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Autore: lady lina 77    22/04/2018    0 recensioni
E se nella scorsa fanfiction mi riagganciavo al finale della S2, ora mi aggancio a quello della S3. Tutto comincia in quella spiaggia dove Demelza, col cuore a pezzi, si concede a Hugh Armitage. E dopo? Se non fosse tornata a casa, cosa sarebbe successo?
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demelza Carne, Elizabeth Chynoweth, Ross Poldark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era stata una notte terribile, quella, una di quelle notti dove un uomo non può non rimpiangere quando era uno scapolo impenitente che dormiva quando gli andava e, se faceva le ore piccole, poteva recuperare il sonno perduto al mattino che tanto nessuno lo avrebbe disturbato.

Ora non c'era più certezza, né di notte, né di giorno!

Bella aveva pianto come una matta fin dopo mezzanotte ed era sembrata inconsolabile. Quando finalmente si era addormentata, sfinita, e lui e Demelza si stavano appisolando, era arrivata Ellie in lacrime per un incubo. E avevano ospitato pure lei nel loro letto...

Dopo aver addormentato anche lei con una serie infinita di favole, si era risvegliata Bella per la sua poppata. Finito con lei, quando quel tunnel nero in cui lui e sua moglie sembravano essere caduti fosse giunto alla sua naturale conclusione, era arrivata anche Clowance che, gelosa, aveva voluto raggiungere le sorelline più piccole nel letto dei genitori.

E così Ross si era ritrovato a dormire sul bordo del letto con Ellie spalmata sul suo petto e Clowance rannicchiata contro di lui come un koala. Per fortuna Jeremy se n'era rimasto a dormire in camera sua, altrimenti lui si sarebbe trovato a condividere la cuccia con Garrick...

E quando, sfinito, era riuscito ad addormentarsi, era ormai ora di alzarsi per andare in miniera per far esplodere un nuovo tunnel con la dinamite.

E ora si aggirava per la cucina come uno zombie con le occhiaie mentre Prudie, gongolante, lo guardava ridendo sotto i baffi.

Aveva lasciato Demelza con le bambine nel letto, raccomandandosi che non si sforzasse troppo. Aveva partorito da due settimane ma sembrava aver ancora bisogno di riposo e la piccola Isabella-Rose si stava dimostrando una bambina molto impegnativa ed esigente.

Le aveva dato un bacio nel dormiveglia e sua moglie aveva aperto gli occhi, raccomandandogli a sua volta di stare attento visto il poco riposo. Avevano ridacchiato per la notte infernale appena trascorsa e Ross aveva deciso che amava di più la sua vita attuale che quella scapestrata del passato. Aveva molto più sonno di allora, certo, ma era infinitamente più ricco in spirito e in amore.

In fondo le bimbe sarebbero cresciute prima o poi e lui e Demelza avrebbero potuto tirare il fiato... Bisognava solo aver pazienza!

Sbocconcellò qualcosa ripensando a quelle ultime, frenetiche settimane. Era nata Bella, Dwight e Caroline erano venuti a far visita a Natale annunciando una nuova gravidanza e... Elizabeth era morta.

Aveva partecipato al suo funerale col gelo nel cuore, osservando da lontano la bara della donna che una volta aveva amato, venir calata nella terra fredda scossa dal vento e ricoperta dalla neve. Aveva osservato lo sguardo di ghiaccio di George, muto ed immobile come una statua che stava sicuramente soffrendo per la sua perdita ma soprattutto per ciò che questa comportava. Aveva voluto bene, a suo modo, ad Elizabeth, ma lei era sempre stata per lui anche un trofeo che, nella sua mente contorta, rappresentava la sua vittoria contro di lui. Si era sempre illuso di avergli arrecato un dolore sposandola, di averlo privato della donna bramata, di averlo battuto senza accorgersi che lui aveva costruito la sua vita altrove, era felice con la donna che aveva sposato ed era riuscito ad andare avanti.

Più di tutti però, lo aveva straziato il vedere il dolore di Geoffrey Charles e del piccolo Valentine. Suo nipote aveva tenuto un comportamento dignitoso e composto ma il suo sguardo era di puro sgomento e dolore. Era ormai un ragazzo ma ancora talmente giovane che, l'idea di essere rimasto solo, doveva terrorizzarlo. Eppure, allo stesso tempo, era ormai abbastanza grande per capire quanto ciò avrebbe influito sulla sua vita... Ora non c'era nessuno, a parte lui e Demelza, che potesse tutelarlo da George e dalle sue mire...

Valentine invece aveva pianto sommessamente, quasi timoroso di farsi vedere. Aveva cercato con lo sguardo suo padre, una carezza, un gesto gentile, ma non lo aveva trovato e alla fine si era arreso e aveva abbassato il capo mentre seppellivano sua madre, rifugiandosi in chissà quali pensieri. Ross lo aveva osservato a lungo e ancora una volta non se n'era sentito padre. Quel bambino gli era estraneo, era un Warleggan e tutto quello che vedeva era un piccolo orfano disperato per aver perso la mamma. Non era uno sfuggire dalle sue responsabilità, era una questione di cuore. Non poteva sentirsi padre di uno sconosciuto, anche se per quello sconosciuto e per aiutarlo, si sarebbe gettato nel fuoco se necessario.

Ross non aveva potuto fare altro che prendere Geoffrey Charles da parte, finita la funzione, per consolarlo e ribadirgli che Nampara sarebbe stata la sua casa e lui, Demelza e i loro figli la sua famiglia, ogni volta che ne avesse sentito la necessità e la voglia di andarli a trovare. E che lo stesso valeva per suo fratello, erano entrambi i benvenuti.

Finendo di bere una tazza di caffé ormai freddo, mentre ripensava a quel giorno di quasi due settimane prima, fu raggiunto dal piccolo Jeremy che, in camicia da notte e con le gambette nude, si era già svegliato.

Prudie, borbottando, corse in camera a prendere una copertina per scaldarlo e Ross lo prese in braccio, mettendolo seduto sul tavolo. "Che ci fai già in piedi?".

Il bimbo alzò le spalle. "Dove sono finite Clowance ed Ellie? Mi sono svegliato e non c'erano!".

Ross sospirò. "In camera, dalla mamma! Stanotte loro, assieme a Bella, ci hanno tenuti svegli. Tu invece sei stato bravo e sei rimasto a letto e per oggi ti sei guadagnato il titolo di mio figlio preferito!" - eclamò, dandogli un buffetto sulla guancia.

Jeremy rise. "Papà, posso venire alla miniera con te? Voglio vedere come esplode la dinamite".

Scosse il capo. Prima o poi lo avrebbe portato con lui ma era ancora troppo piccolo per una giornata di lavoro pericolosa come quella. "Credo che sia meglio che per oggi resti a casa con la mamma o lei si arrabbierà con me. La dinamite non è roba per bambini e tu sei ancora troppo piccolo per queste cose".

"Ma papà..." - piagnucolò Jeremy.

"Nei prossimi giorni ti porterò con me e ti insegnerò a riconoscere le vene di rame nella roccia. Ma oggi no, oggi resta ad aiutare mamma e Prudie!".

Jeremy sbuffò. "Uffa, tu esci e io rimango l'unico maschio in casa! Son tutte femmine".

Ross scoppiò a ridere. "Fra qualche anno sognerai una situazione simile, te lo garantisco".

"Perché".

Con un'unica sorsata, Ross finì il caffé nella tazza. "Hai quasi nove anni, lo capirai a breve... E comunque..." - indicò Garrick che, speranzoso, si aggirava attorno al tavolo nella speranza che del pane finisse a terra – "Non sei l'unico maschio della casa".

Jeremy fece per rispondergli, quando un energico bussare alla porta fece sussultare entrambi. Ross andò ad aprire e, con enorme sorpresa, si trovò davanti Zachy Martin. "Che ci fai quì a quest'ora? E' successo qualcosa alla miniera?" - chiese in allarme, mentre Prudie metteva una coperta sulle spalle del bambino e si avvicinava sospettosa.

Zachy scosse la testa. "Non alla nostra, di miniera".

Ross si oscurò. "Dove?".

"La Wheal Jared, sir".

"La Wheak Jared? Non è una delle miniere più grandi di George Warleggan?".

Zachy annuì. "Lo era...".

Entrò in allarme, ripensando alle minacce vaghe che George gli aveva rivolto due settimane prima, al capezzale di Elizabeth. "Che è successo?". Non riusciva a capire, la Jared era una delle miniere più prospere e floride della Cornovaglia e George, pur con tutti i suoi difetti, aveva attuato una strategia atta a prevenire ogni possibile incidente ai suoi minatori, dotandosi di costosi sistemi di sicurezza.

Zachy fugò ogni suo dubbio. "L'ha chiusa! Messa all'asta, sir! Da un giorno all'altro... Gettando nella disperazione le duecento famiglie di minatori che vi lavoravano".

Prudie sussultò, Jeremy lo fissò con attenzione e Ross rimase senza fiato. La Wheal Jared chiusa? Perché lo aveva fatto? Perché chiudere una miniera prospera che regalava ricchezza e donava lavoro a tanti disperati? "Per quale motivo?".

Zachy scosse la testa. "Non c'è motivo, il signor Warleggan ha semplicemente detto che ha un numero troppo alto di miniere da gestire e che i profitti a volte non coprono i costi, soprattutto delle miniere più grosse. Mi sembra una scusa talmente assurda da risultarmi incredibile... E' come se il signor Warleggan abbia voluto fare semplicemente un dispetto".

"Un dispetto a chi?" - chiese Jeremy, intervenendo nella discussione.

Zachy scosse la testa ma Ross divenne cupo. Un dispetto a chi? Beh, era quanto di più ovvio, se ben ci pensava... George sapeva quanto lui tenesse alle condizioni di vita dei minatori, sapeva quanto avesse lottato per loro e sapeva anche che, venire a conoscenza di duecento famiglie messe alla gogna, lo avrebbe fatto impazzire. Ecco la vendetta che gli aveva paventato, in tutto il suo crudo cinismo... "Hai detto che ha messo all'asta la miniera?".

"Sì".

"A quale prezzo?". Fosse stato nelle sue possibilità, pur di indebitarsi, l'avrebbe acquisita lui con i proventi della Wheal Grace.

Zachy però infranse ogni sua speranza di risolvere la situazione. "Una cifra assurda, impossibile da sostenere per chiunque, da queste parti".

"La cifra, Zachy!".

"Quarantamila sterline".

"Giuda!!!" - esclamò Prudie, mettendosi a sedere sulla panca.

Jeremy si aggrappò alla sua giacca. "Papà, son tanti soldi?".

Lo accarezzò sui capelli, distrattamente. "Sì, son tanti soldi". Tanti, troppi... Nemmeno mettendosi in società con altri suoi pari, avrebbe potuto trovare una cifra del genere, una cifra talmente spropositata da dargli la certezza che fosse stata ideata apposta per non permettere a nessuno di acquistare la miniera. Stavolta George aveva vinto e lo aveva messo con le spalle al muro, trascinando nella miseria centinaia di persone per una disputa personale fra loro che non aveva alcun senso.

"E allora capitano, che si fa?" - chiese infine Zachy, con tono di voce sconfitto.

Ross gli diede una pacca amichevole sulla spalla. "Purtroppo nulla... Ci ha messi all'angolo, mettendo la miniera all'asta per quella cifra sa di sicuro che nessuno potrà acquistarla e la chiuderà, lasciando nella disperazione le famiglie di duecento minatori".

"Ma signor Ross, forse, se ci pensiamo bene, un'idea ci potrebbe venire" – intervenne Prudie, stringendo a se il piccolo Jeremy.

Ross scosse la testa. No, nemmeno pensandoci avrebbero trovato una soluzione a quella catastrofe architettata da George Warleggan. Forse avrebbe potuto assumere qualcuno di quei disperati alla Wheal Grace, una manciata di persone in più non avrebbero inciso sulla sua miniera, ma duecento persone...

Strinse la mano a Zachy con aria sconfitta. "Ti ringrazio per avermi informato. Aspettami alla miniera, finisco di prepararmi e fra al massimo un'ora sono lì per far saltare il tunnel".

"Si signore".

Zachy se ne andò, salutando Prudie e Jeremy con un cenno del capo. E una volta uscito, Ross si sedette alla panca, mettendosi le mani fra i capelli. Ecco, questa era un'altra delle catastrofiche conseguenze di quella notte folle fra lui ed Elizabeth... A quanta gente aveva fatto del male?

"Papà!".

La vocina di Jeremy lo fece sussultare. "Cosa c'è?".

Il bimbo si sedette accanto a lui sulla panca mentre Prudie, borbottando, andò nel salotto ad accendere il camino per scaldare l'ambiente per le bambine più piccole che a breve si sarebbero svegliate. "Lo sai, forse io e Clowance possiamo aiutarti".

Gli sorrise, accarezzandogli i ricciolini castani ancora spettinati. "Come?".

Jeremy fece un sorriso furbo. "Sai che Miss Etta, a Londra, ci dava una paghetta?".

"Cosa?".

"Sì, quando io e Clowance facciamo i bravi, lei ci da uno scellino a testa. Li teniamo in un salvadanaio, è pieno ormai! Magari ci puoi comprare la miniera, se te li diamo! Sono tantissimi scellini, anche se la maggior parte sono miei perché Clowance fa sempre i capricci e Miss Etta mica la premia così spesso".

Ross pensò che, da quando era padre, quella era la volta in cui si era sentito più orgoglioso dei suoi figli. L'ingenuità, la generosità, il candore con cui Jeremy gli stava offrendo i suoi risparmi, erano un qualcosa che avrebbe reso fiero qualsiasi genitore. Pur con tutte le brutte notizie di quella mattina, quel gesto di Jeremy riusciva a regalare un raggio di sole in una giornata cupa, dandogli la speranza che ci fossero speranza e futuro per il mondo, se i bambini che un giorno l'avrebbero guidato avessero mantenuto intatta la loro generosità. "Ti ringrazio, è un gesto molto bello ma quei soldi sono tuoi e di Clowance. Li avete guadagnati ed è giusto che li usiate per voi".

Jeremy alzò le spalle. "Li riguadagneremo, se faremo i bravi ancora!".

Ross, con gentilezza, lo bloccò. "Purtroppo non basterebbero comunque, Jeremy. Quella miniera costa troppo, nessuno potrebbe comprarla".

"Oh...". Il bimbo abbassò lo sguardo. Era generoso e sensibile, in questo aveva preso indubbiamente da Demelza ma Ross era fiero che, come lui, avesse a cuore la sorte delle persone che li circondavano.

"Ross...".

Si voltarono, lui e Jeremy, al suono della voce di Demelza che, in camicia da notte e coi capelli ancora sciolti e spettinati, li aveva raggiunti in cucina.

"Demelza? Che ci fai in piedi?".

La donna si avvicinò loro, sedendosi sulla panca faccia a faccia con suo marito. "Ho sentito la voce di Zachy e mi sono preoccupata. E' successo qualcosa di grave?" - chiese, prendendo Jeremy sulle sue ginocchia.

Ross sospirò, vergognandosi perché sapeva che in un certo senso era di nuovo colpa sua. Riaprire quel discorso con Demelza era sempre doloroso per lui quanto per lei e non c'era mai modo di metterci una pietra sopra. La guardò negli occhi e poi, lentamente, le spiegò quanto riferitogli da Zachy.

Demelza spalancò gli occhi, tremando lievemente. "Giuda! Ross, quarantamila sterline sono una cifra assurda!".

"Lo so, lo ha fatto apposta per non permettere a nessuno di comprare la Wheal Jared all'asta. Facendo così, sa di colpire me e i miei ideali".

Demelza si morse il labbro, cercando in modo febbrile una soluzione. "Se chiedessimo a Caroline...?".

Ross scartò subito l'idea. "E' una cifra troppo elevata e non me la sento di chiederle nulla, soprattutto ora che è di nuovo incinta".

"Sì ma la Wheal Jared è una miniera prospera e potremmo restituirle la somma, col tempo".

"No Demelza, ci vorrebbe troppo! Pur con tutti i guadagni che ne scaturirebbero, quarantamila sterline sono un'enormità da restituire".

Demelza si guardò in giro, osservando la casa. "Se mettessimo un'ipoteca su Nampara? Lo abbiamo già fatto...".

Ross le sorrise, accarezzandole il viso. "Non ne ricaveremmo comunque una cifra simile. E poi, non mi va di rischiare la nostra casa o la Wheal Grace. Anche ipotecando entrambe, finiremmo solo per indebitarci, rischiando il posto di lavoro anche dei nostri di minatori. E poi...".

"E poi cosa, Ross?".

Lui osservò suo figlio che, attento e senza fiatare, ascoltava la loro conversazione. "E poi abbiamo quattro bambini piccoli, non possiamo rischiare. Non me la sento più e questo vuol dire o che sono diventato vecchio oppure saggio. Ma il risultato non cambia".

Demelza fece un timido sorriso a quella battuta, allungando la mano per stringere quella del marito. "Quindi ha vinto George?".

"Quindi ha vinto George...".

Lei scosse la testa amareggiata. "Santo cielo, quell'uomo è un mostro! E la cosa grave è che riesce a dormire la notte mentre duecento minatori assieme alle loro famiglie arriveranno alla fame a causa sua e di un suo capriccio".

Ross osservò distrattamente la neve che, fuori dalla finestra, cadeva incessantemente. E in quel momento si rese conto che le favole che sua madre gli raccontava da piccolo erano solo menzogne: i buoni non sempre vincono e anzi, spesso, sono i cattivi ad avere l'ultima e definitiva parola. "Già, duecento famiglie senza lavoro da un giorno all'altro, in pieno inverno".

"Cosa possiamo fare per loro?" - chiese Demelza, temendo già la risposta.

"Nulla, amore mio. Proprio nulla se non raccomandarli a Dio, pregandolo di essere misericordioso".


  
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