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Autore: Elis9800    21/04/2018    3 recensioni
Kageyama Tobio è un geniale avvocato dal cuore di pietra.
Totalmente disinteressato a chi lo circonda, s’imbatte per puro caso in un medico dall’odioso sorriso perennemente stampato sul volto.
Quando una sistematica esistenza perfezionista e solitaria ne incontra una libera da schemi e sprizzante vitalità…
Un ferreo autocontrollo saprà resistere alle sconcertanti conseguenze dello scontro?
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[Future!AU]
[KageHina]
[side!BokuAka] [side!KuroKen] [side!IwaOi]
[14/15, epilogo in arrivo!]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Karasuno Volleyball Club, Nuovo personaggio, Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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II

Opposte considerazioni




 

“Non posso credere che abbia di nuovo vinto lui!”
 
Il sibilo di Tobio era tanto sommesso da esser appena udibile, sebbene la carica di rabbia fosse tale da poter tranquillamente causare l'esplosione un intero edificio.
Le dita sottili della mano sinistra erano artigliate tra i capelli lisci e parevano volerseli strappare uno ad uno, mentre la fronte picchiava malamente contro il tavolino di legno scuro su cui erano appoggiati un bicchiere dalle tinte pastello colmo di yogurt bianco, ancora intoccato, e una tazza di ceramica fumante, attorno alla quale erano posti con grazia dieci pallidi polpastrelli.
“Sono un buono a nulla, un incapace… dovrò imparare da capo tutti gli articoli del codice civile e ripeterli a memoria senza commettere un singolo errore…” grugnì con la bocca a un centimetro dalla superficie.
“Servirà davvero a qualcosa autoimporti punizioni del genere?” domandò con un piccolo sospiro esasperato, ma pur sempre composto, il ragazzo seduto proprio davanti a Kageyama, schiena dritta come un chiodo e gambe elegantemente accavallate.
“Altrimenti non riuscirò mai a migliorare” biascicò il corvino con tono abbattuto, alzando appena il capo sul volto mite dell’altro.
“Non è autodistruggendoti che riuscirai a battere Oikawa-san” rispose quest’ultimo, prendendo una lunga sorsata rigenerante del suo tè alle erbe.
“Proprio spingendosi sempre più al limite Oikawa-san è riuscito a diventare ciò che è adesso!” protestò subito Kageyama quasi fosse un bambino cui stessero negando una verità assoluta, alzando di scatto la testa e mettendo in bella mostra il solito cipiglio irritato.
“Siete semplicemente… diversi. Non dovresti invidiarne le abilità. Tu possiedi altre doti, a differenza sua” ribatté il giovane senza batter ciglio.
“Non lo invidio affatto” borbottò Tobio, chinando un po’ la testa per tentare di celare il rossore che si accingeva a nascergli sulle guance.

Non valeva certamente la pena ammettere apertamente che il motivo per cui non sopportasse quel maledetto damerino non riguardasse soltanto l'imperterrita volontà di batterlo ogni singola volta... ma la profonda ammirazione che pareva covare nei suoi confronti da ormai anni.
A questo, d'altronde, si aggiungeva che Oikawa Tooru paresse assolutamente perfetto.
Dannatamente bello, intelligente, perspicace, manipolatore nato, venerato e al contempo temuto.

“E comunque, Akaashi-san, anche tu dedichi la maggior parte del tempo allo studio” precisò Kageyama con ostinazione, sviando il precedente spinoso discorso.
Il corvino dai freddi occhi sottili emise un piccolo sbuffo.
“Io devo necessariamente studiare per poter anche solo sperare di accedere alla magistratura… anzi, mi sembra già di perdere fin troppo tempo” borbottò, massaggiandosi pigramente gli occhi contornati da leggere, ma evidenti, occhiaie violacee.
“Però, Kageyama, io ammetto i miei limiti. Sono conscio che… ci siano alcune cose che vadano semplicemente oltre le mie capacità” concluse con una scrollatina di spalle, sorseggiando la bevanda calda e accennando un sorriso.
Tobio rimase per qualche attimo a guardare il volto serio dai lineamenti definiti del ragazzo, non potendo non invidiare la sua straordinaria ragionevolezza e razionalità.
 
I suoi senpai di Legge erano proprio dotati… o era lui ad esser ancora immaturo?
 
Il flusso confuso dei pensieri di Tobio fu interrotto dall’arrivo di un’imponente figura, la cui camicia bianca, contornata dal cravattino nero tipico delle uniformi da cameriere, non faceva altro che valorizzarne i bicipiti e le spalle possenti. 
Nonostante la stazza, tuttavia, i grandi occhi ambrati erano limpidi e sinceri, privi d'ogni traccia di cattiveria.
“Gradite qualcos’altro, signori?” domandò in tono esageratamente formale.
Gli occhi di Akaashi guizzarono verso il nuovo arrivato e le sopracciglia si arcuarono interrogativamente.
Aveva colto la stranezza di quell’inflessione vocale, tuttavia riuscì subito a comprendere il motivo di tanto formalismo non appena adocchiò il direttore della pasticceria gironzolare fra i tavolini per una rapida ricognizione.
Non appena si fu allontanato, il ragazzo dai capelli neri e le eccentriche punte argentee sparate in aria espirò tanto forte da far pensare che avesse trattenuto il respiro fino ad allora.
“Che fatica lavorare quando c’è il capo in giro! Comunque, ti porto qualcos’altro di buono, eh Akaashi? I biscottini al miele che ti piacciono tanto? Li hanno appena sfornati, sai?” pronunciò allegramente tutto d’un fiato, guardando con occhioni luminosi il corvino dall’espressione indecifrabile… che, inaspettatamente, si lasciò sfuggire un piccolo risolino al prorompente entusiasmo del ragazzo.
“Se sono ancora caldi, beh, ne accetterei di buon grado un paio, grazie Bokuto-san” rispose pacatamente, sebbene anche i suoi occhi si accesero di una scintilla vitale al vigoroso cenno d’assenso del ragazzone e al suo sorriso a trentadue denti.
“Per te… beh, non hai ancora toccato nulla” osservò Bokuto, occhieggiando lo yogurt ormai mezzo sciolto del secondo cliente seduto al tavolo.
“Non credo che Kageyama desideri altro al momento… se non battere disperatamente Oikawa-san” osservò sardonico Keiji e il corvino sbuffò sonoramente.
Ormai quella era divenuta una barzelletta nel mondo dell’avvocatura.
“Il tipo super bravo? Quello che era nel corso un anno avanti a te, eh Akaashi?” chiese concitato Koutaro, curioso.
Al suo cenno d’assenso, il cameriere, portandosi la grande e robusta mano sul mento, iniziò, stranamente, a riflettere.
“Sai che lo nomina piuttosto spesso anche Iwaizumi, il tipo iper atletico che si allena la sera in palestra da me? Credo che siano piuttosto amici! Una volta l’ho visto perfino venirlo a prendere all’ingresso, sai? Io stavo chiudendo la sala attrezzi e Iwaizumi era uscito dallo spogliatoio dopo la doccia… e Oikawa era lì, appoggiato allo stipite della porta ad aspettarlo!” spiegò con entusiasmo.
“Piuttosto amici, eh… sai essere davvero ingenuo, Bokuto” sospirò Keiji, scuotendo piano la testa.
Eppure, in fondo, lo amava proprio per la sua limpidezza d’animo.
Alla faccia confusa di Koutaro, comunque, si sommò quella perplessa di Kageyama.
“Lo attendeva fuori dalla palestra? Perché mai Oikawa-san farebbe una cosa del genere?” borbottò incredulo con la fronte estremamente corrugata, come se fosse impegnato a sbrogliare il filo di una matassa piuttosto intricata.

Sul viso di Akaashi nacque un sorrisetto ambiguo e i suoi occhi color cobalto si assottigliarono ancor più del solito.
Non sapeva, onestamente, per chi dei due ragazzi dovesse provare più rassegnazione.

“Sai, Kageyama… forse ciò che realmente ti occorre, è un po’ di studio sul campo” proferì enigmatico mentre terminava il suo tè e Bokuto si affrettava a riempirgli nuovamente la tazza, volatizzandosi poi in cucina per portargli i biscotti.
Al grugnito incomprensibile di Tobio, Keiji sorrise ancora una volta.

Poco dopo, cambiando discorso, gli chiese “Come va il braccio? Sei tornato in ospedale per una seconda visita?”

Lo sguardo del corvino palesò il suo piombare inevitabilmente dalle nuvole.
Akaashi sospirò sconsolato.
A volte si chiedeva se il suo destino fosse prendersi per sempre cura di bambini fisicamente troppo cresciuti.
“Faresti meglio ad andare se non vuoi che la situazione peggiori” lo ammonì, ringraziando con un piccolo sorriso il fidanzato per avergli poggiato il piattino di biscotti sul tavolo, per poi riprendere a guardare l’altro con una sfumatura di rimprovero.
“Quell’ospedale è pieno di gente strana…” cercò di restare sul vago il corvino, abbassando lo sguardo e azzardandosi ad assaggiare il suo yogurt, che di cremoso manteneva ormai solo il vago ricordo.  
All’occhiata interrogativa di Keiji, Tobio decise di ribattere, seppur un po’ titubante.
“Sai se è necessario che mi visiti lo stesso medico che ha eseguito la prima medicazione?”
“Sarebbe consigliato farsi seguire da qualcuno che sia a conoscenza della tua storia clinica, quindi sì. Perché me lo chiedi? Non ti trovi bene con il dottore che ti ha ingessato il braccio? Mi sembra che abbia eseguito un buon lavoro” osservò l’aspirante magistrato, scorgendo la fasciatura perfettamente avvolta.
“È un tipo strambo, ecco” sbottò Tobio, evitando lo sguardo indagatore di Akaashi.
“In che senso?”
Kageyama provò ad assegnare una parvenza d’ordine a tutte le strane sensazioni che gli ingarbugliavano il cervello da quando aveva fatto la conoscenza di quel piccolo, particolare pel di carota.
“Non so come spiegarlo, ma è come se… mi mettesse a disagio. Ha uno sguardo…”

La risata un po’ troppo rumorosa di Bokuto proveniente dal bancone del locale attirò improvvisamente la sua attenzione.
Fissò gli occhi sul ragazzo dalla stazza imponente mentre si teneva la pancia per una battuta del collega incredibilmente alto e dall’insolita crestina mora.
Non seppe spiegarsi inizialmente il motivo, eppure gli occhi dorati di Koutaro, sempre così arzilli e vispi, gli ricordarono...

“Ha uno sguardo cristallino” sussurrò infine Tobio, non staccando lo sguardo dal viso vivace del cameriere.

Akaashi non seppe inizialmente cosa rispondere, ma poi voltò anch’egli il capo verso il giovane dai capelli bicolore… e un sorriso nacque sul suo volto.
Forse, Kageyama stava iniziando a compiere qualche progresso.

 
 
***


 
“C’è qualcosa che non va, Hinata-kun?”
 
Una voce delicata e un po’ apprensiva giunse ai timpani di Shoyo similmente a una scossa elettrica, provocandogli un sussulto che fece allentare la presa sul sandwich stretto tra le dita, che ricadde sul piatto vuoto con un piccolo tonfo.
I grandi occhi nocciola del medico si posarono sul viso della graziosa infermiera dai lisci capelli biondi, leggermente china sopra al tavolo della mensa davanti a lui.
Provò a sorridere come suo solito, agitando nervosamente le mani, adesso vuote, in avanti.

“Va tutto benissimo, Yacchan!”
La ragazza aggrottò le sopracciglia sottili e fissò con attenzione il volto dell’amico, storcendo lievemente la bocca.
“Ne sei sicuro? Mi sembri un po’ giù di tono ultimamente… l’hanno notato anche i tuoi pazienti” osservò cauta come sempre, sedendosi proprio a fianco del giovane dai folti capelli rossi, la cui espressione mutò repentinamente.
“L’hanno notato davvero?” si affrettò difatti a trillare in modo fin troppo acuto, tradendosi.
Hitoka sospirò.
Shoyo non era proprio capace di mentire.
“Un po’ sì. Mi hanno chiesto con preoccupazione cosa ti fosse capitato, per esser tanto distratto…”
Hinata abbozzò un sorriso, chinando piano la testa.
“Si accorgono proprio di tutto, eh…”
“Hanno occhi solo per te perché ti adorano!” sottolineò allegramente la ragazza.
Ci fu qualche attimo di silenzio in cui Shoyo parve esser profondamente impegnato a fissare la superficie chiara del tavolo.
“E’ solo che… aaargh non mi dà pace, Yacchan!” esclamò improvvisamente tutto d’un fiato, infilandosi le mani sottili fra le frange color carota e scuotendo la testa in maniera drammatica.
Hitoka assunse un’espressione confusa, affatto nuova durante le sue conversazioni con Shoyo.
Il piccolo medico era solito seguire un filo tutto proprio dei pensieri, utilizzando termini privi di senso per descrivere una determinata situazione o sensazione provata che lasciavano spesso i suoi interlocutori interdetti.
“Di chi stai parlando, Hinata-kun?”
Il ragazzo smise di gesticolare e fissò come pietrificato la collega davanti a sé, che lo guardò spaventata da quella reazione inconsueta.
“Di lui, naturalmente! Di quel gigante antipatico che odia le persone!” sbottò poi a un tratto, facendo sussultare l’infermiera.
“Pensi ancora all’uomo cui hai ingessato il braccio?” chiese, un po’ titubante.
“Non riesco a togliermelo dalla testa! E’ come se fosse una presenza fastidiosa che mi martella nel cervello, capisci?” si lamentò, sbattendo la testa sul tavolo in maniera tanto rumorosa che molti seduti ai tavoli vicino a lui si voltarono per osservarlo straniti.
Però, in fondo, il dottor Hinata era rinomato in ospedale per gli atteggiamenti quantomeno bizzarri e oramai nessuno si stupiva più di tanto per le sue azioni inconsuete.
“Vorrei davvero dirgliene quattro…” borbottò, con la bocca a pochi millimetri dal legno economico della mensa ospedaliera.
“E’ raro vederti arrabbiato con qualcuno” osservò affettuosamente Yachi da sopra la sua testa rossa.
“Sono più che arrabbiato, sono… furioso!” esclamò Shoyo con fervore, dopo aver pensato per qualche istante alla parola più azzeccata per descrivere il proprio stato d’animo.
“Ha davvero screditato così tanto il nostro lavoro?”
“Ci guardava tutti dall’alto in basso, eccome! Però… non è stato solo quello” spiegò, abbassando improvvisamente il tono di voce.
“Non mi era mai capitato d’incontrare una persona come lui. Così… insensibile, quasi senza sentimenti. Sembrava davvero senza cuore!” aggiunse ritrovando la tipica verve, battendo il pugno sulla mano come se fosse giunto a una conclusione drastica.
“Come se non gli importasse di nessuno… se non di se stesso” mormorò poi, fissando un punto imprecisato dinanzi a sé.
“Mmm… non è che, per caso, questo ragazzo non ha mai avuto amici?”
La voce delicata di Hitoka riscosse Hinata dalla sua trance.
“Sicuramente, se li tratta come ha fatto con me l’altro giorno” osservò stizzito il rosso, incrociando le braccia al petto e serrando gli occhi con nonchalance.
“Quello che voglio dire, è che forse non ha nessuno che tiene davvero a lui. Per questo si comporta come se esistesse solo la sua persona” continuò e Shoyo dischiuse fugacemente una palpebra.
“Sai, quando all’università seguivo le lezioni di psicologia, veniva spesso ripetuto che il comportamento delle persone è quasi sempre una diretta conseguenza di come vengono trattate. Non avere amici e non aver nessuno che ti apprezza, porta a chiudersi molto in se stessi… in questo modo si è condotti a credere che nessuno sia degno di considerazione” spiegò la ragazza, su cui adesso erano fissi i grandi e attenti occhi di Hinata.
“E’ come se non capisse l’importanza delle persone” sussurrò d'istinto.
“Forse nessuno gliel’ha mai dimostrata” suggerì Hitoka con un sorriso.
Shoyo annuì distrattamente, perso in quella nuova nuvola di riflessioni.

Era vero che nessuno mai gli aveva provocato tanta frustrazione prima d’ora…
Eppure, inaspettatamente, quel corvino dagli occhi blu lo aveva colpito, in qualche modo.
C’era una strana sicurezza che emanava, una capacità di controllo che lui non aveva mai posseduto del tutto e che, ancora dopo anni di studi ed esperienze, faticava a mantenere.

“Invece che dirgliene quattro, perché non provi a essere cordiale come sempre quando lo rivedrai?”
Il consiglio di Yachi, pronunciato con un sorriso, riscosse Shoyo dai suoi pensieri.
Mugolò qualcosa di vagamente incomprensibile aggrottando lievemente la fronte.

Gli costava non poco ammetterlo, ma più che essere arrabbiato… era incuriosito da quel tipo.
Probabilmente l’aveva presa sul personale, ma sapere che quel Kageyama non provasse la benché minima emozione nei confronti di chi gli stesse attorno… gli causava un moto di tristezza difficile da ignorare.
Forse… Hitoka aveva ragione.
Alzò la testa e, con lo sguardo pregno di determinazione, annuì con fermezza.
 
“Shoyo! Meno male che ti ho trovato! Il piccolo Akio non fa che chiedere di te, non permette a nessun altro di avvicinarsi durante la terapia!”

La voce perforante di Nishinoya, schizzato all'interno della mensa con un salto degno di un canguro, si riversò nei timpani dei due amici al pari di un ultrasuono.
“Noya-san, quante volte ti ho ripetuto di non urlare in questo modo?” lo riprese Yachi, guardando l’infermiere con una sfumatura di rimprovero.
“Scusami Yacchan, ma si tratta di un’emergenza!” si giustificò concitato il ragazzo, guardando poi Hinata con una certa apprensione.
“Arrivo subito!” trillò Shoyo, alzandosi immediatamente e salutando Hitoka con la mano.
 
Mentre seguiva l’infermiere e si dirigeva con una rinnovata espressione sorridente verso il terzo piano dell’ospedale, dalla matassa di pensieri che il suo cervello stava riordinando ve ne sfuggì uno per un singolo istante.

Rivedere quel Kageyama, sarebbe stato… interessante.
 
 





 
 
Note finali: non mi sembra vero di aver ripreso in mano questa fic, archiviata da ormai mesi.
Bene, che dire?
E’ una storia che, io per prima, sto cercando lentamente di costruire.
Diciamo che il mio intento iniziale è lievemente cambiato e probabilmente continuerà a evolversi per tutta la durata della fic.
L’unica cosa che mi sento per adesso di precisare è che le professioni di entrambi non sono casuali, ma giocheranno un ruolo molto importante nel corso della narrazione, specialmente quella di Hinata.
Non so che altro aggiungere, se non ringraziare tutte le persone che abbiano inserito questa storia fra le seguite e le preferite e che, diciamo, sono state sempre un po’ un monito per riprenderla in mano.
Ci terrei molto a ricevere la vostra opinione in merito e a segnalarmi possibili errori/orrori.
Al prossimo, si spera non in tempi biblici, aggiornamento.
Bacini. 
   
 
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