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Autore: Carme93    15/04/2018    1 recensioni
Anno 2021.
I Dodici della Profezia si preparano ad adempiere al loro destino, mentre la comunità magica piomba nel caos; ma è il tempo anche di affrontare i problemi e le discriminazioni sociali ignorate per secoli. E ancora una volta toccherà ai ragazzi far aprire gli occhi agli adulti. Ragazzi che a loro volta sono alle prese con i problemi tipici dell'adolescenza e della crescita.
Inoltre si ritroveranno a interagire anche con studenti stranieri e quindi con civiltà e realtà completamente diverse dalla loro. Questo li aiuterà a crescere, ma anche a trovare una soluzione per i loro problemi.
Questa fan fiction è la continuazione de "La maledizione del Torneo Tremaghi" e de "L'ombra del passato", la loro lettura non è obbligatoria ma consigliata.
Genere: Fluff, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Famiglia Potter, Famiglia Weasley, James Sirius Potter, Nuova generazione di streghe e maghi | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione, Rose/Scorpius, Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo ventiseiesimo
 
Ritorno agghiacciante
 
Albus guardò con attenzione il bigliettino prima di rivolgersi ad Alastor: «Che ne pensi?».
«Non potrebbe essere una trappola?» replicò perplesso l’amico.
«Potrebbe. Ma non sarebbe stupido attaccarmi sul treno?».
«Potrebbe sempre essere vero» disse allora Alastor.
«E chi me lo avrebbe mandato? Ti ricordo che le nostre compagne mi considerano uno dei più sfigati del nostro anno».
«Magari vogliono farti uno scherzo» butto lì Alastor.
«Lo penso anche io» sospirò Albus. «Quindi non ci vado?».
«Dove? Di che state parlando?» quasi gridò Rose.
«Rose, fatti gli affari tuoi» sbottò Albus. Erano usciti dallo scompartimento proprio per non farsi sentire da tutti i loro compagni.
La ragazza gli strappò il bigliettino di mano e scoppiò a ridere leggendone il contenuto.
«Al, devi proprio andarci» disse felice Rose. «Sei un Grifondoro! È la tua occasione! Non essere fifone, come al solito».
Albus guardò Alastor che si strinse nelle spalle. «Sinceramente, non mi sembra una buona idea».
«Zitto, tu. Dai, Albus» insisté Rose.
«Va bene» sospirò Albus. Non era una grande idea, ma poteva avere fifa di una cosa così stupida?
«Vengo con te» propose Alastor.
«Neanche per sogno. Tu non ti muovi di qua» lo fermò Rose. «Non vorrai fare il terzo incomodo?».
Albus le gettò un’occhiataccia. «Non c’è problema. Ci vediamo tra un po’» disse. Si avviò lungo il corridoio del treno diretto al bagno dell’ultimo scompartimento. Il bigliettino era firmato un’ammiratrice. Una parte di sé non poteva non pensare alla farfalla di carta, ricevuta il giorno di San Valentino di due anni prima. Non aveva mai scoperto chi gliel’avesse mandata. Possibile che fosse la stessa persona? Magari aveva finalmente trovato il coraggio di farsi avanti. Ma chi poteva essere?
Trepidante raggiunse il bagno indicato sul bigliettino. Non era un luogo molto romantico, ma certamente su un treno non c’erano molti altri posti ‘intimi’ in cui incontrarsi. Bussò, come da istruzioni.
La delusione s’impossessò di lui, appena la porta si aprì e apparve Destiny Danielson davanti ai suoi occhi. Davvero quella ragazza provava qualcosa per lui? Come glielo avrebbe spiegato che non gli piaceva senza ferire i suoi sentimenti?
«Vieni, Albus» gli sorrise lei.
Albus, dopo un attimo di titubanza, decise che sarebbe stato meglio parlarle in privato e la seguì. Se ne pentì subito: nel bagno c’erano le altre due gemelle. E quando una di loro, non riusciva a distinguerle in quel frangente, si appoggiò alla porta con le spalle, comprese che era stata una pessima idea andare a quell’ ‘appuntamento’.
«Grazie di essere venuto» disse sempre gentilmente Destiny Danielson. Albus era sicuro che fosse lei, ora che si era abituato alla scarsa illuminazione del bagno aveva notato i braccialetto al polso. Ognuna di loro possedeva un bracciale d’oro con il proprio nome. Forse i loro genitori le distinguevano così o almeno quella era la voce circolante a Scuola.
Destiny, però, si stava avvicinando, troppo. Albus si appiattì alla parete alle sue spalle. Cominciava a sentirsi soffocare: era un luogo troppo piccolo per quattro persone.
«Dai non essere timido. Mi piaci molto» disse la ragazza, avvicinandosi ancora.
Albus boccheggiò, non sapendo che cosa dire.
Destiny gli prese le mani nelle sue e si accostò al suo viso. Albus non sapeva da che parte scappare. Era una situazione assolutamente ridicola.
«N-non è il caso» riuscì a bofonchiare.
«Non essere timido. Solo un bacio» sussurrò con voce dolce Destiny. «Avanti chiudi gli occhi» lo istruì, accarezzandogli una guancia con la mano.
Il Grifondoro deglutì e obbedì. Non era brutta, tutto sommato non sarebbe stato male, sebbene la situazione non gli piacesse.
All’improvviso qualcosa di viscido gli toccò le labbra e il flash di una macchina fotografica lo costrinse a riaprire gli occhi.
Destiny teneva in mano un grosso rospo con una specie di parrucca bionda, che stava per scivolare. Sia lei sia le sorelle ridevano come matte. Divina teneva tra le mani una macchina fotografica magica, ultimo modello.
«Ma davvero hai pensato che una di noi potesse uscire con uno come te?» gli chiese Destiny. «Non hai neanche un muscolo. Chi ti credi di essere? Tuo fratello?». Le ragazze iniziarono a ridere più forte.
Albus, ripresosi dallo shock iniziale, spinse via Divina e uscì dal bagno. Era stato un imbecille. Dopo la storia di Daila Morales si era ripromesso di non farsi prendere in giro, invece ci era ricaduto. Si mosse rapidamente verso la testa del treno, così arrabbiato e turbato da non far caso a chi urtava.
«Ehi! Attento! Ma che ti prende?».
Alice, visto che Albus non si era fermato alle sue parole, lo tirò per un braccio e lo costrinse a fermarsi. «Al» disse semplicemente guardandolo negli occhi. «Che hai?».
Albus scosse la testa, non sapendo che cosa rispondere. Alice lo trascinò in un altro bagno. Avrebbe odiato i bagni di quel treno. «Che succede?» ripeté la ragazzina.
«Se te lo dico, prometti che tu e Lily non farete niente di stupido?» chiese il ragazzo con voce tremante.
«Io e Lily non facciamo mai cose stupide» replicò Alice con un sorriso malandrino, ma che non riuscì a contagiare l’amico come aveva sperato.
«Intendo nulla contro le regole. Promettimelo».
Alice sospirò. «E va bene. Te lo prometto».
Albus, vergognandosi da morire, le raccontò quello che era appena accaduto con le gemelle Danielson. La ragazzina sbuffò: «Non avresti dovuto farmi promettere».
Il ragazzo non l’ascoltò neanche, troppo impegnato a deprimersi. Alice lo abbracciò, attirando così la sua attenzione. «Non so chi sia peggio tra te e mio fratello».
Ad Albus quell’abbraccio piacque e lo lasciò durare. Di solito si confidava con Frank o Alastor, al massimo Scorpius o Rose. Alice era sempre stata una specie di seconda sorellina più piccola, per cui di solito si limitava a giocarci non a parlarle dei suoi problemi. Per un attimo percepì uno strano rimescolìo nello stomaco, ma probabilmente aveva mangiato troppi dolci e le labbra viscide di quel rospo non avevano aiutato.
In quel momento il treno rallentò e poi si fermò del tutto.
«Siamo arrivati» sospirò a malincuore Albus. «Dobbiamo scendere».
«Sì, certo» replicò Alice sciogliendo l’abbraccio. «Non ascoltare le tue compagne, però. Sono delle sceme».
«Grazie» replicò Albus, non pienamente convinto.
«Senti» lo richiamò Alice, bloccandolo proprio mentre stava per aprire la porta. Albus colse un attimo di esitazione sul suo volto, ma quando parlò la voce della ragazzina era tranquilla come sempre: «Magari c’è qualcuno che ti vuole bene, ma non ha il coraggio di dirtelo. Non ci sono molti ragazzi come te». Lo baciò sulla guancia e lo precedette.
Albus non ci credeva molto alle sue parole, ma era comunque contento che ella si fosse preoccupato per lui tanto da trascorrere l’ultima parte del viaggio chiusa in un bagno.
L’aria fredda di Hogsmeade lo accolse appena mise piede sulla banchina e ciò gli diede la scusa per alzare il cappuccio e coprirsi almeno in parte il volto.

*

«Hagrid!» trillò Scorpius. «Trascorse buone vacanze?».
«Non mi lamento, tu?» replicò il mezzogigante.
Scorpius si strinse nelle spalle. «Non mi sono annoiato».
«Mi hai riportato Batuffolo?».
«Eh, sì. Purtroppo mio padre si è rifiutato di far pressioni sulla Preside perché mi desse il permesso di tenerlo» replicò Scorpius. «Mi ha detto che aveva cose più importanti da fare. Ti rendi conto?».
Hagrid ridacchiò prendendo in braccio il cucciolo di crup.
«È cresciuto, vero?» chiese felice Scorpius.
«Già. Questo piccoletto diventerà presto grande e grosso».
«Come sta il piccolo Thestral? Quando potrò vederlo?».
«Meglio. Nei prossimi giorni ti ci porto».
«Ottimo. La prendo come la promessa di un Grifondoro». Scorpius sorrise felice. Hogwarts gli era mancata parecchio.
«Hagrid, è ora del Banchetto».
Scorpius osservò sorpreso la donna appena entrata nella capanna: era molto alta, non quanto Hagrid, ma più del normale sicuramente. Ella ricambiò il suo sguardo, probabilmente sorpresa di trovarlo lì.
«Amaryllis, ti presento Scorpius. Scorpius ti presento Amaryllis, la mia nuova aiutante» disse Hagrid.
«Piacere, professoressa» disse Scorpius, tentando di nascondere la sorpresa e fissandola con attenzione. La donna gli strinse la mano.
«Non sono professoressa, non è necessario che mi chiami in quel modo».
«E come dovrei chiamarla?» replicò Scorpius perplesso.
«Non lo so, sinceramente non ci ho ancora pensato» rispose la donna altrettanto incerta.
Il Serpeverde lanciò un’occhiata interrogativa a Hagrid.
«Andiamo? La Preside vorrà sicuramente presentarti, Amaryllis. Non è il caso di fare tardi» disse Hagrid. «Forza, Scorpius, saluta Batuffolo».
Il ragazzo si riscosse e, dopo un’ultima coccola al cucciolo, seguì i due verso il castello. Il parco era ancora innevato, proprio come l’aveva lasciato prima di partire a dicembre, ma il cielo era stellato.
La Sala Grande era già affollata e caotica come al solito, quando vi entrarono. Scorpius fece un ultimo cenno di saluto a Hagrid e si diresse al suo tavolo. Individuò le compagne, intente a chiacchierare, e le raggiunse. Prima di sedersi chiamò suo cugino Orion, che si avvicinò all’istante. Arya, Annie e Alex fecero spazio ai due ragazzi.
«Allora come sono andate le vacanze?» domandò Scorpius. Aveva sperato che la cena fosse già stata servita, visto che era affamato, ma purtroppo i piatti erano inesorabilmente vuoti.
«Uno schifo» replicò Alex, rigirandosi tra le dita i capelli, quella sera tra il nero e il viola.
«Come mai?» chiese Annie con circospezione. Avevano ormai imparato che con la famiglia Dolohov bisognava temere sempre il peggio.
«Mio fratello ha firmato un contratto matrimoniale a mio nome» rispose Alex.
«E non ti ha chiesto cosa ne pensavi?» domandò ingenuamente Arya.
«Non era importante. Scorpius, come diavolo si cancella un contratto matrimoniale magico?».
Scorpius fissò l’amica. «Non si può, no?».
«Deve esserci un modo» tentò Annie. «Non possiamo cercare in biblioteca?».
«Posso chiedere direttamente ai miei, ma ne dubito» sospirò Scorpius. «Questi contratti magici sono strettamente vincolanti. Non so se un magiavvocato molto bravo potrebbe aiutarti».
«E come dovrei pagare un magiavvocato? Non ho soldi» ribatté Alex.
«Chi è il fortunato? Anche mio padre voleva firmare un contratto matrimoniale per me» s’intromise Orion.
Scorpius lo fissò inorridito. «Ma non l’ha fatto, vero?».
«No, nonno non ha voluto. Per fortuna. Insomma mi ci vedete a me con Pauline Rosier? Ve la ricordate, vero?».
«Meno male che nonno ha un cervello» bofonchiò Scorpius.
«Thomas Roockwood» ringhiò Alex.
Scorpius seguì il suo sguardo e notò il compagno avvicinarsi.
«Buonasera a tutti» disse pomposamente il ragazzo. «Alexandra, perché ti sei seduta qui? Ti ho tenuto il posto».
Scorpius non avrebbe saputo dire se Alex sarebbe collassata, cosa palesemente imminente, se per l’impudenza di Thomas o per essere stata chiamata con il suo nome completo.
«Sottospecie di vermicolo, solo perché non voglio essere volgare, vedi di sparire dalla mia vista e non azzardarti mai più a chiamarmi in quel modo» sibilò Alex.
«Sei la mia promessa sposa e devi fare quello che ti dico» replicò duramente Thomas Roockwood.
Scorpius fermò Orion che stava, molto cavallerescamente, intervenendo in aiuto della ragazza. Alex non aveva bisogno di aiuto.
«Non dovremmo… ehm impedirglielo?» mormorò Arya, quando Alex usò il levicorpus su Roockwood e lo minacciò, attirando l’attenzione di tutta la Sala Grande, di mostrare a tutti quanto poco fosse virile.
Scorpius, non avendone alcuna intenzione, passò in rassegna il tavolo dei professori e si accorse che la Preside non era ancora arrivata e nemmeno la loro Direttrice, la professoressa Shafiq. In compenso il professor Paciock e il professore Williams parlavano concitatamente tra loro, probabilmente nel tentativo di convincere l’altro a intervenire per sedare l’ennesimo litigio. Infine fu Paciock ad alzarsi e avvicinarsi.
«Signorina Dolohov sarebbe il caso che mettesse giù il signor Roockwood» disse Neville pazientemente.
«Solo se, gentilmente, lei lo convince a starmi ad almeno un paio di metri di distanza, signore» ribatté Alex.
Neville si accigliò. «Dolohov, mettilo giù. Immediatamente. Sei già nei guai».
Alex sbuffò, ma obbedì. L’insegnante rallentò la caduta di Roockwood.
«Posso sapere perché non siete neanche tornati a Scuola e già litigate?» domandò a quel punto Neville.
«È molto semplice, signore. Alexandra è ufficialmente la mia promessa sposa, appena le ho detto che mi aspetto che si sieda vicino a me e ai miei amici durante i pasti, ha reagito come ha potuto vedere» spiegò con fare arrogante Thomas Roockwood, riassestandosi la divisa.
«Stai ferma» disse Neville, bloccando Alex che stava per colpire nuovamente Roockwood. «Signor Roockwood, non mi sembra che la tua compagna sia d’accordo, perciò sei pregato di tornare al tuo posto».
«Ma, signore, ha capito che è mia?» insisté il ragazzo infastidito.
«Siamo a Scuola, Roockwood, qualunque accordo vi sia stato tra i vostri genitori, qui non ha valore. E se i vostri genitori la pensano diversamente, è bene che vengano a parlarne con la Preside o con il Direttore di Serpeverde» sentenziò Neville, per nulla contento dell’atteggiamento di quel ragazzino. «Nel frattempo, ti prego di non infastidire più la tua compagna».
«Signore, mi ha incantato! Ha sentito che cosa mi ha detto?».
«L’hanno sentito tutti» rispose Neville, facendo sorridere Scorpius e gli altri. «Puoi stare tranquillo che saranno presi gli opportuni provvedimenti».
I Serpeverde notarono l’ingresso della Preside insieme alla Shafiq e a un gruppetto di persone sconosciute o quasi. Infatti una di loro era Percy Weasley ed era così tronfio in quel momento, che Scorpius pensò che la sua presenza, insieme al ritardo del Banchetto, non promettesse nulla di buono.
«Oh, bene. Dolohov farò rapporto a chi di dovere» concluse Neville, prima di tornare a sedersi.
«Roockwood 0 – Dolohov 1» disse Scorpius, facendo sorridere anche Alex.
«Scrivi a tuo padre» disse Alex.
«Naturalmente. Domani mattina stessa» le assicurò Scorpius, sebbene non nutrisse alcuna speranza.
«Buonasera a tutti» esordì la McGranitt. «Vi chiedo scusa se vi ho fatto attendere. Immagino siate stanchi per il viaggio, ma vi prego di pazientare ancora qualche minuto».
«Purché siano pochi» sussurrò Scorpius agli amici, facendoli sorridere.
«Come avrete notato, questa sera abbiamo degli ospiti. Percy Weasley è stato incaricato dal Ministero di valutare l’attuale livello di Hogwarts». La voce della McGranitt aveva la solita inflessione severa, ma Scorpius avrebbe scommesso, le labbra sottili e le rughe più evidenti intorno ad esse, che non fosse per nulla contenta dell’ingerenza ministeriale.
«Il signor Weasley con i suoi colleghi assisterà alle lezioni e valuterà la qualità dell’insegnamento» continuò la Preside. «Siete pregati di comportarvi in modo adeguato nei confronti dei nostri ospiti e favorire il loro compiti».
Ai ragazzi parve che l’avvertimento non fosse solo per loro, ma anche per i docenti, a cui la professoressa gettò un’occhiata eloquente. A parte il professor Paciock, tutti sembravano sorpresi da quella novità e qualcuno palesemente infastidito.
«Colgo l’occasione per comunicarvi che la professoressa Shafiq ha chiesto un congedo e il professor Bertram Delaney la sostituirà in tutte le sue mansioni».
Il corpo studentesco si unì in ritardo all’applauso dei professori, troppo sorpreso per quell’ulteriore novità.
«Speriamo sia più buono della Shafiq» sospirò Annie.
«Ci farò due chiacchiere presto» disse Scorpius fissandolo con attenzione.
«Per quale motivo?» chiese Orion.
«Quidditch, naturalmente».
«Infine, permettetemi di presentarvi Amaryllis Adams, nuova assistente di Hagrid». La donna, che Scorpius aveva già avuto modo di conoscere, si alzò e fu accolta da un tiepido applauso.
«Molto bene, vi auguro buon appetito» concluse la Preside.
Scorpius, come gli altri, fu ben lieto di veder finalmente apparire le varie portate sul tavolo.

*

«Perché tu zia si è messa in congedo?» chiese Scorpius, appena raggiunse Emmanuel in Sala Comune.
«Mio zio Abraham ha bisogno di aiuto e lei vuole stare insieme a mia cugina Caroline. Anche se credo che Caroline non voglia nessuno tra i piedi» replicò Emmanuel.
«Ho deciso di buttare Parkinson e Roockwood fuori squadra e fare delle nuove selezioni prima della partita contro Corvonero» gli comunicò Scorpius.
«Non credo che la prenderanno bene» commentò Emmanuel.
«Non è un problema mio. Non posso giocare con una squadra i cui componimenti si odiano» ribatté Scorpius.
«Avete visto gli annunci in bacheca?» domandò Annie Ferons, sedendosi vicino a loro insieme ad Alex Dolohov e Arya Wilkinson.
«Che annunci?» replicò Scorpius, che non ci aveva neanche fatto caso.
«Bulstrode ha deciso di riformare il coro della Scuola e la Preside ha approvato la fondazione di un club degli scacchi» rispose Annie.
«Ah, carino» commentò Scorpius, non particolarmente interessato a nessuna delle due attività.
«Voi pensate di inscrivervi?» chiese Annie.
«Sì, potrebbe essere piacevole, no?» rispose Arya.
«Sì, ma non fanno per me. Tu vuoi inscriverti a entrambi?» replicò Scorpius.
«Pensavo di provare a entrare nel coro. Mi piace cantare» rispose Arya.
«Io sono stonata» dichiarò Annie. «E poi in teoria ho il Quidditch, in pratica… Scorp, hai accettato le mie dimissioni?».
«No, come ho detto a Emmanuel poco fa, butterò fuori Parkinson e Roockwood e farò nuove selezioni. Tu, Alex, che intenzioni hai?» disse Scorpius.
«A parte uccidere Thomas Roockwood, intendi?» chiese Alex, che fino a quel momento aveva fissato i ragazzi del loro anno con rabbia. «Se cerchi un cacciatore, potrei partecipare alle selezioni, ma canto e scacchi no. Soprattutto il canto è troppo femminile».
«Non credo» borbottò Annie. «Anche i ragazzi hanno belle voci».
«Non mi interessa» tagliò corto Alex.
«Scorp, hai sentito dello scherzo che hanno fatto ad Albus?» domandò Annie, con circospezione: sapeva quanto Scorpius fosse suscettibile quando venivano toccati i suoi amici.
«Chi?» replicò Scorpius aggrottando la fronte.
«Le gemelle Danielson» rispose Annie e gli raccontò quello che a sua volta aveva sentito dire da altre ragazze durante la cena.
Scorpius si arrabbiò e saltò in piedi. «Sono delle sceme!».
In quel momento la Sala Comune si zittì all’improvviso, i cinque non impiegarono molto a capirne il motivo: il professor Delaney era appena entrato.
«Buonasera, ragazzi».
«Ma rompe le pluffe dalla prima sera?» sussurrò Alex, beccandosi un’occhiataccia da Annie.
«Tranquilli, non vi ruberò troppo tempo e vi lascerò liberi in pochi minuti. Ci tenevo a confrontarmi con voi e non incontrarvi direttamente in classe, dopotutto sono il vostro Direttore. E la professoressa McGranitt mi ha detto che ci sono parecchie tensioni ultimamente. La professoressa Shafiq, naturalmente, me l’ha confermato e mi ha spiegato più nei dettagli. Vorrei solo che sapeste che se ci sono dei problemi potrete chiedere direttamente a me».
Scorpius lo scrutò con attenzione: era molto giovane e sembrava leggermente intimidito da loro. Alcune ragazze, le solite lecchine, lo circondarono all’istante.
«Speriamo bene» sussurrò Annie.
«Peggio di mia zia non può essere» replicò Emmanuel, lanciando di sottecchi occhiate al gruppetto al centro della Sala.
«Ragazzi, scusate». I cinque sobbalzarono vedendo avvicinarsi Delaney. A quanto pare l’avevano sottovalutato, si era liberato rapidamente delle ragazze. «Tu sei la signorina Alexandra Dolohov, vero?» chiese rivolto ad Alex.
Scorpius si trattenne dallo scoppiare a ridere e sperò che l’amica non desse di matto per essere stata chiamata nuovamente con il suo nome completo.
«Alex» lo corresse semplicemente a denti stretti la ragazza. «Signore» aggiunse quando Annie la pizzicò leggermente.
«Ok, Alex» accettò Delaney. «Vorrei parlarti un attimo, ti dispiace?».
«Anche se mi dispiacesse, lei vorrebbe parlarmi lo stesso. Per cui…» ribatté la ragazza.
Scorpius scoppiò a ridere e nascose la testa in un cuscino.
«Temo di sì. Andiamo?» replicò Delaney, sorpreso dalla faccia tosta della ragazza, ma non arrabbiato.
I quattro rimasti non dovettero attendere molto, meno di dieci minuti dopo Alex rientrò in Sala Comune e sedette vicino a loro.
«Allora?» le chiese Scorpius.
«È stato meglio di quanto immaginassi. Ha persino detto che parlerà con Roockwood» dichiarò Alex.

*

«Cavoli è un piano geniale» commentò Gretel Finnigan.
Roxi, appena entrata in camera, la fissò: era seduta sul letto di Lorein Calliance e confabulavano tra loro. Non erano mai andate troppo d’accordo e, perciò, si sorprese.
«Di che parlate?» chiese.
«Della vendetta ai danni di Afia Gamal» rispose Lorein Calliance.
Roxi si accigliò e si avvicinò. «Che pensate di fare?».
«Ho già fatto» rispose Lorein orgogliosa. «Non ci resta che assistere alla sua capitolazione».
«Che mi sono persa?» insisté Roxi, a cui non piaceva per nulla l’espressione delle due compagne.
«Non ti ricordi il bacio che Halley le ha dato prima di Natale?» le domandò Lorein.
«Sì, certo» replicò lentamente Roxi, non sapendo dove stesse andando a parare.
«Come immaginavo, Afia è terribilmente ignorante in certi ambiti» rispose Lorein maliziosa. Gretel ridacchiò divertita.
«Continuo a non capire» disse Roxi perplessa.
«Beh, ma è naturale!» strillò Lorein. «Le ho lasciato intendere che basti un bacio per avere un bambino».
Lorein e Gretel risero di nuovo.
Roxi non lo trovò molto divertente. «Credo che sia molto turbata. Sarebbe il caso che metteste fine allo scherzo». Afia aveva trascorso le vacanze alla Tana e Roxi aveva notato che fosse più strana del solito e ora ne comprendeva il motivo.
«Che scherzi? Abbiamo appena iniziato!» replicò Lorein. «Si pentirà di averci trattato dall’alto in basso».
Roxi non replicò e iniziò a indossare il pigiama. A lei non sembrava uno scherzo divertente. Anzi non era proprio uno scherzo. Avere un bambino a quattordici anni e mezzo non era uno scherzo. In quel momento entrò Afia e come sempre neanche le salutò. Lorein e Gretel smisero di chiacchierare e iniziarono a prepararsi per la notte.
«Buonanotte» augurò Roxi alle compagne, nascondendosi dietro le tende del letto a baldacchino. Non aveva intenzione di insistere sull’argomento, per il momento. Non era molto più preparata di Afia in certi argomenti, come li chiamava Lorein, e non voleva rendersi ridicola con le altre. In caso avrebbe chiesto consiglio a Frankie il giorno dopo.

*

Brian si gettò sul letto e prese un romanzo iniziato durante le vacanze. Non gli mancava molto per finirlo e voleva farlo prima che iniziassero a segnare un sacco di compiti.
Anche Louis e Drew erano in camera ed entrambi leggevano, il primo un libro di pozioni, tanto per cambiare, il secondo un fumetto.
Il viaggio in treno era stato tranquillo, così come la cena.
«Le ragazze non facevano che parlare del coro a cena» disse all’improvviso Drew. «Voi che ne dite?».
«Io non canto» disse subito Brian. Non aveva proprio voglia di mettersi in ridicolo davanti ai compagni. «Però mi piacerebbe andare al Club degli scacchi».
«A me piacerebbe provare entrambi» disse a sorpresa Louis. «Non dev’essere male il coro, no?».
«Se ti diverte sì» rispose tranquillamente Drew. «Non mi dispiacerebbe provarci, anche se ho paura che mio fratello mi prenderà in giro» ammise.
«Tuo fratello è scemo» replicò Louis, girando pagina.
«Se vuoi provarci, provaci» aggiunse Brian.
Un CRACK improvviso fece sobbalzare tutti e tre i ragazzi, che scattarono seduti sui loro letti.
Un elfo domestico gemeva sul tappeto blu.
«Tabi!» gridò Brian, saltando giù dal letto e inginocchiandosi accanto all’elfo.
«Padron Brian, padron Brian» mormorò flebilmente l’elfo.
«Sono qui, Tabi. Che cos’hai?» replicò spaventato il ragazzino.
L’elfo si contorceva. «Tabi soffre. Aiuta Tabi. Ti prego».
«L’hanno avvelenato».
Brian si voltò verso Louis che si era avvicinato, senza che lo sentisse.
«Avvelenato?» replicò Drew, da dietro le sue spalle.
«Dal colorito sembrerebbe così» spiegò Louis.
Brian conosceva Louis a sufficienza per sapere che difficilmente si sbagliava, perciò prese in braccio Tabi e si diresse verso la porta.
«Che fai?» gli chiese Drew.
«Lo porto in infermieria, naturalmente» rispose Brian, correndo via.
«Veniamo anche noi» gli urlò dietro Louis.
Ignorò i Corvonero che si era trattenuti in Sala Comune e i richiami dei Prefetti che gli dicevano che era scattato il coprifuoco. Sentiva dietro di lui i passi degli amici e i loro respiri affannosi. Si concentrò su Tabi. Il rantolio che emanava lo terrorizzava, ma allo stesso tempo lo rincuorava: almeno era ancora vivo.
Si catapultò dentro l’infermieria, spaventando madama Williamson. Era senza fiato e non riuscì a spiegarle, ma, fortunatamente, la donna era abbastanza sveglia e prese Tabi dalle sue braccia, appoggiandolo su un letto. Louis e Drew arrivarono proprio in quel momento.
Brian, piegato in due per lo sforzo, non perse d’occhio la medimaga. Madama Williamson esaminò Tabi con l’ausilio della bacchetta e poi appellò una piccola boccetta, il cui contenuto riversò immediatamente nella bocca del piccolo elfo. Tabi chiuse gli occhi, ma il suo petto iniziò ad andare su e giù regolarmente.
«Sta bene?» chiese Brian in sussurro.
La medimaga si voltò verso di lui e annuì. «L’hai portato qui appena in tempo. È stato avvelenato». Per una volta Louis non sembrò molto felice di aver avuto ragione. «Posso sapere che cos’è successo?» domandò la donna.
«Non lo sappiamo» rispose Brian. «Tabi è mio amico e si è smaterializzato in camera nostra per chiedermi aiuto».
La Williamson si accigliò, ma non fece in tempo a parlare che una bambina spuntò dal suo ufficio.
«Mami, perché non vieni a letto?».
Brian sorrise instivamente: gli ricordò tanto Sophie.
«Kim. Ti ho detto che quando sto lavorando, devi rimanere in camera» la rimproverò la donna. Brian, però, si rese conto che non era arrabbiata e la bimba anche, infatti entrò nella stanza guardandoli con curiosità. I suoi occhi brillavano.
«Altri bimbi!» trillò felice. «Come si chiamano?».
La medimaga sospirò e si rivolse ai tre ragazzi: «Devo assolutamente andare a parlare con la Preside di quello che è successo, per favore potete rimanere con Kim per un po’?».
I tre Corvonero annuirono immediatamente e si presentarono alla bambina, che fu felicissima delle loro attenzioni. Nonostante l’ora sembrava che la piccola Kim non sentisse stanchezza, tanto li riempì di chiacchiere. Dopo un bel po’ di tempo, la porta dell’infermieria si riaprì ed entrarono dei professori. Con loro vi erano alcuni elfi domestici che galleggiavano nell’aria e che adagiarono subito, ciascuno su un letto. I ragazzini e Kim si avvicinarono curiosi.
«Tu vieni con me» disse la medimaga prendendo in braccio la figlioletta.
«Ma i bimbi…» si lamentò la piccola.
«Tra poco andranno a letto anche loro» rispose accondiscendente la donna.
Brian, Louis e Drew si affrettarono ad augurarle la buonanotte.
«Che è successo?» chiese loro il professor Williams, osservandoli con attenzione. Brian ripeté quanto aveva detto alla Williamson.
«Che cosa facciamo, professoressa?» chiese alla Preside il professor Paciock. Era pallido, proprio come Mcmillan, Williams, Finch-Fletchley e, il nuovo, Delaney. Tutti pendevano dalle labbra della professoressa McGranitt.
La donna fissò prima i tre ragazzini e poi gli elfi, che dormivano, infine disse: «Maxi, avverti Potter di quello che è successo. Se lo riterrà opportuno, accoglierò i suoi uomini a Hogwarts. Justin, vai da Hagrid e da Amaryllis, raccontali che cosa è successo e chiedi loro di occuparsi degli elfi in cucina». Aspettò che i due lasciassero la sala prima di rivolgersi ai colleghi rimasti. «Procedete a una perquisizione dei dormitori. Chiedete aiuto anche alle professoresse Spinnett, De Mattheis, Yaxley e Dawson».
I tre professori annuirono e si sbrigarono a eseguire quanto richiesto.
«Siete stati bravi» disse allora la professoressa McGranitt, attirando l’attenzione dei tre ragazzi su di sé. «Vi siete meritati cinquanta punti ciascuno».
«Non abbiamo fatto molto, professoressa» sussurrò Brian, sorpreso. «Abbiamo solo portato Tabi qui».
«Gli avete salvato la vita, così come agli altri elfi presenti» replicò la McGranitt. «Adesso, venite, vi riaccompagno alla Torre di Corvonero».
«Ma come io credevo che a Hogwarts ci fossero molti più elfi domestici» commentò Drew perplesso. In infermieria non ce n’erano neanche una decina.
Lo sguardo della Preside si addolcì. «Mi dispiace, signor Jordan, ma non siamo riusciti a salvare gli altri».
I tre furono molto turbati dalla notizia, specialmente Brian che si voltò a guardare Tabi.
«Chi ha voluto farli del male, professoressa?» domandò Louis.
«Non lo sappiamo, signor Weasley, ma ti assicuro che appena lo scoprirò il colpevole si ritroverà espulso» rispose la Preside. «Ora, seguitemi per cortesia».
«Non rimane nessuno con loro, professoressa?» le chiese Brian, senza muoversi.
«Stai tranquillo, ce ne occuperemo noi professori» ribatté la professoressa McGranitt.
A quel punto i tre la seguirono in silenzio fino alla Torre di Corvonero, che era molto più caotica di quando l’avevano lasciata. La professoressa De Mattheis, un’ex-Corvonero, disse loro di andare in camera e aspettare il professor Williams, che si sarebbe occupato di perquisire i Dormitori maschili. Ella si sarebbe occupata di quelli femminili.
Brian, Louis e Drew obbedirono. Passò più di mezz’ora prima che Williams entrasse nella loro stanza. I ragazzini, sul punto di addormentarsi, si ricomposero e lo fissarono in attesa.
«Che cosa sta cercando di preciso, signore?» si azzardò a chiedere Drew, dopo che l’uomo aveva compiuto una serie di incantesimi con la bacchetta.
«La o le fiale che contenevano il veleno o qualunque cosa che possa essere collegata» rispose serio Williams.
«Noi non abbiamo fatto nulla, signore» disse altrettanto serio Louis.
Il professor Williams lo fissò e annuì. «Lo so, ragazzi, ma devo comunque verificare. Non credo che qualcuno di voi possa aver fatto una così crudele, ma il colpevole potrebbe anche aver nascosto ciò che ha usato in un'altra camera».
I tre annuirono e, affiancati, continuarono a osservare ogni mossa dell’uomo.
«Molto bene, non c’è nulla. E siete anche parecchio ordinati. Prima sono entrato nella stanza dei ragazzi del primo anno e non sapevo dove mettere i piedi» sospirò il professore. «Andate a letto, adesso. Credo sia stata una serata sufficientemente lunga. Buonanotte».
«Buonanotte, signore» risposero in coro.
 
   
 
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