanne fuori Lewis, ok?” La freddò astioso.
Stava per riprendere a camminare quando una mano candida si posò leggera sul suo braccio, fermandolo.
Delia Lewis gli rivolse uno sguardo vacuo. “Perchè?”
“Perchè cosa?” chiese già al limite della sopportazione per quel giorno. Sopportare anche i piagnistei della sua compagna di casa davvero non era nei suoi piani.
“Perchè mi tratti così?” chiese la Lewis, rialzando su di lui gli occhi verdi e ritrovando quel poco di coraggio per chiedergli quello che da sempre la tormentava, “Perchè non mi consideri? Eppure io sono la tua... fidanzata.
“Tu sei la mia futura moglie” chiarì caustico il biondo. “È diverso.”
“Appunto! Dovresti essere gentile con me” gli ribadì quella, mentre gli occhi le si velavano.
Merlino no, anche la Lewis che piangeva no.
“Senti Lewis” iniziò il serpeverde con tono basso ma che non ammetteva repliche, “È vero, noi ci sposeremo perchè i nostri genitori hanno deciso così, ma nulla di più. Siamo due estranei, non condividiamo nulla di più di un contratto. E ora, per favore, lasciami” concluse, lanciando un’occhiata fredda alla mano di lei che gli arpionava il braccio.
E lei sotto quello sguardo imperioso lo lasciò andare, guardandolo allontanarsi da lei con passo altero.
Sarebbe riuscita a farsi amare da lui promise.
Anche se lei per lui era solo un cappio al collo che non si era scelto, ma che sopportava perchè i loro genitori avevano così deciso.
Purtroppo niente sarebbe andato secondo i piani di Delia Lewis, ma lei ancora non lo sapeva.
Come non sapeva che qualcun’altra sarebbe poi riuscita nell’impresa di rubare quel poco che restava del cuore di Evan Rosier.
Un’altra che non era lei.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Sala Comune dei Grifondoro
Ore 21,00
Incazzatura di vari e vari gradi Richter.
 
“Fottute vipere senza spina dorsale” ruggì incollerito l’erede di casa Black, marciando avanti e indietro per la Sala Comune sotto il naso di molti, le proteste di tanti e il consenso di tutti.
“Calmati Black” gli rise dietro Edgar Bones, guardandolo agitarsi con un’anguilla.
“No che non mi calmo” sibilò rognoso il compagno. “Ci hanno dato che ci hanno dato e alla fine i bastardi sono riusciti a sputtanarci il campionato già in partenza!” concluse ottenendo ovunque assensi e battute alla “Vai Sirius”, “fottuti esseri striscianti” e “gente tiriamoci su le maniche e facciamogli una retata”.
Ovviamente Sirius Black non cagava nessuno di striscio.
L’unico che il rognoso ragazzo dai capelli neri e gli occhi grigi teneva d’occhio, in quel momento si stava massaggiando le tempie pulsanti, maledicendo tra i denti Rosier e tutta la sua stirpe velenosa.
“Allora Prongs” ringhò infine Sirius piazzandoglisi davanti. “Perchè non dici niente?”
“Perchè sto pensando Padfoot” ironizzò quello, scoccandogli un’occhiata sibillina. “E tu stai urlando” frecciò angelico, per poi ricominciare a massaggiarsi le tempie doloranti.
“Vuoi farmi fesso?” gli sibilò l’altro iracondo, “Sai pefettamente che prima o poi dovremo affrontare QUEL discorso.”
Si stava riferendo a quello che era successo prima nel corridoio.
Con la Evans.
Avrebbe dovuto immaginare che lui se ne sarebbe accorto.
E di sicuro aveva visto molto più di quello che la Evans stessa aveva capito.
O di quello che lui stesso voleva ammettere.
“Merlino, Sirius sei una piaga” si lamentò il Capitano dei Grifondoro, svaccandosi meglio sul divano e guardandolo dal basso verso l’alto per poi ghignare, “Hai la cerniera dei pantaloni aperta, lo sai?”
“Ho scopato! E allora?!” soffiò quello guardandolo incazzoso.
“Che finezza!” sogghignò James alla faccia del moro. “Nome?”
“Caroline-la brunetta di Tassorosso” enunciò perfettamente tranquillo l’altro, e per niente a disagio nello sbandierare i cazzi propri davanti a tutti.
“Quindi non ti ha dato buca?” chiese Mattew Harold seduto su un altro divano insieme a Marlene McKinnon.
“Perchè qualcuno finalmente ti ha dato buca Black?” celiò divertita la bionda cacciatrice stringendosi al suo ragazzo.
“Pensa alle tue di conquiste McKinnon” ringhiò altero il moro per poi rivolgersi al portiere dei Gryfindor, “E NO, NON MI HA DATO BUCA, HAROLD!”
“Sirius, piantala di strillare” intervenne Remus Lupin aggiungendosi al loro gruppetto, “Ti si sente dare aria alle fauci fin dai dormitoi” finì mentre anche Peter si univa a loro.
“Tu non puoi capire Remus” lo zittì l’altro, per poi tornare a rivolgersi al moro svaccato sul divano, “Dobbiamo fare qualcosa Prongs!”
“E cosa Padfoot?” replicò quello scuotendo il capo. “Siamo praticamente fottuti”
Sirius lo guardò tradito.“Ti stai arrendendo?!”
“Sto usando il cervello” frecciò il moro Grifondoro.
“Ma davvero?” Remus Lupin lì guardò stupito. “Perchè voi due ne avete uno? E soprattutto lo usate?”
“Facciamogli una retata” lo ignorò Sirius Black.
James scosse il capo. “Non porterebbe a nulla se non a perdere il campo per altre settimane.”
“E ad altri esami” intervenne Fabian Prewett raggiungendoli insieme al gemello.
“Merlino no per favore. Altri esami no” si lamentò anche Gideon Prewett.
“Ma se tanto sono quasi sempre uguali le prove d’esame” se ne uscì con quella sparata il caposcuola Bones.
“Sarebbe?” allibirono gli altri.
“Oh, nulla” li blandì Edgar Bones, muovendo la manina come se si trattasse di una sciocchezza.
“Tu, degenerato di un fratello” allibì Amelia Bones guardandolo a bocca aperta. “Dimmi che non è quello che penso!”
“Non è quello che pensi Amelia” ripetè il gemello fissandola fintamente innocente.
“Ma come fai a dire che sono sempre uguali?” notò intanto Gideon Prewett.
Fabian guardò raggelato il Caposcuola. “Non dirmi che hai...”
“...tutti i compiti degli anni passati” Urlarono in coro guardandolo come se gli fossero spuntate due teste.
Sirius boccheggiò. “Bastardo!”
“Stronzo di un Bones!” e questo era Fabian, mentre Lupin in sottofondo si nascondeva pensando a che razza di Caposcuola si ritrovassero.
“Perchè non l’hai mai detto?” anche Gideon guardava il compagno risentito.
“Passameli” se ne uscì beato James Potter, facendo incazzare Remus Lupin.
“Si studia, non si copia.”
James fece spallucce. “Tanto io ho quasi tutti Eccezionale. Almeno risparmio tempo.”
“Non azzardarti a far girare quella roba Bones!” lo redarguì Lupin. “Non mi interessa se sei un caposcuola, io sono un prefetto e guai a te!”
“Certo Remus” annuì placido il suddetto Caposcuola, “Domani te li porto James. Tanto io ho la mia copia”.
E tra altarini scoperti, minacce e accuse di tradimento, James Potter e Sirius Black se ne tornarono beati, ignorando tutto e tutti, alla spinosa questione di partenza.
“Comunque fare una retata non servirebbe a nulla” asserì il Capitano dei Grifondoro guardando l’amico. “Peggioreremmo solo la nostra situazione.”
“E allora cosa vuoi fare?” chiese Sirius in completo disaccordo, “Stare con le mani in mano?”
“Ti pare?” replicò offeso James. “La retata ci sarà, ma non ora.” Sancì “Più avanti, quando non rischieremo di perdere ulteriormente il campo.”
“E beccarci i fottuti compiti” intervenne Mattew Harold.
“Bastardo di un Bones” ringhiarono più o meno tutti.
“Direi che il problema ora non sono i Serpeverde” disse James pensieroso, attirandosi l’occhiata inquisitoria di Sirius.
“Che intendi?” domandò questo, chiedendogli spiegazioni.
“Intendo che in tutto questo casino i corvonero e i tassorosso si sono guadagnati il campo per tre settimane intere. Quasi un mese in sostanza” Mormorò James cupo, mentre tutti riflettavano agghiacciati su quel particolare.
“Merda è vero!”sbottò lugubre Sirius, piantato di fronte a James che lo guardava sempre svaccato dal divano.
“Stronzi, così partiamo svantaggiati” Mattew Harold si mosse nervoso mentre anche Marlene accanto a lui si lamentava.
“Sì ma io voglio spaccare la faccia alle serpi” esordì a discapito di tutto Sirius Black, beccandosi in risposta un “Tu non spacchi la faccia a nessuno” da Remus Lupin e Peter Minus.
“Dobbiamo sabotare i Corvonero e i Tassorosso” proferì infine James Potter, sogghignando malandrino, visto che quello era l’unico modo per evitare di partire svantaggiati. “Quelli ci fottono il campionato” chiarì infine, fregando una sigaretta a Edgar Bones.
“Effettivamente ora che ci penso c’era Argenter che stava esultando in Sala Grande” annuì pensoso Mattew Harold.
“Che Merlino lo affatturi” sputò contrito Sirius, riprendendo la marcia su e giù e soffiando la sigaretta a James “Ci serve un piano Prongs”
“Ci stavo pensando prima che tu mi rompessi i coglioni” frecciò angelico il moro, guardandolo con faccia da schiaffi.
“Tanto il discorso è solo rimandato. Non ti illudere” lo blandì ironico l’altro, dando una tiro alla sigaretta.
James stava per insultarlo quando vide Charlotte Benson rientrare attraverso il quadro della signora grassa. Lasciando gli altri continuare a discutere la raggiunse, approfittandone per evitare lo sguardo irato del suo migliore amico, che chiaramente gli mandava il messaggio che non sarebbe finita lì.
Lei in risposta gli cinse il collo, baciandolo dolcemente.
“Dov’eri finita?” le chiese, giocando con quei capelli biondi lisci come seta.
“Oh, tu non hai idea del casino che è successo” rise la Grifondoro, e al sopracciglio alzato del moro si affrettò spiegare. “Sembra che qualche cretina di serpeverde si sia divertita a rubarci la biancheria e a seminarla per tutto il castello.”
“Interessante” tubò angelico, mentre lei gli tirava un colpetto sul braccio.
“Penso sia stata quella vipera di Martina Zabini” soffiò con una smorfia irata che si rifletteva negli occhi verde-castano.
“Serpeverde” sputò a mò di insulto il Grifondoro, per poi rivolgerle uno sguardo malizioso, “Quindi saresti senza biancheria, dico bene?” ironizzò, mentre lei lo fulminava ridendo.
E fu con quella sparata che presero il volo per i dormitoi del Gryffindor salutando tutti, allegri e beati, mentre qualcuno in sottofondo se ne usciva con un “Adesso chi è che avrà la cerniera aperta Prongs?”.
Ma lui non lo ascoltò.
E quando arrivarono nella camera che James divideva con Frank e gli altri malandrini, James sentì il suo cervello spegnersi.
La rissa, Rosier, il campo e la Evans scomparvero dalla sua mente, sostituiti da quel corpo caldo e quei capelli dorati che lo avvolgevano.
Non c’era più nulla che non andava.
C’era solo più quel bacio sul collo che lei gli dava, quella pelle ambrata che lo sfiorava e quegli occhi caldi che lo fissavano innamorati.
Quando raggiunse il culmine la strinse a sè come il baluardo a cui aggrapparsi.
Contro cosa neanche lui lo sapeva.
E Charlotte Benson lo cinse a sè di rimando. Innamorata.
Non lo avrebbe mai lasciato andare.
Mai.
Lo amava troppo.
 
Eppure non sempre le cose vanno come il cuore vorrebbe.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
SPAZIO AUTRICE:
 
Sera a tutti.
Ed ecco a voi LA PUNIZIONE! Perchè questa è una vera e propria tragedia per i nostri eroi/antieroi.
Ho introdotto anche un pò meglio il gruppo dei Serpeverde, tra cui Piton e Evan Rosier... che ne pensate di loro?
Di Delia Lewis?
E soprattutto, anche se onestamente penso già di sapere la vostra opinione... che ne pensate di Charlotte Benson??
Che dire? Grazie, grazie, grazie.
A chi segue, a chi legge, a chi recensisce.
Perchè è bello sapere che la storia vi piace, mi dà una gioia enorme.
 
Essendo che purtroppo non ho uno spoiler per voi riguardante il prossimo capitolo, vi lascio almeno il titolo.... VERITAS VOS LIBERAT
Congetture ahah?
 
Un abbraccio e un bacio ( e a tra due settimane)
Mila
   
 
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