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Autore: Teddy_bear    16/04/2018    8 recensioni
In musica, un preludio (dal latino praeludium) è generalmente un brano piuttosto breve, di solito senza una forma codificata, collocato all'inizio dell'esecuzione di una composizione o di una sua parte. In anatomia, preludio, era il cuore di Shaoran. Ma Sakura sapeva benissimo ascoltare e salvare i cuori.
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AU fanfiction, dove Shaoran è un pianista con il cuore spezzato e Sakura è una studentessa di medicina, specializzanda in cardiologia.
[Se volete, per capirci meglio, ho pubblicato un’introduzione ed un trailer].
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Li Shaoran, Sakura Kinomoto, Un po' tutti | Coppie: Shaoran/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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SAKURA

 

Sono passate due settimane dal concerto di Shaoran. Quindici giorni ed anche qualcosa in più. Il freddo sta avanzando, mentre il mese di novembre si fa sempre più vicino. In questo scorrere di ore sono successe alcune cose: io ed Hisato abbiamo i soliti alti e bassi, ho ancora i miei dubbi e spesso ho cercato di parlarci chiedendogli se dovesse mettermi al corrente di qualcosa, ma le sue risposte sono sempre state "sono solo stanco", "sai, Sakura, sto studiando molto" e cose di questo genere. Tuttavia, con me si comporta sempre in modo gentile, anche se qualche volta lo sento più distante. Non lo so. Ogni giorno è comunque una tortura, ma non posso di certo fargli delle scenate sulla base del nulla più completo. Mannaggia. Poi, mio fratello e Yukito hanno comperato un gatto; quando vado da loro ho deciso di portare con me Kero-chan, in modo tale che lui e Suppi (hanno deciso di chiamare così il loro micio) possano giocare un po’ tra di loro, anche se, piuttosto che giocare, a me sembra che si facciano dispetti, come chi mangia più cibo facendo a gara tra chi lo prende per primo dalle mani di chi glielo da. Tomoyo ed Eriol stanno uscendo insieme, è ufficiale, questa è l’altra novità. Molte volte, quando usciamo assieme a Meiling ed al suo compagno, si scambiano tenerezze; sono così carini che tifo affinché il loro amore duri per sempre. I miei esami si avvicinano, quindi sto studiando per la sessione invernale al meglio che posso, nonostante la mia testa per aria. Infine, io e Shaoran stiamo diventando buoni amici: lui è più aperto, stiamo costruendo un buon rapporto, soprattutto saldo e solido. Un po’ come il rapporto che ho anche con gli altri miei amici. Però, resta ancora un po’ sulle sue, nonostante il notevole miglioramento nei suoi atteggiamenti, mantiene pur sempre quel distacco emotivo da chiunque lo circondi. Potrebbe essere parte del suo carattere, così come potrebbe non esserlo. Sta a me verificare, però, di una cosa sono sicura: sotto quell’aria fredda e schiva si nasconde un gran cuore, e sono i piccoli gesti che me lo dimostrano, come quando ha notato che mi sono tagliata i capelli, o come quando in metropolitana lo raggiungo, e lui mi prende per le spalle facendomi fare dei passi indietro perché sa che ho paura del vuoto. In questo, sono più che certa di non sbagliarmi. 

“Scusi.” dico, quando mi scontro ad un uomo, all’entrata della metro. Questo scuote la testa, andandosene. Dovrei smetterla di immergermi a capofitto nei miei pensieri mentre cammino, altrimenti va a finire sempre così. Scendo le scale mobili, tenendomi per il corrimano, ed in un baleno sono sulla banchina della metropolitana, pronta per aspettare il mezzo. Mi guardo in giro, cercando il pianista. Quando lo trovo, lo chiamo per nome a voce alta, facendo girare anche altre persone verso la mia direzione. Ops. 

“Buongiorno.” mi raggiunge, sorridendomi. Gli sorrido a mia volta. Impugno meglio la mia ventiquattr’ore, quando sento le mie dita un po’ indolenzite. 

“Buongiorno.” ricambio il saluto. 

Porta una mano all’altezza del mio viso, mettendomi i miei capelli, sempre scomposti, dietro al mio orecchio sinistro. Ridacchio, dicendogli che assomiglio ad una di quelle scope che servono per lavare il pavimento, oppure che sembro sempre appena uscita dalla lavatrice. Lo vedo scuotere il capo, abbozzando un sorriso. 

“Come stai?” sono subito pronta a chiedergli. 

“Bene, ragazzina. Tu?”

Una cosa non l’ha smessa: nonostante ora possiamo definirci amici, questo nomignolo gli è rimasto in bocca. Ma devo dire che ci sono abituata e non mi sembra neanche più tanto sprezzante come prima. 

“Sto bene, oggi hai lezione?”

“Armonia ed analisi. Tu?”

“Sì, ho radiologia.” sospiro. 

“Qualcosa mi dice che non ti fa impazzire.”

Ridacchio.

“Diciamo che non è il mio forte. Questo semestre devo dare gli esami di patologia, anatomia e radiologia. E quest’ultima mi sta dando difficoltà.”

Annuisce, comprensivo. 

“Sono sicuro che li passerai.”

“Speriamo. Com’è analisi e armonia?”

“Interessante. Studia la composizione dei testi, per fartela breve.”

“Tu componi, quindi?”

Spalanco gli occhi, stupefatta. 

“Diciamo che ci provo.”

“Devi farmi sentire qualcosa!” esclamo, saltellando sul posto. Vedo Shaoran ridacchiare ed alzare gli occhi al cielo. La metropolitana arriva subito dopo, arrestando la sua corsa. Mi metto alla destra della porta, dopo essermi avvicinata lentamente alla linea gialla, Shaoran mi prende per le spalle, aiutandomi. 

“Ce la faccio.” protesto, gonfiando le gote. Sospira, non lasciando la presa. Si allontana dalle mie spalle solo una volta saliti, ed io posso tornare a respirare. 

“Perché ti fa così paura?” mi domanda. Alzo le spalle. Non ne ho idea, ma ho sempre avuto paura del vuoto. Ho sempre sofferto di vertigini, mi da fastidio passare sulle griglie che ci sono per strada… insomma, cose così.

“Non c’è un motivo particolare, in realtà.” lui serra le labbra, con fare comprensivo. Ci teniamo al palo, mentre la metropolitana continua a fare la sua corsa. 

“Come mai hai scelto di fare cardiologia?”

Oh. Non me l’aspettavo. 

“Tu non hai ancora risposto alla mia domanda sul perché hai iniziato a suonare il pianoforte.” ribatto. Sbuffa, in risposta. Non volendo insistere nel punzecchiarlo, decido di rispondergli come si deve. 

“Perché volevo fare qualcosa per aiutare gli altri.” ammetto.

“Ma perché proprio il medico cardiologo, e non l’avvocato? O lo psicoterapeuta?” chiede ancora, guardandomi negli occhi. 

“Perché è il medico che ti salva la vita. Al limite l’avvocato cerca di levarti dai guai, lo psicoterapeuta ti aiuta a vivere meglio… ma se non stai bene fisicamente, come fai?” 

Lo vedo spalancare gli occhi, per poi annuire. 

“Vuoi salvare gli altri, in poche parole?”

Non gli faccio neanche quasi finire la frase che “Sì, decisamente.” rispondo. 

Mi sorride, assumendo poi un’espressione sorpresa.

“Cosa c’è?” mi allarmo di aver detto qualcosa di sbagliato. 

“Niente. Questa è l’ennesima cosa che mi conferma che non ho mai incontrato qualcuno come te.”

Sto per rispondergli, quando la metro si ferma improvvisamente ed io devo reggermi forte per non cadere. 

“Così imbranato? Ci credo.” ammetto, cercando di risistemarmi. Scuote il capo, ma non dice altro. Sul mezzo di trasporto salgono un po’ di persone, e la figura dolce di Rika, accompagnata da Meiling, mi permettono di sorridere. 

“Ragazze!” le richiamo. Shaoran guarda verso la loro direzione, salutandole una volta che ci hanno raggiunti. 

“Meiling, perché hai preso la metropolitana alla fermata dopo?” domanda a sua cugina, il pianista. Mi giro verso la ragazza in questione, confusa. 

“Te lo spiego dopo.” la sento dire, soltanto. 

Eh?

“Li, mi hanno detto che hai suonato benissimo sabato! Una mia amica è venuta a sentirti!” Rika interrompe la discussione tra i due cugini, con un entusiasmo come se al concerto ci fosse stata lei, e non la sua amica. 

“Grazie.” 

Mi giro verso Shaoran, che mi guarda confuso. Scuoto il capo. Non so nemmeno io cos’ho nella testa. 

Il mio cellulare suona, distraendomi. Quando lo estraggo dalla tasca, il nome del mio ragazzo mi fa smettere di essere lì. E, senza ulteriori indugi, rispondo. Nel mentre lo faccio, sento Meiling richiamare l’attenzione del cugino. 

“Hisato.” mi mordo il labbro inferiore.

“Ciao, Sakura. A che ora hai la pausa pranzo, oggi?” 

“Pranzo, dici?”

Mi volto un attimo verso i miei amici: Meiling ha un’espressione interrogativa che le incornicia il volto ed anche Rika non è da meno. Shaoran, si avvicina di poco a me, come a captare cosa succede. Prendo un respiro profondo prima di rispondergli.

“A mezzogiorno e mezza, ma oggi pranzo con le ragazze.” mento. 

Ho paura che oggi mi arrivi la batosta finale, che oggi sia quel giorno che temo da tanto, ed il tono della sua voce è una lama che apre il mio cuore passando tra le crepe che si sono formate in esso. Sono una codarda, lo so. Ma non ce la faccio. 

Le mie amiche mi guardando confusa, sanno probabilmente che ho detto una bugia, ma non ho voglia di spiegare. Quindi mimo con il labiale "compagne di corso", e le vedo annuire. L’unico che sembra non cascarci, è proprio Shaoran. 

“Ci possiamo vedere dopo? Ti devo parlare, è importante.”

Una parte di me, ora, vuole scappare. Andarsene lontano da tutto e da tutti, consapevole che possa stare meglio solo lontana dalla sofferenza. Un’altra parte di me, invece, dice che le paure sono tutte vere. E l’ultima parte, quella piccola ma speranzosa, residente nel mio cuore, spera che le mie orecchie possano sentire una bella notizia. 

Non devo essere codarda. O la va, o la spacca. 

“Ci vediamo dopo, certo. Va bene nel cortile dell’università?”

No. Devo ritrattare. O la va, o mi spacco. 

“Certamente.” 

Combattuta nel chiedergli se si tratta di una cosa bella o meno, per togliermi almeno un quarto di ansia, lo sento salutarmi e riattaccare. Guardo il telefono, sconvolta. 

Mi ha appena chiuso la chiamata in faccia?

“Tutto bene?” mi volto verso Shaoran che, con preoccupazione, si avvicina a me, posandomi una mano sulla spalla. Devo riprendermi. 

“Sì.” bofonchio. La metro si arresta, ed io scendo, subito, fulminea. 

“Sakura!”

Rika e Meiling mi richiamano, ma i miei piedi si muovono da soli. Devo stare un attimo per i fatti miei: quando mi succede qualcosa che rende triste, io devo smaltire prima il tutto in solitaria. Più che altro, non mi piace far vedere alle persone che piango, perché non mi piace quando si preoccupano. 

Salgo le scale mobili, faccio scorrere l’abbonamento sugli apparecchi della metropolitana, poi esco, diretta in università. Il tutto, mentre sento la prima lacrima sfiorarmi la guancia. 

 

***

 

“È bello?” un ragazzo, che non conosco, si avvicina al tavolo della mensa dove sono seduta. Mi sento frustrata: ho preso male gli appunti oggi, per via dell’ansia che mi divorava lo stomaco ed in più, dovevo cercare di non piangere. Non so quante volte ho guardato l’ora, e l’orologio sembrava segnare sempre lo stesso orario. Ho sbagliato a non accettare di vedere Hisato prima. Sono una sciocca. Tuttavia, questo tizio che avrà più o meno la mia età, non mi ha fatto nulla, così decido di rispondergli in modo gentile. 

“Come dici?” 

“Il tuo piatto. È da mezz’ora che lo stai fissando.” mi sento colpita, e guardo il mio piatto con dentro della pasta. 

“Non ho fame.” sorrido, cercando di essere cortese. Sposto il piatto un poco davanti a me, rimettendo la forchetta di fianco. L’ho tenuta in mano tutto questo tempo, senza nemmeno usarla. 

“È libero? Posso sedermi?” 

Annuisco. Il ragazzo si siede di fronte a me, ed io lo studio. Ha i capelli dello stesso colore di quelli di Tomoyo, porta degli occhiali da vista ed ha gli occhi scuri. 

“Come ti chiami?” domanda, poi prende una forchettata della sua pasta al sugo e si affretta a mangiare. 

“Sakura Kinomoto, tu?” 

Guardo il mio orologio da polso: Hisato sarà già arrivato? 

“Mi chiamo Danjuro Mori, frequento la magiatrale di economia e commercio.” annuisco, con fare comprensivo. Decido di smettere di torturarmi, e mando un messaggio ad Hisato, chiedendogli dove si trova. Mi risponde poco dopo, dicendomi che è sulla panchina dell’ingresso principale ad aspettarmi.

“Devo andare, è stato un piacere.” affermo, alzandomi e prendendo il vassoio. Lo sento mormorare qualcosa, ma non capisco cosa. Sistemo il vassoio nel posto apposito, e mi sbrigo a dirigermi nel cortile. 

Quando arrivo a destinazione, lo trovo seduto, con un’espressione rammaricata a segnargli il volto. 

“Ciao.” dico, sedendomi al suo fianco. 

“Ciao.” si china in avanti, torturandosi le mani. 

“Allora…” prendo un respiro, due, tre “cosa dovevi dirmi?” 

Il mio cuore martella nel petto, sta impazzendo. E mi sento impazzire anch’io, mentre sento qualcosa di simile alle lacrime agli angoli dei miei occhi.

“Non è facile da dire.”

Annuisco, paziente. 

“Tu sei una ragazza speciale, Sakura. Veramente tanto speciale.” serro le labbra, ed alzo lo sguardo. Sto per piangere. 

“Ma io ho bisogno d’altro.” lo guardo, confusa. 

“Altro?” domando. 

“Ci ho provato ad avere qualcosa di più, da te. Qualcosa che non si limitasse alle tenerezze un po’…”

“Un po’..?” li incito. Non capisco dove voglia arrivare. 

“Liceali, diciamo.” 

“È perché io sono ancora vergine, Hisato?” 

Questa non me l’aspettavo. Lui, mi ha sempre detto che non fosse un problema. Mi ha sempre detto che se non mi sentissi pronta, era perché avevo ancora bisogno di tempo. Ed ora mi sento sbagliata. Forse lo sono davvero. 

“Non solo. Mi sono innamorato di un’altra ragazza.”

Non riesco più a respirare. Devo portarmi una mano al cuore, perché sono sicura di averlo appena sentito frantumarsi. Avevo ragione, su tutto. Sono solo una stupida. 

“Da quanto tempo va avanti con Shinomoto?” domando, masochisticamente. Le lacrime iniziano a scendere, e devo darmi una calmata, perché altrimenti finirei per riversargli addosso parole che non penso di lui. Parole, di certo, non belle. E non sarebbe giusto. La colpa è mia. Ha avuto mancanze da me, e le ha dovute cercare altrove. Però, fa male. Cavolo, se fa male. 

“Non da tanto.” mi risponde. Annuisco.

“Perché me lo dici solo ora?”

“Perché pensavo che fosse solo una fase.”

“Una fase.” ripeto. 

“Spero tanto che tu sia felice.” è l’unica cosa che riesco a dirgli, dopo essermi alzata dalla panchina. 

“Sakura, aspetta.” mi ferma per un braccio, ed io alzo lo sguardo che avevo tenuto chino fino ad ora. 

“Mi dispiace.” è l’unica cosa che dice. 

“Anche a me.” 

Mi dispiace di non essere stata abbastanza anche questa volta. Di non sentirmi sicura ad aprirmi nel lato fisico del rapporto. Dell’avere paura che lui possa decidere di andarsene, dopo avermi vista. Ma, a quanto pare, ha deciso di andarsene comunque. 

Non gli sono bastata. Ed io lo amo con tutte le mie forze. Potrebbe andare peggio di così? Piano piano mi lascia il braccio, ed io capisco che mi sta dicendo un addio. 

“Ci vediamo.” bofonchio, quindi, per poi andarmene sui miei passi. Le lezioni sono finite, quindi voglio solo andarmene a casa e piangere nel mio letto. Ho il cuore a pezzi, in questo momento. Non sento nient’altro che dolore. Tanto dolore. Invade ogni mia fibra, ogni mia vertebra, facendomi sentire ubriaca di sentimenti non corrisposti, drogata di illusioni. Ed è tutta colpa mia. Solo mia. Se mi fossi aperta di più, a quest’ora lui starebbe ancora con me. O almeno, credo. Ma in ogni caso, non serve parlare con il senno del poi. Tutto quello che posso fare ora è cercare di smaltire questa sofferenza. Devo recuperare un fazzoletto dalla borsa poco prima di entrare in metropolitana. Quando sono arrivata alla banchina, decido di sedermi su uno di quegli sgabelli: se prima ero sicura di volermene tornare a casa, ora non lo sono più. Ora voglio solo stare qui, ad aspettare il tempo che passa, a guardare le persone vivere le loro vite tranquillamente. In questo momento sto invidiando quelli che riescono a fregarsene, a voltare pagina subito: io non ci riesco. Io non so più cosa fare. Il mio cellulare squilla, distraendomi dai miei pensieri. 

“Tomoyo.” dico, cercando di riprendermi. La mia voce rotta spero non si senta. 

“Sakura, stai bene? Meiling e Rika mi hanno detto che stamattina sei corsa via.”

Mando giù, poi prendo un respiro profondo. 

“Sto benone, Tomoyo. Tu, invece?” la voce continua a tradirmi, e so che arriva anche alle sue orecchie. 

“Che succede?” mi domanda, allarmata. 

Succede che sento dolore ovunque. 

“Possiamo parlarne in un secondo momento, amica mia?” la sento sospirare. Mi conosce, sa che ho bisogno dei miei tempi prima di parlare di qualcosa. 

“Ho capito.” infatti, afferma. Ed io so che ha compreso davvero, che sa che Hisato mi ha lasciata, che sa tutto. Per lei sono un libro aperto. 

“Chiamami quando vuoi e mi precipito a casa tua con del cioccolato.”

Sorrido di poco, grata. 

“Ti voglio bene.” dico, in preda ad un altro pianto isterico. Chiudo la chiamata, prima che mi senta fuori di me. Mi porto le mani alle tempie e sospiro. 

“Ragazzina.” 

Mi volto verso il mio interlocutore, e la mia faccia dev’essere spaventosa, dall’espressione preoccupata che lo vedo assumere. 

“Shaoran.” pronuncio, con fatica. Sto continuando a piangere, e non riesco a fermarmi. Dannazione, non ci voleva. 

“Che succede? Perché piangi?” si siede sullo sgabello accanto al mio. Prende il mio viso fra le sue mani, ed asciuga le lacrime che mi rigano il volto. A quel gesto, mi viene ancora più voglia di piangere. 

“Hisato mi ha lasciata.” spalanca di poco la bocca, colpito. Toglie le mani dal mio viso, e le stringe a pugno sopra i suoi pantaloni.

“Tu lo sapevi, vero?” 

Mi guarda, confuso. 

“Alla festa di Meiling, mi hai detto che Shinomoto aveva altri interessi. Tu sapevi che si stessero frequentando lei ed il mio… lei ed Hisato?” formulo, con la voce un po’ spezzata e giocherellando con il fazzoletto che ho in mano. 

“Io ho solo intuito che a lei piacesse lui.”

Annuisco. 

“Perché non me lo hai detto? Ah, giusto. Non siamo amici.” sono scortese, ora. Con l’unica persona che si è appena seduta accanto a me preoccupata. Brava, Sakura. Continua così. 

“Scusami.” mi affretto a dire, subito dopo. 

Scuote il capo.

“È che lui per me è tutto. È… tutto. Io lo amo così tanto, ha preso ogni parte di me.” continuo, piangendo “O quasi.” sussurro, ricordando il discorso precedente con Hisato. 

“Ma tu non ti innamori, quindi ora che mi sentirai dire questo pensarai che io sia una povera stupida, o chissà che altro.” concludo, asciugandomi il naso. Vedo Shaoran alzarsi, per poi porgermi la sua mano. 

“Cosa..?”

“Vieni con me.” 

“Non voglio tornare a casa.” affermo. 

“Dobbiamo tornare in università. Nella sede del conservatorio, per essere precisi.”

Non so cosa voglia fare, ma non credo voglia ferirmi, quindi decido di fidarmi, accettando la sua mano nella mia. 

 

***

 

L’aula è deserta: è la stessa di quando sono venuta qui, per incontrarlo. Ho compreso che essa è il posto dove è solito esercitarsi lui. Quando entriamo, Shaoran accende la luce, e poi chiude la porta. 

“Siediti.” fa’, indicando lo sgabello davanti pianoforte. Decido di assecondare la sua richiesta. Una volta davanti al pianoforte però, la mia confusione peggiora. 

“Come ti senti?” mi domanda, mettendosi a lato dello sgabello, con la schiena appoggiata al pianoforte. 

“Confusa.” dico, riferendomi alla situazione. 

Scuote il capo.

“No. Cosa senti per la vicenda di quel…”

“Shaoran.” lo blocco. Mi fa un cenno con la mano, come a dire che ho capito cosa intende dire. 

“Triste.” è la prima parola che mi viene in mente. 

“Continua.”

“Delusa, amareggiata, arrabbiata.”

Annuisce. 

“In colpa.” chino il capo. Lui si avvicina di più, allungando una mano nella direzione dei miei capelli, portandomeli dietro all’orecchio sinistro di nuovo, come stamattina. 

“Perché, in colpa?” 

“Perché lui aveva bisogno di qualcosa che io non sono riuscita a dargli.” 

Toglie la mano dai miei capelli, ed incrocia le braccia. 

“Questo non significa che sia tu quella sbagliata, questo significa che lui non era quello giusto.” lo guardo, ed i miei occhi tornano lucidi. 

“Io non mi sentivo mai pronta con lui.” ammetto, per la prima volta nella mia vita a qualcuno che non sia me stessa. Nemmeno Tomoyo sa questa cosa. 

“Non serve che me lo spieghi.” 

Ed in questo momento, vendendolo così preso dal mio discorso, sembra davvero che non serva che io gli dia delucidazioni a riguardo. 

“Ragazzina, ti faccio una domanda.”

Mi asciugo una lacrima, mentre annuisco. 

“Cosa pensi serva per suonare il pianoforte?”

“Be’, conoscere le note musicali.” aggrotto le sopracciglia, nel rispondergli. 

“No. Serve avere emozioni. Tante. Forti, potenti.” 

Shaoran cammina, fino ad arrivare dietro di me. Prende le mie mani nelle sue, mettendole sopra il pianoforte. 

“Fidati di me.” 

Annuisco, incapace di parlare. 

Sposta le nostre mani a sinistra dello strumento, quasi verso il fondo, e mi fa toccare i tasti, sempre tenendo la mia mano sinistra nella sua. 

“Questa è la rabbia.” dice, ripetendo il movimento. Il pianoforte emette un suono grave e basso. Poi, sposta le nostre mani verso il centro e, sfiorando i tasti appena, permette di circondare la stanza con un suono più lieve del primo, però molto triste. 

“Ti presento la delusione.” mi mordo in labbro inferiore annuendo, mentre ingoio un po’ di saliva, per evitare di scoppiare a piangere di nuovo. Sposta le nostre mani solo di qualche tasto, subito dopo, creando ancora della musica. 

“Amarezza.”

Ancora poche note più avanti.

“Senso di colpa.” 

Due lacrime scorrono, ed io non posso fermarle. Mi fa prendere un attimo di pausa, poi sposta le nostre mani verso destra, molto infondo. 

“Qui c’è la tristezza.” mi sento come scottare, quando il suono è tanto intenso da quasi perforarmi i timpani. Ha colto alla perfezione come mi sento. 

“Dove sono le emozioni positive?” chiedo, sull’orlo del pianto, di nuovo. Lui, stringendomi di più le mani, si sposta di poco verso la parte centrale, però stando pur sempre sulla destra. 

“Gioia.” annuncia, permettendomi di toccare le note, sento un’armonia molto più leggera rispetto a quelle precedenti. Annuisco, non continuando il discorso. Ho bisogno di fermarmi. 

Lui stacca le sue mani dalle mie e si siede sullo sgabello del piano, accanto a me. 

“Tu hai molte emozioni. Credo di non aver mai incontrato qualcuno che ha più emozioni di te. Qualcuno che, pur di avere qualcuno nella sua vita con il solo scopo di farlo stare meglio, fa di tutto. Qualcuno che accetta i tempi dell’altro, senza chiedere niente.” mi asciuga prontamente un’altra lacrima.

“Non ti meritava, Sakura.” 

È la prima volta che mi chiama per nome, che non mi da nomignoli. E credo che questa sia l’unica cosa bella successa oggi. 

“Se fossi diversa da come sono, se fossi…”

“Non saresti tu.” afferma. Gli sorrido, grata. Poi prendo tra le mani il suo braccio destro, appoggiandoci la mia testa. Solo allora, scoppio in un pianto isterico, senza trattenermi. 

Lo sento abbracciarmi, mentre mi da dei piccoli baci sulla testa. 

“Va tutto bene, va tutto bene. Sono qui, sono qui.” mi ripete a cantilena. Alzo di poco il capo, per guardarlo negli occhi, e lui asciuga di nuovo le mie lacrime. 

“Direi che siamo amici, ora. Non è una bella notizia?” scherza, per farmi sorridere. E ci riesce, nonostante continuo a piangere, abbozzo un sorriso piccolo. Torno ad appoggiare la testa sulla sua spalla, nascondendomi da tutto. Quasi per nascondermi dal mondo. 

“Non ti ci abituare però.” dice, accarezzandomi i capelli, cercando di tirarmi su di morale ancora una volta con questo tono scherzoso. E lo apprezzo tantissimo. 

Prendo un respiro profondo, mentre piano piano mi calmo. 

“Staremo qui così finché non ti senti meglio, va bene?” mi domanda. 

Io starei qui, così, a piangere tutto il peso che mi sono portata dentro per tutto questo tempo, per sempre. 

Non mi sono mai sentita così protetta.

ANGOLO AUTRICE: eccomi, oddio. Oggi mi è venuta l’ispirazione et voilà! ///Il capitolo///, tutto per voi. Ditemi cosa ne pensate! Bacioni x.
   
 
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