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Autore: Elegy_Chan    25/04/2018    0 recensioni
Sullo sfondo di una grandiosa e splendente città di grattacieli la Principessa Peach, la dolce principessa del Regno dei Funghi e Pauline, la sindaca della metropoli si parlano per la prima volta dopo tante occasioni mancate e un'apparente incomunicabilità.
Entrambe, dietro le loro allegre apparenze, nascondono dei profondi rimorsi per alcune scelte sbagliate commesse in passato. Quale rapporto intercorrerà tra le due donne? Riusciranno a passare oltre ai loro errori?
Questa fanfiction conterrà alcuni spoiler importanti del gioco Super Mario Odyssey.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Mario, Pauline, Peach
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Peach, Tiara e Pauline terzo capitolo

L’immensa libreria si snodava come un immenso labirinto costruito in uno stile volutamente antico su più piani, ciascuno di esso pregno di tomi e volumetti che chiedevano disperatamente di essere comprati e letti da un avido lettore; incamminarvisi era come entrare in un poetico, pacifico mondo parallelo ove ogni paura veniva attutita da pagine profumate e storie malinconiche.
Tra le rade e minute figurine che si riuscivano a scorgere in mezzo a tal paradiso cartaceo vi erano anche quelle di Peach e di Tiara, ma un’aura impalpabile, immaginaria pareva far risplendere ulteriormente le fisionomie di entrambe: la Principessa mirava, seppur distrattamente, alcune costine, sfiorandole appena col dito e la sua amica non poteva far altro che osservarla piacevolmente stranita mentre spiegava alcuni libri per bambini dalle magnifiche illustrazioni, come se la giovane donna fosse così radicalmente cambiata in così poco tempo.
L’incontro di alcuni giorni addietro fu, sorprendentemente, un catalizzatore, che nonostante fosse iniziato da un supino torpore annegato da lacrime di dolore si trasformò come il preludio per un’intensa pausa di riflessione: risentiva ancora gli effetti di ciò che la sindaca di New Donk City aveva espresso nella sua sfuriata, come fosse un aspro rimbombo di campane, e ancora si sentiva vilipesa dai toni sgarbati che ella aveva usato; ma al contempo ravvisò in mezzo alle righe delle sue veementi parole un invito a risvegliarsi dalla sua scarsa reattività ch’ella aveva avuto nella sua esistenza, specie con Mario. Quando avrebbe potuto rivedere l’adoratissimo idraulico, gli avrebbe chiesto definitivamente scusa per il suo errore forse imperdonabile, anche a scapito di bloccarlo durante le sue incessanti e sfrenate avventure nel corso del globo, e di dichiarargli, una volta per tutte il suo amore per lui, in caso l’avesse perdonata. Il tempo nel quale gli appena accennati bacini sul naso e le deliziose torte erano gli unici palesamenti di un sentimento così tanto profondo poteva definirsi concluso; si era resa conto che il suo amato necessitava di una condotta lievemente meno allusiva, seppur rimanendo dolce, e di più sincerità affinché il loro rapporto potesse fiorire come la sovrana pensava meritasse.  Quel tentativo di matrimonio fallito così miseramente poteva rimanere solamente una pagina oscura tra le tante così iridescenti che il futuro poteva offrirle, e ne volle definitivamente scrivere le dolci parole.
Pauline era nel torto dandole dell’ingrata con cotanta leggerezza, ma ripercorrendo i trascorsi con  l’eroe dai grandi mustacchi durante quei lunghi anni in cui l’ha salvata, effettivamente ravvisò un’eccessiva superficialità e un’inutile allusività nei suoi confronti, ed era ora di superarla definitivamente. E doveva ringraziare proprio lei, quella donna così appassionata, quella vecchia fiamma rossa di Mario, per averle scaturito accidentalmente quella matura meditazione.
Questa ragione, un miglioramento di se stessa, la trascinò ulteriormente nell’erudita corrente della letteratura e della saggistica: quando non era occupata dalla folta lista dei suoi oneri reali o non era per l’ennesima volta la malcapitata ospite di Bowser, soleva dilettarsi con una lettura di un buon volumetto; non era una persona molto esigente, apprezzava qualsiasi genere, nonostante avesse una predilezione per i classici e per le storie d’amore, purché fosse scritto bene e l’avrebbe fatta emozionare o riflettere in qualche maniera.
La giovane donna ravvisò, confuso tra gli altri corsi bianchi e inumati, un volumetto sottile con un titolo che però le era noto: il giovane Toalden, la storia dell’annichilito peregrinare di un giovane Toad in mezzo alle strade che ella stessa stava percorrendo in quei momenti, uno dei romanzi più adatti da leggere in quei giorni in cui era ospite nella medesima città.
Una voce brillantemente carica, stranamente familiare ruppe il religioso silenzio, facendo sobbalzare improvvisamente la ragazza dal crine paglierino dapprima intenta ad assaporare quel sincero incipit di un libro così tanto famoso e amato:
“Ottima scelta, Principessa!”

Qual fortuita visione, immersa in quell’onirico acquario di libri!
Un’aleatoria sorpresa così vaga, impossibile da descrivere con dei termini precisi, siccome oscillava vorticosamente tra l’ingenuo gaudio di un nuovo civile inizio e la consapevole angoscia di aver commesso un peccato tanto grave da meritare il biasimo che meritava da parte di quella innocente Principessa e quello dei suoi adoratissimi concittadini per aver a capo colei che è una persona  incapace di controllare i propri impulsi, e inetta a pensare ad altri se non a se stessa.
Era già entrata nel negozio, quando Peach e Tiara vi arrivarono, ma inizialmente si nascose dietro a quel dedalo di scaffali, accontentandosi di seguirle tacitamente, in punta di piedi. Teneva stretta tra le solide pugna la sua bella borsetta, madre degli affanni e delle paranoie di una manciata indefinita di giorni; cercava di annegarli in uno di quei pochi modi che la Sindaca riteneva onorevoli: annegare in un lavoro stacanovistico quando il sole illuminava ancora la città e da lunghe peregrinazioni quando esso svolgeva il suo compito eterno dall’altra parte del mondo e la luna lo rimpiazzava pallidamente; se l’era imposto come una laica penitenza, che proprio quel tardo diurno aveva già infranto. Ah, se non era neanche buona di darsi una degna punizione, come poteva essere colei responsabile del benessere quotidiano di migliaia di persone?
Si morse un labbro macchiando di rosso uno dei bianchi incisivi, e sgattaiolò guardinga dietro a un’altra sezione di quel grandioso negozio, prese il primo libro che vide e fece finta di leggerne l’incipit; Peach e Tiara si stavano avvicinando, pur inconsapevoli della propria presenza, a lei! No, non voleva ancora mostrarsi, il suo battito cardiaco si fece via via più palpabile; ma scappare era seriamente la soluzione? No che non lo era, ma al contempo aveva lei, Pauline l’iraconda codarda, il coraggio adatto per poter parlare nuovamente con colei che aveva irrimediabilmente offeso?
Internamente agitata come uno dei cocktail che soleva sorseggiare dopo i suoi concerti, era bloccata in quel limbo paradossale, ma qualcosa riuscì a sbloccarla, un vivo lampo sussurrato fulmineamente dal suo subconscio: non stava, forse disertando il suo dovere per lasciarsi trascinare dal flusso delle sue suggestioni? A pochi metri di distanza non aveva, per caso davanti quella Principessa sulla quale doveva espiare il proprio peccato?
Un’epifania minore fu in grado di smuoverla dalla sua immobile pusillanimità, di sistemare quel volumetto che aveva ancora in mano nel posto in cui l’aveva trovato.
S’avvicinò senza troppa fretta alla Principessa, ora lasciata in disparte dalla sua piccola amica dal velo fluttuante; era intenta nel  saggiare placidamente un libro, che inizialmente stentò a individuare, ma che seppe riconoscere subito appena lettone l’incipit: era proprio il giovane Toalden,  un romanzo così affascinante, che tuttavia stava trascurando proprio in quei giorni di artificiosi propositi e lancinanti dolori!
“Ha degli ottimi gusti, la Principessa” cogitò osservando quel dolce e pacifico quadro, poco prima di iniziare a smuovere quello scenario idilliaco e porle i propri complimenti fuori luogo per le sue scelte. Prima di muovere la scelta fatale, la sindaca si compiacque di aver trovato un buon espediente col quale avviare pacificamente la conversazione, che sarebbe poi confluita nelle sue scuse più sincere; e nonostante un’ultima ponderazione e trovò il coraggio di esalare quelle gentili inconsuete parole.

La Principessa si voltò e riconobbe immediatamente la fisionomia alta e formosa della sindaca Pauline, che la osservava con uno sguardo diverso dal solito, più… genuino?
Peach strizzò gli occhi scettica, come se davanti a sé ravvisasse solamente una vaga allucinazione dettata dalla suggestione dettatale dall’ambiente onirico in cui si trovava.
“S… Sindaca?” fu quello che riuscì a scandire bene dalle sue piccole e rosee labbra la cui forma a cuoricino si schiuse in un’espressione di una ambigua sorpresa; pareva essere immediatamente tornata all’ibernazione fisica e mentale che conseguì la litigata dei giorni addietro: non riusciva nemmeno a comprendere come poter continuare la conversazione con la sua collega, la cui sola vista le generava sentimenti così violentemente contrastati ma al contempo così uniti da paralizzarla, impeti di ammirazione, rabbia, rammarico e gratitudine si mischiavano nei suoi confronti.
Tiara, che fino ad allora era rimasta incredulamente ad osservare la situazione così paradossale dal suo infantile cantuccio, si diresse verso la sua protetta Principessa nascondendosi dietro alla sua sottana, come una bambina impaurita dal mondo; e dal suo nuovo rifugio di stoffa, fissò di sdegno l’interlocutrice della sua protetta, come a rimproverarla di essere stata la responsabile di quel periodo di sofferenza dell’amica.
Pauline, iniziatrice di tale scena madre nonché consapevole di essere stata la portatrice di un’ineluttabile malinconia nello stato d’animo della principessa, decise di provare per lo meno a sciogliere la tensione che ella stessa aveva creato, e lo fece nel modo ch’ella stessa riteneva il migliore per l’occasione:
“So che si troverà spaesata nel trovarmi improvvisamente in un luogo dove non si sarebbe mai aspettata…” iniziò deglutendo amaramente le sue parole, come fossero pillole amare per curare una malattia rappresentata da un’azione sbagliata.
“non importa né il luogo in cui ci troviamo, né il momento, ma mi permetta delle scuse, qui, in questo luogo pubblico; affinché anche i miei cittadini comprenderanno che anche io, la loro amata sindaca, ho dei difetti non indifferenti…”
Il suo sguardo si chinò, come una tardiva reverenza innanzi all’oramai angelicata figura della Principessa, e una lacrima nera e fuggitiva macchiò l’attillato pantalone rosso; il tempo decise nuovamente di rallentare il suo ineluttabile incedere per concedere alle due ex rivali di chiarirsi con calma.
Il viso di Peach inizialmente indefinito si mutò in un’espressione ancor più vaga, in cui gli occhi grandi tornarono nuovamente lucidi e le labbra tremarono frementi; mentre Tiara sbucata dal regio nascondiglio la osservò ancora scettica, ma ugualmente confusa.
“Chiedo ancora scusa per la mia impulsività, ho lasciato che il mio pregiudizio verso lei, Principessa, accecasse la mia obiettività…” sospirò ancor più spezzatamente la donna dai capelli mori, il cui pianto oramai esploso finì per inzupparle le guance rigate di nero.
Una piccola mano diafana le carezzò delicatamente la schiena, per consolarla. La sovrana del Regno dei Funghi, definitivamente riscaldata dalle sue sincere parole si mosse a consolarla, e prima di avviarsi verso la donna strinse la mano a Tiara, come per rassicurare pure l’esterrefatta fantasmina.
“Sindaca Pauline… n-non dica cose del genere… ammetto di esserci rimasta male l’altro giorno, ma sappia che il nostro rapporto non si ridurrà solamente a questo spiacevole evento: se vuole, possiamo metterci una pietra sopra e tornare a parlare come se nulla fosse successo”
le mormorò nell’orecchio con voce vellutatamente flautata mentre con le sue membra avvolse il corpo debolmente rammaricato della prima cittadina, che al contempo pianse ancor più copiosamente lasciando che quello sfogo raggiungesse il culmine in mezzo alle braccia di quella sconosciuta Principessa che a lungo tempo aveva disprezzato.
“M-ma è sicura di voler perdonarmi così subito senza udire una buona scusa?” balbettò la donna di vermiglio abbigliata, adagiando delicatamente il capo sul petto della così pietosa Principessa.
“Sicura, in cuor mio sono sempre stata convinta della del suo cuore” insistette l’angelica creatura, sussurrando quella gentile sentenza quasi fosse una dolce ninnananna priva di melodia accarezzando la schiena della sindaca. Tiara, ancora spettatrice assorta della scena, finalmente colpita dalla sincerità di quella situazione, e decise di unirsi a Peach in quel tenero amplesso; sul quale l’attenzione generale delle occasionali comparse si spostò, gemendo dalla tenerezza, come se fosse partecipe a un appassionante capitolo di un libro pregno di emozioni.

Nel torbido e confuso brusio del locale dal quale ebbe genesi quella agrodolce cordialità, un tavolino come tanti altri, popolato temporaneamente da tre distinte figure femminili dalle sagome ben scindibili pareva essere  il centro degli sguardi di coloro si trovavano loro limitrofi.
“Davvero quella borsetta è un regalo di Mario?!” cinguettò entusiasta la voce di Peach mentre le sue lucenti iridi scrutavano euforicamente i  dettagli di quel fine accessorio; che ora poteva tastare con le sue stesse mani, potendone sentendone la consistenza liscia e gradevole al tatto, mentre Tiara si limitava a sfogliare beata per l’ennesima volta uno dei curati libri che la Principessa le aveva regalato il giorno addietro, in segno di scusa per non esserle sempre stata vicina durante l’intero corso del viaggio. Pauline, sedutasi di fronte alle due amiche annuiva mentre terminava di sorseggiare il suo caffè sotto lo scorcio di un cielo viola, glicine e arancione nel quale poche nuvole scure otturavano la comunione completa tra le tinte acquerellate.
“Hehe, ha sempre dimostrato un buon gusto, quando si tratta di regali” constatò la donna scostandosi leggermente la grande tesa del cappello viola, che  le cominciava a calare innanzi agli occhi “Sa che ha una storia dietro?” continuò certa che la Principessa avrebbe ascoltato di buon grado la malinconica favola che l’oggetto celava.
“Dovete sapere che quando fui rapita da Donkey Kong, anni fa, ho perso questo oggetto e non ne ho avuto traccia fino a quando Mario, tornato a farmi visita è riuscito a trovarmela, proprio il giorno del mio compleanno! Com’è ironica la vita, non trovate?” riassunse brevemente la Sindaca, rievocando quella lietissima immagine raffigurante il suo idraulico preferito (ah, come le mancava ancora la sua esuberante presenza all’interno della città!) con in mano quella malinconica offerta, esibito come se fosse un trofeo che ora poteva tornare tra le braccia della sua legittima proprietaria; un dono  testimone di ricordi lieti e non, che sarebbe rimasto per sempre insieme alla sua Pauline, nonché l’oggetto ch’ella paranoicamente aveva frainteso come un capriccioso desiderio di Peach la settimana innanzi, come se la sovrana volesse strapparle quel poco che le era rimasto della relazione oramai diradata con Mario.
“Oh, che dolce!” mugolarono in coro intenerite la Principessa e Tiara, la cui concentrazione passò dal libercolo ancora aperto innanzi allo struggente racconto della sindaca, la quale emise un sospiro afflitto; l’ennesimo. Costringendo l’aria dall’emozione fortissima che stava rievocando, mormorò con un fil di voce, quasi fosse in lacrime:
“Avete capito, insomma, quanto questo mio possedimento sia a me più che caro… e mi dispiace ancora aver generato inutili litigi a causa di ciò, e so benissimo che anch’io sono stata estremamente superf…”
“Ti ho già perdonato tutto- la interruppe Peach rivolgendosi a Pauline con tono più colloquiale restituendole quella reliquia con la delicatezza che meritava- ti stai dimostrando come una persona passionale e sincera, e Tiara ed io siamo così felici poter conversare con te in questo momento”
“Sì, sei simpaticissima, e adoro come canti!” le fece eco Tiara cinguettando e tentando di imitare stonatamente quel motivetto che aveva udito in quella prima serata e che ancora in quel momento ricordava con piacere; Peach e Pauline irruppero in una piccola risata divertita, come se le adorabili movenze di Tiara avessero posto definitivamente la parola fine a quei giorni di riflessione, di angoscia e di maturazione per entrambe le ragazze.
Fu meravigliosamente incantevole il così veloce progresso, in così pochi giorni, che spinse loro a scoprire una buona intesa, che da quell’incontro in libreria si dipanò in una serie d’incontri a un ritmo serratissimo, quotidiano; quanto era bello, per la Principessa, poter girovagare per la città con una nuova leggerezza, fluttuando quasi come fosse la sua spiritica amica insieme a una guida così preparata e al contempo sensibile alle grazie che la città poteva offrire. La dolce sovrana, inoltre, cominciò a reputarsi finalmente appagata di poter conoscere un tassello così fondamentale nella vita di Mario, colui che in quei giorni riscoprì di amare ancor più profondamente e teneramente di quanto avesse fatto fino ad allora, ma al contempo il suo senso di colpa nei confronti dell’idraulico di rosso vestito diventò più intenso, rendendo impossibile alla Principessa godere pienamente delle sue vacanze. Tuttavia, in fede di ciò che gli insegnamenti che la sindaca le stava elargendo durante quei primi istanti di un’amicizia com’ella si auspicava forte e duratura, tentò di rincantucciare quegli amari pensieri e di godere appieno degli appaganti frutti che la Grande Banana poteva offrire a una rampolla come lei e alla sua vivace compagna di viaggio.
Pauline, al contempo riuscì a tornare gradualmente in sé, la gioviale sindaca dalla voce argentina che il mondo aveva imparato ad amare: liberatasi del tutto dagli orpelli dettati da paranoie e vecchi fantasmi del passato, decise di rallentare lievemente il ritmo del proprio lavoro, che dall’opinione cittadina aveva risaputo svolgere più che egregiamente, contrariamente a ciò ch’ella pensava, per dedicarsi maggiormente a se stessa, e alla propria felicità, nonostante ravvisasse ancora un certo debito morale nei confronti di Peach. Ma come fu contenta di tornar a una sensazione di leggera spensieratezza, durante le proprie lunghe passeggiate nella splendente metropoli, di ricambiare con vivo gaudio chiunque l’avesse ossequiata e di essere orgogliosa del proprio impegno per la città.
“Peach, Sin… Pauline!” esclamò Tiara scostando i lembi delle morbide maniche del leggero abitino in cotone  della Principessa chiacchierante con la Sindaca, ripetendo insistentemente i nomi delle due amiche, come se cercasse insistentemente di distaccarle dal loro discorso.
“Sono le sei… tra mezz’ora inizia il film! Dai, andiamo!” si lamentò attirando la loro attenzione ticchettando con l’argentea paletta ovale del cucchiaio contro il bicchiere sporco del frappè che aveva consumato poc’anzi. Gli sguardi delle due fanciulle finalmente confluirono verso l’impaziente coroncina, la quale ribadì la propria smania di tornare nuovamente al cinema a vedere il medesimo lungometraggio interattivo di cui tanto voleva essere la fortunata protagonista.
“Ah, è vero! Come passa in fretta il tempo!” mormorò Peach osservando velocemente l’orario dal telefonino che recava, guardando poi dolcemente la coroncina assentendo implicitamente alla sua proposta di avviarsi verso il cinematografo.
“Chiedo venia se possiamo essere sgarbate ad abbandonarti così tempestivamente, ma Tiara ci tiene tanto, e ho rimandato fin troppo questo appuntamento” continuò alzando le spalle la Principessa, la quale abbassando impacciata lo sguardo temette di apparire rude proprio con una conoscenza che stava giusto imparando ad apprezzare anche durante quell’incontro informale; ma la reazione di Pauline fu teneramente comprensiva:
“Non preoccuparti, Peach, ci credo che una tubalese così curiosa come Tiara non veda l’ora di provare un’esperienza simile! Ah, è da così tanto tempo che non vado al cinema, se volete vengo a farvi compagnia!”
“Davvero?!” esclamarono insieme le due amiche, colte da un piacevole sussulto. Che pensiero gentile da parte sua!
“Certamente, e in qualità di prima cittadina di New Donk City farò sì che il desiderio di questa dolce fanciulla si avveri”
La piccola coroncina accorse precipitosamente dalla sindaca e la travolse gettandole le sue piccole protuberanze addosso, esprimendole in modo quanto più affettuoso possibile la propria riconoscenza per quella finezza, ripetendole velocemente dolci lemmi ovattati dal corpo  di Pauline, la quale dopo aver sfiorato con le grandi mani curate il piccolo corpicino tondeggiante e aver atteso che la fantasmina si scostasse da lei naturalmente si alzò dal suo posto e, sistemandosi le grinze della sua vermiglia giacca, incoraggiò Peach e Tiara ad accodarsi insieme a lei verso il trepidante luogo ove sarebbe iniziata la proiezione immerse nel luccicante e ruggente vespro di New Donk City.


Il maniero maestoso si ergeva come un imperituro monumento tinto di bianco e di rosso volto a celebrare una dinastia di magnanimi sovrani tra le bucoliche e rigogliose vallate del fiabesco Regno dei Funghi; l’ombra smussata dall’ovattata luminosità del cielo pitturato di glicine e di lavanda si posava delicatamente sui prati fioriti di tarassachi, margherite e nontiscordardime, come se la natura fosse clemente nell’elargire un dono segreto agli occhi degli sporadici visitatori già svegli nell’ora dell’aurora.
Tutt’un tratto i fini e giovani fili d’erba cominciarono a  piegarsi sotto un’improvvisa raffica di vento accompagnata da un rombo di eliche e d’ingranaggi decisamente frastornante da udire di prima mattina, tanto d’aver fatto sussultare alcuni Toad ancora immersi nel propri sogni; costoro si affacciarono, indisposti, dalle aperture delle loro singolari casette a forma di micete, e rivelatasi la fonte di così tanto fastidioso suono mutarono completamente il proprio umore: una strampalata navicella dalla particolare forma a tuba trainata da un enorme palloncino i quali riflessi dorati riflettevano la timida luce solare era appena atterrata nella piazza principale; non c’era alcun dubbio, l’eroe era tornato a casa dalla sua lunga odissea!
Contrariamente a quanto avvenuto a celebri eroi suoi colleghi, i funghetti uscirono frettolosamente dalle loro casupole, abbigliati coi primi capi che avevano trovato, per celebrare immediatamente lui, il grande Mario, il redentore del regno nonché della loro adoratissima Principessa, e Cappy, il misterioso cappello suo aiutante collaboratore alla pace; piccolo copricapo dai forti principi e il cui coraggio sarebbe eternamente ripagato dalla stima degli abitanti.
“Se solo la Principessa e Tiara fossero qui…”  sospirò malinconica una Toadette non ancora del tutto ridestata, lasciando solamente intravedere le scure ma lucenti iridi dietro ai pesanti tendaggi delle finestre, accontentandosi solamente di osservare l’idraulico dai grandi mustacchi e il cappello processare dietro all’allegra fila di funghetti sotto le finestre di casa propria.
“Acciderbolina, che accoglienza in grande stile!” ridacchiò proprio il candido tubalese dal ciuffetto con le punte turchesi spalleggiando il suo fido compagno di avventure mentre  erano in procinto d’incamminarsi su per il sentiero che conduceva alla dimora dell’idraulico baffuto, posta a esattamente metà distanza tra la piazzetta in cui erano approdati e il castello di Peach; Mario, esausto del lungo pellegrinaggio che aveva percorso fin dal satellite che aveva contribuito a distruggere parzialmente alcuni mesi addietro, preferì non proseguire il dialogo e continuò a marciare a passi tardi e lenti fino alla sua  lontana e tranquilla casupola.
Congedata la lunga processione dei suoi ammiratori, entrambi gli amici si rintanarono tra  le piccole ma accoglienti mura di casa Mario e si buttarono a capofitto su un singolare divanetto per metà rosso e metà che l’eroe del Regno dei Funghi soleva condividere col fratello nei loro radi momenti di svago domestico.
Quant’era dolce rimettere piede nel proprio cantuccio dopo l’epica conclusione una simile epopea! L’incantevole scia del pescato profumo degli esili bastoncini si distribuiva sensualmente in ogni recesso domestico, rimembrando all’idraulico dolci vagheggi sulla dolce Principessa con cui condivideva il nome; ma al solo rimirare quella lucente chioma paglierina l’occhio dell’eroe baffuto lentamente si socchiuse: chissà se la sua dolce protetta stesse superando quel trauma… Tiara è stata così gentile a volerla distrarre dal giogo dei suoi oneri facendole visitare i luoghi che lui stesso aveva accuratamente esplorato col fido Cappy per poterla salvare. Ciò ch’egli fece sulla luna in quel frenetico, indistinto giorno era alquanto infantile da parte sua, e fortunatamente se ne ravvide presto: ritenne che la reazione di Peach fu più che sensata e ne ammirò il suo autocontrollo in quella situazione traumatica, non meritava alcun rancore; solo tempo per riassestarsi e, se avesse voluto, di compiere una decisione ragionata.
Concorde con l’idea della coroncina, confidava di tornar a notare nella sua adorata fanciulla un colore più rosato nelle sue gote sottili, e un nuovo dolce crepitio nei suoi occhi non appena fosse tornata al trono del suo Regno, e che potesse nuovamente essere la donna di cui lui si era innamorato sinceramente e teneramente.
Come per cessare bruscamente l’onirica dormiveglia, Mario si sentì tirare gli stopposi mustacchi da un tocco timido ma affettuoso, e come per incanto al posto del viso di Peach l’idraulico, alzando stanco gli occhi verso l’alto,  riconobbe istantaneamente l’impalpabile fisionomia di Cappy: da quanto tempo si era alzato?
“Mario, ehi, Mario guarda cos’ho trovato!” tentò di sussurrare il tubalese  facendosi a malapena udire già dalla ravvicinata distanza da cui era posto l’idraulico; tratteneva stentatamente con una delle sue piccole e diafane protuberanze una sottile ma grande busta di carta avoriata dai bordi porpora la quale recava nel prezioso fronte il peculiare logo a stelle e grattacieli della città di New Donk City; non appena i suoi occhi riuscirono a discernerlo, lo sguardo del baffone trasalì in una buffa espressione euforicamente contenta.  Era proprio una lettera da parte della sindaca Pauline, qual lieto gaudio aver sotto agli occhi una missiva redatta proprio da lei! Malgrado il loro interesse romantico fosse oramai scemato dopo tutto quel tempo, serbava ancora tra i suoi ricordi l’immagine di una donna così passionale e sincera la cui amicizia era un tenero tesoro da custodire. Quei fortuiti incontri a New Donk City  avvenutisi qualche mese addietro avevano contribuito a rinsaldare ulteriormente quei già buoni seppur radi legami che avevano mantenuto, e fu genuinamente orgoglioso di aver potuto assistere, seppur di sbieco, alla brillante carriera che la ragazza dai capelli di mogano  aveva intrapreso. Serbava ancora tra i recessi della sua mente la prima volta in cui l’aveva incontrata: lei era  ancora una semplice giornalista alla ricerca di uno scoop tra gli snodati e bui vicoletti della città, quando improvvisamente si ritrovò tra le indifese vittime di un ingenuo scimmione, una dama, la prima tra le tante fanciulle che ormai aveva riscattato. Oramai si era trasformata in quell’indipendente autorità quale aveva saputo dimostrarsi pur non perdendo la sua dolcezza originaria, e perciò ne fu lieto; le era profondamente grato se egli era diventato l’eroe del Regno dei Funghi declamato in tutto il mondo, e non volle mai dimenticarsi del legame profondo che la legò a Pauline.
Dopo essersela fatta pazientemente consegnare da Cappy, oramai smanioso di conoscerne il contenuto, Mario strappò velocemente la busta preziosa, malgrado il più morigerato avvertimento dell’amico cappelluto, e la lesse voracemente, scandendo attentamente nella sua mente ogni singolo grafema delle righe della sua vecchia amica. Tutt’un tratto afferrò per la mano l’attonito Cappy, fino ad allora nient’altro che un semplice osservatore di un’inspiegabile e improvvisa pantomima del suo amico.  
Fuori dalla casupola ove si erano ristorati i due eroi, campeggiava un cielo schiarito da una bollente luce estiva, lievemente mitigata dalla soffice brezza la quale sospingeva delicatamente gli ultimi leggeri batuffoli di polline, e tra i  vasti campi profumati si rincorrevano serenamente alcuni piccoli Toad sorvegliati premurosamente dai parenti affettuosi.
Tenendo ancora ben stretta la sua mano con quella di un Cappy ancora intento nel suo tentativo di decifrare i suoi gesti, l’idraulico galoppò per tutto il sentiero sul quale era passato tanto faticosamente poche ore prima, attirando delle occhiate altrettanto curiose dai piccoli funghetti che fino a poco prima giocavano spensieratamente, e si fermò alla Piazza Principale, davanti alla navicella a forma di tuba adagiante davanti alla limpida e fresca fontanella in attesa di una nuova avventura. Riverendo dapprima una tenera occhiata prima al singolare veliero poi a quel leale fantasmino col quale condivideva la fisionomia, Mario trillò giovialmente lasciando la potente presa a Cappy, il quale cominciò finalmente a intuire ciò che stava passando nella mente dell’amico: “È ora di tornare in azione, mio caro! La sindaca Pauline ci sta aspettando”
E accese nuovamente i rombanti motori della loro navicella.

 

--Note d’Autrice--

E finalmente il terzo capitolo ha potuto vedere la luce!
Scusatemi per il ritardo biblico col quale ho postato, ma in questi giorni la scuola mi sta assorbendo più di quanto non abbia fatto finora; e immagino già che per il mese prossimo sarà ancor peggio. Inoltre mi sto sentendo sempre più insicura riguardo alla questione stilistica: temo che tra un capitolo e l’altro non ci sia consistenza, o che spesso la prosa sfoci nel banale… come al solito, se notate qualcosa che non torna, ditemelo, sono disposta ad ascoltare le vostre critiche: so di non essere una professionista, ma è proprio per questo che le accolgo più che volentieri!
In ogni caso ringrazio accoratamente quelle due anime sante che mi hanno recensito quanto scritto negli scorsi due capitoli: le vostre parole mi hanno sciolto il cuore, e spero di non deludervi con questo e il prossimo!
Un salutone, ci vediamo in quello che (credo) sarà l’ultimo capitolo!
   
 
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