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Autore: KiarettaScrittrice92    16/04/2018    1 recensioni
[Dolce Flirt]
Vanille è una ragazza decisa e grintosa, sempre pronta a mettersi in gioco e dimostrare di sapersela cavare da sola... O almeno lo era prima di trasferirsi.
La sua vita cambia radicalmente quando, nel suo secondo anno di liceo, deve cambiare scuola, ritrovandosi nel Dolce Amoris, un liceo tutt'altro che tranquillo, i cui fioccano ragazzi bellissimi e ragazze non sempre simpatiche.
Chissà, forse quest'avventura la porterà a trovare l'amore.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Un amico insistente
 

Un momento. Qual era già il mio armadietto? Faccio un piccolo sbuffo, prendendo il cellulare dalla tasca destra dei jeans che indosso questa mattina e, dopo averlo sbloccato, vado sulle note. Numero ventitré, perfetto. 
Percorro quasi tutto il corridoio. Venti, ventuno, ventidue. Eccolo. Mi avvicino a quell’insieme di metallo dipinto di viola che dà forma agli armadietti scolastici. Il mio ovviamente, non essendo mai stato utilizzato è ancora aperto. Apro la cerniera della tracolla, facendola scorrere e inizio a togliere libri e quaderni per stiparli, ordinatamente dentro la piccola rientranza adibita per il mio spazio personale a scuola. Assieme ad essi infilo anche il secondo portapenne che porto sempre di scorta in caso mi dimentichi di portare il solito, e l’agenda, quella che ho comprato apposta per gli appuntamenti scolastici.
Torno sull’interno della tracolla, indecisa se mettere anche la mia polaroid nell’armadietto o lasciarla al sicuro nella borsa. All’improvviso sento qualcuno chiamarmi.
«Ehi Vanille, come stai?»
Il sangue nelle vene mi si ghiaccia e mi volto verso la fonte di quella voce che, forse, devo essere sincera, vorrei riuscire a dimenticare.
Davanti a me c’è un ragazzetto che mi arriva appena alle spalle. I capelli a caschetto, quasi come se si fosse messo una scodella in testa e se li fosse tagliati e gli occhi verdi enormi, resi tali da quei fondi di bottiglia che ha al posto degli occhiali. 
Perché? Perché Kentin Martin è qui? Perché proprio lui?
Mi mordo le labbra, cercando di riprendere un po’ di contegno e tentando in qualche modo di essere garbata.
«Ken… Che… Che cosa ci fai qui?» domando, forse ancora con la speranza che mi risponda che è venuto solo per farmi un saluto.
«Ho chiesto il trasferimento anche io!» mi risponde con tono entusiasta.
Giuro, mi sto trattenendo dallo sbattere la testa contro l’anta del mio armadietto ancora aperto.
«S-sul serio…?» cerco di dare un tono interessato, ma so già di non apparire per niente entusiasta di questa cosa.
«Già… Sono davvero contento che il mio trasferimento sia stato accettato, ci tenevo così tanto a frequentare la tua stessa scuola!»
Pensa te che culo. Poi la domanda è: ci teneva perché ci teneva nel senso che vuole stare con me, oppure ci teneva perché ha bisogno della solita guardia del corpo contro i bulli e nella nostra vecchia scuola non l’avrebbe aiutato più nessuno? In entrambi i casi la cosa mi faceva ribrezzo, insomma maledizione, non poteva chiedere il trasferimento Lety?
Eppure qualcosa dentro di me mi dice che è ingiusto comportarmi in modo scorbutico nei suoi confronti. In fin dei conti, nonostante non sopportassi la sua presenza costante al vecchio liceo, è sempre stato un buon amico e alcune volte ha saputo tirarmi su il morale quando Lety non poteva.
Che cosa gli dovrei dire però? Dovrei essere gentile, che poi magari si attacca ancora di più, oppure spronarlo a trovarsi nuovi amici e scollarsi da me?
Il suono della campanella mi fa tirare un sospiro di sollievo, dandomi la perfetta scusa per piantarlo in asso, almeno fino alla prossima volta in cui verrà a cercarmi.
«Accidenti… Scusa Ken, devo andare a lezione…» dico, chiudendo l’armadietto e sistemando la combinazione, usando la mia data di nascita.
«Ok, va bene. Se avessi bisogno di aiuto per qualsiasi cosa, sono qui!» mi dice, aggiustandosi gli occhiali sul naso e passandosi la manica del suo maglione verde proprio sotto di esso, tirando su.
Mi trattengo dal fare una faccia schifata e gli faccio un cenno con la mano, per poi allontanarmi il più possibile da lui.
Problema: in che aula dovrei andare? La mia prima lezione dovrebbe essere matematica, credo, giusto per cominciare bene l’anno. Diavolo quanto odio questa materia e dire che prendo voti alti ad occhi chiusi, eppure non riesco proprio a digerirla.
Afferro nuovamente il telefono dalla tasca, questa volta prendo il calendario. Ok, aula A.
Mi dirigo verso la porta, quella che sta quasi di fronte alla sala delegati, ma appena entro un trio di ragazze mi blocca il passaggio.
«Ah guarda, tu devi essere la nuova arrivata!» mi dice quella in centro.
Ecco ci siamo, è il momento d’incontrare la diva di turno, la star del liceo. Speravo forse non esistesse in questa scuola? Quasi automaticamente mi torna in mente il film Mean Girls e c’è da dirlo quella ragazza ha proprio lo stesso atteggiamento che assumeva Rachel McAdams quando interpretava Regina.
«Sì… Scusa sono un po’ di fretta, dovrei…»
«Certo che fra te e l’altro nuovo arrivato, non c’è tanto da stare allegre. Siete d’accordo ragazze?» dice rivolgendosi alle sue due ancelle.
Assurdo. Non mi ha nemmeno fatto finire la frase e non si è nemmeno spostata. Semplicemente ha mosso i lunghi capelli biondi con un gesto forzatamente elegante e superiore e ha continuato a parlare. Probabilmente se stavo muta avrei avuto lo stesso effetto.
«Cavolo, quel ragazzo è osceno!» fa quella di destra, una tipa dall’aria ancora più snob della bionda, con i capelli castano chiaro, quasi biondo cenere, legati in una coda e vestita con un completo verde.
«Imbarazzante.» aggiunge l’altra.
Questa ha i tratti orientali, forse cinesi e lascia quel commento affrettato, mentre è intenta a mettersi il rossetto.
Decido di ignorarle bellamente. Di litigare con quelle barbie pronte a fare le scarpe alla nuova arrivata non ho nessuna voglia. Spero solo che erano dentro quest’aula per caso e non perché ora hanno lezione con me.
Le mie speranze e preghiere, per fortuna, vengono ascoltate perché queste, dopo essersi offese della mia più totale indifferenza a loro, ora, stanno uscendo dalla classe.

 

Esco dall’aula con ancora i numeri in testa. Maledizione, ma è normale che i professori al liceo facciano lezione anche il primo giorno di scuola? Rimpiango il collége, quando i primi giorni non si faceva nulla e le ore di lezione erano dedicate a conoscersi e fare amicizia coi compagni di classe.
«Vanille! Hai già fatto il giro della scuola?»
A proposito di conoscersi.
Mi trattengo dall’alzare gli occhi al cielo, ma la domanda nella mia mente affiora spontanea e per fortuna non arriva alla bocca. Questo ragazzo una vita senza di me, riesce ad averla? Insomma sì, è simpatico e magari gli voglio anche bene, ma non può fare così. Sono a malapena da due ore qui dentro e già non lo sopporto più, di nuovo.
«Non ho avuto molto tempo, visto che ho fatto lezione fino ad ora. Comunque davvero Ken, ho da fare…» lo liquido, per poi andarmene.
«A dopo allora, ciao!» lo sento gridare alle mie spalle.
Sbuffo, sperando con tutto il cuore che, almeno per questa giornata, la finisca d’importunarmi. Insomma già è difficile essere quella nuova, figurarsi se poi mi associano a uno come Kentin. Storco la bocca, pensando a cosa direbbe la barbie bionda se sapesse che io e lui ci conosciamo. Me la immagino a ridere come un oca assieme alle sue servette, umiliandomi davanti a tutta la scuola.
Sono talmente soprappensiero che non mi accorgo di dove sto andando e ad un certo punto mi scontro contro qualcosa, o qualcuno. Sì, decisamente qualcuno. Non lo prendo in pieno, ma ci diamo una spallata a vicenda.
«Ehi! Guarda dove vai!» brontola la persona con cui mi sono scontrata.
Mi volto e per la seconda volta rimango folgorata. Un bel ragazzo con un giubbotto di pelle e una maglia rossa con un teschio disegnato sopra che s’intona perfettamente ai suoi lunghi capelli cremisi, mi sta guardando con aria truce, come se stesse aspettando qualcosa.
«Scu… Scusami… Sono la nuova alunna e… Beh non ti ho visto.»
«Bene, buon giro per il liceo allora.» risponde quasi scocciato lui, per poi riprendere la sua strada per il corridoio, dirigendosi dal lato opposto di dove stavo andando io.
Lo seguo con lo sguardo, confusa. Non capisco se è uno stronzo, oppure è semplicemente asociale.
Alzo le spalle rassegnata e guardo l’orologio. Ho un po’ di tempo prima della prossima lezione, forse posso tornare in sala delegati e vedere se quel maledetto foglio è ricomparso o devo veramente far firmare di nuovo roba ai miei.
Decido di fare esattamente come due ore prima, perciò busso alla porta e poi la apro comunque, anche se questa volta sento distintamente la voce di Nathaniel invitarmi ad entrare.
«Ah, Vanille sei qui! Sono spiacente di dirti che la tua iscrizione non può essere accettata.»
«Stai scherzando, vero?!» chiedo senza pensarci un momento, quasi d'istinto.
Il suo sorriso si amplia.
«Ah… L’hai capito?»
Per un attimo rimango interdetta. Capito cosa? Poi, finalmente, comprendo. Stava scherzando sul serio. 
«No, non l’avevo capito… E comunque non si scherza su queste cose! Mi è quasi venuto un’infarto!» protestai, gonfiando la guancia destra.
A quel mio gesto lui scoppia in una risata gentile, poi mi rassicura che non l’avrebbe più fatto.
«Comunque il foglio c’è. Perciò è tutto a posto.» conclude con un sorriso, chiudendo il mio dossier e rimettendolo nell’armadietto.

  
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