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Autore: Old Fashioned    22/04/2018    12 recensioni
Grandi pianure dell'Ovest, circa dieci anni dopo la fine della Guerra di Secessione. Al di là dell'immagine patinata che un certo cinema ci ha dato di loro, i cosiddetti soldati blu, ovvero la US Plains Cavalry, erano più che altro l'ultimo approdo di reduci, stranieri in cerca di una collocazione e uomini cui veniva prospettato il servizio sotto le armi come alternativa al carcere. Sistemazioni pericolose, cibo cattivo, poco sonno e una paga di tredici dollari al mese erano tutto ciò che uno di questi soldati si poteva aspettare di ricevere nel corso del suo periodo sotto le armi.
Se ne hai voglia, inclito lettore, segui con me la vicenda di due di loro.
Prima classificata al contest "Solo Cenere" indetto da molang sul forum di Efp.
Genere: Angst, Guerra, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: L'Ottocento
Capitoli:
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Signori e signore, eccoci qui con la seconda parte delle (dis)avventure dei nostri eroi. Ringrazio tutti coloro che mi hanno seguito, ricordato e preferito, ma anche tutti coloro che hanno solo letto: sappiate che se una storia esiste, è grazie a voi. Un ringraziamento speciale va a chi è stato così cortese da lasciarmi il suo parere, ovvero mystery_koopa, John Spangler, Saelde_und_Ehre, alessandroago_94, Star_Rover, queenjane, fiore di girasole, Syila, Enchalott e PerseoeAndromeda.






Capitolo 2

Dalla sua posizione in fondo alla colonna, Halloran si sporse sulla sella per guardare cosa stava succedendo più avanti. La porta di Fort Hope si spalancò con un lungo cigolio e al di là comparve una distesa ondulata e arsa, sulla quale crescevano radi arbusti.
Il cielo era ancora azzurro, e l'aria relativamente fresca. La poca umidità della notte avrebbe impedito alla polvere alcalina di alzarsi almeno nelle prime ore di marcia. Poi però si sarebbe sollevata, circondando tutta la colonna, facendo bruciare gli occhi e la bocca, costringendo a tenere il fazzoletto fin sopra il naso e il cappello calcato in testa.
La posizione di retroguardia, ovvero quella che era stata assegnata a lui e a Finch, era naturalmente la peggiore, dal punto di vista della polvere: si sarebbero presi quella spostata dal vento, ma anche quella alzata dagli zoccoli degli animali e dalle ruote dei carri.
Emise un sospiro: lui e Finch.
Il taciturno soldato non sarebbe stato originariamente destinato alla scorta dei carri per Coyote Point, ma era stato ritenuto responsabile della rissa, e quella era la punizione.
Si voltò verso l’uomo, che sedeva composto in sella, con le spalle dritte e la consueta espressione impassibile. Il suo equipaggiamento era come sempre perfetto: la coperta di lana grigia arrotolata sull'arcione, il sacco con le razioni per sé e la biada per il cavallo, la fondina della Colt 45, quella della carabina Spencer...
Trovò stranamente rassicurante il fatto che la scazzottata con Perkins e gli altri gli avesse lasciato qualche livido in faccia. Gli dava una connotazione umana, in un certo senso.
Mentre era assorto in quelle considerazioni vide arrivare il tenente Weiland, un giovanotto fresco di nomina, probabilmente poco più vecchio di lui. L’ufficiale si mise alla testa della colonna, poi si voltò in direzione del sergente Burt. Questi lo raggiunse, e i due confabularono brevemente, poi Weiland diede il segnale di partenza.
L’unità si mise in movimento.

La polvere circondava la colonna come una specie di nebbia, il sole ormai alto aveva sbiancato il cielo. A parte il rumore degli zoccoli e il cigolio delle ruote dei carri, nell’aria c’era un silenzio spettrale.
Halloran si aggiustò il fazzoletto sul viso, poi si sfilò un guanto e si strofinò gli occhi. Tossì un paio di volte. Abbassò lo sguardo sulla borraccia, indeciso se bere o no, ma poi vi rinunciò: meglio tenersi la bocca asciutta, piuttosto che rischiare di rimanere senz’acqua in mezzo al deserto.
Sapeva che c’erano punti di approvvigionamento lungo il percorso, anche perché muli e cavalli non potevano certo accontentarsi del contenuto di una borraccia, ma sapeva anche molto bene che era proprio lì intorno, di solito, che si appostavano gli Apache.
A quel pensiero si guardò intorno a disagio, poi si girò verso il commilitone. A differenza sua, Finch non aveva né il fazzoletto sul viso, né il cappello calcato sugli occhi. Cavalcava dritto e composto come al solito, con lo sguardo fisso davanti a sé.
Lo chiamò.
L’altro si girò verso di lui. “Cosa c’è?”
Tu pensi che arriveranno gli Indiani?”
Finch si guardò intorno, poi disse: “Non oggi.”
Halloran fece scorrere a sua volta lo sguardo sul paesaggio. Pietre a perdita d’occhio, qualche cactus, creste aguzze che si stagliavano contro il cielo come i denti di una vecchia sega. “Non oggi?” ripeté, in tono vagamente incerto.
No, siamo ancora troppo vicini al forte.”
Il ragazzo annuì a disagio. Sapeva da solo che i dintorni non erano sicuri, ma un conto era avere una generale impressione di pericolo, e un conto era sentirsi confermare da un soldato esperto che effettivamente il pericolo c’era.
Si guardò intorno di nuovo, e vide passare in lontananza una delle pattuglie di esploratori che giravano costantemente intorno alla colonna. Si rivolse di nuovo a Finch e disse: “Se c’è qualcosa di strano, loro se ne accorgeranno, non trovi?”
Se gli Apache non li fanno fuori prima.”
A quel punto, Halloran preferì lasciar perdere la conversazione. Seguì con lo sguardo il volo di un rapace, che tagliò l’orizzonte lanciando un grido acuto, poi staccò dalla sella la borraccia e bevve un sorso.

§

Il soldato Tacker si mise in spalla il fucile, quindi disse: “Vedi di non addormentarti, Bonnie.”
Ignorando l’umiliante nomignolo, Halloran replicò: “Certo, per chi mi prendi?”
Per uno che deve fare il primo turno di guardia con me, e magari mi deve anche parare il culo se arrivano i musi rossi. Non voglio trovarmi un tomahawk in mezzo alla schiena perché tu hai pensato di farti un sonnellino approfittando del fresco.”
Io non mi addormento,” ribatté il ragazzo in tono risentito.
Così parlando si spostarono ai margini del campo. “Tieni gli occhi aperti,” gli raccomandò Tacker, “quei figli di puttana te li trovi addosso quando meno te lo aspetti.”
Finch ha detto che stasera non arriveranno,” replicò il ragazzo, quasi sentendosi fiero di poter sfoggiare quell’autorevole parere, “Siamo ancora troppo vicini al forte.”
Chi l’ha detto?”
Finch.”
Il Dixie? Ma quello viene dai campi di cotone, cosa vuoi che sappia di Indiani?”
Il ragazzo si girò a guardare l’accampamento da sopra la spalla. Ormai era buio, e dal punto in cui si trovavano si coglieva solo il bagliore dei fuochi. Trasportati dalla brezza, giungevano fin lì l’eco delle conversazioni e l’odore dei cavalli, del fumo e del lardo coi fagioli che era stato cotto per cena. Un po’ più lontano si sentiva il raschiare lieve di chi stava lavando le stoviglie con la sabbia di fiume.
Tornò a voltarsi verso il deserto, e fece qualche passo avanti e indietro cercando di abituare lo sguardo all’oscurità. Tutto sembrava immobile, ma la cosa non lo rassicurava per nulla. L’unica cosa che in qualche modo leniva l’ansia di trovarsi al di fuori del cerchio di luce dei fuochi e lontano dai commilitoni era paradossalmente la scarna rassicurazione che Finch gli aveva elargito: non oggi.
Si sistemò meglio la cinghia della carabina sulla spalla, poi si portò la mano al petto, e palpò attraverso la stoffa dell’uniforme la sagoma del portadocumenti in pelle. Sorrise fra sé e sé.

La notte passò, ed effettivamente non successe nulla. Le prime luci dell’alba sorpresero Halloran raggomitolato nella coperta, infreddolito e con la sensazione di aver dormito un decimo di quello che gli sarebbe servito.
Il ragazzo si strofinò gli occhi, poi fece scorrere lo sguardo sull’accampamento: i cavalli e i muli lasciavano ciondolare la testa, e le uniche persone in piedi sembravano essere le sentinelle, che ancora scrutavano verso pietraie deserte, colorate di indaco e grigio nella foschia lattiginosa del primo mattino.
Percepì un rumore a poca distanza, e istintivamente si girò in quella direzione: vide Finch seduto su una pietra, già vestito, con gli stivali lucidi. Teneva accanto a sé una tazza di latta piena a metà d’acqua, e guardandosi in un piccolo specchio appoggiato su una roccia, si stava insaponando la metà inferiore del viso.
Il ragazzo, che aveva aperto la bocca per parlare, la richiuse senza aver emesso un suono. Rimase a guardarlo sbalordito.
L’uomo posò il pennello da barba, poi tirò fuori dal proprio equipaggiamento un rasoio e cominciò a passarselo sulle guance con gesti lenti e misurati, muovendo di volta in volta la testa per facilitare il percorso della lama. Alla fine si passò un asciugamano sul viso, pulì gli strumenti che aveva usato e li ripose nella sacca, poi si alzò e si guardò intorno con una vaga aria di disapprovazione.
Il ragazzo si alzò a sua volta, attirando l’attenzione del commilitone. “Buon giorno, Finch,” gli disse. “Avevi ragione sugli Indiani.”
Buon giorno,” fu la laconica risposta.
Halloran gli si avvicinò. Si infilò la mano nella tasca interna della giacca e ne trasse la cartelletta di marocchino. “Ho qui qualcosa di tuo,” disse porgendogliela.
L’altro abbassò gli occhi sul portadocumenti, poi li rialzò fino a fissarli in quelli del ragazzo. “Che significa?” chiese diffidente.
Questo è tuo,” ripeté cauto Halloran, sentendosi una specie di domatore nella gabbia dei leoni.
Passarono lunghi secondi, poi finalmente Finch allungò una mano e prese il piccolo oggetto. Lo toccò constatando che conservava il suo contenuto, e a quel punto alzò su di lui uno sguardo sollevato, ma anche perplesso, di chi vuole capire bene come stiano le cose.
Ho raccolto tutto,” gli disse il ragazzo con un sorriso. “Non manca niente.”
Seguì un lungo silenzio.
Infine l’altro annuì, di nuovo abbassò lo sguardo sulla cartelletta, poi lo rialzò fino a incontrare il suo e chiese: “Ce l’hai un nome, Halloran?”
Rory.”
Allora grazie, Rory.”
Il ragazzo sorrise. “Mi sembrava che ci tenessi.”
Finch annuì. “Ci tengo molto,” confermò con un sospiro. Poi raddrizzò la testa, si erse nella persona e solennemente gli tese la mano. “Clarence Finch-Hatton,” si presentò.
Il ragazzo gliela strinse. “Due cognomi?” non poté fare a meno di chiedere. Se ne sentì vagamente intimidito: i nobili, per quanto ne sapeva, avevano più di un cognome.
Puoi chiamarmi solo Finch.”
O anche Clarence?” azzardò Halloran.
L’altro chinò la testa. “D’accordo, anche Clarence, se preferisci.”
E io sono Rory.”
Finch si infilò in tasca il portadocumenti. “Grazie, Rory, davvero.”
Il ragazzo lo fissò negli occhi. “Ero in debito: tu mi hai difeso. E poi l’ho fatto perché ho visto che ci tenevi.”
Un’ombra passò sul volto liscio di Finch. “È la cosa più preziosa che ho,” ammise.
Halloran lo fissò incerto, poi azzardò: “È la tua famiglia?”
Lo era.”
Oh...” Il ragazzo si sentì avvampare. “Scusa, io non volevo...” Tacque imbarazzato.
L’altro fece un gesto come per dire che non importava. “Fa niente,” disse poi, “non potevi saperlo.” Si voltò verso il campo, quindi soggiunse: “E adesso sarà meglio che cominciamo a muoverci, così avremo tempo di controllare le armi prima della partenza.”

§

Finch spinse il cavallo su un’altura e da lì rimase fermo a osservare i dintorni. Alle sue spalle, Halloran fece a sua volta girare lo sguardo sulla pianura. Il sole era alto, non tirava un filo d’aria.
Più in basso, il convoglio avanzava lento sulla pista battuta, e il ragazzo ebbe l’impressione che fin da quella distanza si percepissero il rumore cigolante e l’odore di cavallo che si portava dietro.
Rivolse lo sguardo al compagno. Questi si voltò verso di lui e disse: “Tieni gli occhi aperti.”
Il più giovane gli restituì un’occhiata di apprensione. “Potrebbero arrivare?”
Sì. Adesso sì. Ma credo che aspetteranno.”
Perché?”
Vorranno vedere quanti siamo e quanto siamo agguerriti. Per questo, se li incontriamo bisogna attaccarli nel modo più violento, e possibilmente ucciderli tutti. Non che questo possa cambiare molto le cose, in effetti, ma più si fanno l'idea che sappiamo difenderci, meno sarà facile che assaltino il convoglio. Non amano le razzie troppo faticose.”
Halloran fece scorrere di nuovo lo sguardo sulla pianura, che gli parve più che mai enorme e vuota. “Come facciamo?” chiese sconsolato.
Finch non rispose. Spronò il cavallo e scese dall’altura, poi si addentrò fra creste di roccia scavate dall’erosione. Gli zoccoli dell’animale producevano soffici tonfi sul fondo di sabbia, la calura era mitigata dalle zone d’ombra. In alcuni punti, le rocce conservavano qualcosa dell’umidità notturna e alla loro base spuntavano arbusti dalle foglie coriacee.
Procedettero in quel modo per un po', poi a un certo punto Finch si girò sulla sella e fece cenno di tacere, tirò le redini, smontò ed estrasse adagio la carabina dal fodero.
Halloran scese a sua volta, interrogandolo con lo sguardo.
Per tutta risposta Finch gli consegnò le redini del suo cavallo e si incamminò silenziosamente verso una fenditura tra le rocce.
Il ragazzo rimase a guardare il punto in cui l’altro era sparito. Il cuore gli batteva forte, e come sempre quando era teso, la bocca gli si era fatta più secca della sabbia che c’era tutt’intorno. Deglutì faticosamente e fece un passo avanti nella speranza di vedere il commilitone.
Nel silenzio che regnava ovunque sentì l’inconfondibile rumore metallico della leva della Spencer che spingeva il colpo in canna.
In quel momento, qualcosa gli piombò addosso. Percepì un odore come di selvatico, o di strane erbe medicinali. Una voce sibilò qualcosa in una lingua sconosciuta.
Il ragazzo fece del suo meglio per divincolarsi, ma qualcuno lo stava tenendo saldamente. Una mano secca e dura come vecchio legno gli tappò la bocca. Egli tentò di nuovo di liberarsi, e percepì qualcosa di freddo e affilato sul collo. Si irrigidì.
È finita, pensò in un lampo, e si dispiacque perché avrebbe deluso la fiducia che Clarence aveva riposto in lui affidandogli il cavallo.
Poi uno sparo lo fece sussultare, e chi lo teneva fermo smise di farlo.
Il ragazzo si portò una mano alla gola, e barcollando appoggiò la schiena alla parete di roccia, poi alzò lo sguardo su Finch, e lo vide caricare di nuovo la carabina e puntarla nella sua direzione. Fu attraversato da un lampo di terrore, e istintivamente si circondò la testa con le braccia. Si udì un secondo sparo, e un altro corpo cadde prono.
Il ragazzo si voltò a guardarlo: capelli lunghi e neri, una fascia colorata in testa, una sdrucita giacca blu ornata di piume e stringhe di pelle, mocassini. Sentì il sangue abbandonargli la faccia. “Apache,” mormorò.
Finch non rispose. Scomparve di nuovo tra le rocce, e si udirono altre tre detonazioni. Passò un’altra manciata di angosciosi secondi, durante i quali Halloran fece del suo meglio per tenere calmi i cavalli, poi l’uomo ricomparve. “Andiamo,” ordinò conciso.
Ancora frastornato, il ragazzo si limitò a montare in sella e a spronare.

Raggiunsero rapidamente il convoglio, che in allarme per gli spari si era già contratto come un bruco disturbato. I soldati cavalcavano più vicini, le rare chiacchiere avevano lasciato il posto a un silenzio teso. Finch si portò alla testa della colonna, salutò militarmente e rivolto all’ufficiale disse: “Signore, esploratori Apache a mezzo miglio da qui. Ne ho uccisi tre, ma temo che un quarto sia riuscito a scappare.”
Il giovane ufficiale lo fissò con aria vagamente contrariata, poi chiese: “Perché non avete ucciso anche l’ultimo, soldato?” Lanciò una fugace occhiata al sergente Burt, Halloran ebbe quasi l’impressione che stesse cercando la sua approvazione.
Il sergente annuì leggermente, sebbene non molto convinto.
Finch mantenne un’espressione impenetrabile, e in tono neutro rispose: “Temo che l’Indiano sia scappato, signore.”
E non l’avete inseguito?”
Non l’ho visto direttamente, signore, c’erano solo le orme di un cavallo che si allontanava. Ho pensato fosse più importante riferire dell’avvistamento.”
L’ufficiale – poco più di un moccioso, parve a Halloran – sollevò le sopracciglia come se non avesse mai sentito nulla di più strano. “Avete pensato. Nientemeno.” Poi, dopo una pausa: “Mi credete sordo, soldato? I vostri spari, cinque, per la precisione, si sono uditi perfettamente. Dato che non stiamo compiendo un’escursione venatoria, non è stato particolarmente difficile immaginare cosa stesse succedendo.”
Finch mantenne l’espressione della Sfinge.
Potete andare,” concesse dopo un po’ il tenente Weiland, con un gesto di congedo degno del Re Sole, poi di nuovo si voltò verso il sergente, che però questa volta rimase impassibile.
Gli Apache non attaccheranno,” si sentì allora in dovere di chiarire l’ufficiale, “è scritto a chiare lettere in ogni manuale di guerra contro i pellerossa. Hanno capito che non scherziamo, e quindi staranno alla larga. È ben noto del resto che sono tronfi ma vili, e attaccano solo in forte superiorità numerica.” Poi, visto che Finch non si muoveva, in tono infastidito soggiunse: “Ho detto che potete andare, soldato.”
Questi salutò, e seguito da Halloran raggiunse il suo posto in fondo alla colonna.
Davvero non attaccheranno?” chiese il ragazzo quando furono nuovamente nei ranghi.
Al contrario: adesso la situazione comincia a farsi veramente pericolosa. Sanno cosa trasportiamo, visto che il convoglio parte ogni mese, e vorranno anche farcela pagare per quelli che ho fatto fuori.”
Il più giovane emise un sospiro e disse: “È colpa mia, vero? Forse, se non mi fossi lasciato sorprendere in quel modo...”
Finch alzò le spalle. “Questa è guerra, Rory. Prima o poi avrebbero attaccato comunque.”

§

Il campo venne allestito in un silenzio guardingo. Nonostante la sicumera del tenente, il sergente Burt aveva organizzato doppi turni di guardia, e lasciato sentinelle armate anche sui carri e intorno ai cavalli. Nessuno era autorizzato ad allontanarsi dalla luce dei falò.
Seduto sulla coperta ai margini della zona autorizzata, la carabina di traverso sulle ginocchia e la Colt in cintura, Finch stava sfogliando le sue carte.
Halloran lo raggiunse. “Ciao Clarence,” lo salutò.
L’altro alzò gli occhi. “Ciao Rory.”
Posso sedermi un po’ qui con te?” chiese il ragazzo. Poi, a mo’ di giustificazione, soggiunse: “Ho paura di essere un po’ nervoso.”
Finch si limitò a fargli posto sulla coperta.
Halloran si accomodò accanto a lui. Per un po’ si limitò a sedere in silenzio, seguendo con vaga apprensione i rumori del campo, poi chiese: “Posso vedere le tue fotografie, Clarence?”
Il più vecchio sembrò esitare per qualche istante, poi gli porse le preziose immagini. Egli le prese con reverenza.
La prima rappresentava una giovane donna snella e graziosa, dai capelli raccolti in una pettinatura semplice, con un abito chiaro e un ombrellino di pizzo. Il ragazzo si rivolse al compagno in una muta richiesta di spiegazioni.
Mia sorella Eleanore,” disse Finch.
Comparve poi una coppia matura, orgogliosamente in posa davanti a una villa tutta bianca.
Mia madre e mio padre. Quella era la la casa padronale di Mon Repos, la nostra tenuta.”
È davvero stupenda.”
Lo era,” lo corresse Finch. “È stata rasa al suolo dagli Unionisti, durante la cosiddetta marcia verso il mare di Sherman. La tenuta, centinaia di acri coltivati a tabacco e cotone, è stata completamente devastata.”
Si susseguirono altre immagini, donne, uomini, famiglie. C’erano anche persone di colore. Per ognuna di esse Finch gli dava qualche sommaria notizia: nessuno era vivo.
Alla fine comparve la fotografia dell’uomo in uniforme, e Halloran non poté trattenere un’esclamazione di sorpresa. “Ma questo sei tu,” disse.
Ero nel Virginia Cavalleria,” fu la scarna risposta di Finch.
Ma sei… eri un maggiore.” Il ragazzo lo fissò come se lo vedesse per la prima volta.
L’altro rimase in silenzio così a lungo che Halloran pensò che non avrebbe più parlato. Infine distolse lo sguardo e con voce incolore rispose: “Ora non sono più niente.”
Il ragazzo si voltò a fissarlo e dovette faticare per reprimere l’impulso di abbracciarlo. “Sei il mio amico,” gli disse alla fine in tono affettuoso. “Non sarà gran che, ma...”
Lascia stare,” lo interruppe Finch in tono duro. “Io porto l’uniforme dell’esercito che ha ucciso la mia famiglia e distrutto la mia casa. Non merito l’amicizia di nessuno.”
Si alzò con un movimento busco, si mise la carabina in spalla e si allontanò nel buio.
Halloran d’istinto fece per seguirlo, ma poi ci rinunciò. Scorse ancora una volta le fotografie dai bordi consumati, e dopo averle guardate tutte si rese conto che l’unica che ritraeva una persona ancora in vita era quella di Clarence. E poi considerò che non era nemmeno così vero, perché anche il maggiore Finch-Hatton in un certo senso era morto.
In quel momento si udì un grido, e una delle sentinelle crollò a terra con una freccia nella schiena.
Il ragazzo si ficcò in tasca le fotografie, poi afferrò la carabina e mentre cercava di capire cosa stava succedendo mise il colpo in canna.
Cominciò a sentire degli spari, vide cadere un altro soldato, sentì la voce di Finch che gridava: “State lontano dai fuochi!”
D'istinto si spostò obbedendogli e si appiattì contro la fiancata di uno dei due carri. Vide arrivare delle figure silenziose, rapide, che si portavano dietro una sinistra aura di pericolo. Senza pensare puntò il fucile e fece fuoco, e una di esse cadde nella polvere e non si mosse più. Ricaricò e si guardò intorno alla ricerca di un altro bersaglio, chiedendosi nel frattempo dove fosse Clarence.
I cavalli nitrirono, qualcuno urlò: “Non fateglieli prendere!” Si udì un lamento, gli animali ondeggiarono, una freccia dalla punta incendiata solcò l'aria come una specie di meteora e scomparve nel buio.
Poi un guerriero Apache emerse dalle tenebre e corse verso i carri, così che Halloran se lo trovò proprio di fronte: non poteva avere più di quindici o sedici anni, e aveva un'espressione a metà fra esaltazione e paura. Il soldato pensò che fosse alla sua prima scorribanda, e magari volesse dare buona prova di sé, ma al tempo stesso fosse spaventato e spaesato esattamente come lo era lui.
Si trovarono occhi negli occhi.
Per un lungo istante nessuno dei due si mosse, poi l'Apache sollevò il tomahawk per colpirlo. D'istinto, Halloran puntò la carabina e fece fuoco, e il colpo a bruciapelo scaraventò a terra l'Indiano, che si contorse con un lamento e poi rimase immobile.
Ansante, il fucile ancora stretto fra le mani, il soldato vide arrivare un secondo Apache. Questi era un guerriero dall'aspetto autorevole, con molti trofei e ornamenti. Illuminato dal bagliore delle fiamme, il suo volto scuro appariva solcato da rughe profonde. Gli occhi neri dapprima lo trafissero feroci, poi si posarono sul corpo a terra, ed egli mormorò qualcosa. Fece per inginocchiarsi, ma un altro guerriero emerse dalle tenebre, lo prese per una spalla e gli disse qualcosa, poi lo trascinò indietro. Il primo tentò inizialmente di opporsi, e protestò indicando il corpo riverso, ma poi si lasciò condurre via.
Rimasto solo, Halloran sbatté gli occhi e pian piano rilassò le dita, che stringevano ancora convulsamente il fucile. Inspirò adagio cercando di dominare il tremito che l'aveva invaso.
Un tocco sulla spalla lo fece sussultare.
Calma,” gli raccomandò la voce pacata di Finch.
Il ragazzo si voltò verso di lui. Cercò di deglutire, ma gli pareva di avere in gola una pietra.
Se ne sono andati,” gli disse l'altro, poi lo fissò aggrottando le sopracciglia. “Sei ferito?”
Halloran si limitò a scuotere la testa. Si sentiva lo sguardo vitreo del morto piantato addosso.
Finch abbassò a sua volta gli occhi sul corpo e disse: “Era più giovane di te. Avrebbe fatto meglio a rimanere al campo con le squaw.”
Clarence, io...”
L'altro gli circondò le spalle con un braccio. “Vieni via,” gli disse in tono gentile, “vieni a bere un po' d'acqua.”
Clarence,” ripeté il ragazzo con voce incerta, abbandonandosi contro di lui con un sospiro.
Va tutto bene, Rory.”

§

Halloran riaprì gli occhi raggomitolato sotto una coperta. Accanto a lui, Finch stava finendo di farsi la barba. Ferme ai margini del campo, le sentinelle apparivano come sagome indistinte nella foschia dell'alba.
Sentì delle voci. Si voltò in quella direzione e vide il tenente Weiland e il sergente Burt che parlavano fra loro. L'ufficiale camminava impettito, fissando con aria sprezzante i corpi degli Apache allineati a terra, ma il sottufficiale aveva l'aria preoccupata.
Mentre stava guardando i due, un tocco sui capelli lo distrasse. Si voltò e incontrò lo sguardo di Finch. “Ieri sera sei proprio crollato,” gli disse l'uomo con un sorriso.
Scusami,” rispose imbarazzato il ragazzo. Si rizzò a sedere, facendo scivolare giù la coperta nel movimento, poi si voltò verso i pellerossa morti. “Pensi che torneranno?” chiese.
Sì.”
Anche se li abbiamo respinti?”
L'unica ambizione che ha un Apache è quella di diventare un grande guerriero e un abile predone, e anche quel ragazzo che ti ha fatto tanta pena, se avesse potuto ti avrebbe ammazzato senza un ripensamento. Torneranno quando saranno in superiorità numerica.”
E... ci uccideranno tutti?”
Perlomeno ci proveranno,” rispose Finch con distacco. Si alzò in piedi e si sistemò la già impeccabile uniforme.
A quel punto, il sergente Burt da lontano disse: “Visto che sei già pronto, Dixie, prendi un piccone e una pala e comincia a scavare un buco per seppellire Adams e Miller.”
Impassibile come sempre, Finch andò ai carri e si fece consegnare gli attrezzi, poi si spostò accanto ai due caduti e cominciò a scavare.
E vedi di darti una mossa, Dixie!” urlò qualcuno. Si udirono delle risate.
Halloran guardò lui, poi guardò tutti gli altri, che si stavano mettendo in fila per la colazione: Clarence non avrebbe fatto in tempo a mangiare nulla.
Andò all’equipaggiamento dell’amico e recuperò la tazza, poi prese anche la propria e si diresse verso la cucina da campo.
Quando fu il suo turno, il cuoco lo fissò stupito. “Due tazze, Bonnie? Vuoi fare la scorta per dopo?”
Una è per Finch.”
Davvero? È il tuo nuovo amichetto?”
Gli altri ridacchiarono. Halloran ritirò la testa fra le spalle, ma non si mosse. “Il sergente gli ha ordinato di scavare la fossa,” rispose a mo' di spiegazione.
E quindi?”
Non può venire a prendere il caffè, così glielo porto io.”
Berrà dell'acqua, Bonnie,” disse il cuoco. “Gli ordini sono chiari: i soldati devono venire personalmente a prendere il rancio, non vogliamo principini con la puzza sotto il naso che si fanno servire dagli altri.”

Clarence?”
Il soldato smise di picconare il suolo arido, si raddrizzò e chiese: “Che c'è, Rory?”
Il ragazzo gli porse una tazza. “Per te,” disse semplicemente. “È ancora caldo.”
L'altro prese il recipiente, dal quale si levava un invitante odore di caffè. “E tu?”
Io l'ho già bevuto.”
Prendine un po'.”
Ma no, davvero. Io l'ho bevuto prima.”
Finch sorbì un sorso, poi passò la tazza al ragazzo. “Beviamo un po' per uno.”
Il più giovane sorrise. “E io poi ti aiuto a scavare, va bene?”
Non sei obbligato.”
Lo so che non lo sono, ma siamo amici, mi fa piacere aiutarti.”
Il ragazzo si girò fugacemente verso i due caduti. Gli Indiani non avevano avuto tempo di infierire sui corpi, per cui erano relativamente integri. I volti erano lividi, uno dei due conservava una strana espressione di costernato sbigottimento: sembrava che la morte l’avesse colto di sorpresa, come uno scherzo di cattivo gusto.
L’altro invece aveva la bocca aperta, dalla quale righe di sangue secco si perdevano lungo il collo. Da uno squarcio nel ventre gli intestini protrudevano come serpenti grigiastri. Le prime mosche cominciavano già a ronzargli intorno.
Ti fa impressione?” chiese Finch, notando che il suo sguardo non riusciva a staccarsi dalla scena.
Un po’.”
Li conoscevi?”
Adams era del mio plotone.” Il ragazzo lo rivide mentre giocava a carte con gli altri veterani. “Aveva una brutta sensazione prima di partire.”
Anche una recluta con tre giorni di servizio avrebbe una brutta sensazione all’idea di andare a Coyote Point.”
Nel frattempo la tazza di caffè era finita. La appoggiarono da una parte e ricominciarono a scavare il suolo arido. Dopo un po’, senza smettere di lavorare il ragazzo chiese: “Tu hai paura, Clarence?”
Di cosa?”
Degli Apache.”
Tengo l’ultimo colpo per me.”
Ma non ti fa paura l’idea di morire?”
Non ho molto da perdere.”
Di nuovo fra i due cadde il silenzio. Da lontano, qualcuno gridò: “Bonnie, l’hai mai tenuto in mano un badile prima di adesso?” Tra le risate generali, un altro rincarò: “O hai impugnato solo dei cazzi, con quelle manine bianche?”
Halloran ritirò la testa fra le spalle sentendosi avvampare.
Ehi, Bonnie!” gridò un altro, “Lo sai che a vederti così piegato in avanti mi viene quasi voglia di farmi un giro?”
Di nuovo la frase fu seguita da risate generali.
Alla fine dovette intervenire Burt: “Non avete un accidente da fare, branco di idioti?”
I soldati si dispersero mugugnando.
Dopo un po’, Finch chiese: “Perché ti chiamano Bonnie?”
Il ragazzo emise un sospiro. “Non ti piacerebbe saperlo.”
Se non vuoi dirmelo fa lo stesso.”
No, è che...” Halloran deglutì e fissò il compagno di sottecchi. “È che se te lo dico, ho paura che poi non vorrai più avermi vicino.”
Finch sollevò la testa dal lavoro e gli rivolse un pallido sorriso. “Tutti quelli che sono qui hanno qualcosa da nascondere. Io ero un ufficiale confederato, qual è la tua colpa?”
Il ragazzo si morse il labbro inferiore, poi faticosamente mormorò: “Io… andavo a letto con gli uomini per soldi.”
A quella frase seguì un silenzio rotto solo dal raschiare delle pale sulla terra secca. Quando esso si fece troppo pesante, timidamente Halloran chiese: “Ora che l’hai saputo, preferisci che non ti rivolga più la parola?”
Finch sollevò lo sguardo fino a fissarlo nel suo. “Perché?”
Magari quello che ti ho appena detto ti fa schifo.”
L’altro scosse la testa. “A me piace Bonnie. Mi fa pensare alla Bonnie blue flag [1]. E adesso aiutami a calare giù questi poveracci, per favore.”

La colonna si mise in marcia poco dopo, lasciandosi dietro le tracce dei fuochi di bivacco, i corpi degli Apache morti e una fossa poco profonda, rozzamente ricoperta di pietre, dove riposavano i due soldati. Qualcuno aveva tentato di porvi sopra una croce, ma il sergente Burt l’aveva impedito, per evitare che gli Indiani le profanassero.
Halloran, ultimo della colonna, si girò sulla sella e guardò indietro. Al suo fianco, Finch gli chiese: “Cosa fai?”
L’altro si voltò di nuovo in avanti. “Nulla,” rispose chinando appena la testa.
Non devi guardare indietro,” disse il più vecchio. “Fa solo male.”
Scusa, Clarence.”
Guardare indietro è come custodire un cimitero.”
Il ragazzo sulle prime non replicò, poi, dopo qualche minuto, timidamente osò chiedere: “Non stai parlando solo del campo che abbiamo lasciato, vero?”
Finch non rispose, ma chinò appena la testa e si aggiustò il cappello in modo che la tesa gli ombreggiasse maggiormente il volto. “Io ci provo, ma non sempre ci riesco,” disse poi.
In quel momento udirono un cavallo avvicinarsi al galoppo, e un soldato disse: “Finch: a rapporto dal sergente Burt.”
L'uomo uscì dalla colonna, istintivamente il ragazzo gli tenne dietro. Raggiunsero il sottufficiale. “Si può dire di te quello che si vuole, Dxie,” disse questi quando Finch si fu avvicinato, “ma non sei mai caduto da piccolo, e mi fido più di te che di tutti gli altri messi insieme. Prenditi qualcuno e va a fare un giro qui intorno.”
Sì, sergente,” rispose il soldato. Poi, rivolto al Ragazzo: “Vieni.”
Senza attendere risposta, girò il cavallo e si diresse al piccolo galoppo verso le alture che correvano a circa un miglio dalla pista.
Quando si furono allontananti un po’, Halloran disse: “Perché hai chiamato me?”
Finch non rispose.
Perché?” insisté il ragazzo.
L’altro si voltò a fissarlo. Gli parve bello e severo, come doveva essere stato con l’uniforme da ufficiale. Le pupille strette per la luce intensa facevano sembrare i suoi occhi ancora più chiari e trasparenti, la sua postura era elegante e carica di dignità, nonostante la sdrucita uniforme da soldato semplice che indossava.
Ti dispiace, per caso?” gli chiese.
No, ma...”
Allora procediamo. C’è troppa calma, voglio capire cosa sta succedendo.”
Raggiunsero le alture, blocchi di arenaria rossa scavata dal vento, che si ergevano da banchi di sabbia granulosa, che frusciava sotto gli zoccoli dei cavalli.
Tra le colonne di pietra il silenzio sembrava ancora più intenso, e per i loro occhi, abituati alla luce che costringeva ad abbassare lo sguardo, le zone d’ombra erano come pozzi oscuri che inghiottivano i contorni delle cose.
Ogni tanto spirava un vento lieve, che mormorava tra pareti di roccia sinuose come stoffe.
Finch procedeva adagio, guardandosi intorno e fermandosi di tanto in tanto. Alla fine disse: “Bisogna salire.”
Rory guardò in alto: le cuspidi color mattone svettavano contro un cielo di smalto turchese. Un rapace enorme, con le ali spalancate e le remiganti aperte come dita, descriveva ampi circoli sulle correnti ascensionali.
Finch richiamò la sua attenzione con un colpetto sulla coscia. Il ragazzo si riscosse, e si accorse che era smontato da cavallo, e gli stava porgendo le redini. “Io vedo se c’è un modo per andare su,” gli disse. “Tu resta qui, e occhi aperti.”
Halloran si limitò ad annuire. Smontò a sua volta, strinse in pugno le redini di entrambi gli animali, poi cercò una rientranza della roccia e vi si addossò con la schiena, in modo da scongiurare attacchi alle spalle. Tese le orecchie, ma a parte il canto sommesso del vento e il raro frusciare delle code dei cavalli, non si udiva alcun suono. Persino i passi di Finch sembravano scomparsi nel nulla.
Poi si accorse di un ticchettio irregolare che proveniva dall’alto. Sollevò lo sguardo e vide un sassolino che cadeva rimbalzando contro le pareti di roccia. Si obbligò a mantenere il silenzio: era Finch, quello che si muoveva lassù, o un Apache? Il giorno prima se li era trovati addosso all’improvviso, senza nemmeno accorgersi che stavano arrivando. Rabbrividì al pensiero che se in quell’occasione non fosse sopraggiunto Clarence, gli Indiani l’avrebbero ucciso.
Cadde un secondo sassolino. Il ragazzo si arrischiò a sporgersi dalla nicchia, e con sollievo colse un baluginare di blu e giallo, su in alto.
Rory!” gli giunse asciutto il richiamo di Finch.
Il ragazzo guardò di nuovo in su, cercando di individuarlo. “Dove sei?”
Rory, lascia i cavalli e vieni a vedere.” Poi, forse notando la sua titubanza: “Passa da dietro, c'è un percorso abbastanza facile.”
Quando, sudato e impolverato di color mattone, il ragazzo arrivò alla sommità dell'altura, l'altro era accovacciato e stava osservando delle tracce sulla sabbia.
Cosa c'è?” chiese Halloran.
Sono stati qui. Probabilmente è da quando siamo partiti da Fort Hope che ci stanno seguendo, e l'attacco di ieri sera è stato un modo per capire quanto siamo forti.”
E quindi hanno deciso di andarsene?”
No, hanno fatto come i ratti: hanno mandato avanti un gruppetto per vedere com'era la situazione, e adesso che l'hanno saputo, faranno avanzare il grosso del gruppo.”
Il ragazzo deglutì. “Questo vuol dire che arriveranno?”
E presto, anche. Forse addirittura oggi stesso.” Si mosse per cominciare a scendere, poi proseguì: “Dobbiamo andare immediatamente ad avvisare gli altri. Non so cosa sarà possibile fare, così in campo aperto, ma perlomeno si potrà tentare di organizzare una difesa.”
Non ci tengo a finire nelle mani degli Apache,” mormorò il ragazzo, con la voce resa roca dalla mancanza di saliva.
Tieni l'ultimo colpo per te. Non pensare che quelle bestie si impietosiscano perché sei giovane o perché sei carino: sei un soldato blu e tanto basta.”

Erano appena montati in sella quando nell'aria immobile si udì qualcosa che assomigliava a un lontano crepitio.
Subito Finch alzò la testa con uno scatto, e rimase in ascolto.
Cosa succede?” chiese Halloran, ma l'altro gli fece cenno di tacere. Spinse il cavallo verso la pianura, e di nuovo rimase immobile ad ascoltare. “Degli spari,” disse infine.
Rory bevve un sorso dalla borraccia, poi faticosamente ripeté: “Degli spari?”
Finch annuì grave.
Questo significa che...”
Che sono arrivati.”
Ma...” Il ragazzo fissò smarrito il compagno, con l'aria di non sapere a che santo votarsi. “Ma allora dobbiamo andare da loro, dobbiamo aiutarli!” Fece per spronare il cavallo, ma l'altro lo fermò con un gesto. “Dove vuoi andare, Rory?” gli chiese sconsolato, “Se hanno attaccato, significa che saranno almeno il doppio dei nostri, se non di più. Otterremmo solo di morire anche noi.”
Rory rimase a fissarlo in silenzio.
Non credere che non ci abbia pensato, sai,” riprese allora l'uomo in tono amaro. “Anzi, forse in altri tempi l'avrei anche fatto.” Si interruppe.
E adesso, invece?” buttò lì il ragazzo, quando il silenzio si fece troppo pesante.
Adesso... ho te.”
Halloran sentì il cuore balzargli nel petto. “Che... che intendi dire?” mormorò. Cercò il suo sguardo, ma l'altro lo manteneva ostinatamente rivolto altrove.
“Voglio dire che tu ti fidi di me, e avere la fiducia di qualcuno è una grande responsabilità.”
Rory portò il cavallo ad affiancarsi al suo, e in un sussurro chiese: “È solo questo, Clarence?”
Finch sollevò lo sguardo e lo fissò dritto nei suoi occhi. Rimase immobile qualche istante, poi d'un tratto sembrò riscuotersi, e quel momento carico di aspettativa svanì come una bolla di sapone. Fece scorrere lo sguardo sull'orizzonte, poi disse: “Possiamo fare una sola cosa per i nostri compagni: arrivare a Coyote Point e chiedere aiuto.” Senza attendere risposta spronò il cavallo, spingendolo al piccolo galoppo lungo le pendici delle formazioni rocciose.
Rory lo raggiunse, e per un po' procedettero affiancati. Il ragazzo avrebbe voluto chiedergli in che modo gli uomini di Coyote Point, a un giorno di marcia da lì, sarebbero potuti intervenire, ma la risposta poteva darsela da solo: al massimo avrebbero attaccato l'accampamento degli Apache, per liberare i disgraziati che non erano riusciti a tirarsi un colpo in testa prima di essere catturati, o per recuperare qualcosa di quello che gli Indiani avrebbero razziato.

Stavano procedendo da un po' quando una freccia si piantò fra le zampe anteriori del cavallo di Halloran, facendogli fare una mezza impennata. D'istinto il ragazzo urlò: “Clarence!” Poi guardò in alto e vide stagliarsi su una cresta di roccia un Apache armato di arco.
Clarence!” ripeté, “Gli Indiani!”
Udì uno sparo, si voltò verso il compagno e lo vide con la pistola fumante in mano. Un Indiano fece per avventarglisi addosso, l'altro sparò di nuovo, ma il primo lo trascinò giù da cavallo, e i due rotolarono a terra avvinghiati. Vide baluginare la lama di un coltello.
Nonostante la paura, e l'angoscia di perdere il momento in cui tirarsi la famosa ultima pallottola in testa, il suo primo impulso fu quello di intervenire in suo aiuto, ma si trovava a fronteggiare altri due guerrieri, e doveva intanto mantenersi a ridosso della parete rocciosa, per sfuggire alle micidiali frecce che continuavano a piovere dall'alto.
Qualcuno lo afferrò per tirarlo giù da cavallo, il ragazzo fece arretrare l’animale, una freccia lo sfiorò lasciandogli una striscia di sangue su una gamba e in un istante di lucidità, lui si stupì di non provare alcun dolore. Subito dopo sentì qualcuno afferrarlo, e darsi la spinta per montare sul cavallo dietro di lui, si divincolò, poi si udì una detonazione, l’Indiano si irrigidì e ricadde al suolo.
“Rory, vattene!” urlò Finch.
“No!” gridò di rimando il ragazzo, poi spinse l’animale contro un Apache stava prendendo di mira il commilitone, facendogli perdere l’equilibrio. Questi però lo afferrò per il cinturone riuscendo a disarcionarlo, Halloran rotolò con il guerriero addosso, riuscì a estrarre la pistola, gli sparò, poi si rialzò in piedi ansante e si guardò intorno: gli Indiani erano tutti morti, Finch era addossato alla parete, ancora più pallido del solito. Si teneva una mano premuta sulla spalla, e rivoli di sangue gli filtravano fra le dita.
“Clarence!” urlò.













[1] “The bonnie blue flag”, anche nota come “We are a band of brothers”, è l’inno non ufficiale degli Stati Confederati, ed era molto popolare tra soldati e cittadini.



   
 
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