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Autore: weremar    19/04/2018    2 recensioni
Lisedore Elaine Nott non è esattamente l'ereditiera ideale di una famiglia Purosangue; è pigra, acida e avrebbe preferito immergere una mano nell'acido piuttosto che capitare in Serpeverde.
Hugo Weasley è l'impeccabile discendente dei gemelli Weasley, con tanto di capelli rossi, ghigno di chi sta per combinartene una e infinito repertorio di scherzi.
Se l'una è il ghiaccio, l'altro è il fuoco; ma non è forse vero che solo attraverso l'unione degli opposti si può ottenere la totalità?
| Non tiene conto degli avvenimenti raccontati ne La Maledizione dell'Erede.
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hugo Weasley, Nuova generazione di streghe e maghi, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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V.

 

«Hai presente quel quadro che raffigura quella taverna?», iniziò Scorpius mentre mi camminava accanto, facendomi sentire immensamente bassa e invisibile. Poteva evitare di ammiccare verso qualunque essere femminile incontrasse, no? «Quello con gli uomini ubriachi che commentano qualsiasi sedere passi di lì?»

Sì, avevo presente quel quadro. Nonostante le numerose proteste, nessuno l'aveva mai effettivamente tolto di lì, e la derivata conseguenza era che quel corridoio era praticamente sempre deserto. Io ogni tanto ci passavo, perché era una scorciatoia per le Cucine. E generalmente i tipi mi lasciavano stare, perché una volta li avevo minacciati di staccare il quadro con le mie mani e nasconderlo nella camera di Greg Connoll, così che sarebbero stati costretti a vederlo in mutande.

«È da qualche anno che ci hanno costruito una scorciatoia per il nuovo locale che si è aperto ad Hogsmeade, lo Shining Vampire. È un posto figo, e il figlio del proprietario ci passa l'alcol. Il tuo compito sarà quello di andarlo a ritirare», mi spiegò. «E di raccogliere la grana tra tutti i finanziatori.»

Gemma aveva ragione. Scorpius Malfoy era un maledettissimo sfruttatore.

«Scorpius, non è che io non voglia...» No, non voglio. «Ma non ho proprio tempo per queste cose. Non puoi chiedere a qualcun'altro?»

Lui si fermò di botto in mezzo al corridoio, guardandomi sconcertato.

«Andiamo, Dory, non puoi essere seria!», sbottò.

Sgranai gli occhi, accertandomi che nessuno avesse sentito lo stupido soprannome con cui mi aveva chiamato.

«Chiunque ucciderebbe per essere al tuo posto! È un privilegio che ti sto offrendo!»

«Non ce n'è bisogno, gli cedo volentieri il posto», sbuffai. «Normalmente non ci sarei neppure andata, alla festa.»

Era vero. Esperienze come quella mi avevano portato solo brutti ricordi.

«E adesso ci andrai, invece», ribatté lui, testardo. «Andiamo, Dory, sarà divertente!»

«Non chiamarmi Dory!», sibilai minacciosa. Meno male che il corridoio era deserto.

«Solo se accetti», replicò con un sorriso malandrino.

E ti pareva.

«Scor...»

«Dory.»

«Va bene!», mi affrettai a dire allora, sospirando. «Va bene, okay.»

Tanto non avrebbe smesso comunque.

Pochi minuti dopo, mi trovavo nel retro di un locale da cui proveniva una musica soffusa. Scorpius mi spiegò che di giorno era un comune bar, e di sera una specie di discoteca. Cosa che avrei saputo se non avessi fatto l'asociale imbronciata per tutti i miei anni di Hogwarts, aveva aggiunto mio cugino.

«Eccomi, scusate per l'attesa!», esclamò un giovane ragazzo, facendo il suo ingresso dalla porta. Improvvisamente, non ero più tanto dispiaciuta di essere venuta. Il futuro Mr. Nott mi sorrise, dando mostra ad una serie di denti bianchissimi, così bianchi da splendere. Poi mi porse la mano. «Chase», si presentò. Era alto, ma non esageratamente alto, come ad esempio Hugo Weasley. E poi era ben piazzato, con la barba scura e virile, non come quei peletti arancioni che uscivano sul mento a Weasley.

E quasi mi dimenticai di stringergli la mano. «Lise.»

Più che altro ero sconcertata perché Hugo Weasley mi stava ossessionando così tanto che persino quando non c'era mi dava fastidio.

«Quindi è lei la tua beta?», domandò Chase-futuro-Nott a mio cugino. Continuava ad avere quel sorriso abbagliante. E poi beta non era tipo un termine greco? Era anche acculturato.

«Esatto. Ed è davvero entusiasta per questo lavoro!» Mi guardò di sottecchi, come se si aspettasse di vedermi urlare di gioia all'improvviso. «Quindi te la lascio. Non stropicciarmela!»

Avevo già pensato ad un paio di motivi per cui io avrei dovuto essere felice di lasciarmi stropicciare da lui, quando Scorpius se ne andò e Chase voltò le spalle, cominciando a sollevare degli scatoloni e a posarli sul tavolo posto al centro della stanza. Non mi curai neppure di sembrare indifferente mentre fissavo le vene delle sue braccia che si gonfiavano ad ogni minimo sforzo.

«Allora, quante persone ci saranno a questa festa?», domandò, tornando a guardarmi negli occhi.

Aggrottai la fronte. Come potevo saperlo? Non aveva già parlato con Scorpius?

«Il solito», risposi con noncuranza. Padrona della situazione, Lisedore.

Sembrò soddisfatto della mia risposta, perché annuì.

«Allora, non so se Scorp ti ha già spiegato qualcosa...» Lo chiamava addirittura Scorp? Dovevano essere amici per la pelle. «Comunque, qui ci sono cinquanta litri di alcol.»

Cercai di non strabuzzare gli occhi. Cinquanta litri? Erano sufficienti a far annegare tutta Hogwarts in un lago di whiskey. Era spaventoso.

«Naturalmente non è possibile portarli tutti nel castello in una volta sola, quindi verrai qui più o meno ogni settimana e porterai con te qualche bottiglia.»

Mi spiegò anche quanti soldi avrei dovuto raccogliere tra gli studenti di Hogwarts, e quando il mio cervello registrò la somma un angolo di esso progettò di raccoglierli, rubarli e scapparmene a Tahiti con Chase Nott, ma poi mi ricordai che dovevo ancora vedere attuata la mia vendetta su Clarissa Jenkins.

Fu mentre salivo le scale per andare a cenare, affamata al punto che non mi sarei sorpresa se avessi cominciato a vedere cosce di pollo fluttuanti, che fui affiancata da una presenza molesta – quella presenza molesta - che mi rivolse il suo solito sorriso (con tanto di fossetta da bambino obeso).

«Ciao, Nott», salutò Weasley. Faceva due scalini nel tempo in cui ne facevo mezzo ed era davvero fastidioso. Ma quanto era alto? Io non ero una montagna, okay, ma c'era di peggio. Tipo Lucy Weasley. «Allora, dopo cena ti va di molestare qualche ragazza nei dormitori?», propose. E aveva anche uno sguardo emozionato, come se mi avesse proposto di andare a vedere il suo film preferito al cinema.

«Weasley, non coinvolgermi nelle tue fantasie perverse», ribattei, acida.

Lui ridacchiò. «Intendo per l'Operazione Scarpetta.» Non l'aveva sussurrato con fare cospiratorio, per cui ipotizzai che la fase bambino + nuovo giocattolo fosse finita.

Sospirai. Ero così stanca che avrei potuto addormentarmi su quelle stesse scale, ma ovviamente le persone dovevano sempre venirmi a dare fastidio.

«Sono stanca, Weasley. Puoi occupartene tu stasera?», chiesi. Evidentemente dovevo avere una faccia orribile, perché il suo sorriso si spense e mi guardò con una faccia strana, come se cercasse di capire se fossi seria e allo stesso tempo mi stesse già compatendo.

«Tutto bene?», domandò. Era sul serio preoccupato?
Sentii una strana sensazione a livello dello stomaco, così affrettai il passo verso la Sala Grande.

«Sì, sì», risposi frettolosa. «Ma se vuoi puoi portarmi un po' di brodo di pollo, dopo. Qualche aspirina», lo presi in giro.

Lui tornò a sorridere, e mi sentii stranamente sollevata. Era strano vederlo serio.

«Okay, Nott. A dopo allora», salutò, fermandosi sulle scale e guardandomi mentre proseguivo. E sentii il suo sguardo bruciare sulla mia schiena fin quando non mi sedetti al tavolo dei Serpeverde.
 

*


Hugo Weasley non venne davvero a portarmi il brodo di pollo in camera, né tantomeno le aspirine. E non dico che ci sperassi, ma quello che decisamente non mi aspettavo era che non mi avrebbe rivolto la parola per tutti i giorni seguenti.

Non ero abbastanza egocentrica da dire che mi evitasse. Però non si vedeva in giro. E se si vedeva, era con i suoi amici e a stento mi notava. Più volte avevo parlato con Lily riguardo lo scherzo per la Jenkins, e mi aveva detto che lei ed Hugo erano a buon punto. E quindi mi sembrò ancora più strano non vedere il rosso gongolare e vantarsi accanto a me. Comunque, cercai di non farci caso. Cominciai a raccogliere i soldi dai finanziatori, come amava chiamarli Scorpius, con una voglia di vivere così vivida che scottava chi mi stava vicino (praticamente solo Lysander). Cominciai quel tema enorme di Storia della Magia. Preparai la pozione contro il raffreddore per Lys, che sembrava in punto di morte, e quella contro l'acne per mia sorella (sotto esplicite minacce).

Durante il finesettimana andai anche a fare shopping con Gemma, e vorrei tanto dire quanto fosse stato illuminante scoprire come mi trasformassi in una modella con un vestito rosso che mi mettesse in evidenza le tette, ma in realtà comprai soltanto un vestito in saldi.

Il lunedì seguente ero ancora più stanca di prima, come se il weekend non fosse esistito, e quindi finii in punizione per essermi addormentata durante Rune Antiche. Il che era assolutamente ingiusto, visto che normalmente ero l'unica che seguiva la lezione.

La sera, poi, saltai persino la cena per andarmene dritta nel letto.

Insomma, non era neppure novembre ed ero già un cadavere ambulante. Per fortuna persino quando ero fresca e riposata avevo il colorito da zombie, quindi nessuno mi infastidiva più di tanto con occhiate impietosite e offerte di aiuto palesemente false.

Neanche Lysander si accorse del mio malumore, probabilmente perché in apparenza non sembravo più antipatica del solito, ma la cosa mi fece riflettere. Fino a che punto avevo chiuso le persone fuori dalla mia vita? Nessuno riusciva a capire davvero cosa pensassi, neanche il mio più grande amico.

Era mercoledì sera quando Lily Potter mi si affiancò nei corridoi. Aveva la solita scintilla malandrina negli occhi; era parecchio ormai che mi ronzava attorno e ancora dovevo capire se aveva sempre stampata in viso l'espressione di chi sta per combinarne una o se stesse sempre per combinarne una. Quel giorno, optai per la seconda.

«Ciao Lise», cinguettò. «Da uno a dieci, quanta voglia hai di festeggiare?»

Era una domanda trabocchetto?

«Guarda la mia faccia e risponditi da sola, Potter», replicai atona. Il mio cervello riusciva a proiettare solo immagini dell'arrosto di maiale che mi attendeva in Sala Grande. Nient'altro.

«Sabato è il compleanno di Hugo», mi informò lei senza scomporsi. «Sto organizzando la festa più epica che Hogwarts abbia mai visto.»

Era il compleanno di Hugo? Lui non aveva detto niente al riguardo.

«Se vuoi venire, è alle undici, ovviamente nella Stanza delle Necessità.» Mi fece l'occhiolino e scomparve.

Per tutto il resto della settimana, continuai a trascinarmi come un cadavere tra una lezione e l'altra. Mi sentivo uno straccio, senza contare che mi era venuta una sensazione simile all'ansia all'idea di andare alla festa di Hugo. Prima di tutto, lui mi voleva lì? Era stata Lily a invitarmi, mica lui. Anche se era una festa a sorpresa, magari non mi voleva lì comunque. E poi, avrei dovuto fargli un regalo? Che cosa avrei mai potuto regalare a Hugo Weasley? Non lo conoscevo affatto. Chi altro ci sarebbe stato alla festa? Mi sarei dovuta portare Gemma dietro, altrimenti sarebbe stato un disastro.

Quando la mia amica mi gettò uno sguardo preoccupato, capii di essere un vero e proprio rottame.

«Lise, sicura di stare bene?», mi domandò, gli enormi occhi verdi che seguivano ogni mio movimento.

Tirai su con il naso, coprendomi di più con la coperta.

«Non ho mai detto di stare bene.»

Lei si alzò dal suo letto, avvicinandosi a me e posandomi una mano in fronte. «Per Morgana, Lis, sei bollente!», esclamò, spalancando gli occhi. «Dovresti andare in infermeria.»

Allungai un braccio e tastai il comodino affianco al letto, alla ricerca dei fazzoletti. Quando li trovai, mi soffiai rumorosamente il naso. Per fortuna non c'erano mia sorella e le altre ad assistere a questo spettacolo pietoso.

«Non ce la faccio», mormorai. Mi sentivo priva di forze. Non riuscivo neanche a muovere le dita dei piedi. Quando avevo cominciato a stare così male? Persi lucidità per qualche istante, forse mi addormentai, ma quando riaprii gli occhi riconobbi le pareti bianche dell'infermeria. Non c'era nessuno accanto a me, e immaginai che Madama Wright avesse cacciato tutti (Tutti = Lysander e Gemma. Chissà, forse anche i pel di carota si erano interessati a me. Scacciai questo pensiero). Cominciavo a sentirmi meglio; il dolore alla testa si era decisamente affievolito e anche i conati di vomito erano spariti. Comunque, continuavo a sentirmi accaldata e fiacca, tanto che non riuscii neppure a mettermi seduta.

«Buongiorno, bella addormentata», mi salutò una voce femminile che attribuii a Madama Wright. «Avevi un febbrone da cavallo, se non ci fosse stata la tua amica avresti atteso la morte nel tuo dormitorio o cosa?», mi rimproverò.

Riaprii gli occhi e li fissai sulla donna, che stava in un angolo della stanza a trafficare con qualche pozione.

«Comunque la temperatura è quasi normale, nel pomeriggio ti faccio tornare nel tuo amato letto. Dovrai continuare a prendere qualche pozione per un paio di giorni, meglio se non ti stanchi troppo nel weekend.»

Fantastico. Non potevo mica ammalarmi nei giorni di Storia della Magia?

«Hey», sentii esclamare dalla porta. Voltai il viso – troppo in fretta, provocandomi un po' di vertigini. Gemma era lì, con una tazza fumante tra le mani. Si avvicinò a me con un sorriso preoccupato. «Come ti senti?»

Madama Wright sparì nel suo ufficio e la mia amica mi si sedette accanto. «Cioccolata calda. Visto che a pranzo ti perdi la torta», spiegò, porgendomi la tazza.

Le sorrisi, prendendola di buon grado. Le medicine della Wright lasciavano sempre un brutto amaro in bocca.

«Se mi avesse investito un branco di centauri mi sarei sentita meglio», confessai. Sorseggiai la cioccolata calda e gemetti quando questa mi scottò la lingua.

Gemma sospirò. «Mi hai fatto davvero preoccupare. A un certo punto sei svenuta e ho dovuto chiamare Malfoy per farti portare qui.»

«Scorpius? E dov'è?», domandai. Avevo un immotivato desiderio di vederlo.

«È rimasto qui fino a poco fa, ci siamo dati il cambio per la colazione. Anche Lily , Hugo e Lysander sono venuti, ma Madama Wright li ha mandati via», rispose.

«Lily e...» Mi colpì come un fulmine. Ero allo stesso tempo la persona più sfortunata e fortunata del mondo. «Cavolo, Gem, stasera c'è la festa!», piagnucolai.

Come dovevo sentirmi al riguardo? Fortunata? Di certo mi stavo tirando fuori da un sacco di situazioni scomode, ma una parte di me voleva davvero essere lì.
«Hugo capirà. In queste condizioni non puoi andare proprio da nessuna parte», sentenziò la mia amica. Poi mi guardò con un sorrisetto accusatorio. «In fondo neanche volevi andarci, no?»

Intorno alle quattro del pomeriggio Madama Wright acconsentì a mandarmi di nuovo in stanza, ma soltanto con la promessa che Scorpius mi avrebbe accompagnato fino al Dormitorio (così, nel caso fossi svenuta all'improvviso, almeno lui avrebbe potuto prendermi in giro per il resto della vita).
«Certo che sei proprio tonta, Dory», sospirò lui, mentre percorrevamo il corridoio. «Come fai ad ammalarti in un periodo come questo?»

Tossii, fallendo nel tentativo di lanciargli un'occhiata arrabbiata. «Come se a me facesse piacere, idiota.»

Chissà se ci sarebbe stata la torta alla festa di Hugo. Amavo le torte.
«Il festino di Halloween è tra dodici giorni. Dodici. Quante cose ci sono ancora da fare!» Mi guardò di sottecchi. «Per quanto ancora resterai così?»
«Scorp, non ho mai voluto essere la tua beta e ancora non lo voglio. Quindi se vuoi cercartene un'altra, fa pure.», spiegai, esasperata.

Lui sembrò offeso. «Non volevo dire quello, rimbambita. Era solo per organizzarmi.»

Eravamo giunti al muro. Scorpius pronunciò la parola d'ordine e mi seguì all'interno. Era sabato mattina; nonostante la neve la maggior parte degli studenti era andato ad Hogsmeade, gli altri dormivano. La Sala Comune era praticamente vuota.
«Devo davvero accompagnarti fin sopra? Non vorrei imbattermi nelle streghe cattive.»

Ridacchiai. Scorpius sembava davvero disgustato dall'idea.
«No, mio cavaliere. Sono sicura che riuscirò a sopravvivere a delle scale», replicai sarcastica. Qualunque cosa ci fosse nelle pozioni della Wright, erano state capaci di stordirmi per tutto il pomeriggio.

Lysander e Lily vennero a trovarmi, a turno, ma non biasimai Hugo per non essere lì. Era pur sempre il suo diciassettesimo compleanno. Probabilmente era ad Hogsmeade a festeggiare i suoi primi cocktail legali.

Quando aprii gli occhi ero in un bagno di sudore, cercai di scostare la pesante coperta, ma le mie braccia erano deboli. La sveglia sul comodino segnava le tre di notte. Avevo dimenticato di chiudere le tende a baldacchino, ma tutte quelle delle mie compagne di camera erano chiuse, compresa quella di Gemma. Alla fine l'avevo convinta ad andare lo stesso alla festa, e sperai si fosse divertita. Cercai di mettermi a sedere e, dopo vari tentativi, appoggiai la schiena al cuscino. A parte lo stordimento, mi sentivo molto meglio. Almeno il minimo movimento non mi provocava più il mal di mare. Dopo qualche minuto, riuscii persino a far scivolare i piedi fuori dal letto e a mettermi in piedi. Avevo un urgente bisogno di acqua, senza contare che il mio stomaco brontolava così forte che pensai potesse svegliare persino quel ghiro della Jenkins. Quando aprii la porta del dormitorio, però, per poco non urlai. Hugo Weasley era lì, un braccio alzato, la mano stretta a pugno e un sorriso idiota.

«Hey, Lise», borbottò. «Che ci fai qui?»

Sembrava piuttosto ubriaco, ma non potevo esserne sicura, non con Hugo. Era perfettamente da lui presentarsi nella stanza di una ragazza alle tre di notte e poi chiederle cosa stesse facendo lì – anche da sobrio.

«Che ci fai tu qui?», bisbigliai. Non tanto per non svegliare mia sorella e le altre (non c'era pericolo); più che altro avevo l'infondato timore che da un momento all'altro Roxanne e Lucy Weasley sarebbero spuntate dal nulla per coglierci in flagrante.

«Volevo andare a dormire», fu la sua ovvia spiegazione. Poi avanzò, scansandomi, e si tuffò sul mio letto.

«Hugo?», chiamai, a bassa voce. «Weasley?», riprovai, non ricevendo risposta.

Questo non stava succedendo davvero. Non a me.

Chiusi le tende con un colpo di bacchetta, sperando che nessuna delle ragazze si svegliasse improvvisamente decidendo di controllare se ero ancora viva. Uscii dal dormitorio e presi la mia solita strada per le cucine, pantofole rosa ai piedi e stomaco brontolante. Considerai anche l'idea di cercare Lysander, ma poi la scartai. Probabilmente mi avrebbe riportato nel dormitorio a calci.

Quando tornai dalle cucine, con lo stomaco pieno e un po' di voglia di vivere in più, Hugo era ancora lì, fermo come una statua. Se non avessi sentito un leggero russare, l'avrei creduto morto.

Sbuffando, cercai di spostarlo il minimo necessario per infilarmi sotto le coperte. Lui si era addormentato al di sopra di esse e non era una piuma, ma alla fine riuscii nel mio intento.
Mi sollevai leggermente, appoggiando la testa sul palmo della mano e osservandolo spudoratamente. Hugo era carino. Il naso era dritto, leggermente all'ingiù, ed era cosparso di lentiggini. La mascella non era squadrata, ma morbida, e sapevo bene che sulla guancia sinistra compariva una fossetta ogni volta che sorrideva. Le sopracciglia, chiare, erano coperte dai capelli che portava sempre troppo lunghi. Le labbra erano stranamente carnose per un ragazzo, ed erano screpolate e secche. Ricordavo che aveva sempre il vizio di mordersele quando ne combinava una delle sue o quando faceva un commento idiota. Si prendeva il labbro inferiore tra i denti e ci guardava, aspettando che scoppiassimo tutti a ridere. Alla fine il primo a farlo era sempre lui – e anche l'unico.
Sospirando, mi girai dall'altro lato e chiusi gli occhi. Stranamente non ebbi problemi a riprendere sonno (probabilmente le medicine della Wright circolavano ancora nel mio organismo) e quando riaprii gli occhi mi sembrava fosse passato un attimo. In realtà dal baldacchino filtrava una leggera luce. Voltai la testa. Hugo era ancora lì, ancora addormentato. Alla luce del sole i suoi capelli erano ancora più rossi – era un colore stranissimo. A volte sembravano castani, ma alla luce erano palesemente rossastri. Hugo aveva la pelle chiara quasi quanto la mia, e con la luce riuscivo a vedere le vene del suo collo. Decisi che era venuto il momento di svegliarlo, prima che Gemma aprisse le tende del baldacchino e si facesse venire un infarto.
Allungai un braccio e lo scossi, lasciando perdere la delicatezza. Lui si contrasse in una smorfia infastidita, ma non si smosse e continuò a ronfare. Lo scossi nuovamente, cercando di metterci più forza.

«Weasley!», aggiunsi inoltre, sussurrando. Non avevo fatto l'incantesimo insonorizzante.

Le ciglia del Grifondoro tremarono leggermente, poi lui sollevò le palpebre. Mi fissò con gli occhi azzurri per qualche istante, con un'espressione così rimbambita che quasi scoppiai a ridere. Poi aggrottò la fronte.

«Nott...?» Si mise seduto, guardandosi intorno. Sembrò notare le tende verdi e argento, perché mi guardò stranulato. «Che ci faccio qui?»
«Che ne so, Weasley, sei tu che ci sei arrivato», replicai, alzando gli occhi al cielo. «E abbassa la voce, non voglio che capiscano che sei qui.» Scostai leggermente le tende del letto e sbirciai nella stanza. C'era un silenzio tombale, interrotto solo dal respiro pesante delle ragazze ancora addormentate.
«Non è mica...», cominciò, balbettando. «Non ho...?» Tornai a guardarlo, alzando un sopracciglio. «Non abbiamo...?»
Ebbi quasi l'impressione di essere diventata paonazza, quando capii cosa voleva dire. Esclamai un: «No!» probabilmente troppo forte, e lui sembrò sollevato. «Sei piombato qui, ti sei buttato nel letto e hai iniziato a russare dopo due secondi buoni», spiegai, cercando di scacciare l'idea di me e Hugo Weasley in contesti discutibili.
Lui fece un sorriso imbarazzato. «Ehm, scusami. Ero un po' ubriaco.»

Già, si era capito.
«A proposito», dissi, tossendo per simulare l'imbarazzo. «Auguri per ieri.» Mi sembrava strano parlargli senza il tono acido o senza nessun insulto camuffato.
«Grazie», rispose gentilmente. «Tu come stai?»
Dovetti pensarci prima di rispondere. Anche lo stordimento della sera prima era passato. Mi sentivo... bene.

«Meglio quando te ne andrai», risposi, tornando a scostare le tendine. «Le altre stanno ancora dormendo, cerca di sparire senza fare troppo rumore.»
Lui ridacchiò. «Hai paura che si diffondano strane voci?»
Lui non aveva idea. Lo guardai atona. «Sparisci.»
E, con un'ultima risata, se ne andò.

 

 

 

Spazio autrice:

 

Buonasera a tutti! :)

Eccomi con un nuovo capitolo, in cui impariamo a conoscere meglio un personaggio che amo tantissimo, Scorpius, e osserviamo la comparsa di un Hugo selvatico ubriaco.

Come sempre, mi fareste davvero felice se lasciaste un piccolo commento per sapere cosa ne pensate! Cosa succederà nel prossimo capitolo? Lise e Scorpius finiranno nei guai per il festino? Hugo si ubriacherà anche lì? xD

Alla prossima!

  
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