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Autore: Trainzfan    21/04/2018    1 recensioni
7000 d.c. - L’umanità è divisa in due ceti: aristocrazia/clero e popolo. Tutta l’economia della Terra è basata sull’energia fornita dal Goddafin, sorta di raggi di immensa potenza che discendono dal cielo finendo dentro a cupole blindate, gestiti e distribuiti dall’aristocrazia/clero che, grazie a questo, può tenere in suo potere tutto il resto dell’umanità: il popolo. Esso dipende dal clero sia per l’energia necessaria per calore e illuminazione sia per attrezzature metalliche necessarie alla coltivazione o piccole operazioni quotidiane. Per evitare una ribellione la classe dirigente mantiene il popolo nell’analfabetismo e soggezione mediante una religione che insegna quanto il popolo sia costituito dai superstiti risparmiati da Dio, durante lo scatenarsi della sua ira in un lontanissimo passato mentre l’aristocrazia rappresenta l’eredità del popolo eletto assurto a guardiano dell’energia donata da Dio agli uomini mediante i raggi del Goddafin che da millenni alimenta la Terra.
Chi-Dan, giovane archeologo dell’aristocrazia della Celeste Sede (sorta di Vaticano della religione del Goddafin), viene incaricato dallo zio, Sommo Tecnocrate, di indagare su di un misterioso ritrovamento che aprirà letteralmente un mondo nuovo sconvolgendo e cancellando drasticamente tutto quanto è stato ritenuto sacro e reale
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5 - In Giro
 
Un suono annunciò a Chi-Dan che qualcuno era in attesa alla porta di ingresso del suo appartamento da single all’interno della zona residenziale della Celeste Sede. Egli si portò nel vestibolo e, dal visore incorporato allo pannello interno dell'uscio, poté vedere il familiare volto del fratello So in attesa. Immediatamente sbloccò il meccanismo d'accesso e la porta scivolò silenziosamente nella parete.
 
"Benvenuto, So" lo accolse Chi, abbracciandolo "Accomodati".
 
Accettando l'invito, il prelato entrò nell'appartamento del fratello e la porta si richiuse immediatamente alla sue spalle.
 
"Vieni, dai" lo sollecitò il giovane archeologo "accomodati in salotto. Ho proprio bisogno di fare due chiacchiere con te a proposito di tutta questa faccenda".
 
So-Dan si sedette sul funzionale divano a tre posti che si trovava di fronte alla video-finestra del salotto di Chi; in quel momento mostrava una vista virtuale dell'esterno della cupola al tramonto. Chi-Dan, presi un paio di bicchieri e una bottiglia di birra di riso dal frigorifero in cucina, si sistemò sulla comoda poltrona che stava dalla parte opposta del basso tavolino di cristallo posto di fronte al divano dove si trovava il fratello.
 
"Vorrei tanto sapere cosa c'è dietro alla richiesta di zio Saru" esordì Chi-Dan versando il fresco contenuto della bottiglia in entrambi i bicchieri "Non riesco a capire il perché di tutta questa segretezza. Quello che è stato scoperto due anni fa in Unlen è di enorme importanza eppure non se ne è fatto cenno o parola nemmeno all'interno della facoltà di archeologia. Veramente non capisco".
 
So-Dan sorseggiò dal suo bicchiere gustando il refrigerio della bevanda mentre lasciava che suo fratello Chi terminasse il discorso poi, con calma, replicò:
 
"Ti posso solo dire, caro Chi, che fino all'altro giorno non ne sapevo nulla neppure io. Sono stato convocato dal Sommo Tecnocrate due giorni fa e solo in quell'occasione mi ha accennato al disco metallico che hai visto, senza peraltro mostrarmelo. In seguito mi ha chiesto chi, secondo me, potesse essere la persona più affidabile ed esperta in materia per proporgli il complesso incarico di scoprire che cosa essa sia".
 
L'archeologo notò che il fratello, nella sua risposta, aveva enfatizzato il titolo spettante alla figura ufficiale dello zio e, imbarazzato per i suoi precedenti modi forse un po' troppo confidenziali, arrossì lievemente.
 
"Quindi" riuscì, infine, a proferire "mi stai dicendo che nemmeno tu ne sai nulla? Ora sì che mi sto veramente preoccupando!"
 
"Rilassati, Chi" replicò l'opertec con maggiore informalità "Se zio Saru ha detto che tutto è già organizzato significa realmente che tutto è a posto. Certo, anche io mi sto domandando come è possibile, per te e la tua squadra, essere pronti a partire per una meta così lontana nel giro di poche ore; ad ogni modo vedrai che tutto si risolverà nella migliore delle maniere".
 
Pur non totalmente convinto Chi-Dan capì che, comunque, il fratello non sarebbe stato in grado di dirgli nulla più di questo. Consumata la birra di riso che ancora era nei loro bicchieri, quando So si alzò per andarsene, Chi lo accompagnò alla porta. Qui si salutarono e si abbracciarono caldamente: sapevano entrambi che sarebbe passato un bel po' di tempo prima che fossero in grado di incontrarsi nuovamente.
 
"Ah!" esclamò il prelato mentre varcava la porta "Dimenticavo di dirti una cosa importante: non appena ti sarai incontrato con la tua squadra, recatevi ai turbo elevatori e andate su nell'ufficio privato del Sommo Tecnocrate. Lui vi darà le istruzioni di cui avrete bisogno per il viaggio. Tieni" soggiunse poi estraendo un riquadro in materiale plastico dalla tonaca "questa è una card che ti permetterà di salire fino al piano dell'ufficio di zio Saru".
 
Poi alzato il cappuccio bordato d'oro della sua tunica sul capo si allontanò lungo il corridoio deserto.
 
Chiuso l'uscio, Chi-Dan appoggiò sul mobile dell'ingresso la card, raccolse i due bicchieri dal tavolino del salotto e li portò in cucina dove li lavò e li ripose nello stipetto poi si diresse verso la camera da letto attigua a vestirsi per recarsi all'incontro con la sua squadra la quale, sicuramente, a quell’ora doveva essere già arrivata.
 
* * *
 Un quarto d’ora più tardi Chi-Dan giunse all'Agorà. Pur essendoci stato numerose volte lo spettacolo che si aprì davanti ai suoi occhi lo lasciò comunque, per un attimo, senza fiato. L'Agorà era il più vasto spazio chiuso che si fosse mai visto. Grande come due campi da calcio si protendeva verso l'alto per dieci livelli. Metà del livello più basso era affollato da decine di locali e spazi comuni dove l'aristocrazia della Celeste Sede poteva rilassarsi e ritemprarsi nei momenti di libertà da studi o lavoro. Dalla parte opposta, invece, un terzo dello spazio era occupato da un boschetto attraversato da vialetti ben curati che conducevano fino ad un laghetto artificiale posto all'estremità della vasta area. Già di per sé vedere una così grande quantità di acqua in una zona totalmente circondata da centinaia di chilometri quadrati di deserto e steppa era uno spettacolo incredibile. Se questo non bastasse, il laghetto veniva costantemente alimentato da un'imponente cascata che si precipitava dal decimo livello costituita dall'acqua del laghetto stesso la quale, a mezzo di apposite potenti pompe nascoste, veniva prelevata dal basso e portata su fino alla sommità della cascata da cui ritornava alla propria origine sollevando una nube di minuscole goccioline che, sapientemente illuminate, creavano un eterno arcobaleno.
 
Al centro di questo enorme spazio Chi vide i membri della sua squadra. Essi spiccavano nettamente in mezzo agli altri frequentatori dell'Agorà in quanto, essendo appena arrivati dal lungo viaggio compiuto, erano ancora vestiti con il tipico abbigliamento da lavoro utilizzato al campo.
Non appena lo scorsero gli si fecero incontro tempestandolo di domande che si andavano accavallando le une alle altre.
 
"Chi, che significa tutto questo?" Chiese Mae-Yong precedendo tutti gli altri "Stamattina sono arrivati tre hovercraft con un'intera squadra di ricerca e a tutti noi è stato chiesto di prepararci velocemente per rientrare immediatamente alla cupola. Solo Dori è stata lasciata rimanere. Che sta succedendo?".
 
Prima che Chi potesse rispondere intervenne Roen, il giovane archeologo alla sua prima importante missione.
 
"Abbiamo commesso qualche grossolano errore e ci hanno estromesso dalla ricerca?" Domandò dando voce al principale sospetto che da ore aveva contagiato tutti. "Diccelo senza troppi giri di parole; vogliamo la verità".
 
"Calma, ragazzi." intervenne Chi-Dan "Nulla di tutto questo."
"E allora cosa?" sollecitò Mae.
"Per ora vi posso solo dire che siamo stati tutti richiamati qui per un'importantissima missione e che questa riveste un carattere di totale, assoluta segretezza".
Dopo questa affermazione se qualcuno avesse fatto cadere uno spillo in mezzo al gruppo si sarebbe potuto certamente sentirne il rumore dell'impatto a terra.
 
"Non posso, per il momento, entrare nei particolari della missione" continuò il giovane archeologo "vi posso solamente dire che sarà un incarico particolarmente impegnativo e lungo. Vi consiglio di approfittare del breve tempo che avete a vostra disposizione da qui al momento della partenza per riposare un poco e salutare i vostri cari."
 
Non appena terminò questa frase le domande ripresero a raffica; tutti volevano avere più particolari di quello che li stava aspettando ma Chi-Dan tagliò in modo deciso i discorsi.
 
"L'unica cosa che posso e devo anticiparvi è che questa missione si svolgerà in un luogo molto caldo e asciutto per cui sarà necessario portare abbigliamenti adeguati."
 
"A proposito," soggiunse poi con un ripensamento "Visto che il viaggio sarà particolarmente lungo e non so bene che cosa incontreremo durante il percorso, consiglio tutti voi di premunirsi anche con qualche capo di abbigliamento adatto a qualunque tipo di clima possiamo trovare".
 
"L'appuntamento sarà qui" concluse "fra tre ore. Mi raccomando: puntuali e con tutto l'occorrente personale. È tutto".
 
Detto questo si congedò dalla squadra per recarsi anch'egli a preparare le ultime cose necessarie al viaggio.
 
* * *

All'ora stabilita Chi-Dan raggiunse l'Agorà e, subito, scorse il gruppetto costituito dai membri della sua squadra riunito appena a lato del ponticello che attraversava il corso d'acqua artificiale emissario del laghetto formato dalla cascata.
Fortunatamente non era un orario di punta per cui fu facile per lui vederli e raggiungerli. Notò con piacere che erano già tutti presenti e opportunamente attrezzati. Per un attimo si rese anche conto che, così agghindati, attiravano non poco l'attenzione dei pochi frequentatori presenti per cui si affrettò a dire:
 
"Ok, ragazzi. E' ora di andare. Seguitemi"
 
Con passo rapido si diresse verso l'uscita dell'Agorà. Dopo aver percorso un centinaio di metri del grande corridoio centrale Chi-Dan svoltò a destra in un andito secondario finché, dopo un altro paio di svolte, si ritrovarono in un atrio su cui si affacciavano le porte di tre turbo elevatori. Il giovane archeologo inserì nell'apposita fessura la card che il fratello gli aveva fornito e immediatamente le porte metalliche dell’elevatore centrale scivolarono a lato permettendo loro di accedere alla cabina. Non appena saliti tutti a bordo Chi inserì nuovamente la card nel lettore interno. Immediatamente l'accesso esterno si chiuse ed il turbo elevatore schizzo a velocità fantastica verso l'alto. Come già in precedenza Chi si domandò come era possibile che quell'ascensore potesse viaggiare a velocità tanto elevata senza che i passeggeri al suo interno venissero schiacciati sul fondo della cabina; la scienza degli antichi era veramente qualcosa di affascinante e incomprensibile, almeno per lui.
 
Si sentì un lieve tintinnio che segnalava l'arrivo della cabina al piano richiesto. Subito dopo le porte scivolarono a lato ed il gruppo si ritrovò nell'atrio luminoso, dominato dal gigantesco mosaico del Goddafin, in cui Chi-Dan con il fratello erano stati solo qualche ora prima.
 
L'archeologo fece strada al suo gruppo lungo il silenzioso corridoio che conduceva verso l'ufficio privato di suo zio Saru-Dan. Giunti davanti alla sua porta questa scivolò a lato nella parete e furono invitati ad entrare dallo stesso Sommo Tecnocrate. I componenti della squadra di Chi non avevano mai visto il Sommo Tecnocrate se non negli olovisori pubblici da cui venivano trasmessi periodicamente i discorsi ufficiali tenuti da Saru-Dan III, per cui erano piombati in un nervoso silenzio.
 
A dispetto del suo status sociale, Saru-Dan si alzò da dietro la propria scrivania nera e diede loro il benvenuto, avvicinandosi. Questo riuscì in breve a far sentire un poco più a loro agio i componenti dello sparuto gruppetto.
 
"Ben arrivati" li accolse con un accenno di sorriso che, probabilmente, gli era costato un enorme sforzo dei muscoli del viso "So che siete stati sballottati tutto il giorno di qui e di là senza ben saperne nemmeno il motivo."
 
"Presto tutto vi sarà chiarito" aggiunse prevenendo qualsiasi possibile domanda "Per ora, seguitemi"
 
Detto questo azionò un comando nascosto sulla scrivania ed il pannello laterale che portava il suo ritratto in scala naturale scivolò nella parete rivelando un ampio vestibolo.
 
Su questo si affacciavano due porte. Una di queste era chiaramente quella di un turbo elevatore mentre l'altra, presumeva Chi, doveva portare all'appartamento privato del Sommo Tecnocrate.
Tutti si guardarono attorno timorosi: nessuno di loro era mai stato in un luogo tanto inaccessibile e, per quanto ne potevano sapere, nessun altro vi era mai stato se non i più diretti collaboratori di Saru-Dan.
Questi azionò un comando dell'elevatore e, immediatamente, le porte automatiche si aprirono. Salirono tutti a bordo ed il Sommo Tecnocrate stesso azionò il sensore che fece partire la cabina.
Questa volta il percorso era in direzione opposta a prima. Infatti l'elevatore si precipitò verso il basso alla consueta fantastica velocità ma, a differenza di prima, il tempo di discesa sembrò allungarsi sensibilmente. Chi-Dan si convinse che la destinazione della cabina su cui si trovavano fosse di molto più in profondità di quanto mai avesse sospettato potesse essere la base stessa della cupola.
 
Infine le porte automatiche si aprirono su di uno spazio molto ampio. Al primo momento tutti i membri della squadra di Chi-Dan restarono sconcertati in quanto quello che li circondava, dal pavimento, al soffitto alle poche suppellettili, tutto era di un colore bianco immacolato che rendeva difficile pure rendersi conto di quanto realmente fosse ampio quello spazio. Al lato opposto dell'atrio una larga scalinata metallica portava, qualche metro più in basso, ad una piattaforma a lato della quale era accostato un’oggetto di forma cilindrica, anch'esso candido, di notevoli dimensioni.
 
Quando furono più vicino poterono osservare che questo cilindro aveva una lunghezza di circa una decina di metri ed un diametro di quasi tre. Saru-Dan, con gesti sicuri, toccò alcuni comandi posti su di una vicina console che provocarono l'azionamento di qualche meccanismo nascosto il quale cominciò ad emettere un lieve, persistente ronzio di bassa frequenza. L'alto prelato si portò quindi vicino al fianco del grande cilindro e passò la mano sopra ad un sensore nascosto.
Immediatamente, con un leggero sbuffo pneumatico, una sezione del fianco del cilindro si spostò prima verso l'esterno e poi lungo la fiancata. L'interno del cilindro si illuminò e poterono vedere che conteneva alcune file di sedili dall'aria molto comoda, anch'essi di colore bianco. Di fronte al primo di questi vi era un piccolo quadro comandi sopra cui, al momento, lampeggiava un tastierino numerico olografico sospeso nel vuoto.
 
* * *
 
"Accomodatevi" li invitò Saru-Dan III "Entrate e sedetevi"
 
Quando tutti si furono sistemati ed i bagagli posati a terra dietro ai sedili, il Sommo Tecnocrate prese di nuovo la parola.
 
"Immagino che vi stiate domandando dove vi troviate." esordì "Ebbene questo è uno dei posti più segreti che esistano: vi trovate all'interno della stazione corrispondente alla Celeste Sede di una immensa rete di comunicazione, chiamata Nemicrel, che collega tutte le cupole del mondo e di cui solamente io, come Sommo Tecnocrate, e gli Staman delle diverse cupole siamo a conoscenza. Tramite questa capsula sarete in grado di raggiungere la cupola di Geneve nel giro di circa una quindicina di ore"
 
"Cosa?!" esclamò Chi-Dan "Ma come è possibile? Anche con il più veloce hovercraft vi sono settimane di viaggio da qui a Geneve!".
 
"Lo so" interruppe Saru-Dan "ma questa capsula viaggia lungo infinite gallerie ad una velocità che tu non puoi nemmeno immaginare, sfruttando una tecnica degli antichi di cui si è perduta la conoscenza e che nessuno, oggi, è in grado di comprendere".
 
Ben sapendo che questa spiegazione non avrebbe mai potuto soddisfare il nipote ma non potendo, o meglio non volendo, perdere ulteriore tempo l'alto prelato continuò:
 
"Ascoltami attentamente, Chi" disse porgendo una piccola card plastica immacolata al nipote "Questa è la chiave per azionare i comandi della capsula. Inseriscila nella fessura del dispositivo e, quando vedi che queste linee cambiano forma, tocca in sequenza i tasti 1-2-1 di questo ologramma seguiti dal tasto a forma di freccia. Il resto è automatico. Buon viaggio".
 
Senza aggiungere altro Saru-Dan III tornò sulla piattaforma esterna, salì le scale e tornò verso il turbo elevatore che li aveva portati lì sotto solo qualche minuto prima.
 
Chi si voltò a guardare i volti dei suoi compagni di viaggio ancora frastornati dalla rapidità degli avvenimenti. Tornò a rivolgersi al quadro comandi che aveva davanti. Inserì la card che gli aveva consegnato il Sommo Tecnocrate poco prima e, immediatamente, le linee azzurrognole dell'incomprensibile scrittura degli antichi che comparivano sullo schermo si modificarono. Digitò il codice che lo zio gli aveva detto e, non appena sfiorò con la punta del suo indice della mano destra l'ologramma a forma di freccia, la parte laterale del cilindro che aveva loro permesso di accedere all'interno si mosse rapidamente. Con un soffocato tonfo pneumatico, si sigillò nel proprio alloggiamento facendo tornare esternamente compatto il cilindro bianco.
 
Subito l'enorme paratia di acciaio posta davanti alla navetta iniziò a rientrare nella parete rivelando un tunnel tubolare che si allungava a perdita d'occhio mentre, in sequenza, delle luci a distanza regolare si accendevano lungo lo stesso, illuminandolo. Con un fremito, simile ad un antico animale destato da un lunghissimo letargo, la capsula prese a muoversi addentrandosi lentamente nella galleria. Una volta al suo interno, di nuovo, si fermò. Alle sue spalle la possente paratia metallica scivolò nuovamente al suo posto sigillando perfettamente il foro di ingresso da cui erano appena passati.
 
Con un rumore simile al respiro stesso della Terra, enormi pompe nascoste iniziarono a suggere l'aria dalla porzione di tunnel posta davanti alla capsula su cui si trovava la squadra di Chi-Dan. Questa, grazie a potentissimi elettromagneti nascosti nelle pareti stesse del tunnel, si innalzò galleggiando sospesa a pochi millimetri. Man mano che la pressione dell'aria di fronte al veicolo si abbassava mentre si innalzava, grazie ad un sofisticato sistema di scambio, quella alle sue spalle la capsula iniziò a muoversi in avanti aumentando progressivamente la propria velocità, sempre di più.
 
Le luci intervallate del tunnel, distanziate di centinaia di metri una dall'altra, iniziarono a correre incontro alla capsula sempre più velocemente fino a quasi divenire una luce pulsante continua mentre gli incomprensibili simboli antichi dallo schermo della console davanti agli occhi di Chi-Dan cambiavano con altrettanta rapidità fino a che, quando ormai pareva che questo incremento non potesse più cessare, la velocità di viaggio della capsula si stabilizzò e così pure fecero i simboli sullo schermo i quali, ora, indicavano con una sequenza di simboli di cui si era perso il significato millenni prima la scritta "km/h 1100".
 
 * * *
 
Un centinaio di chilometri più avanti, nel buio di una stanza sotterranea, una spia luminosa si accese. Scattarono diversi relè e l'energia giunse ai possenti motori da tempo immoti. Questi si attivarono e una sezione lunga un centinaio di metri di galleria venne isolata dal resto della rete Nemicrel mediante due pesanti paratie in acciaio le quali, silenziosamente, scorsero fuori dal loro alloggiamento sigillandosi perfettamente alle due estremità del tratto di tunnel.
Si udirono altri ticchettii metallici e l'intera sezione di tubo iniziò a scorrere su robuste rotaie uscendo dalla simmetria con l'asse del tunnel stesso. Lentamente una sezione curva, dotata di un raggio da cinque chilometri, arrivò a posizionarsi nel medesimo punto in cui la sezione diritta spostata stava qualche secondo prima. L'arrivo della nuova sezione in posizione venne segnalato da un secco scatto metallico. Immediatamente i blocchi pneumatici comandati da enormi compressori nascosti immobilizzarono in posizione la sezione angolata che, ora, allineava il tunnel di ingresso con un nuovo tratto curvilineo ad ampissimo raggio, orientato verso sinistra rispetto alla direzione di marcia della capsula.
Le paratie di acciaio che delimitavano il nuovo segmento di galleria vennero azionate provocandone l'apertura: un nuovo instradamento era venuto a crearsi.
Immediatamente le potentissime pompe del tunnel iniziarono ad aspirare l'aria dal nuovo tratto appena ricostruito creando nuovamente il vuoto più totale davanti alla navetta che stava oramai per sopraggiungere.
Nella stanza accanto la spia luminosa tornò a spegnersi facendo ricadere il luogo nell'oscurità e nel silenzio più totale. Qualche istante dopo il convoglio Nemicrel con a bordo Chi-Dan e la sua squadra sfrecciò a fantastica velocità lungo il tratto di tunnel appena aperto mentre dietro di essa le pompe re immettevano forzatamente l'aria aspirata, per riequilibrare la pressione d'ambiente. Quando la capsula si fu allontanata abbastanza una paratia isolò il tratto appena percorso mentre i motori delle pompe per il movimento dell'aria si spensero riprendendo la loro abituale inattività fino al prossimo passaggio di un'altra navetta.
 
* * *

Chi-Dan aprì gli occhi e solo in quel momento si rese conto di essersi addormentato. Diede un'occhiata attorno e vide che tutti gli altri membri della squadra erano profondamente addormentati avvolti dalle comode poltrone di cui era fornita la capsula. Guardò attraverso il vetro anteriore del veicolo ma quello che vide non lo aiutò molto a capire dove si trovassero in quel preciso momento senza contare, poi, che il velocissimo alternarsi di luce e buio provocato dal passaggio della capsula davanti alle luci intervallate aveva un certo effetto ipnotico. L'unica informazione utile gli venne dal quadro comando dove vi era indicato il tempo trascorso dalla partenza della navetta; questo riportava la scritta 16:25 in color azzurro su fondo scuro.
 
"Per la miseria" pensò il giovane "sono più di sedici ore che corriamo dentro questo dannato veicolo ad una velocità pazzesca e ancora non siamo arrivati!"
 
Come se avesse pronunciato una qualche sorta di incantesimo, Chi avvertì chiaramente un cambiamento nella velocità della capsula.
 
"Che succede?" domandò assonnata Mae ridestata dalla lievissima variazione di moto.
 
"Non so" replicò Chi-Dan "Sembra che la cabina stia iniziando una fase di frenatura. Forse stiamo per arrivare".
 
Quasi in risposta a questo il veicolo rallentò ulteriormente e continuò a perdere velocità sempre più rapidamente finché, cinque minuti più tardi, non andarono a fermarsi completamente di fronte ad una paratia di acciaio che chiudeva ermeticamente il tunnel davanti a loro.
 
Al contrario di quanto era accaduto alla partenza i potenti elettromagneti che circondavano la capsula si disattivarono e questa si depositò sul fondo del tunnel, posto qualche millimetro sotto di essa.
La parete metallica di fronte a loro si attivò, scivolando nel suo alloggiamento all'interno della parete, mentre dei piccoli motori elettrici spingevano delicatamente la capsula all'interno della stazione della cupola di Geneve.
Intanto che, alle spalle, la parete metallica tornava a chiudersi, la cabina giunse al suo punto di arrivo accanto alla piattaforma e la paratia laterale, con il consueto soffio pneumatico, si aprì scivolando lungo la fiancata.
Non appena l'apertura fu completata una figura avvolta da un manto porpora si delineò nella cruda luce bianca che illuminava la banchina.
 
"Benvenuti nella cupola di Geneve" li accolse il personaggio “Sono lo staman Emilien De LaCroix”.
 
"Felice di conoscervi, eminenza" replicò Chi-Dan "Vorrei fin d'ora scusarmi per il disturbo che la nostra visita potrà arrecarvi".
 
"Nessun disturbo, signori" fu la risposta dello staman "Chiunque venga nel nome del Sommo Tecnocrate Saru-Dan III non reca mai disturbo".
 
Qualcosa nel tono sussiegoso dell'alto prelato colpì il giovane archeologo; non avrebbe saputo dare una definizione precisa di quello che sentiva ma non era di sicuro qualcosa di piacevole. Era come essere in un bosco e sentire da qualche parte, appena a lato del sentiero su cui si sta camminando, un lieve suono strisciante. Dava una sensazione di umidiccio e appiccicoso. Chi si riscosse da quel suo pensiero e, raccolto il bagaglio, si affrettò assieme agli altri quattro occupanti della capsula a portarsi sulla piattaforma della stazione.
 
"Sarete stanchi, presumo." suggerì De LaCroix "Vorrete senz'altro riposarvi un poco. Vi abbiamo preparato delle comode stanze in cui potete sistemarvi".
 
"Veramente, eccellenza" intervenne Chi "Vorremmo evitare di importunarvi ulteriormente. Se le attrezzature di cui ci ha parlato Sar... ehm il Sommo Tecnocrate fossero pronte, noi toglieremmo subito il disturbo anche perché il viaggio è ancora lungo..."
 
"Non se ne parla nemmeno" lo interruppe il prelato "Non sia mai che una rappresentanza della Celeste Sede in visita alla nostra umile cupola non sia accolta con tutti gli onori che merita pur considerando la discrezione raccomandata dal grande Saru-Dan III in persona".
 
Chi guardò per un attimo i suoi compagni di viaggio. Anch'essi erano un poco titubanti a questa accoglienza che non si aspettavano. D'altra parte non vide modo per poter declinare l'invito senza correre il rischio magari di offendere il loro anfitrione.
 
"La ringraziamo ancora molto per questo benvenuto" disse infine "e accettiamo volentieri l'offerta di un attimo di sosta prima di partire ma, se fosse possibile, preferiremmo evitare incontri sia pubblici che privati".
 
"Capisco, capisco" replicò il prelato "Certo una missione così importante deve richiedere una bella calma e concentrazione..."
 
"Ehmm, beh, sì, certo" tentennò Chi poi, mentre De Lacroix faceva loro strada verso la cabina del turbo elevatore, si volse verso gli altri con espressione interrogativa a cui essi risposero con visi altrettanto dubbiosi.
 
Arrivarono in brevissimo tempo nell'ufficio privato dello staman dove trovarono ad aspettarli un altro prelato, con il capo coperto da un cappuccio bordato di nero che gli nascondeva completamente il viso, in piedi a fianco della scrivania di legno scuro che dominava la stanza.
 
"Accompagna i nostri ospiti nei loro alloggi" ordinò De Lacroix all'opertec poi, rivolto al gruppo di Chi-Dan, soggiunse "Mi auguro che possiate riposare bene. Le attrezzature richieste saranno pronte a partire domattina presto."
 
"Grazie ancora, eminenza" ricambiò Chi "e arrivederci".
 
Il prelato in nero chinò brevemente il capo nascosto dal cappuccio e, senza proferire parola, si voltò; uscì dall'ufficio incamminandosi verso l'atrio degli elevatori, gemello di quello esterno all’ufficio di Saru-Dan, seguito, con aria smarrita, dal gruppo di giovani archeologi della Celeste sede.
La porta dell’ampio disimpegno privato dove stava l’elevatore che avevano appena usato per salire dalla stazione si aprì e ne uscì un nuovo opertec,
 
“Tu sarai il pilota dell’hovercraft che li ospiterà per il viaggio su terra” esordì lo staman rivolto al nuovo giunto “tieni le orecchie ben aperte e, non appena possibile, riferisci direttamente a me tutto quello che accade”.
 
“Ricordati bene di non fare parola di questo con nessuno e per nessun motivo” concluse l’alto prelato.
 
La figura nera incappucciata chinò il capo per conferma e se ne andò attraverso il medesimo uscio da cui erano appena usciti i viaggiatori della Celeste Sede.
 
Emilien De LaCroix si sedette alla sua scrivania e restò per un momento a guardare pensoso la parete bianca che stava di fronte a lui.
 
Poi, con un rapido gesto della mano destra, azionò il sistema di comunicazione delle cupole.
 
Dopo pochi istanti la parete di fronte a lui svanì, sostituita da un enorme ologramma raffigurante, in scala 1:1, lo studio privato di Saru-Dan III.
 
“Vostro nipote è giunto, eccellenza” esordì “Domattina, dopo un buon sonno ristoratore, potrà finalmente partire per la sua ricerca”.
 
“Molto bene, staman De LaCroix” replicò secco Saru-Dan III “Mi raccomando a voi per la felice riuscita del viaggio di mio nipote e della sua squadra”.
 
“Certo, Vostra Eminenza” rispose il prelato di Geneve con tono mellifluo “Ogni Vostro desiderio per noi è un ordine. Buona serata!”.
 
“Buona serata anche a Voi” concluse il Sommo Tecnocrate interrompendo la comunicazione.
 
De LaCroix si appoggiò al confortevole schienale della sua poltrona in pelle unendo le punte delle dita delle proprie mani, i gomiti sorretti dai braccioli imbottiti e, ad occhi socchiusi, annuì lievemente.
 
“Caro Saru-Dan” formulò il pensiero nella propria mente “La riuscita del viaggio è certa. Staremo solo a vedere per chi diverrà felice”.
 
***
Per ringraziarvi della pazienza che avete portato aspettando la pubblicazione del seguito della storia, questo quinto capitolo non avrà una prima e una seconda parte ma è stato pubblicato per intero. Grazie ancora a tutti quanti quelli che mi stanno leggendo.
Roberto (aka Trainzfan)
   
 
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