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Autore: _RockEver_    22/04/2018    3 recensioni
Erin è una ragazza misteriosa e molto intelligente che da anni si nasconde dal governo mondiale.
Un giorno, per fuggire dai marines che intendono catturarla, si imbatte in una nave con la polena a forma di balenottera azzurra: la nave di Barbabianca.
Si ritroverà contro ogni aspettativa a bordo del veliero e, inizialmente non sopportata da tutti, si ritroverà a scoprire il valore dell'amicizia e conoscerà delle persone che le cambieranno la vita, in particolare lo stesso Barbabianca e un ragazzo moro dal viso tempestato di lentiggini.
Almeno fin quando la verità sul suo passato non verrà alla luce...
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Dal capitolo #22:
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- E tu da quanto tempo sei lì?! – chiese basito rivolgendosi al ragazzino, il quale sorrise sornione e lo fissò con aria di sfida.
- Da un po’… - rispose – So essere molto silenzioso.
- Vedo… - commentò Ace seccato, facendo qualche passo in avanti per andar via prima che Xan saltò dalla cassa sul parapetto di poppa – in modo decisamente pericoloso – e gli si parò davanti.
- Senti un po’ – riprese, avvicinando il viso a quello del moro e fissandolo negli occhi – Tu fai cose con mia sorella?
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aokiji, Barba bianca, Ciurma di Barbabianca, Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ace non fu il solo a svegliarsi.
Era difficile rimanere tra le braccia di Morfeo nonostante delle urla a squarciagola alle 4 del mattino suonate.
Marco aprì svogliatamente gli occhi sbattè le palpebre per qualche secondo prima di collegare cosa stesse succedendo. Il minuto successivo era vestito di tutto punto e si era precipitato fuori dalla cabina, sbattendo contro il petto nudo di un trafelato Ace che lo spinse via in malo modo.
La ciurma era stata svegliata dalle urla di una donna: non avevano faticato molto a rendersi conto che la voce apparteneva a Erin e, nonostante tutti si chiesero perplessi cosa stesse succedendo, il moro, Marco, Halta e il capitano avevano raggiunto immediatamente la cella sottocoperta nella quale la ragazza era momentaneamente rinchiusa, facendo cenno al resto dell’equipaggio di tornarsene a letto e che se ne sarebbero occupati loro.
Quando Ace giunse in quell’antro sporco e buio riconobbe subito Erin grazie al riflesso della luna sulla sua pelle imperlata di sudore. La ragazza urlava e si agitava sul pagliericcio, stringendo convulsamente il lenzuolo che lo ricopriva.     -   Lascialo! Vattene! – urlava nel sonno – Scappa, Xan! Va’ via!!! Il moro faticò un po' per trovare le chiavi della cella al buio. Intanto il capitano e i due comandanti rimasero bloccati sulla soglia, consapevoli del fatto che Ace sarebbe stato l’unico a capire la situazione e in grado di calmarla.
Una volta che l’ebbe spalancata, il ragazzo attraversò l’inferriata e si sedette sul pagliericcio accanto a Erin, scuotendola con poca grazia per le spalle.
    -    E’ solo un sogno, Erin! Svegliati, non è reale!
La ragazza aprì gli occhi di colpo, col petto che ancora faceva su e giù velocemente per la paura. Le ci volle qualche secondo prima di riconoscere chi fosse la persona accanto a lei, ma una volta che l’ebbe fatto gli si gettò tra le braccia, senza dire niente.
“ Si addormenta nei luoghi meno opportuni, nemmeno le cannonate lo svegliano. Eppure, lei urla nel cuore della notte, dall’altra parte della nave, e lui è già sul posto in un batter d’occhio” si ritrovò a pensare Marco, con un sorrisetto sulle labbra.
   -   Andiamo, - sussurrò Halta ai due, spingendoli leggermente per le spalle – Ace può cavarsela da solo.
 
Erin si era addormentata molto tardi quella notte, continuando a pensare al cosa fare – ma soprattutto al come farlo – l’indomani, cercando di capire se i suoi amici le avrebbero creduto, a cosa avrebbero pensato di lei. In quella pessima mezz’ora di sonno, poi, aveva sognato Akahito che torturava suo fratello per scoprire dove fosse nascosta.
Non aveva mai fatto sogni tanto crudi in vita sua, ma adesso la minaccia era incombente e Xan era davvero in pericolo.
Si vergognava di aver urlato e aver svegliato tutta la Moby Dick, però pensava anche che, se non l’avesse fatto, non avrebbe potuto godere del profumo, del calore e della sicurezza che solo Ace sapeva infonderle, anche solo abbracciandola e accarezzandole i capelli come stava facendo in quel momento.
 -  Questa ciurma è importante per me – esordì all’improvviso, fissandolo dritto negli occhi – E per questo motivo vi racconterò tutto.
Il ragazzo si limitò ad annuire con un sorriso, porgendole la mano per farla finalmente uscire da quella fredda cella.
 
Tutti i comandanti compreso lo stesso Barbabianca si erano riuniti nella cambusa, essendo questa la stanza più grande della nave, e avevano chiuso la porta.
Erin si sedette al centro della lunga tavolata torturandosi una ciocca dei suoi lunghi capelli, a disagio dalla presenza di tutti quegli occhi puntati su di lei.
Il primo a parlare fu il capitano: -  Mi dispiace che tu ti senta obbligata a farlo per forza, – disse, palesemente rammaricato della situazione – ma devi capire la situazione in cui ci troviamo. Abbiamo bisogno di comprendere, Erin. Dobbiamo sapere a che gioco stai giocando, se è di questo che si tratta – concluse Newgate posando davanti a lei la radio snail.
La ragazza si irrigidì e trasse un profondo respiro, chiudendo gli occhi per alcuni secondi per fare ordine nella sua mente.
 -  Mi chiamo Erin Hiroumi, sono nata il 10 settembre di ventuno anni fa nella terra sacra di Marijoa, figlia di due Draghi Celesti.
Fece una pausa. Tutti i presenti restarono immobili, con gli occhi spalancati. Per nulla sorpresa da quella reazione, Erin proseguì.
 -  Fino all’età di sei anni i miei genitori mi hanno adorata: passavo con loro la totalità delle mie giornate e crescevo proprio come ci si aspettava da una bambina del mio rango. Già a quell’età avevo imparato a leggere e scrivere alla perfezione, conoscevo tutte le basi dell’aritmetica e della geometria, la storia e la geografia. Sapevo suonare discretamente, cantare e ricamare, proprio come mi era stato insegnato. I miei genitori e istitutori mi ritenevano una prodigio, e questo non poteva che essere un motivo di vanto e orgoglio da parte della mia famiglia.
Purtroppo – o per fortuna, non saprei – la mia precocità mi portò a comprendere profondamente che c’era qualcosa di profondamente marcio in tutta la bellezza e il fasto che mi circondava. Dall’età di sei anni cominciai a chiedere a mio padre perché c’erano bellissime ragazze, una diversa quasi ogni giorno, che portavano dei collari di metallo, oppure chiedevo a mia madre come mai il cameriere che il giorno prima aveva distrattamente rovesciato sul tavolo un bicchiere di vino zoppicasse e avesse un rivolo di sangue che scendeva dalle tempie… E così venni a sapere che le persone da cui ero circondata e con cui giocavo persino, erano in realtà schiavi. Mi fu spiegato che sbagliavo ad affezionarmi, perché quelli erano esseri insignificanti che osavano respirare la mia stessa aria e che avrebbero potuto uccidere dal giorno alla notte solo per un semplice prurito di mani.
 
Barbabianca interruppe il racconto dando un poderoso pugno sul tavolo, facendo sussultare Erin e rovesciare il bicchiere d’acqua che Vista le aveva gentilmente messo davanti.
 -  Io non posso credere che tu sia davvero un Drago Celeste! – proruppe Halta sporgendosi verso di lei -  Come sei riuscita a vivere per tutta la tua vita in quella merda?!
 -  Halta, calmati, lasciala parlare – le disse Jaws, facendo poi a Erin un cenno con la testa.
 
 -  I miei genitori cominciarono a notare i miei strani atteggiamenti. Notarono le mie domande insistenti, il mio comportamento nei confronti dei camerieri, delle donne delle pulizie, dei miei istitutori… Io non ero come loro. E paradossalmente cominciati a passare con queste persone le mie giornate: loro mi raccontavano le loro storie e ho imparato tantissime cose. Ovviamente, per il bene che mi volevano, evitavano di parlarmi di cosa dovessero subire quotidianamente per colpa della mia famiglia, o del modo in cui fossero stati comprati come merce. Loro mi trattavano come una qualsiasi bambina vivace e curiosa, non come qualcuno a cui inchinarsi, e a mia volta io trattavo loro come persone e non come carne da macello. Per questo motivo i miei genitori mi portarono per la prima volta in una casa d’aste e assistetti per la prima volta alla compravendita di un essere umano. Acquistarono 3 schiavi, due uomini e una donna. Li portarono a casa e… - il suo sguardo, fino a quel momento impassibile, divenne buio e gli occhi le luccicarono.
 -  Cosa successe? – la incitò Marco, con dolcezza.
Lei deglutì e abbassò lo sguardo: -  … e poi mio padre li ha uccisi tutti e tre davanti a me, per farmi capire quale fosse il mio posto e quale il loro.
Halta si portò una mano alla bocca, scioccata, ed Erin sentì un sommesso brusio, mentre qualcuno si chiedeva come si potesse far assistere una bambina a scene del genere.
 -  Ok, adesso basta – si intromise Ace , alzandosi in piedi – Non devi parlarne per forza. E’ evidente che tutto questo sia molto doloroso per te. Anzi, è un vera montagna di merda a dirla tutta. Penso che nessuno qui continuerebbe ad assistere a questa tortura – concluse rivolto ai presenti, i quali annuirono in segno di empatia.
 -  No, io voglio finire. E’ importante – affermò la mora pensando che il peggio doveva ancora arrivare, al che Ace non potè che sedersi assecondando il suo volere -  Quando avevo sette anni successero due eventi fondamentali nella mia vita: ho conosciuto le due persone che hanno alleviato quell’inferno. Innanzitutto nacque  Xan, il mio fratellino, e in secondo luogo si presentò a casa nostra l’uomo che sarebbe poi diventato il nostro tutore. I miei genitori cominciavano a disprezzarmi, non riuscivano a ritenermi più come la loro degna erede, non capivano come potessi essere così diversa da loro. Tuttavia, e questa è l’unica lancia che potrei mai spezzare a loro favore, non sono mai stati indifferenti alla mia istruzione: per quanto potessero disapprovarmi, non avrebbero mai permesso che le mie potenzialità venissero sprecate così. Anche se secondo me lo hanno fatto solo per poter avere ancora qualcosa di cui potersi vantare con le altre famiglie, parlando di figli… - fece una pausa -  In ogni caso, dicevo, un giorno arrivò un uomo…
 
 
La piccola Erin aveva passato l’intero pomeriggio a fare versi strani e a sventolare dei peluche davanti al viso del suo appena nato fratellino, appoggiata in punta di piedi alla culla di un bianco splendente, sotto lo sguardo vigile di una signora grassoccia che lavorava ai ferri. Aveva sempre desiderato avere un fratello e da quando era nato stare con lui era la cosa che la divertiva di più: adorava guardarlo ridacchiare e fare quelle cose tenere che fanno i bambini come mordersi le dita dei piedi, aveva persino trovato vari modi per farlo smettere di piangere quando faceva i capricci. Tuttavia, quando sua madre entrò nella stanza dicendole che le avrebbe presentato qualcuno, posò il peluche accanto al piccolo Xan e la seguì fino all’atrio, dove suo padre era intento a parlottare con una persona.
I suoi genitori avevano visto un grandissimo numero di persone negli ultimi due mesi al fine di scegliere solo il meglio, solo la persona più competente di tutte per poter istruire la loro intelligente quanto ribelle figlia. Avevano varie valide alternative tra cui scegliere, una persona migliore dell’altra. Credevano quasi di aver deciso quando si presentò un ultimo candidato, una persona che non avevano mai visto prima, privo di referenze, di titoli e di qualifiche. Furono talmente colpiti dalla sua erudizione e dalla sua cultura che, nonostante tutto, non ebbero alcun dubbio.
Erin si fermò nell’atrio e rimase qualche secondo a osservare l’uomo con i suoi occhietti vispi: era un uomo abbastanza in là con gli anni, non poteva avere meno di sessanta anni; aveva una postura eretta e fiera e indossava un completo molto elegante formato da una giacca nera su una camicia bianca, attraverso i quali si poteva intuire un corpo muscoloso e resistente, frutto di duri allenamenti e molto lontano da quello che ci si aspetterebbe da uno della sua età; aveva i capelli grigi e corti, un viso abbronzato e segnato da poche rughe, prevalentemente attorno agli occhi, i quali erano azzurri e molto penetranti. Per qualche motivo, però, tutti quei dettagli non le sembravano nuovi, le sembrava di avere già visto quell’uomo da qualche parte, sebbene non ricordasse dove.
Non lo avrebbe mai ricordato, nonostante quell’impressione sarebbe rimasta sempre presente.
 -  Erin, – esordì suo padre – voglio presentarti il signor Sore, il tuo nuovo tutore. Da oggi lui si prenderà cura della tua istruzione e comincerai a studiare materie nuove e molto più complesse. E’ una persona che sa il fatto suo, ti ci troverai bene.
A quel punto Sore si abbassò per poter guardare negli occhi la bambina, la bambina per cui lui era effettivamente lì. Sorrise nel guardarla: era una splendida bimba con un caschetto castano, gli occhi verdi e una pelle diafana. La trovava adorabile inoltre col vestitino azzurro con i merletti bianchi. Dopotutto, avere una figlia era uno dei suoi sogni nel cassetto.
 -  Ciao Erin – disse gentilmente, stringendo la piccola manina della bambina nella sua – E’ un vero piacere conoscerti, sembri davvero molto sveglia! Sono sicuro che sarà un onore per me insegnarti tutto quello che so.
E se solo i suoi genitori avessero immaginato quanto quell’uomo avrebbe influito sulla figlia, forse sarebbero riusciti a evitare lo scoccare della campana a morto di quel briciolo di spirito da Drago Celeste che le rimaneva.
 
 -  …Tutto quel che ho di buono lo devo a  mio fratello e a Sore. Quell’uomo mi ha insegnato il valore della conoscenza, della libertà, della compassione… E’ l’unico che mi ha avuta a cuore per quello che ero, che ci tenesse davvero a me e che volesse vedermi libera.
 -  Sore… Sore… - ripetè a voce alta Newgate, accarezzandosi il mento -  Perché il nome non mi è nuovo?
Erin fece spallucce:  -  Purtroppo non ha mai voluto rivelarmi nulla del suo passato. Ha detto che l’avrebbe fatto un giorno, ma per ora tutto quello che so di lui lo so grazie ad altre persone, a cui arriverò a breve.
 
Ormai l’alba era passatala un pezzo, Erin osservò il sole del mattino filtrare attraverso le ampie vetrate della cambusa andando a finire proprio sul suo collo.
Ace ascoltava la storia della ragazza in religioso silenzio, cercando di trattenersi il più possibile dal correre da lei e stringerla tra le braccia, chiedendosi come potesse una persona vivere con macigni del genere sul cuore e perché, per quanto dolorosi, non li avesse condivisi con lui, come lui aveva fatto parlandole del suo passato.
 -  Passarono gli anni, - riprese Erin - io diventavo sempre più ribelle e cominciai ad approfondire i miei studi in medicina, mio fratello cresceva e diventava come me. I miei genitori si vergognavano e avrebbero fatto di tutto per sbarazzarsi di me, e l’occasione non tardò ad arrivare. E fu così che, quando avevo quattordici anni, conobbi Akahito.
Al moro bastò sentirne il nome per decidere che già gli stava sulle palle.
-  Dovete sapere che i miei genitori sono particolarmente avidi anche per gli standard dei Draghi Celesti: spendevano ogni giorno denaro per schiavi, inutili oggetti d’oro massiccio, armi… qualsiasi cosa. E senza capire come, anno dopo anno le nostre finanze si erano ridotte all’osso, nemmeno il “tributo celeste” bastava più. La loro fortuna era intrattenere stretti rapporti con persone ancora più potenti di loro, in particolare con uno dei cinque Astri di Saggezza.
Marco si strofinò gli occhi, incredulo:  -  Tutto questo potere mi da’ alla testa.
 -  Non capisco,  - si intromise Izo – gli Astri sono addirittura più potenti dei Draghi Celesti?!
Erin annuì: -  Hanno il potere di fare cose che altri nobili non possono fare, come ordinare un Buster Call. Sanno anche cose che nessuno sa, o meglio, che quasi tutti non sanno, per non parlare del fatto che sono ancora più schifosamente ricchi.
Barbabianca scosse la testa, profondamente disgustato.
 -  Akahito è l’unico figlio di quest’uomo. Lo conobbi quando i miei mi portarono con loro ad uno di questi incontri d’affari, ed io rimasi da sola nel cortile. Lui tentò di baciarmi e io gli diedi uno schiaffo. Non so cosa gli sia preso, ma da quel sviluppò un’ossessione morbosa per me… Lui ha sempre detto di amarmi, ma in realtà ha sempre desiderato solo possedermi, come se fossi una schiava, un suo oggetto. E così propose ai miei genitori di vendermi a lui: se loro mi avessero ceduta avrebbero ricevuto un lauto compenso, e in più si sarebbero potuti liberare finalmente di me, sperando addirittura in un possibile futuro matrimonio. Capite? Vendettero la loro figlia ad un uomo che nemmeno conoscevano, ma che sapevano benissimo essere dannatamente ossessionato da me.
Ace sentiva la temperatura del suo corpo alzarsi dalla rabbia. Marco, accanto a lui, sperò vivamente che il racconto non mettesse alla prova ancora di più l’autocontrollo del suo migliore amico, ma si sbagliava.
Erin strinse il suo ciondolo contenente la vivre card di Xan: -  Fui strappata dalla mia casa, dalle due persone che amavo di più, e mi ritrovai catapultata in un inferno completamente diverso…
 
 
Erin sedeva tra due uomini enormi e muscolosi all’interno della vettura che la stava portando al suo nuovo, terrificante futuro.
Aveva ancora gli occhi gonfi e arrossati dalle lacrime che fino a poco tempo prima aveva versato per salutare suo fratello e Sore, in uno dei momenti più strazianti della sua vita. Il suo sguardo spento era posato su un punto non meglio precisato dello splendido vestito di seta rossa che indossava. Aveva i capelli pettinati nell’acconciatura più bella che avesse mai visto, che contornava due guance rosee e un paio di labbra piene dipinte da un sottile velo di rossetto scarlatto. Si specchiò nel finestrino: era semplicemente bellissima. Era bella come un pacco regalo incartato con cura prima di essere scartato, con più o meno violenza.
La vettura si fermò e i due uomini la aiutarono a scendere davanti all’enormità della casa di Akahito.
Mentre il suo sguardo vagava su ogni dettaglio di quella maestosa villa, una voce molto vicina – troppo vicina – la colse alla sprovvista, quasi facendole perdere l’equilibrio, e comparve alle sue spalle Akahito in tutta la sua splendente regalità:
indossava una lunga pelliccia bianca a mo’ di mantello, aperta a rivelare un petto glabro e scolpito, guanti rossi, pantaloni neri e scarpe dello stesso colore di pelle lucida; i lunghi capelli biondi incorniciavano un viso perfettamente rasato e pallido, i cui gelidi occhi blu erano inchiodati nei suoi. A un certo punto le sue labbra piene si allargarono in un sorriso che la fece tremare da capo a piedi:  -  Benvenuta a casa, mia dolce Erin.
La ragazza restò immobile, limitandosi a reggere il suo sguardo, nonostante lui fosse parecchio più alto di lei. L’uomo le afferrò una ciocca di capelli e la portò vicino al viso, inebriandosi del suo profumo. Le posò la mano coperta dal guanto sul viso e col pollice strofinò le sue labbra, sporcandole il mento di rossetto. Si accorse che una lacrima aveva ripreso a scendere lungo in volto della giovane  e avvicinò prontamente  la bocca prima di raccogliere la scia salata con la lingua.
Akahito stava dando fondo a tutte le sue energie per trattenersi dal farla sua lì e subito, ma voleva decisamente assaporare il momento al meglio. Erin rimase scioccata da quel gesto e si pulì immediatamente con la manica del vestito, suscitando la risatina divertita del biondo.
A quel punto Akahito mise le mani nelle tasche dei pantaloni e le fece strada all’interno della villa, notando solo allora la grossa valigia che i due uomini che l’avevano scortata avevano è portato dentro. Lui si avvicinò all’oggetto e lo aprì senza nemmeno chiederle il permesso, notando che non conteneva abiti o effetti personali di prima necessità, bensì una valanga di libri.
 -  Cos’è questa roba inutile? Getta via tutto – ordinò ad una donna nelle vicinanze.
A quel commento, Erin strinse i pugni e decise di parlare, ferita nella sua intelligenza: - Se avessi mai letto un libro in vita tua capiresti che quella “roba” vale più di te, idiota!
Akahito si voltò verso di lei, molto lentamente. In una sola frase quella ragazzina gli aveva dato dell’idiota, dell’ignorante e del buono a nulla,e in quel momento si chiese se fosse davvero così intelligente come i suoi genitori dichiaravano.
Le si avvicinò in un istante  e le diede uno schiaffo così forte da farla cadere a terra.
 -  Con chi diavolo credi di avere a che fare, mocciosa – sussurrò abbassandosi, mentre la ragazza cercava di alzarsi lentamente, asciugandosi il sangue che le gocciolava dal naso. Le strinse il mento con forza tanto da farle male, avvicinandola al suo viso  -  Tu  adesso appartieni a me, ed io posso fare qualsiasi cosa mi vada di farti, in qualunque momento. Non scordarlo mai.
  -  Curatela, la voglio nelle mie stanze questa sera – disse infine rivolto a due ragazze della servitù, sparendo poi in un gigantesco corridoio.
 
Erin scoprì ben presto la disarmante gentilezza ed empatia che le due ragazze che l’avevano curata e cambiata possedevano, in particolare nei suoi confronti. Aveva scoperto che erano sorelle di ventisei anni e i loro nomi erano Sya e Kim, l’una rossa e l’altra mora, provenienti da Sabaody e acquistate in una casa d’aste due anni prima.
Quando le ebbero messo addosso una semplice camicia da notte bianca, la accompagnarono attraverso la villa verso la camera del suo – ahilei – padrone.
Si fermarono tutte e tre davanti alla porta e da que momento Erin cominciò a tremare. Kim, la sorella dai ricci capelli rossi, le accarezzò il viso con dolcezza.
 -  Tieni duro, tu sei più preziosa degli altri, andrà tutto bene – le disse invece Sya per tranquillizzarla, anche se Erin si chiese se le cose stessero davvero così.
Bussò, e dopo aver avuto il permesso, entrò nella stanza, ritrovandosi in uno degli ambienti più grandi che avesse mai visto. Era chiaro che il colore che il biondo prediligeva fosse il bianco: quasi ogni oggetto, dalle tende al marmoreo camino scoppiettante, ai vasi e ai  pezzi d’arte erano bianchi. Pochi elementi, come  il letto a baldacchino o il tappeto al centro della stanza, possedeva tocchi dal profondo e sinistro rosso carminio.
Akahito era appoggiato allo stipite del finestrone che portava al balcone, senza indossare la pelliccia che ora giaceva abbandonata su una poltrona accanto al camino. Aspettò qualche secondo prima di voltarsi a guardarla.
Erin era immobile al centro della stanza, rigida e con lo sguardo basso. Quando l’uomo si decise poi a guardarla, si avvicinò lentamente e le girò intorno, scrutandola senza alcun pudore. La ragazza si sentì profondamente intimorita da quello sguardo addosso e si irrigidì ancora di più quando lo vide togliersi i guanti con i denti e lo sentì armeggiare con i lacci del suo vestito, facendolo poi scivolare via dalle sue spalle fino al pavimento. Cercò invano di coprirsi con le mani alla bell’e meglio, ma lui glielo impedì.
Akahito continuò a girarle attorno, ammirando quel corpo giovane e poco pronunciato, ancora un po' acerbo, eppure così dannatamente sensuale.
 -  Sei bellissima Erin – le sussurrò sulle labbra, prima di baciarla con fervore. Schiacciò il petto nudo della ragazza contro il proprio, impossessandosi della sua bocca con la lingua e percependo tuttavia la rigidità della ragazza, che aveva strizzato gli occhi e cercava di allontanarlo con le mani.
A quel punto Akahito cominciò ad accarezzarle i seni e a stringerli con vigore, spingendola sempre più verso il letto fino a obbligarla a sedersi. Erin cercò di fare di tutto per non pensare a cosa sarebbe seguito, ma divenne difficile dal momento che il biondo aveva infilato un dito nella sua intimità, muovendolo sgradevolmente mentre continuava a baciarla e a tenerla ancorata al letto.
 -  Non voglio  - bisbigliò sulle sue labbra, fissandolo dritto negli occhi.
Akahito per un secondo si fermò:  -  Come dici, Erin?
 -  Ho detto che non voglio! – ripetè lei, cercando di alzarsi.
Il biondo la riafferrò per la vita sbattendola con poca grazia sul materasso e bloccandole i polsi sulla testa:  -  Mi dispiace che la pensi così, - le disse, fingendosi toccato  - ma sono sicuro che ti piacerà, tesoro.
Akahito scoppiò a ridere divertito, più eccitato che mai. La voltò velocemente a pancia in giù sul materasso, tenendole i polsi sopra la testa con una sola mano e togliendosi i pantaloni con l’altra. Mordendole con forza una spalla, la penetrò privo di delicatezza, facendole lanciare un grido di dolore.
Erin sentì un dolore acuto trafiggerla, ma decise di tenere duro. Non gli avrebbe dato questa soddisfazione, non avrebbe gridato. Mentre il biondi si muoveva velocemente dentro di lei gemendo senza ritegno, lei aveva stretto i denti, ripetendosi che prima o poi sarebbe finita.
Quando arrivò al limite si svuotò in lei con un grido, dopodichè si staccò, sudato e ansimante, e rotolò al suo fianco tenendo ancora saldamente il braccio attorno alla sua vita, nel caso le fosse venuta la malsana idea di scappare. Erin, invece, si accoccolò su un lato, asciugandosi le lacrime che avevano ricominciato a cadere copiose e cercando di non pensare alla fitta che sentiva in mezzo alle gambe.
Il biondo si sollevò su un gomito dietro di lei e prese ad accarezzarle la testa.
 -  Oh, Erin… Ci divertiremo tanto insieme.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
_________________
 
Buonasera, popolo di EFP.
Era da parecchi giorni avevo programmato questa giornata come quella in cui aggiungere le ultime cose al capitolo, revisionarlo e postarlo! A proposito, avrei voluto mettere l’intera storia di Erin in un capitolo solo ma mi sono resa conto che sarebbe venuto eccessivamente lungo, così ho pensato che fosse meglio spezzarlo in due.  Già così è un capitolo bello lungo, eh!
Ho una piccola chicca da appuntare: la data di nascita che ho scelto per Erin (10 settembre) è la stessa di Lady Godiva, bellissima nobildonna anglosassone che  secondo la leggenda prese le parti della popolazione di Coventry, che stava soffrendo per le tasse imposte dal marito. Con coraggio allora lei, sfidandolo, cavalcò nuda nelle vie della città, coperta soltanto dai suoi lunghi capelli. Il paragone con Erin mi è parso più che azzeccato!
Vi chiedo nuovamente (e purtroppo succede sempre, ahi-ahi) scusa per avervi fatto attendere un po’ troppo, non mi smentisco facilmente xD Spero comunque che il capitolo sia di vostro gradimento, ora che l’ingarbugliata vicenda della nostra Erin sta sciogliendo pian piano i suoi nodi, malgrado i brutti aneddoti…
Voglio ringraziare dal profondo del cuore tutti i tesori che leggono la storia e che continuano a perseverare nonostante i miei ritardi. Grazie di cuore a tutti voi che perdete il vostro prezioso tempo a recensire, siete stupendi *.*
Al prossimo capitolo (stavolta arriverà prima, davvero!), a presto!
 
 
  
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